NOTE
Prologo
1 [indietro] La santificazione del lavoro, tema del nostro tempo, in «Studi cattolici» n. 57 (1965), pp. 33-59.
2 [indietro] Ediciones Palabra, Madrid 1966, pp. 88.
3 [indietro] Ho già fatto riferimento alla genesi di questo saggio nel prologo di un’altra mia opera: Ante Dios y en el mundo. Apuntes para una teología del trabajo, Eunsa, Pamplona 1997, pp. 11-13.
4 [indietro] Pubblicato, sempre presso le Ediciones Palabra, nel 1980, consta di 184 pagine.
Capitolo I
1 [indietro] Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 31.
2 [indietro] Per comprendere la nozione di laico o cristiano comune, racchiusa nei testi del Concilio Vaticano II, nonché gli sviluppi spirituali e gli studi confluiti nelle dichiarazioni conciliari, così come per intendere i posteriori dibattiti, la riaffermazione e gli approfondimenti della dottrina del Vaticano II che si ebbero nell’assemblea del Sinodo dei vescovi celebrato nel 1987, e la successiva esortazione apostolica Christifideles laici, si possono trovare informazioni e bibliografia nel nostro studio La discusión teológica sobre la noción de laico, in «Scripta theologica» 22 (1990), pp. 771-789 (raccolto poi in J. L. Illanes, Laicado y sacerdocio, Pamplona 2000).
3 [indietro] Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, nn. 40-4l.
4 [indietro] Concilio Vaticano II, cost. dogm. Lumen gentium, n. 41.
5 [indietro] Per uno sviluppo di questa idea, si veda il nostro studio La llamada universal a la santidad, in «Nuestro tiempo» 162 (1967), pp. 611-630, dove il tema è analizzato tenendo appunto in considerazione testi sia del Concilio Vaticano II, sia del fondatore dell’Opus Dei (raccolto poi in J. L. Illanes, Mundo y santidad, Madrid 1984, pp. 65-96; trad. it. Mondo & santità, ed. Ares, Milano 1992, pp. 55-76).
6 [indietro] Concilio Vaticano II, cost. past. Gaudium et spes, n. 34.
7 [indietro] Cfr san Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I, q. 103, a.6.
8 [indietro] Concilio Vaticano II, decr. Apostolicam actuositatem, n. 4.
9 [indietro] Per una analisi più ampia degli insegnamenti del Vaticano II, si veda R. M. Nubiola, Trabajo y redención en la «Gaudium et spes», Terrassa (Barcelona) 1993, e H. Fitte, Lavoro umano e redenzione. Riflessione teologica dalla «Gaudium et spes» alla «Laborem exercens», Roma 1996, con una buona bibliografia in entrambi i casi.
10 [indietro] Paolo VI, enc. Populorum progressio, n. 27; si veda anche il n. 28, che ricorda altresì il carattere ambivalente del lavoro, come di ogni realtà temporale e storica. La Populorum progressio fu promulgata il 26-3-1967.
11 [indietro] Paolo VI, Discorso all’Unione dei giuristi cattolici, 15-12-1963 (in Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, I, 1963, p. 609). Come si può notare, il passo che citiamo è contemporaneo al Vaticano II; testi successivi del medesimo Pontefice, in H. Fitte, Lavoro umano e redenzione, cit., pp. 244-249.
12 [indietro] Giovanni Paolo II, enc. Laborem exercens, n. 24. Su questa enciclica, unitamente al nostro saggio Trabajo, historia y persona. Elementos para una teología del trabajo en la «Laborem exercens», in «Scripta theologica» 15 (1983), pp. 205-231 (raccolto in J. L. Illanes, Ante Dios y en el mundo. Apuntes para una teología del trabajo, Pamplona 1997, pp. 143-178), si possono consultare, fra altri testi, Estudios sobre la «Laborem exercens», Madrid 1987; E. Colom - F. Wurmser, El trabajo en Juan Pablo II, Madrid 1995; H. Fitte, Lavoro umano e redenzione, cit., pp. 251-273, con ampia bibliografia.
13 [indietro] Per lungo tempo, affermava Henri Sanson, «l’aspetto ascetico del lavoro ne ha occultato il significato umano» (Spiritualité de la vie active, Le Puy 1957, p. 212; si vedano anche le pagine 9-11). Jacques Maritain (Il contadino della Garonne, ed. it. Brescia 1967, pp. 71-80) esprimeva analogo giudizio affermando che, per una erronea interpretazione di quel disprezzo del mondo cui avevano alluso nei loro scritti alcuni grandi mistici, la teologia spirituale è stata parzialmente inquinata – talvolta in modo palese, talaltra larvato – da un manicheismo pratico che rendeva impossibile la valutazione positiva delle realtà secolari e, dunque, del lavoro professionale che il cristiano realizza nel mondo, consapevole di esserne parte.
14 [indietro] Di codesto processo, e più in concreto della distinzione tra secolarizzazione, secolarità e secolarismo (per avvalersi di termini emblematici e usuali), ci siamo già particolareggiatamente occupati in altro momento, specialmente in Cristianismo, historia, mundo, Pamplona 1973, e Historia y sentido. Estudios de teología de la historia, Madrid 1997.
15 [indietro] Un grande problema del giorno: religione e lavoro, in «L’Osservatore romano», 1-4-1960, p. 3. Cinque anni più tardi, ormai Papa e mentre era in pieno svolgimento il Concilio Vaticano II, pronunciava alcune parole dirette ai partecipanti a un congresso di giovani operai, nelle quali si può rinvenire un’eco di questa diagnosi della situazione, con l’invito altresì a superarla: «Tocca a voi portare, riportare Cristo nel mondo del lavoro, specialmente nelle nuove leve di lavoratori. Non si tratta di fare una propaganda fanatica, né di assumere atteggiamenti bigotti, e nemmeno di rinchiudersi in cenacoli chiusi, o di estraniarsi dalla partecipazione alla vita operaia. Si tratta di non privare questa vita operaia della sua dignità spirituale, dei suoi diritti religiosi e morali; si tratta di infondere nel lavoro il senso cristiano e umano, che lo nobilita, lo fortifica, lo conforta, e lo pervade di buoni sentimenti di solidarietà e di amicizia, e lo aiuta a difendere i propri interessi economici e professionali con spirito di giustizia e di comprensione al bene comune. Non è la vostra fede, la vostra coscienza cristiana, la vostra certezza religiosa, quella che vi dà il senso più alto, più sicuro, più lieto della vita? Ecco a che cosa serve la fede: serve alla vita!» (Discorso ai partecipanti al IX Congresso nazionale della gioventù delle Acli, 5 gennaio 1965: Insegnamenti di Paolo VI, vol. III, 1965, pp. 17-18).
16 [indietro] Paolo VI, Discorso in apertura del secondo periodo del Concilio Vaticano II: AAS 54 (1963), p. 847.
17 [indietro] Katholische Dogmatik, par. 170; trad. it.: Dogmatica cattolica, t. IV, Roma 1961.
18 [indietro] San Josemaría Escrivá, La Constitución apostólica «Provida Mater Ecclesia» y el Opus Dei, Madrid 1949, p. 7; trad. it.: La Costituzione apostolica «Provida Mater Ecclesia» e l’Opus Dei, Roma 1954, pp. 7-8 (si tratta di una conferenza pronunciata nel 1948 nella sede madrilena dell’Associazione cattolica dei Propagandisti, pubblicata poi in estratto).
19 [indietro] Cfr Essay on the Development of Christian Doctrine: si veda l’intera opera, ma forse specialmente le pagine che, all’inizio, sono intese a mostrare il legame tra sviluppo dogmatico e fede autenticamente vissuta.
20 [indietro] Cfr Gv 3, 8.
21 [indietro] Giovanni Paolo II, Omelia pronunciata nella Messa di beatificazione del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer, 17 maggio 1992; espressioni consimili nel Breve pontificio di beatificazione. Entrambi i testi possono essere consultati in «Romana. Bollettino della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei» 14 (1992), pp.18-20 e 13-15.
22 [indietro] A. Luciani, Cercando Dio nel lavoro quotidiano, in «Il Gazzettino», Venezia, 25 luglio 1978.
23 [indietro] S. Baggio, Opus Dei: una svolta nella spiritualità, in «Avvenire», Milano, 26 luglio 1975. Analoghe dichiarazioni si trovano in scritti pubblicati da molte altre personalità ecclesiastiche; ci limitiamo, a titolo di esempio, alle testimonianze di numerosi cardinali offerte in quel periodo: Sergio Pignedoli, Mons. Escrivá de Balaguer: un’esemplarità spirituale, in «Il Veltro», Roma, 19 (1975) pp. 275-282; Marcelo Gon...