Il libro delle meraviglie
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Giovanni Tritemio, Alessandro Boella, Antonella Galli

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Giovanni Tritemio, Alessandro Boella, Antonella Galli

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Il Libro delle Meraviglie di Giovanni Tritemio è un testo chiave della tradizione ermetica. È suddiviso in due parti: la prima è un'introduzione-saggio in cui sono presentati la figura di Tritemio e alcuni estratti dalle sue lettere e dai suoi scritti di carattere ermetico-magico. La seconda parte è una raccolta di processi e segreti alchemici e magici (che conosciamo, con diversi titoli, da alcuni manoscritti del XVIII secolo, i cui contenuti risalgono certamente a un'epoca di molto anteriore), pubblicata solo verso il 1855 con il titolo Wunder-Buch. Si tratta di un'incredibile mole di istruzioni operative, un vero e proprio manuale di "tecnologia sacra" che affonda le proprie radici nella notte dei tempi e che ha avuto una lunga storia nello sviluppo dell'esoterismo occidentale.

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Information

Verlag
La Lepre
Jahr
2013
ISBN
9788896052785

Il “maestro perfettissimo di magia naturale[1]

«Dietro la magia di Tritemio si può individuare
una considerevole tradizione esoterica»
Francis Amelia Yates[2]
Nato a Trittenheim[3] il 1° febbraio 1462 da Johann Heidenberg o Eidenberg, di nobili origini, e da Elisabeth von Longwich, Johann portava il cognome del padre, morto quando egli aveva un anno. Quando la madre si risposò, sette anni dopo, da quel matrimonio nacquero diversi figli che morirono tutti giovanissimi eccetto uno, Jakob, che più tardi costituì quasi l’unico legame con la sua famiglia.
Johann dovette assumere il cognome del patrigno, che però si rifiutò di portare. Spinto da un forte impulso agli studi, favoriti inizialmente da uno zio paterno, Peter Heidenberg, su suo consiglio, nel 1479, a 17 anni, si allontanò dalla famiglia e partì per Treviri, ove studiò alla scuola di un monastero; passò poi in altre città e in altre scuole, per approdare infine, a 18 anni, a Heidelberg, uno dei centri culturali tedeschi più importanti e già celebre per la sua università, che era la più antica della Germania.
Suo primo insegnante fu Johann Dalberg (1445-1503), cancelliere dell’Elettore Palatino del Reno, un grande erudito in lettere classiche che, valutate le sue qualità, gli facilitò l’ingresso all’università esonerandolo dal pagamento della retta.
Proveniente da un’antica e nobile famiglia che godeva di speciali privilegi, Johann Dalberg studiò teologia a Erfurt, poi lettere classiche a Vienna e a Heidelberg; in seguito si recò in Italia, prima a Pavia e poi a Padova e a Ferrara, ove si laureò in diritto e instaurò relazioni con eruditi greci in esilio a causa delle loro idee, di cui il primo propagatore era stato il filosofo neoplatonico bizantino Gemisto Pletone (1360-1452), ispiratore dell’Accademia neoplatonica di Firenze.
Ritornato in Germania, Dalberg concepì la creazione di una simile accademia umanistica, e ne fece partecipi l’erudito olandese Rudolph Huesmann o Hausmann, più noto con il nome latino di Agricola, conosciuto in Italia, e il giovane Johann Heidenberg[4]. Insieme al poeta laureato Konrad Celtis[5], che prese il nome di Celtes Protucius, diede nascita alla Sodalitas litteraria rhenana, una straordinaria associazione che coltivava le lingue antiche, la matematica, l’astronomia e la filosofia, ma anche l’astrologia, la mistica dei numeri e la filosofia pitagorica. Dalberg vi assunse il nome di Camerarius (la chiave di volta), Huesmann quello di Agricola (il coltivatore degli intelletti) e Johann Heidenberg quello di Trithemius (il terzo legame), che da quel momento conservò.
In onore del suo fondatore Konrad Celtis, l’accademia assunse anche il nome di Sodalitas celtica, e ad essa aderirono anche il kabbalista cristiano Paolo Ricci, allievo di Pico della Mirandola, Johann Reuchlin, Willibald Pirckheimer, ed altri.
Verso la fine del 1481, Tritemio desiderò rivedere la madre e il fratello e si mise in viaggio per Trittenheim con un compagno, ma si smarrì e si ritrovò nei dintorni del monastero benedettino di San Martino di Sponheim, al quale chiese ospitalità. Dopo cinque giorni prese la decisione di rimanervi: il 21 marzo vi fu accolto come novizio e il 21 novembre pronunciò i voti definitivi.
Il 29 luglio 1483 era eletto abate del monastero, che era uno dei più poveri del Palatinato; ma si dette subito da fare per migliorarne le condizioni. Si rivelò un ottimo amministratore, e prese parte attiva anche nella ricostruzione, decorando persino le pareti della sua abitazione con quartine composte da amici, quali Konrad Celtis,, e anche da lui stesso, e le pareti del refettorio con gli stemmi dei 24 abati a lui precedenti e con il proprio.
Si applicò con ancora maggiore zelo alla riforma interiore e morale della comunità, imponendo la regola del lavoro e applicandola alla trascrizione dei testi manoscritti: Tritemio infatti privilegiava i manoscritti alle opere a stampa. Accrebbe così il numero dei volumi della biblioteca, da 48 che erano nel 1483, a quasi duemila nel 1505, acquistando o scambiando manoscritti e libri rari, tanto che la biblioteca divenne tappa obbligata per tutti gli umanisti che passavano dalla Germania[6].
Il monaco benedettino Wolfgang E. Heidel narra ad esempio che il 4 giugno 1496, un importante gruppo di personalità si recò a Sponheim in visita alla biblioteca: Johannes Dalberg, Francesco da Bologna, segretario dell’imperatrice[7], poeta e oratore versatissimo nelle lettere greche e latine; Heinrich de Bunaw, ministro del duca di Sassonia; Giovanni Virgilio di Bologna, giurista e segretario del conte palatino del Reno, e che divenne più tardi, con il nome di Polydoce, uno storico assai stimato[8]. Il poeta Konrad Celtis, che veniva sovente a trovare Tritemio, gli dedicò una quartina in stile oraziano:
Considerate, o ospite venerato, questi piccoli versi
Tritemio ha organizzato ciò che è per tre volte celebre
Lui che ha il culto dell’antichità nonché l’amore delle lingue,
E che, bastione degli archivi, insegna a chiunque venga[9].
L’abate godeva effettivamente di amicizie altolocate. L’imperatore Massimiliano I, intrattenne un carteggio con lui, finché non poté incontrarlo personalmente. Il conte palatino del Reno e il duca di Baviera lo onorarono della loro amicizia personale e ebbero più volte occasione di conversare a lungo con lui. Il margravio Elettore Joachim di Brandeburgo, uno Hohenzollern, gli dimostrava affetto e ammirazione, come testimonia una delle sue lettere, datata Berlino, 29 maggio 1507:
«Noi vi salutiamo, onore della Germania, Arca della scienza universale, che ci avete aiutato a ricordare Dio e ad amarlo, noi che vi amiamo appassionatamente»[10].
L’arcivescovo di Colonia, il duca di Sassonia, il margravio di Baden, il vescovo di Worms, il vescovo di Lubecca, per citare solo le maggiori celebrità tedesche della sua epoca, provavano per lui una particolare ammirazione e ci tenevano a dimostrarglielo per iscritto. Il legato papale lo aveva invitato a Roma, ma Tritemio aveva gentilmente rifiutato, poiché gli onori ecclesiastici non lo attiravano.
La biblioteca di Sponheim conteneva opere in molte lingue: in una lettera del 20 agosto 1507 indirizzata a Johannes Damius, uno degli amici che venivano spesso a fargli visita, l’abate scrive: «Raccogliemmo molti volumi rari e preziosi, in ogni disciplina, non solo a stampa, ma anche manoscritti su pergamena, cosicché, confidenzialmente, oserei dire che in tutta la Germania non esistesse una simile biblioteca, nella quale si trovassero tanti libri rari e antichissimi, in ogni tipo di scrittura, sia sacra che profana, e in lingue diverse, in ebraico, greco, latino, caldeo, arabo, zend (indiano) ruteno e cinese (tartarico)»[11].
Comprendeva ad esempio, oltre naturalmente agli scritti dei Padri della Chiesa, opere di Teocrito, Isocrate, Teofrasto, Aristippo, le Vite di Filostrato, i Versi aurei di Pitagora, le poesie di Esiodo, l’Iliade e l’Odissea, le opere di Porfirio, la gra...

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