Aspenia n. 100
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Aspenia n. 100

Noi Italiani

  1. 292 pagine
  2. Italian
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Aspenia n. 100

Noi Italiani

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Aspenia, la rivista trimestrale di Aspen Institute Italia diretta da Marta Dassù, raggiunge il traguardo del numero 100. È stata fondata nel 1995 e, dal 2002, è pubblicata da Il Sole 24 Ore. "Una rivista di discussione transatlantica – la definisce il Presidente Giulio Tremonti – che rappresenta un luogo di incontro tra mondo delle imprese e altri mondi". Secondo il suo fondatore Giuliano Amato "Aspenia è una rivista "responsabile" che è riuscita a stare dalla parte della storia e della sua velocità. Nessuno dei grandi temi degli ultimi anni è assente dalle sue pagine". Come spiega Marta Dassù "Aspenia ha anticipato spesso i grandi mutamenti della politica e dell'economia internazionale e interpretato la trasformazione del sistema occidentale negli ultimi decenni". Il numero 100 della rivista - in uscita a fine marzo- è interamente dedicato all'Italia o meglio a "Noi Italiani", quasi una sorta di "rovesciamento" della sintesi attribuita (forse erroneamente) a Massimo D'Azeglio, per cui al momento dell'Unità si era fatta l'Italia, ma andavano a quel punto fatti gli italiani. Si è piuttosto di fronte a un circolo vizioso, per cui i limiti della società civile sono legati a doppio filo con quelli del sistema paese? E, allora, come si ricompone il "puzzle Italia"? Hanno contribuito al numero 100 di Aspenia, tra gli altri, Giuliano Amato, Giulio Tremonti, Massimo Livi Bacci, Lucio Caracciolo, Michele Valensise, Mario Del Pero, Giulio Sapelli, Antonio Calabrò, Stefano Cingolani, Maria Latella, Marina Valensise, Gianni Riotta, Federico Rampini e Carlo Jean. L'Italia si porta dietro dalla sua stessa nascita come Stato, con il Regno di Sardegna, i Savoia e l'opera di unificazione guidata da Cavour l'annosa questione del rapporto tra rango, ruolo e presenza stabile nei maggiori consessi internazionali. Cavour riuscì a creare, tra i "paesi di prim'ordine" un'accondiscendenza adeguata alle esigenze di un "paese di second'ordine" – la futura Italia. La domanda da porre oggi – spiega nell'editoriale di apertura Giuliano Amato – è "se siamo ancora un paese di second'ordine". Certamente abbiamo avuto degli sprazzi da paese di prim'ordine, come dimostra la storia dell'integrazione europea: quattro paesi con eguale diritto di voto in Consiglio – Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia. L'unione monetaria nasce, così come Schengen, da un'intesa franco-tedesca a cui l'Italia si è aggregata con un sostegno attivo. Inoltre, dall'Atto unico di Milano nel 1986 ha preso il via il completamento del mercato unico. E nel 1992 l'Italia ha dato il suo assenso al fondo europeo di coesione, passando così da beneficiario netto a contributore netto. Oggi, con l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue, l'Italia assume un ruolo ancora più strategico. Nell'ottica di quella che Janet Yellen, ha definito "globalization among friends", si può pensare a rilanciare il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti che si arenò nel 2016 e perseguirlo in modo selettivo, per quei prodotti e servizi in cui si mira ad una vera autonomia strategica dalle supply chain globali. L'Italia può diventare l'ago della bilancia in ambito di Consiglio europeo, e questo permetterebbe di compiere progressi verso una politica industriale europea.Dare una valutazione oggettiva dell'Italia come sistema-paese può disorientare l'osservatore: esistono evidenti punti di debolezza, antiche questioni culturali irrisolte, carenze istituzionali. Eppure, ci sono anche nicchie di eccellenza e una tenuta complessiva che emerge soprattutto nei momenti di crisi. C'è quindi da risolvere un "puzzle Italia". Partendo da una consapevolezza: l'Italia è oggi – come sostiene Giulio Tremonti – "l'unico paese in Europa fortemente duale, ovvero caratterizzato, al suo interno, da una enorme differenza tra Nord e Sud. Negli anni Novanta, anche per colmare tale divario, si è innescato il meccanismo perverso del debito pubblico trasformando così la democrazia italiana in una malata 'democrazia del deficit'. Dal 1992, anche per effetto del cosiddetto vincolo esterno, la tendenza alla crescita del debito pubblico è stata invertita ma, nonostante tutto, lo stock abnorme del debito pubblico è rimasto, così condizionando tra l'altro anche la posizione internazionale dell'Italia". Inoltre "l'intero perimetro della pubblica amministrazione - prosegue Tremonti - è stato trasformato in un gigantesco self-service e la nuova architettura istituzionale è stata congiuntamente basata sulla doppia formula: decentramento più federalismo. Non l'uno in alternativa all'altro, ma – caso unico nel mondo occidentale – tutti e due insieme". Contestualmente, nel crescente benessere hanno preso forma, soprattutto in Italia, il pensiero debole, il relativismo, il sincretismo, il presentismo, un populismo che si faceva sempre più leggero, nella foresta delle contraddizioni. Secondo il Presidente di Aspen Institute Italia la divisione prevale sull'unione, lo smarrimento e la paura prevalgono sulla speranza, la rassegnazione sull'orgoglio, l'urlo sulla voce, l'irrazionale sul razionale, i desideri prevalgono tanto sui bisogni quanto sui doveri, la propaganda sulla realtà e l'anarchia sulla gerarchia. "Non siamo - sostiene Tremonti - davanti alla fine della storia, ma davanti al principio possibile di una nuova storia. Questo è il fine cui si può e si deve mirare e, in una logica non di sterile lotta, ma di impegno per il bene comune, condividendo una visione. Non tutto ciò che è essenziale e morale è nel PIL, ma è nell'orgoglio e nel sentimento di una partecipazione collettiva basata sulla nostra identità, risalendo dalle origini del romanticismo di Mazzini e passando dal pragmatismo di Cavour".

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Informazioni

Anno
2023
ISBN
9791254832653
Argomento
Economia

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Aspenia
  4. Conversazione con Giuliano Amato: editoriale L’eredità di Cavour
  5. ITALY WATCH: Lorenzo Pregliasco e Salvatore Borghese
  6. Intervista a Giulio Tremonti: La democrazia del deficit e il suo rinascimento
  7. Idea Noi italiani: virtù e vizi
  8. Stefano Cingolani: Rovesciando d’Azeglio
  9. Marco Fortis e Andrea Sartori: L’economia, meglio di quanto si pensi
  10. Maria Latella: L’altra metà del PIL
  11. Alberto Mattiacci: La magnifica nicchia
  12. Massimo Livi Bacci: Quanti siamo? Una seria questione
  13. Marina Valensise: Risorse e misteri di un’empatia planetaria
  14. Alessandro Giuli: Kultur e soft power
  15. Antonio Funiciello: Il burocrate e lo statista
  16. Carlo Jean: La dimensione dimenticata della strategia militare
  17. Alessandro Rosina: L’inverno demografico e le sue conseguenze
  18. Antonio Calabrò: Umanesimo industriale e competitività
  19. Francesca Casadio: Expat, una (bella) storia di famiglia
  20. Franco Pavoncello: Il capitale sociale: la lezione di Putnam
  21. Giulio Sapelli: Il potere italico nella storia e nella guerra
  22. Scenario La penisola globale
  23. Giovanni Farese: Il miracolo di De Gasperi
  24. Mario Del Pero: Il legame americano
  25. Atlanticus: L’atlantismo di Giorgia Meloni
  26. Lucio Caracciolo: Perché non possiamo non dirci euroccidentali
  27. Stefano Stefanini: Quanto conta la NATO
  28. Federico Rampini: L’ossessione del giudizio degli altri
  29. Michele Valensise: Vicine e lontane: Roma e Berlino
  30. Gaetano Massara: Rompere i tabù per difendere l’Italia
  31. Gianni Riotta: Gli italiani d’America
  32. Beda Romano: Guardando al 2024: gli equilibri europei
  33. Lapo Pistelli: Il trilemma dell’energia e l’hub italiano
  34. Pierangelo Isernia: Italia e Stati Uniti: opinione pubblica e guerra
  35. Arrian Ebrahimi: Beijing’s Global Media Offensive, di Joshua Kurlantzick
  36. Edoardo Degli Innocenti e Maurizio Prete: Aspen Collective Mind