Ne muoiono più di crepacuore
eBook - ePub

Ne muoiono più di crepacuore

Saul Bellow, Marco Paggi, Dida Paggi

  1. 368 pages
  2. Italian
  3. ePUB (mobile friendly)
  4. Available on iOS & Android
eBook - ePub

Ne muoiono più di crepacuore

Saul Bellow, Marco Paggi, Dida Paggi

Book details
Book preview
Table of contents
Citations

About This Book

Kenneth Trachtenberg, l'imprevedibile narratore di Ne muoiono più di crepacuore, lascia Parigi e gli studi di letteratura russa per l'assai meno suggestivo Midwest americano, mosso dal desiderio di vivere vicino a suo zio Benn, insigne botanico e docente universitario. Lo zio però si rivela ben presto tanto un geniale classificatore di forme di vita vegetale, quanto un uomo del tutto impreparato a muoversi nel complicato universo dei problemi della contemporaneità e delle relazioni interpersonali. Prima di potersene rendere conto, i due irresistibili protagonisti di questo corrosivo romanzo di Saul Bellow si trovano così coinvolti in una serie di vicende che assumono la fisionomia a volte drammatica, a volte tragicomica di un'odissea alla ricerca del labile territorio dell'animo umano che unisce e separa la mente e il corpo, lo spirito e il mondo.

Frequently asked questions

How do I cancel my subscription?
Simply head over to the account section in settings and click on “Cancel Subscription” - it’s as simple as that. After you cancel, your membership will stay active for the remainder of the time you’ve paid for. Learn more here.
Can/how do I download books?
At the moment all of our mobile-responsive ePub books are available to download via the app. Most of our PDFs are also available to download and we're working on making the final remaining ones downloadable now. Learn more here.
What is the difference between the pricing plans?
Both plans give you full access to the library and all of Perlego’s features. The only differences are the price and subscription period: With the annual plan you’ll save around 30% compared to 12 months on the monthly plan.
What is Perlego?
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Do you support text-to-speech?
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Is Ne muoiono più di crepacuore an online PDF/ePUB?
Yes, you can access Ne muoiono più di crepacuore by Saul Bellow, Marco Paggi, Dida Paggi in PDF and/or ePUB format. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.

Information

Publisher
Mondadori
Year
2014
ISBN
9788852056505

NE MUOIONO PIÙ DI CREPACUORE

Sebbene questo romanzo sia legato in parte a fatti realmente avvenuti, ogni personaggio è immaginario in quanto presenta alcuni tratti derivati da più individui e altri che sono di pura fantasia. L’Autore non intende fare riferimento alcuno, diretto o indiretto, a persone realmente esistenti.
L’anno scorso, in un periodo di crisi esistenziale, lo zio Benn (B. Crader, il noto botanico) mi fece vedere una vignetta di Charles Addams. Era una vignetta qualsiasi, buona tutt’al più a strappare un sorriso, ma mio zio ci si era fissato e voleva farci sopra discorsi molto complicati. Io non avevo nessuna voglia di mettermi ad analizzare una vignetta. Lui però insisteva. Ne parlava così spesso che alla fine m’irritai e pensai di fargliela incorniciare e di regalargliela per il suo compleanno. Facciamogliela appendere al muro e che sia finita, pensai. Certe volte Benn riusciva a darmi sui nervi come solo le persone che hanno un posto nella nostra vita riescono a fare. E lui di sicuro aveva un posto molto particolare nella mia vita. Amavo mio zio.
Ma ciò che è più strano e degno di nota era che le altre cose di Addams gli interessavano pochissimo. Sfogliare la raccolta completa, Monster Rally, lo metteva di cattivo umore. C’era una monotonia, un gusto dell’umorismo nero fine a se stesso, che l’annoiava. Solo quella vignetta gli piaceva. Si vedeva una coppia di innamorati: i soliti personaggi tra il depravato e il desolato nella consueta cornice fatta di tombe e piante di tasso. L’uomo aveva un aspetto brutale e la donna, con i capelli lunghi (credo che i fans la chiamino Mortisia), era vestita da strega. I due si tenevano la mano seduti su una panchina del cimitero. La didascalia diceva semplicemente:
«Sei infelice, cara?»
«Oh, sì. Sì! Completamente».
«Perché mi colpisce tanto?» disse lo zio.
«Già, me lo chiedo anch’io.»
Lui si scusò. «Sarai stufo di sentirmela tirar fuori cinque volte al giorno. Scusami, Kenneth.»
«Tenuto conto della tua situazione, posso capirti. I pallini degli altri non mi fanno né caldo né freddo. I tuoi li posso sopportare per un po’. Però se vuoi la satira, se vuoi la caricatura, perché non ti guardi Daumier o Goya, i grandi maestri?»
«Non sempre si può scegliere. E poi io non ho la cultura che hai tu. Nel Midwest, i cervelli sono più lenti. Capisco benissimo che Addams non c’entra niente con i grandi maestri, ma dice le cose come si dicono oggi, e a me piace questo suo modo meshugah di vedere l’amore. Non c’è manipolazione. Non come Alfred Hitchcock.» Allo zio Hitchcock era molto antipatico. «Hitchcock ti dà solo un prodotto. Addams lavora partendo dai turbamenti della sua anima.»
«Sono secoli che ci facciamo rincretinire dall’amore. Non è solo la sua anima che è turbata.»
Lo zio curvò le spalle massicce senza dire niente. Non era d’accordo con la mia osservazione, e questo era il suo modo di respingerla. Disse: «Con Hitchcock non avrei parlato nemmeno per due minuti, mentre con Addams credo che potrei avere una conversazione molto significativa».
«Ne dubito. Non ti risponderebbe.»
«Malgrado tu sia più giovane di me di qualche decina d’anni» disse lo zio, «hai vissuto di più, te lo garantisco.» Con questo voleva dire che io sono nato e cresciuto in Francia. Mi presentava dicendo “il mio nipote di Parigi”. Lo zio amava considerarsi uno che il mondo non l’aveva conosciuto affatto. Naturalmente aveva visto parecchio, però forse non aveva guardato con abbastanza attenzione, o con sufficiente spirito pratico.
Io dissi: «Con Addams dovresti ammettere che questa è l’unica vignetta che ti piace».
«Una sola, sì. Però tocca le cose fondamentali.»
Quindi Benn prese a parlarmi delle cose fondamentali, così come può vederle una persona in crisi come lui. Disorientato com’era dai suoi problemi (e cioè da un infelice tentativo di matrimonio), non mi riusciva troppo chiaro.
«La vita di ciascuno di noi ha le sue peculiari difficoltà» disse. «È un tema con migliaia di variazioni. Variazioni e variazioni, tanto che alla fine si vorrebbe esser morti. Non credo che “ossessione” sia la parola giusta. E nemmeno, con buona pace di Freud, “coazione a ripetere”. Neppure idée fixe va bene. Una idée fixe talvolta può servire da copertura o da facciata a qualcosa di troppo sgradevole da mostrare. Certe volte mi chiedo se il mio tema abbia qualche relazione con la morfologia vegetale. Ma credo che il lavoro che uno fa non conti nulla. Se avessi fatto il fiorista o, come voleva mia madre, il farmacista, sentirei ugualmente gli stessi funebri rintocchi: Bong bong bong!… Sul finire della vita si ha una specie di modulo del dolore da riempire – un modulo lungo come la denuncia dei redditi, solo che questa volta è il tuo modulo del dolore. Infinite categorie. Prima, le cause fisiche – artrite, calcoli, crampi mestruali. Altra categoria, vanità offesa, tradimenti, inganni, ingiustizie. Ma le voci più difficili sono quelle dell’amore. Il punto allora è: perché dunque nessuno ci rinuncia? Se l’amore ci ferisce tanto a fondo che dappertutto se ne vedono i danni, perché non mettere la testa a partito e piantarla lì subito?»
«È per via dell’infinità del desiderio» dissi io. «O anche perché si spera in un colpo di fortuna.»
Lo zio era sempre pronto a far discorsi seri, e bisognava stare molto attenti. Le speculazioni fumose lo rendevano soltanto più infelice. Bisognava inoltre che stessi molto attento anche con me, perché come lui ho un debole per sistemare ogni cosa al suo posto, e so quanto sia vano cercare di farlo in continuazione. Però durante questa sua ultima crisi i suoi tentativi d’introspezione andavano tollerati. Il mio compito – il mio dovere puro e semplice, cioè – era di reggergli il capo. Era così chiaro dove aveva sbagliato che riuscivo a spiegarglielo per filo e per segno. Così facendo la mia preoccupazione aumentava. Passando in rassegna i suoi errori evidenti mi accorgevo che assomigliavo moltissimo a mio padre – nei gesti, nel tono della voce, nell’aria di amabile superiorità, nella sicurezza capace di colmare ogni lacuna, di riempire anche tutto quanto lo spazio planetario. Scoprire a chi assomigliavo mi turbava molto. Mio padre è una bravissima persona, a suo modo, ma io ero deciso a far di meglio. Ero fatto di un materiale più fine, come si dice; ero più intelligente; di un’altra stoffa. In certe cose mi batteva, senza dubbio – nel tennis, nelle imprese di guerra (io non potevo vantarne nessuna), nelle cose del sesso, nella conversazione, nel modo di presentarsi. C’erano però delle sfere (e dicendo questo intendo sfere più elevate) in cui lui non riusciva, e io lo superavo di gran lunga. E poi, quando parlavo con lo zio, a risentire le intonazioni di mio padre, e perfino le parole francesi che lui usava per dirti esattamente come stavano le cose (quando l’inglese non aveva sfumature sufficienti), tutta l’impostazione della mia vita crollava miseramente. Bisognava che dessi un’altra occhiata alle sfere per accertarmi che fossero effettivamente sfere e non bolle di sapone. Comunque sia, quando lo zio alla fine crollò, io crollai con lui. Era inevitabile che colassi a picco anch’io. M’era sembrato giusto essergli sempre vicino. E così fu, in modi imprevisti.
Benn si era specializzato in anatomia e morfologia vegetale. Lo specialista normalmente si considera uno che sa tutto ciò che c’è da sapere nel suo campo, e non si preoccupa d’altro. Sul tipo: «Io aggiusto gli indicatori dell’olio, e dunque non venitemi a seccare con un odometro». O, come in quella battuta: «Io non faccio la barba, metto solo la schiuma. Per farsi fare la barba vada qui di fronte». È comprensibile che certe specializzazioni siano particolarmente rigorose e che ci isolino dal mondo: comportano il diritto di starsene per conto proprio. Per mezzo di Benn venni a conoscere certi tipi di scienziati le cui eccentricità avevano il colore di vere e proprie prerogative. Benn non rivendicava mai il privilegio di porre una distanza tra sé e gli altri uomini. Se avesse abolito i suoi “contatti con l’esterno” non avrebbe avuto tanti guai con le donne.
Posso portare un esempio di questo fenomeno d’abolizione. Siamo a pranzo al club della facoltà in compagnia di un noto scienziato. Il cameriere, che è uno studente, viene a prendere le ordinazioni. Il collega di Benn dice al ragazzo: «Mi porti il pollo à la king». E il giovanotto risponde: «Ma sono tre giorni di fila che mangi il pollo à la king, papà. Perché non provi il chili con carne?».
Abituato da tutta la vita a questo genere di cose, il figlio non aveva battuto ciglio. Gli altri sorrisero. Io risi un pochino. Fu uno di quei momenti d’improvvisa illuminazione. E mentre ridevo ebbi una visione: vidi me stesso, di profilo, in forma di una gigantesca chiave inglese con la ganascia inferiore che si stava aprendo. Io sono soggetto a queste involontarie immagini mentali. Questa, pochissimo lusinghiera, mi fu forse suggerita dal mio impenetrabile compagno.
L’estrema distrazione del nostro amico scienziato non gli nuoceva affatto presso i colleghi. Significava che egli era lontano, a compiere il suo dovere alle frontiere della sua disciplina, e tanti saluti. I grandi scienziati fanno parte di una casta di principi. Dopo tutto sono le intelligenze più protette e più avanzate delle due superpotenze. I russi hanno i loro e noi abbiamo i nostri. Effettivamente è un bel privilegio.
In fondo, la distrazione non è poi quel gran che. Tutti capiscono benissimo che chi è impegnato a dominare la natura ha ogni diritto di lasciar perdere la noiosa umanità, che con le sue gambe non sa andare in nessun posto Ci troviamo di fronte all’élite che vive oltre la storia, e via di seguito. Però da questo punto di vista, e anche da altri, mio zio era diverso. Non chiedeva di essere esonerato dalle incombenze dell’esistenza terrena. Non lo chiedeva esplicitamente. A questo proposito gli altri specialisti suoi colleghi dovevano ritenerlo una specie di ritardato. Anche io certe volte lo consideravo ritardato, più confuso dal punto di vista della comune umanità di molte persone normalmente dotate. Nessuno l’accusò mai di essere stupido. Nel suo campo, gli si riconosceva di essere brillante. Oltre a ciò aveva spirito d’osservazione e leggeva molto, vedendo, come dice Cesare di Cassio, “fino in fondo attraverso le azioni degli uomini”. Se fossi io a recitare la parte di Cesare direi questa battuta in tono sarcastico. Agli occhi di Cesare, nella sua grandezza, i successi di cui gli uomini comuni vanno orgogliosi non sono nemmeno degni di disprezzo. Cesare era di gran lunga quello più in gamba. Però una cosa è certa: mio zio non vedeva attraverso le azioni delle donne. Negli altri casi, se si applicava, la sua capacità di giudizio non era niente male.
Così quando cominciò a parlare delle complessità dell’esistenza mi sembrò meglio (per il suo bene) non incoraggiarlo. Per quanto potesse essere un genio nel regno vegetale, la sua serietà ad alto livello poteva riuscire tormentosa. Certe volte mi faceva l’effetto di uno che guida male e che non riesce a parcheggiare: ci prova dieci volte senza risultato; vien voglia di togliergli il volante dalle mani. Ma quando la smetteva di essere “analitico” e la piantava di almanaccare sciocchezze sapeva anche sorprenderti. Aveva una capacità non comune di descriversi in modo diretto e immediato. Al livello più semplice sapeva dirti con tutti i particolari quello che sentiva, l’effetto che gli faceva un’aspirina sui muscoli del collo o sull’interno della bocca. A me questo incuriosiva molto, perché la maggior parte della gente non è assolutamente capace di descrivere quello che gli succede dentro. Gli alcolizzati o i drogati sono troppo confusi, gli ipocondriaci sono i terroristi di se stessi, e per lo più noi ci rendiamo conto soltanto di avere dentro un gran trambusto metabolico. Effettivamente la materia ci si disintegra dentro, nel ciclotrone dell’organismo. Invece se mio zio prendeva un betabloccante per la pressione, era capace di fornirti un minuzioso resoconto delle sue reazioni fisiche e anche emotive, e della sua caduta nello sconforto. E se ti sapevi muovere con discrezione alla fine ti diceva anche le sue impressioni più segrete. È vero che spesso io dovevo dargli una mano a localizzarle, però quando le aveva afferrate era fin troppo disposto a parlarne.
Fisicamente tendeva al robusto. Era facile prendersi gioco del lavoro che la Natura aveva compiuto con mio zio. Mio padre, che non aveva quel senso dell’umorismo che credeva di avere, amava dire che suo cognato era fatto come una chiesa russa, e cioè con la cupola a forma di bulbo. Mio zio era uno di quegli ebrei d’origine russa che hanno la classica faccia dei russi: naso corto, occhi azzurri, capelli biondi e radi. Se avesse avuto mani più grosse sarebbe stato un sosia perfetto di Sviatoslav Richter, il pianista. Il peso di quelle sue mani, quando Richter va verso il pianoforte, è tale che gli tira giù le braccia dalle maniche della marsina così che gli arrivano parecchio sotto le ginocchia. Mio zio aveva non le mani, ma gli occhi che attiravano l’attenzione. Avevano un colore non facile da definire: azzurro mare, ultramarino (questo pigmento lo si fa con polvere di lapislazzuli). Ma più del colore colpiva lo sguardo, quando ti fissava intensamente. C’erano delle volte in cui sentivi la potenza visiva puntata su di te. Aveva le orbite che sembravano un otto coricato, e questo alle volte aveva l’effetto di farti sentire tutto sottosopra e di farti venire strani pensieri in testa, come ad esempio: Questa è la facoltà della vista; proprio della vista in persona; è esattamente quello per cui sono fatti gli occhi. Oppure: La luce depreda noi esseri viventi di questi organi per i suoi scopi. Di sicuro non ti aspetti che una potenza com’è la potenza della luce ti lasci perdere. Così quando Benn si metteva a concionare sulle complessità dell’esistenza e cominciava a parlare del “determinismo sociale”, non lo potevi prendere sul serio perché quello che gli vedevi quando ti schiacciava con i suoi argomenti non era lo sguardo di chi è plasmato dal “determinismo sociale”. Però non avveniva spesso, che ti schiacciasse. Preferiva apparire ingenuo, ingenuo e perplesso, e magari anche stupido. In questo modo era meglio per tutti gli interessati. Questa storia della stupidità, deliberata o prescelta che fosse, è parecchio strana, ma non ho intenzione di parlarne qui.
È chiaro che l’osservavo attentamente. Lo sorvegliavo e ne studiavo le esigenze; sventavo le minacce. Essendo lui un genio, abbisognava di cure particolari. Le persone strane hanno necessità strane, ed era mio compito preservare quella sua preziosa stranezza. Ero venuto apposta dall’Europa per questo, per essergli vicino. Eravamo interconnessi a filo doppio, o plurimo. Né io né lui ormai avevamo più veri amici, e io non potevo permettermi di perderlo. Lui non voleva far la parte del genio, non gli andava lo stile pomposo e lo evitava, essendo singolarmente indipendente. Nemmeno alle “leggi” della fisica o della biologia era consentito di inibirlo. Non diceva mai “dal punto di vista scientifico”. Mai una volta gli ho sentito dire una cosa del genere. Evitava ogni esibizione di quella “preziosa stranezza” che gli attribuivo, e neppure gli andava di essere sottoposto a controllo o a supervisione. «Non sono un fenomeno da baraccone» diceva. Con una frase del genere si datava. I baracconi con l’uomo che mangia la testa di un serpente, la donna barbuta e la negra Ubangi con le labbra deformate dal disco di legno non ci sono più da un pezzo. Certe volte mi viene il sospetto che questa gente sia entrata nella cland...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Qualche giudizio critico
  5. NE MUOIONO PIÙ DI CREPACUORE
  6. Copyright
Citation styles for Ne muoiono più di crepacuore

APA 6 Citation

Bellow, S. (2014). Ne muoiono più di crepacuore ([edition unavailable]). Mondadori. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3296536/ne-muoiono-pi-di-crepacuore-pdf (Original work published 2014)

Chicago Citation

Bellow, Saul. (2014) 2014. Ne Muoiono Più Di Crepacuore. [Edition unavailable]. Mondadori. https://www.perlego.com/book/3296536/ne-muoiono-pi-di-crepacuore-pdf.

Harvard Citation

Bellow, S. (2014) Ne muoiono più di crepacuore. [edition unavailable]. Mondadori. Available at: https://www.perlego.com/book/3296536/ne-muoiono-pi-di-crepacuore-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Bellow, Saul. Ne Muoiono Più Di Crepacuore. [edition unavailable]. Mondadori, 2014. Web. 15 Oct. 2022.