CAPITOLO 1. COS’È LA MITOMANIA?
La mitomania, denominata anche pseudologia fantastica, fa riferimento ad un disturbo psicologico, per cui la persona colpita, denominata mitomane o bugiardo patologico, mente in continuazione, il che le conferisce una serie di vantaggi immediati, come ammirazione o attenzione. Occorre precisare che il termine “mitomania” ha anche un altro significato che si riferisce ad una tendenza ad ammirare eccessivamente una persona o una cosa, però noi qui ci concentreremo sull’aspetto patologico del suo significato.
A partire dall’ambito clinico è stata trattata come un tipo particolare di dipendenza, denominata dipendenza comportamentale o della condotta, in cui si avvertono sintomi simili a quelli della dipendenza da sostanze, come l’alcool o il tabacco, però in questo caso si tratta di una dipendenza da un comportamento specifico, quello del mentire.
A differenza di altre dipendenze come la cleptomania, caratterizzata dal furto compulsivo senza la ricerca dell’arricchimento personale, nella mitomania può esserci oppure no l’intenzione di ingannare o truffare, sebbene il suo vero fine sia quello di deformare la realtà per raccontare una storia personale più eclatante.
All’inizio queste narrazioni hanno il loro effetto, ammaliando chi le ascolta e ottenendo attenzione, rispetto e perfino ammirazione, il che è ciò che in fin dei conti porta a mantenere questo comportamento, prevalendo sulla paura di essere scoperti.
Nonostante il mitomane faccia tutto il possibile per non essere smascherato, quando ciò succede e si constata la falsità delle sue storie egli stesso ottiene l’effetto contrario rispetto a quanto in realtà desideri, cioè i suoi conoscenti e amici tendono a respingerlo e a isolarlo, dal momento che si sentono ingannati.
I familiari che già sono a conoscenza della sua tendenza a mentire smettono di prestargli attenzione al momento di prendere delle decisioni e non gli prestano tanta attenzione riguardo a ciò che racconta.
A chiunque di noi può avvicinarsi uno sconosciuto che racconti aspetti della sua vita che possono sembrarci eclatanti o strani, ma quando incontriamo la stessa persona in diverse occasioni, in cui ogni volta quest’ultima racconta una storia differente, è facile iniziare ad avere sospetti sulla veridicità di ciò che racconta.
E quando nelle storie veniamo inclusi noi stessi, con aneddoti che presumibilmente abbiamo vissuto insieme, a quel punto sì che non ci sono dubbi sul fatto che questa persona stia mentendo, e per di più spudoratamente, su qualcosa che sicuramente non abbiamo mai vissuto.
Questo è il processo attraverso il quale sono soliti passare i parenti più stretti, gli amici e i conoscenti, che, dopo pochi incontri con il mitomane, sono capaci di comprendere il problema di quest’ultimo, dal momento che la conseguenza più diretta è l’immediata perdita di credibilità di tutto ciò che lui dice, diventando così una persona di cui non ci si può fidare.
Il circolo vizioso della bugia
Le bugie per falsificazione e omissione possono nascere in modo spontaneo come un modo per evitare un castigo o per giustificare una mancanza di puntualità o di svolgimento di un qualsiasi compito affidato. Arrivare tardi ad un appuntamento o non aver preparato il lavoro richiesto il giorno precedente possono essere situazioni propizie affinché nasca la bugia.
I benefici immediati che provocano queste bugie possono essere la causa scatenante per un consolidamento della ripetizione di tali comportamenti, osservando che più si mente meno compiti si devono svolgere.
Esiste una linea molto sottile tra un comportamento che ricerca un beneficio immediato e il comportamento che crea dipendenza, dato che il secondo si acquisisce per ripetizione ma soprattutto per la sensazione di impunità che lascia a chi mente.
Chi è dipendente, sebbene lo desideri, non può smettere di mentire, dal momento che questa è diventata una parte del suo modo di comportarsi e di relazionarsi con gli altri, arrivando a sentirsi indifeso se non abbellisce la verità con menzogne che la rendano più interessante.
Come per qualsiasi dipendenza, siamo tutti esposti alla possibilità che si presenti quest’occasione, ma la differenza dipenderà dalla formazione dei valori di una persona, che porta quest’ultima a sapere che ciò che fa non è corretto e soprattutto a cercare di porre a ciò un freno affinché non si vada oltre.
La situazione che può portare alla nascita di un comportamento mitomane è di solito relazionata con lo stress, quando una persona si trova sommersa dagli impegni e pensa di ricorrere alla bugia come via d’uscita facile da tale tensione; proprio questo senso di liberazione che si sente quando si esce da una situazione difficile con una bugia va ad essere il motivo che porta alla ripetizione di questo comportamento in altre occasioni.
Non vi è uno schema preciso su dove sarà la prima volta né su come continuerà, ma è certo che se la persona si trova in un ambiente in cui tale comportamento è normale, accettato o giustificato, sarà più facile che ciò si ripeta, per esempio nel gruppo di amici, in cui è possibile che vengano anche tollerate le continue menzogne di uno del gruppo.
Sebbene i familiari e gli amici siano i più esposti a queste bugie, sono anche quelli che prima di tutti se ne accorgono, proprio per la convivenza con il mitomane, dato che conoscono la sua vita e soprattutto si rendono conto dell’inconsistenza delle sue bugie nel corso del tempo. È per questo che le “vittime” principali sono quelle che si incontrano sporadicamente, senza che vi siano con queste delle relazioni stabili.
Quando il beneficio cercato è unicamente quello di suscitare ammirazione nell’altro, questo comportamento non porta a conseguenze gravi, ma se su questa base si fonda una relazione, quando una persona si rende conto delle bugie tende ad abbandonare il mitomane, e di conseguenza si andrà a rompere la fiducia su cui si suppone sia costruita la relazione.
Se una volta scoperte da familiari e amici le bugie non sono eliminate in tempo, queste possono invogliare il mitomane a continuare a comportarsi così, non incontrando nessun freno alla sua dipendenza. Il modo di procedere potrebbe essere quello di mettere il mitomane di fronte alla realtà, ed esporgli le conseguenze del suo comportamento, soprattutto per quanto riguarda le sue relazioni personali.
La bugia nell’infanzia
Bisogna tenere in considerazione che la mitomania richiede un certo grado di sviluppo da parte di una persona soprattutto in ciò che viene denominato Teoria della Mente.
Questa teoria fa rendere conto di come ognuno di noi sia consapevole del fatto che le altre persone hanno il loro proprio modo di pensare, differente dal nostro.
Ciò sembra un’ovvietà, ma non lo è per i bambini, i quali hanno bisogno di un certo livello di sviluppo per capire che ciò che si pensa è diverso da ciò che pensano gli altri.
La Teoria della Mente fa rendere conto di un fenomeno che si credeva essere esclusivo della razza umana opposta alle altre specie animali, per cui una persona è capace di capire che un altro individuo ha i suoi propri gusti e opinioni, il che la aiuta a prevedere i suoi comportamenti, essendo l’inganno la forma più facile per evidenziare questa teoria.
Se sono capace di ingannare un’altra persona è perché so cosa va a pensare l’altra persona, e io mi muovo in anticipo per trarre beneficio da ciò.
Un comportamento che si credeva esclusivo degli esseri umani finché non si è accertato come lo mostrassero anche i primati più vicini dal punto di vista evolutivo a noi.
La caratteristica principale è che una persona arriva a conoscere, intendere e comprendere che è un individuo diverso dagli altri, con un modo proprio di pensare, sentire e comportarsi. E che gli altri sono individui come lui ma con i propri pensieri, sentimenti e modi di comportarsi. Questa cosa all’apparenza semplice porta ad una conseguenza, quella della bugia.
Se infatti posso prevedere il modo di pensare dell’altro o il suo modo di comportarsi, posso cercare di manipolarlo per trarre da ciò un beneficio.
Attuando una semplificazione, se io so ciò che tu pensi e desidero qualcosa da te, posso farti credere ad una menzogna per ottenere quel qualcosa.
Per esempio, attribuendomi una cosa compiuta da un altro ma che desidero che chi si trovi davanti a me creda sia stata compiuta da me.
Così come è stato detto, questa capacità di mentire agli altri e di ottenere da loro ciò che si desidera si è vista tanto nei primati come in altre specie animali, come modo di ingannare i propri simili o le altre specie.
Attualmente dalla zoologia e dalla biologia in generale ci sono diversi esempi di “inganni” all’interno del regno animale, anche se non si trovano tutti d’accordo sul fatto che l’inganno sia sufficiente per determinare che esista la Teoria della Mente.
Quindi bisogna verificare se, ad esempio, alcuni animali usano la mimetizzazione con l’ambiente in cui si trovano per non essere visti dalle loro prede, caso di cui l’esempio più importante è quello del camaleonte.
Allo stesso modo altri animali usano colori accesi per indicare che sono velenosi quando invece in realtà non lo sono, evitando in questo modo di essere prede facili, è il caso ad esempio di alcuni invertebrati che “copiano” i colori delle specie velenose.
Nonostante in entrambi i casi si cerchi di “ingannare” i predatori, non si considera che si tratta di un inganno in sé, e che quindi non vi sono né una Teoria della Mente né una consapevolezza di ciò.
I bambini invece nemmeno hanno questa intenzionalità al momento di esprimere ciò che vogliono o desiderano, ma con il tempo e l’esperienza vanno a sviluppare tanto le abilità linguistiche come quelle cognitive il che permette loro di riuscire a mentire, in quanto acquisiscono questa Teoria della Mente.
Bisogna tenere in considerazione che, a differenza degli adulti, i bambini non dicono le bugie nello stesso modo. Uno studio analizza il tipo di bugie in bambini tra i 6 e i 12 anni per cercare di comprendere perché nascano queste bugie.
La prima cosa da chiarire su questa questione è il concetto di bugia infantile, e bisogna tenere in considerazione che per far sì che si tratti di una “bugia autentica” devono esserci diversi elementi, come l’intenzionalità di ingannare l’altro, e per questo deve esserci una distinzione tra ciò che penso io e ciò che pensa l’altra persona.
Ciò che negli adulti è evidente non si sviluppa pienamente nei bambini fino ai 6 o 8 anni, età in cui prende forma la Teoria della Mente, cioè il bambino è consapevole di essere un singolo individuo, con propri pensieri e sentimenti, e che gli altri hanno allo stesso modo un proprio modo di pensare. Con questa premessa è possibile realizzare l’inganno, affinché l’altro pensi ciò che noi vogliamo, come ad esempio “Non sono stato io” oppure “Nessuno me l’ha detto”.
Allo stesso modo bisogna stabilire una distinzione tra bugia antisociale e bugia prosociale. La prima si riferisce alle bugie che si dicono per ottenere ciò che si desidera o per evitare una punizione, che possono verificarsi a partire dai due anni e mezzo, e si tratta di bugie che non si mantengono con il tempo e che sono facili da rilevare.
Le seconde, quelle prosociali, si riferiscono ai casi in cui l’altra persona si senta meglio con una bugia, cosa che negli adulti è denominata “bugia a fin di bene”, ...