Di non andar quel giorno in casa Alcozèr, Pepè non volle
metterlo neanche in deliberazione: sarebbe stato lo stesso che
cedere al Salvo ogni diritto su Stellina, non solo, ma anche la
prova più lampante d'una paura che egli non voleva riconoscere in
sé. Approssimandosi l'ora della visita consueta, si recò pertanto
dal Ravì per accompagnarsi con lui: certo il Salvo non avrebbe
avuto la tracotanza di aggredirlo vedendolo in compagnia del padre
di Stellina.
Ma né don Marcantonio né la moglie erano in casa.
- Sono dalla figlia, fin da mezzogiorno, - gli annunziò la
serva. - Chi sa che sarà avvenuto, signorino mio! Con lei posso
parlare… Quella povera creatura è sacrificata!
Di nuovo su la strada, Pepè cominciò a riflettere: " Andarci?
Conviene? Che dirà la gente se ci azzuffiamo proprio sotto le
finestre della casa di lei? Io non sarei sicuro di me; ho usato
prudenza jeri; ma, questa sera, se lo vedo, finisce male, parola
d'onore! Del resto, loro sono in cinque; che meraviglia dunque se
io mi accompagno con un altro? ".
E, così pensando, s'avviava a malincuore alla casa del Coppa.
Temeva purtroppo che questi non lo costringesse a fare un secondo
duello; perciò, la notte scorsa, aveva scartato subito il partito
di recarsi da lui, che pur gli pareva scorta più sicura, che non il
Ravì.
Ciro, dopo la morte della moglie, non era più uscito di casa. Ai
numerosi clienti che venivano a sollecitarlo, rispondeva
misteriosamente:
- Mi corre prima l'obbligo, signori, di riparare ben altri
torti. Mi duole di non potervi servire.
E i pretesi torti eran quelli della moglie defunta verso
l'educazione dei due figliuoli. Invasato dall'idea di farne due
uomini forti, li addestrava alla scuola degli antichi romani: li
costringeva a correr nudi per circa mezz'era ogni mattina attorno
alla profonda vasca del giardino, e quindi a buttarsi nell'acqua
diaccia.
- O morti, o nuotatori!
Poi comandava loro:
- Asciugatevi al sole!
E, se era nuvolo:
- Il sole non c'è. Mi dispiace. Asciugatevi all'ombra.
Niente più scuola: meglio bestie forti, che dotti tisici.
- Lasciatevi coltivare da me.
Pepè lo trovò che addestrava alla lotta i due ragazzi, lì nello
studio.
- Gioverebbe anche a te un po' di questo esercizio! - gli disse
Ciro. - Hai una faccia da morto, che fa schifo a guardarla. Qua!
Fammi tastare il braccio… piegalo.
Gli tastò il bicipite, poi lo guardò in faccia, come nauseato, e
gli domandò:
- Perché non t'ammazzi?
- Ti ringrazio dell'accoglienza, - gli rispose con un risolino
Pepè. - Fai anche ridere i ragazzi. Del resto, hai ragione. Vorrei
essere anch'io come te, capace di tenere a posto una mezza dozzina
d'accattabrighe. Il coraggio, si… va bene; ma da solo, senza la
forza, non basta.
- Difetto dell'educazione! - gli gridò Ciro, dominato dall'idea
fissa del momento.
- Ah, certo… l'educazione influisce molto…
- Molto? E` tutto!
- Hai ragione, sì… Ma di' pure che c'è molta gente nel nostro
paese, che non vuol farsi gli affari suoi.
- Te n'hanno fatta qualche altra? - saltò a domandargli Ciro con
piglio derisorio. - Ma se puzzi di carogna, lontane un miglio!
- Nient'affatto ! - negò Pepè, risentito. - Che non ho
paura, dovrebbero saperlo; uno schiaffo, a chi se le meritava, ho
saputo appiopparlo…
- Per combinazione!
- Un duello, a buon conto, l'ho fatto…
- Per forza!
- Ma se ora vengono in cinque contro uno?
- E chi sono? - domandò Ciro, con le ciglia aggrottate.
- Mauro Salvo…
- Ah, quel buffone con gli occhi a sportello?
- Lui, coi fratelli e coi cugini Garofalo… in cinque, capisci?
Mauro è innamorato pazzo - non corrisposto, bada, e perciò posso
dirlo - di… della signora Alcozèr, tu la conosci: la figlia del
Ravì. Ora, che te ne pare? pretende ch'io non vada più, dice, in
casa di don Diego; né io, né lui, né nessuno, dice… Anzi, dice, se
ci vado stasera, guaj a me… Mi aspetta coi suoi davanti al
portoncino dell'Alcozèr.
- Non capisco, - disse Ciro, infoscandosi. - Per prepotenza?
- Per prepotenza… eh già! Capisci? sono in cinque…
- E tu, babbeo? Hai detto che non saresti andato?
- Nient'affatto!
- Ma intanto sei qua… E hai paura! Te lo leggo negli
occhi: hai paura! Ah, ma tu ci andrai, stasera stessa, or ora…
Prepotenze, neanco Dio! Vieni con me.
- Dove?
- In casa Alcozèr!
- Ora?
- Ora stesso. Il tempo di vestirmi. A che ora suoli andarci
tu?
- Alle sei e mezzo.
Ciro guardò l'orologio, poi esclamò, stupefatto:
- Quanto sei vile!
- Perché? - balbettò Pepè.
- Sono le sette meno un quarto… Ma non importa: li troveremo… In
cinque minuti son bell'e vestito.
Scappò sù di corsa. Ridiscese, prima dei cinque minuti, che
s'infilava ancora la giacca.
- Aspetta, Ciro… la cravatta - gli disse Pepè, aggiustandogli il
giro che gli usciva fuori del colletto.
- Inezie! Pensi alla cravatta? - gridò il Coppa, fermandosi a
fulminar con uno sguardo il cognato; poi gli diede uno spintone. -
Cammina! Te li metto subito a posto io, senza bastone.
E s'avviò con Pepè. Camminando, fremeva, e di tanto in tanto
esclamava:
- Ah sì?… Aspetta, aspetta. Ditelo a me, adesso, che in casa
Alcozèr non deve andarci nessuno. Ci vado io. Ah, fai prepotenze
tu? Aspetta, aspetta.
Pepè gli arrancava accanto, come un cagnolino. Presso la casa
dell'Alcozèr, alzò gli occhi a guardare, e disse piano al cognato,
impallidendo:
- C'è: eccolo lì, con gli altri.
- Tira via! Non guardare! - gl'impose Ciro.
- Tutt'e cinque, - aggiunse pianissimo Pepè.
Mauro Salvo infatti era alla posta. Il satellizio dei fratelli e
dei cugini si teneva a breve distanza, più in là. Appena Mauro
scorse Pepè in compagnia del Coppa si staccò dal muro a cui stava
appoggiato con le spalle, si tolse una mano di tasca, e venne loro
incontro, a passo lento, guardando Ciro, a cui si rivolse,
fermandosi in mezzo alla strada.
- Col vostro permesso, avvocato: una parolina a Pepè.
Ciro gli si parò di fronte, vicinissimo, lo guardò negli occhi,
con le ciglia aggrottate, le mascelle convulse; si tirò con due
dita il labbro inferiore, poi gli disse:
- Con Pepè per il momento parlo io, e non permetto che gli parli
nessuno. Lo dico a voi e lo dico pure ai vostri parenti che stanno
là ad aspettarvi. Se volete dirla a me, la parolina, sono ai vostri
comandi.
- Preghiere sempre, don Ciro! - gli rispose Mauro, cacciandosi
l'altra mano in tasca e alzandosi su la punta dei piedi, come se
per ingozzar quel rifiuto avesse bisogno di stirarsi a quel
modo.
- A un'altra volta, col comodo vostro: non mancherà tempo.
E s'allontanò.