Era il pomeriggio del 4 giugno del 1944.
Erano passate due ore e mio padre stava ancora con la cipolla in mano sotto alla grata arruzzinita. Stava ancora a parlare con quel braccio secco secco per convincerlo che lâamericani erano quasi arrivati. Gli disse che insieme al resto della societĂ del maiale era sceso per via Taranto, aveva ripreso la via Tuscolana e sâera fermato sotto la pensilina della scuola Cagliero allâangolo di via delle Cave.
Da quella pensilina aveva visto i soldati fermi sotto lâarco di Primavera. La gente diceva che «quelli soâ americani... finalmente soâ arrivati lâamericani!»
Ma qualcuno era sicuro che «no, vedrai che quelli soâ sempre i tedeschi».
E qualcun altro diceva che forse «quelli soâ tedeschi travestiti da americani!»
Ma Nino era sicuro che erano proprio americani, e pure il barbiere resuscitato diceva che «soâ americani... soâ americani... io lâho giĂ visti i soldati americani e posso testimoniare che soâ fatti proprio cosĂ...»
Una piccola folla di gente sâera radunata sotto alla grata e tutti tifavano per Nino.
Tutti facevano sĂ... sĂ... con la testa e dicevano che «soâ americani... soâ arrivati lâamericani...»
«Non soâ americani, â disse quello col braccio secco infilato nella grata. â Non sarĂ oggi che liberano Roma... e non la libereranno lâamericani...»
Disse che sâera chiuso dentro a quella casa mezza bombardata piĂș di un mese prima. Che stava chiuso lĂ dentro aspettando la fine della guerra. Disse che sâera rifornito e câaveva robba da mangiare almeno per un anno. E disse pure che le cipolle sono un ortaggio che si mantiene perchĂ© non Ăš un frutto... perchĂ© Ăš il seme della pianta, il bulbo che sta sotto terra, e lui sâera messo sotto terra come âna cipolla... e di cipolle se nâera stipate diversi chili... e non ne voleva perdere manco una... e lâavrebbe difese col fucile...
E disse pure che «se dovete arrivare al Quadraro Ú pericoloso andarci di giorno. Al Quadraro ci stanno i tedeschi che ci fanno i rastrellamenti.
Vi conviene aspettare la notte. La notte Ú tranquillo».
Durante la guerra la notte Ăš la fine del mondo.
Senza tutta la caciara dellâesseri umani ci sta solo il silenzio e le finestre chiuse.
Ogni tanto qualche sfollato si affaccia da qualche baracca costruita a pezze e bandoni sotto lâarchi dellâacquedotto e si guarda il Quadraro che rassomiglia a una giostra ferma. Tutte âste case se ne stanno tramortite in mezzo allâoscuramento come i cavallucci di legno nelle fiere quando alla fine della serata arriva il padrone e stacca la spina della corrente.
O forse pare proprio che soâ tutti morti al Quadraro, ma non di quelle morti catastrofiche che lasciano ai sopravvissuti il lavoraccio di rimettere tutto a posto e seppellire le salme. Qui pare che lâanime di questi defunti si sono portate allâaltro mondo pure il mucchietto dâossa che gli avanza dalla vita. Che hanno fatto âsto servizio da netturbini proprio per una certa educazione, per non lasciare sporco.
Lâuomo col braccio secco infilato nella grata disse che «al Quadraro, poi, la notte dura pure di piĂș che nel resto dellâUrbe, qui il coprifuoco lâhanno anticipato alle quattro del pomeriggio per la colpa del Gobbo che ha sparato tre tedeschi il giorno di Pasquetta...»
Disse che «io ci conosco uno al Quadraro. Uno che abita a via dei Quintili, al terzo piano. Uno che si chiama Primo. Lo conoscete?»
Tutti restarono zitti. Solo mio padre fece sĂ... sĂ... con la testa per arruffianarselo nella speranza che gli lasciasse la cipolla.
CosĂ quello dietro alla grata si mise a parlare e non lo azzittĂČ piĂș nessuno...
Disse che Primo era stato chiamato a questa maniera da una madre speranzosa di avere tanti figli. Una che gli sarebbe piaciuto di arrivare almeno fino a un ipotetico Settimio. Invece era passata la guerra dâAfrica a portargli via il marito e quello era rimasto Primo e Unico.
Mio padre diceva che questa storia dellâuomo dietro alla grata inizia in un giorno preciso. Inizia allâalba del 17 aprile del 1944.
In quellâalba Primo si era alzato per andarsi a cercare lavoro verso il centro di Roma, e doveva farsi a piedi la salita del Quadraro che Ăš âna maledizione. «A noi del Quadraro câhanno messo in fondo a âsta discesa per farci ricordare tutti i giorni che entrare dentro Roma Ăš âna fatica. Che per diventare cittadini dellâUrbe per noi Ăš tutta âna strada in salita» diceva alla madre nel mentre che si lavava la faccia. Intanto la madre si rimirava la fotografia del padre vestito da bersagliere e nel cervello suo si vedeva quel padre e quel figlio come due ritratti uguali. «Siete proprio uguali tu e tuâ padre» diceva, ma per Primo non era vero manco per niente. «Câavete la stessa faccia... lo stesso naso» diceva. E glielo ripeteva tutte le mattine verso quellâora quando lo vedeva nel piccolo cesso ricavato da una specie di balconcino. «Lo stesso naso, la stessa faccia...» ma a Primo gli pareva che quel padre morto poteva rassomigliare solo allâaltri sei figli che non gli erano mai nati. PerĂČ alla solfa della madre doveva rispondere e per farla contenta gli rispondeva che «sĂ... câabbiamo lo stesso naso io e papĂ ... lo stesso naso» e quella incominciava la giornata un poâ piĂș contenta. La patria gli aveva fatto morire ammazzato il marito, ma almeno il figlio glielo aveva risparmiato. Moâ sulla faccia di quel figlio ci stava appiccicato il naso del padre morto. Diceva lei che «questo Ăš il naso de tuâ padre. Tuâ padre era un eroe di guerra e tu devi essere fiero del naso di un eroe!» e lui si portava in giro âsto naso come una medaglia al valor militare attaccata in mezzo alla faccia.
In quellâalba Primo si faceva la barba e si affacciava alla finestra e non vedeva nientâaltro che la salita del Quadraro. Avrebbe dovuto vedere pure i tedeschi che erano arrivati da un pezzo. I tedeschi che stavano al Quadraro giĂ da un paio dâore. Ma affacciato alla finestra gli pareva di vedere solo quella salita sulla quale avrebbe dovuto incominciare la giornata. Se una salita del genere gli fosse capitato di farla verso la metĂ della strada gli avrebbe fatto un altro effetto... ma proprio lĂ, allâinizio della camminata, era un calvario a farsela tutta a piedi. E manco poteva prendere il tram perchĂ© al Quadraro non câarrivava piĂș manco quello. Era una settimana che lâabitanti quadraroli stavano in punizione... che i tedeschi gli avevano tolto i tram e anticipato il coprifuoco alle quattro del pomeriggio per quel fatto che era successo. La storia dei tedeschi morti era girata subito e pure a Primo glielâavevano raccontato che il lunedĂ di Pasqua tre tedeschi ubriachi erano stati ammazzati dai partigiani del Gobbo del Quarticciolo. Dice che il fatto era successo allâosteria del Piccione e cosĂ, per ripicca, i tedeschi gli avevano levato i tram e unâora dâaria al giorno. Per questo fatto dei soldati ammazzati parecchia gente câaveva paura di qualche rappresaglia.
Moâ era passata âna settimana precisa. Moâ Primo si guardava la salita mentre la madre si rimirava il ritratto di suo marito, ma nessuno dei due pensĂČ ai tedeschi.
I tedeschi invece pensavano a loro, e alle cinque precise gli arrivarono dentro casa.
Primo non fece in tempo a vestirsi che se lo portarono via coâ le ciavatte e i calzoni del pigiama. E manco la madre fece in tempo a spiegare. Un soldato gli mise in mano un foglio di carta, lui si infilĂČ una giacchetta e scese con loro. Solo quando lâhanno infilato in un camion lâha ritirato fuori per leggerselo. Ci stava scritto:
PORTARE CON SĂ DOCUMENTI PERSONALI E DICHIARAZIONE DELLâATTUALE OCCUPAZIONE, SCODELLA (POSSIBILMENTE INFRANGIBILE) E POSATE, TENUTA DA LAVORO, SCARPE E BICCHIERI, ASCIUGAMANI, VIVERI. IL BAGAGLIO NON DEVE SUPERARE I 10 CHILOGRAMMI. PER FARE I BAGAGLI SONO CONCESSI NON PIĂ DI 10 MINUTI...
E invece lui non sâera portato manco una forchetta... manco una maglia di lana perchĂ© gli era parso che se cercava di recuperare qualcosa dentro a un cassetto gli sparavano pure!
Per strada era pieno di gente e tutti erano mezzi svestiti come lui, poi il camion Ăš partito e sâĂš diretto al cinema Quadraro. Ce ne stavano due di cinema in borgata. Uno era quello lĂ e lâaltro era il Folgore. Erano tutti e due di proprietĂ dei fratelli Cenci. Stavano a duecento metri uno dallâaltro e spesso ci facevano lo stesso film a orari sfalsati. Mentre al Quadraro facevano il primo tempo al Folgore davano il secondo e nellâintervallo si scambiavano le pellicole.
Moâ era di mattina presto e lĂ dentro al cinema Quadraro ci stava âna fila di donne dietro alle macchine da scrivere che prendevano le generalitĂ come allâanagrafe. I vecchi e i ragazzini li mandavano via e trattenevano solo gli uomini tra i 16 e i 55 anni, cosĂ di tutti i rastrellati ne rimasero un migliaio.
Poi lâhanno caricati sul tranvetto e gli hanno fatto fare qualche centinaio di metri fino agli studi di CinecittĂ . Primo câera giĂ entrato dentro agli studi del cinematografo. Câera andato a segnarsi per fare la comparsa nel film Scipione lâAfricano. E lâavevano pure preso per girare âna scena di battaglie sui pratoni dellâAppio Claudio. E mentre giravano âste scene di lotte sâerano accorti che nella tenuta del principe Torlonia ci stava un vecchio servo mezzo ritardato di cervello che sâera stipato âna montagna di mele. CosĂ nelle pause delle riprese sâerano andati a fregare la frutta. E mentre se la portavano via sâerano accorti che âsto vecchio andava in mezzo ai maiali e li trattava come tanti ragazzini. Dice che ci parlava pure e la scena comica era che parlava in ciociaro. âSto servo parlava talmente tanto burino che manco i maiali che soâ animali lâavrebbero mai capito!
Primo si ricordava âsta scena delle comparse vestite da antichi romani che si mangiavano le mele e intanto si rimiravano di nascosto il burino che parlava in ciociaro coi porci...
Moâ era tornato dentro a âsta cittĂ del cinema che era lâorgoglio del fascismo e si ritrovava in un teatrone con la paglia buttata per terra. Ci restĂČ fino alla sera del giorno appresso, quando li caricarono sui camion per portarli a Grottarossa e poi si ripartĂ col treno. Andarono verso Terni.
Quella era la prima volta che montava su un treno.
Ma durante il viaggio quel treno si ferma in mezzo alla campagna.
I vagoni sono tutti rincartocciati di tavole inchiodate sulle finestre per non far scappare nessuno, ma tra le tavole la gente si affaccia a turno per vedere di fuori e vede che il treno sta fermo vicino a âna buca, âna specie di voragine. Il primo a accorgersi di quella robba Ăš un ragazzetto vestito bene. «Ce sta âna buca qua di fuori, â dice mentre guarda attraverso una spaccatura nella parete del vagone, â stamo fermi vicino a âna buca» e si sposta per far vedere pure lâaltri. Ă in questo preciso momento che a Primo gli pare di non averlo mai visto a questo qui. E infatti glielo chiede pure che «io non tâho mai visto... tu non sei del Quadraro!» E quello si dĂ una mezza spolverata ai vestiti zozzi per presentarsi in condizioni piĂș decenti e gli dice che «no, non soâ del Quadraro. Mi chiamo Giubileo e vengo dalla bassitalia. Il paese manco te lo sto a dire, chĂ© tanto non lo conosci... e poi non era nemmeno il paese mio, chĂ© io soâ nato in altitalia... ma mio padre faceva il ferroviere e lâhanno spostato settâotto volte... ho conosciuto quasi tutte le regioni, soâ stato pure in Abissinia, perĂČ mio padre Ăš di Roma e a Roma ci stanno tutti i parenti miei... stanno a Trastevere. Al Quadraro me ce soâ trovato quasi per sbaglio. Ma ci pensi? Ă una vita che vedo passare treni per tutto lâimpero dâItalia e moâ Ăš proprio un treno che Ăš diventato la dannazione mia! E tu come te chiami?»
«Io me chiamo Primo», gli dice quellâaltro, ma lascia la frase mezza per aria e si mette a guardarlo come si guarda una strana razza di essere umano. Ma come?... il treno sta fermo vicino a una buca e tutti stanno zitti col presentimento che i tedeschi faranno una carneficina... che li lasceranno tutti lĂ dentro come avevano fatto manco un mese prima alle Cave Ardeatine... e quel Giubileo gli si mette a sciorinare tutta la storia della vita sua? Infatti pure lâaltra gente sâazzitta e si mette a guardare di fuori attraverso la spaccatura del vagone. Si mette a guardare quello scavo nella terra.
E fuori dal treno fermo ci sta pure una specie di primavera. Una bella stagione che pare che sâĂš fermata a mezza altezza con lâalberi carichi di frutti e la terra ancora tutta nera e senza manco un filo dâerba. E Giubileo continua a parlare e gli racconta che «soâ alberi de prugne. Prugne, fichi, albicocche, cerase... questo Ăš il periodo loro. E quelli soâ proprio alberi de prugne».
E Primo gli chiede comâĂš che «per terra non ce cresce manco un filo dâerba?»
«Se vede che sei nato cittadino. Vedrai che câavevano piantato piselli, fave o carciofi e moâ che lâhanno raccolti câĂš rimasta solo la terra. Tu te pensavi che câera passato Attila e invece Ăš solo la zappa del contadino... Io se rinasco me vojo mette a faâ il contadino. E me piacerebbe di averci pure le pecore. E pure le vacche coi cavalli... e pure âna scimmia!... no un uccelletto de quelli che la gente attaccano sul balcone, ma una scimmia vera! I scienziati dicono che lâuomo scende dalla scimmia. Per questo che lâuomo Ăš un essere intelligente. Se scendeva dalla pecora o dalla papera era un povero imbecille, ma per fortuna che lâuomo scende dalla scimmia... E a me mi piacerebbe di prendermi âsta scimmia e me la terrei vicina come un parente... come un parente un poâ ritardato di cervello, magari... ma insomma come un parente, come una vicinanza di compagnia. E io soâ sicuro che a una scimmia riuscirei pure a imparargli a parlare! Mica un discorso da scienziato, ma una qualche mezza frase... buongiorno e buonasera... tanto per farla entrare al bar per prendersi un caffĂš da sola senza che âsta bestia si comporta male.
Io se rinasco mi metto a fare il contadino e mi compro pure la scimmia. La metto a faâ la pastora coâ le pecore. Non la voglio mandare al circo a fare la pagliaccia coâ la gente che paga il biglietto per ridergli appresso... io gli darei un lavoro civile. La porterei a lavorare su un bel pezzo di terra come questa che in primavera câha lâalberi carichi di prugne che si stanno a maturare...
E poi mi piacerebbe ammaestrare le mosche.
I scienziati dicono che la mosca Ăš un animale perfetto. Respira, mangia, piscia, caca, scopa e dorme come lâesseri umani, ma lo sa fare meglio di noi. I scienziati dicono che si riproduce piĂș dei conigli... e dicono pure che se noi pisciamo davanti e cachiamo di dietro... le mosche fanno tutto insieme dallo stesso buco. E poi dicono che anche la respirazione della mosca Ăš una macchina perfetta. Non câhanno il naso coâ âsti buchi piccoli che si attappano sempre di moccolo e di caccole come noi. Le mosche soâ piene di buchi su tutto il corpo come una scolapasta. E se gli si attappa un buco nemmanco se ne accorgono. Lâaria gli circola da tutte le parti.
Ma in quanto a mangiare le mosche sono proprio un capolavoro della natura. E sai perché?
Perché le mosche mangiano merda!
Ecco perché le mosche camperanno in eterno.
Ci stanno certe persone che devono mangiare di magro sennĂČ non digeriscono. Ci stanno quelli che prendono solo verdure, quelli che gli serve la carne al sangue. Ci stanno pure certe razze dâuccelli che al cambio di stagione devono volare per centinaia di chilometri per trovarsi da mangiare... che traversano i continenti per una bestiola o per un ciuffo dâerba. E invece le mosche mangiano merda... Ma non una merda speciale... basta che sia una merda qualsiasi! E la merda non câha stagione. Non serve un albero speciale che la produce. Basta trovare il buco del culo di unâaltra bestia qualunque. La fabbrica della merda sta da tutte le parti e non si esaurisce mai. E poi la merda Ăš gratis!
Per questo io penso che la mosca Ăš lâanimale piĂș perfetto del mondo. Un essere superiore, ed Ăš per questo motivo che nel passare dei secoli Ăš diventata una bestia tranquilla. Tanto Ăš vero che ci stanno bestie piĂș piccole della mosca che attaccano persino lâesseri umani. Bestie traditore come la zanzara e la zecca che succhiano il sangue. Ment...