Il racconto del mito
Chi, oggi, solca dâestate le limpide acque delle isole ioniche a sud di CorfĂč, navigando pigramente tra Leucade, Cefalonia e Zacinto, prova di certo un brivido nel passare davanti alle coste rocciose di Itaca, la lunga isola che Ăš rimasta legata per sempre al nome di Odisseo, lâUlisse dei latini, uno dei personaggi piĂč famosi della mitologia classica. Per lâeroe che ha permesso ai Greci di conquistare Troia dopo dieci lunghi anni di assedio grazie allo stratagemma del cavallo di legno, Itaca Ăš insieme un sogno e un incubo: un sogno perchĂ©, dopo un periodo cosĂŹ lungo trascorso combattendo contro i Troiani, lontano dalla moglie Penelope, dal figlio Telemaco e dai suoi vecchi genitori, Odisseo non vede lâora di tornare nella sua isola; un incubo perchĂ© il viaggio di ritorno dalle coste dellâAsia Minore si rivela molto piĂč lungo e difficile del previsto. Le peripezie dellâeroe di Itaca sono raccontate nei dettagli dallâOdissea, il secondo dei poemi attribuiti allâautore piĂč antico della letteratura greca, il poeta Omero; ma Odisseo ha un ruolo tuttâaltro che secondario anche nel primo di questi poemi, lâIliade, che narra una parte della guerra che Greci e Troiani combattono sotto le mura della cittĂ governata dal vecchio Priamo. Ma per quale motivo Ulisse, e con lui lâesercito greco, affronta un viaggio cosĂŹ lungo per conquistare Troia? Tutto era nato dallâaffronto che il giovane Paride, uno dei cinquanta figli del re di Troia Priamo, aveva commesso nei confronti di Menelao, re di Sparta, uno dei piĂč potenti signori della Grecia: mentre era suo ospite, si era innamorato di sua moglie, la bellissima Elena, e lâaveva portata con sĂ© a Troia.
La guerra di Troia
A dir la veritĂ , la colpa non era tutta di Paride. Qualche giorno prima, mentre il bel giovane stava pascolando il gregge di suo padre alle pendici del monte Ida, gli si erano presentate davanti tre dee, che gli avevano chiesto di giudicare quale delle tre fosse la piĂč bella. Hera, moglie di Zeus, gli aveva promesso che, se lâavesse giudicata la piĂč bella, lo avrebbe reso il re di tutta lâAsia; Atena, figlia di Zeus, gli aveva promesso come ricompensa la saggezza e la vittoria nelle imprese militari; ma Paride aveva preferito il dono di Afrodite, la dea dellâamore, che gli aveva promesso la donna piĂč bella del mondo â Elena, per lâappunto.
In ogni caso, il rapimento di Elena aveva provocato un vero e proprio terremoto non soltanto nel palazzo di Menelao, ma in tutta la Grecia. Questo perchĂ© i principi greci, che erano stati tutti innamorati della bella Elena, avevano a suo tempo promesso a Tindaro, suo padre, che, se fosse successo qualcosa alla donna, sarebbero intervenuti a difesa dellâonore di suo marito. Ecco perchĂ© il comportamento del principe troiano aveva avuto come conseguenza lâallestimento di una massiccia spedizione militare che, sotto la guida di Agamennone, fratello di Menelao, salpĂČ verso le coste dellâAsia Minore per vendicare lâoffesa ricevuta.
Naturalmente non tutti i signori della Grecia avevano accettato di buon grado la necessitĂ di mantenere la parola data. Odisseo, per esempio, aveva fatto di tutto per sottrarsi al patto che aveva sottoscritto con Tindaro: per evitare di partire, si era finto pazzo. Ma Palamede, che era stato mandato da Menelao a reclutarlo per la spedizione, era stato piĂč astuto di lui. Non appena sbarcato sullâisola di Itaca, Palamede era stato condotto alla presenza di Odisseo, perchĂ© vedesse con i propri occhi come lâeroe fosse davvero impazzito. Solo sulla riva del mare, Odisseo correva per la spiaggia spingendo davanti a sĂ© un aratro e gettando sale nei solchi, come se stesse seminando. Ma Palamede aveva strappato Telemaco, il figlioletto appena nato, dalle braccia di sua madre Penelope, e lâaveva posato a terra proprio sulla traiettoria dellâaratro, costringendo Odisseo a scartare bruscamente; Palamede aveva ripetuto il gesto per altre due volte, e per due volte Odisseo aveva deviato il corso dellâaratro per non uccidere Telemaco. Alla fine lâeroe si era arreso, aveva confessato il suo trucco ed era partito per Troia, lasciando nel palazzo di Itaca la moglie, il figlio, suo padre Laerte e sua madre Anticlea.
Tuttavia, prima di raggiungere Troia, con la sua astuzia, destinata a divenire proverbiale, Odisseo aveva smascherato un altro disertore che, come lui, aveva cercato di evitare la chiamata alle armi. Avendo saputo che suo figlio Achille sarebbe morto combattendo davanti alle mura di Troia, la madre Teti lâaveva portato a Sciro, dal re Licomede, chiedendogli di nasconderlo tra le sue figlie dopo averlo vestito da donna. Quando Ulisse lo venne a sapere, andĂČ da Licomede portando in dono, alle sue figlie e alle sue ancelle, un cesto che conteneva, insieme a molti oggetti tipicamente femminili (vestiti e gioielli), anche qualche arma; senza degnare di uno sguardo nĂ© i vestiti nĂ© i gioielli, Achille si era lanciato su uno scudo e su un giavellotto (o, secondo unâaltra versione, su una tromba di guerra), svelando cosĂŹ la sua natura maschile. La storia Ăš narrata con grande ricchezza di particolari dal poeta latino Stazio, il quale verso la fine del I secolo d.C. cominciĂČ a scrivere un poema, lâAchilleide, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto raccontare la vita di Achille â e che invece rimase interrotto dopo il secondo libro per la morte prematura dellâautore.
Ed Ăš proprio Achille il vero protagonista dellâIliade, il poema nel quale Ulisse fa la sua prima apparizione nella letteratura greca: lâira funesta che Achille prova per aver dovuto cedere ad Agamennone la sua amata schiava Briseide lo spinge ad abbandonare la lotta, ritirandosi nella sua tenda insieme ai suoi soldati, i Mirmidoni, e lasciando nei guai gli altri Greci, che subiscono gravi perdite da parte dei Troiani, guidati da Ettore, il coraggioso figlio di Priamo. Spinto a tornare a combattere per vendicare la morte del suo amico Patroclo, che era stato ucciso da Ettore con lâaiuto del dio Apollo, Achille affronta in duello Ettore, uccidendolo.
Questa, in estrema sintesi, Ăš la trama dellâIliade. Ma se Achille vi ricopre senzâaltro il ruolo del protagonista, lâimportanza che riveste Ulisse nel poema Ăš ugualmente degna di nota. Lâeroe fa la sua comparsa giĂ nel primo libro, quando Agamennone gli affida il delicato compito di restituire la prigioniera di guerra Criseide a suo padre Crise, il sacerdote di Apollo. Qui lâeroe viene definito per la prima volta polymetis, un aggettivo ricorrente che sottolinea la sua metis (âsaggezzaâ, âprudenzaâ, âastuziaâ), una dote che egli possedeva in cosĂŹ gran quantitĂ (poly) da permettergli di essere addirittura accostato a Zeus, il re degli dĂši, come risulta da unâaltra espressione formulare che ritorna spesso nei poemi omerici (Dii metin atalantos, âsimile a Zeus in saggezzaâ). La posizione di prestigio che Ulisse ricopriva allâinterno dellâassemblea dei comandanti dellâesercito greco viene mostrata in modo evidente giĂ nel secondo libro dellâIliade.
Le peripezie dellâeroe di Itaca sono raccontate nei dettagli dallâOdissea, il secondo dei poemi attribuiti allâautore piĂč antico della letteratura greca, il poeta Omero; ma Odisseo ha un ruolo tuttâaltro che secondario anche nel primo di questi poemi, lâIliade, che narra una parte della guerra che Greci e Troiani combattono sotto le mura della cittĂ governata dal vecchio Priamo.
Quando Agamennone, spaventato da un incubo che gli Ăš stato mandato da Zeus, ordina allâesercito di prepararsi a ripartire per la Grecia, Ăš proprio lâintervento di Odisseo a fermare i soldati, salvando cosĂŹ la spedizione: su consiglio di Atena, la dea della sapienza, sua protettrice, lâeroe affronta personalmente, uno per uno, i capi e i soldati, convincendoli «con le sue parole gentili» a restare; con il lungo discorso pronunciato in assemblea, che si conclude tra lâacclamazione generale, li persuade definitivamente a non arrendersi alle difficoltĂ che stanno provando dopo nove lunghi anni di guerra. In questo episodio Ulisse Ăš costretto suo malgrado a confrontarsi con un personaggio che introduce un elemento che potremmo definire comico, pur allâinterno di un contesto altamente drammatico.
Lâunica figura che si rifiuta di accettare disciplinatamente i suoi consigli Ăš Tersite, un semplice soldato che, invece di tacere, continua a discutere gli ordini dei capi: definito lâuomo piĂč brutto tra quelli giunti a Troia, con le gambe storte, le spalle ricurve e la testa a pera, Tersite ora inizia a prendersela perfino con Agamennone, ma viene zittito da Odisseo, che non si limita a rimproverarlo per aver parlato a sproposito, ma lo colpisce con lo scettro con tale forza da farlo piangere, suscitando il riso dei suoi compagni (che non lo amavano affatto, perchĂ© era un chiacchierone arrogante).
Non puĂČ esserci confronto â questo il succo della vicenda â tra lâeloquenza di Tersite (che Omero prende in giro anche per lâinefficacia dei suoi discorsi) e quella di Ulisse, che viene invece lodata anche altrove nel poema. Il suo contributo personale alla spedizione, del resto, non Ăš soltanto militare: Ulisse partecipa alla guerra con dodici navi «dipinte di rosso», si batte con successo contro i nemici uccidendone molti (rischiando anche la vita, come si legge nellâundicesimo libro, quando viene circondato dai Troiani e ferito nel fianco dalla lancia di Soco), compie una pericolosa spedizione notturna nellâaccampamento troiano insieme al fedele compagno Diomede, uccidendo la spia Dolone e rubando i cavalli bianchi che appartenevano a Reso, re dei Traci (unâimpresa narrata nel decimo canto dellâIliade, la cosiddetta âDoloneideâ), ma il suo intervento viene richiesto soprattutto quando câĂš bisogno del fascino delle sue parole, che il principe troiano Antenore, pur essendo un suo nemico, elogia definendole «dense come fiocchi di neve dâinverno». (Iliade, III, 222).
Ă proprio per questo motivo che Ulisse viene scelto, nel nono libro, per cercare di convincere Achille a tornare in battaglia, cosĂŹ da aiutare i Greci, che senza di lui non riuscivano ad avere la meglio sui Troiani. Se il suo lungo discorso (Iliade, IX, 225-306) non ottiene il risultato sperato, la colpa non Ăš certo dellâeloquenza di Odisseo, ma dellâira di Achille nei confronti di Agamennone, che non Ăš ancora sbollita.
Protagonista dellâOdissea
NellâOdissea, il poema che prende il suo nome, lâeroe diventa il protagonista: come si legge nel proemio, Omero chiede a Calliope, la Musa della poesia epica, di cantargli le avventure dellâeroe che, dopo aver distrutto Troia, aveva compiuto un lungo viaggio prima di fare ritorno nella sua patria â un viaggio nel quale aveva visto molte cittĂ , conosciuto molti uomini e sofferto molti dolori nellâanimo, sul mare. La parola chiave di questo proemio Ăš lâaggettivo polytropos, che nel primo verso il poeta attribuisce al protagonista. Il suo significato preciso era stato oggetto di discussione fin dallâantichitĂ : voleva dire, metaforicamente, âversatileâ, âingegnosoâ, âricco dâastuzieâ, âcapace di escogitare molteplici espedientiâ (nella prima, storica traduzione italiana, pubblicata nel 1822, Ippolito Pindemonte lo traduce «dal multiforme ingegno»), oppure, piĂč semplicemente, aveva il significato concreto di âcolui che ha molto viaggiatoâ?
Il riferimento ai viaggi dellâeroe (che costituiscono uno degli elementi del poema che hanno contribuito a rendere particolarmente affascinante la figura di Odisseo) potrebbe essere giustificato dalla presenza, allâinizio del verso seguente, del verbo plazein, che significa âerrareâ, âvagareâ; la questione viene tuttavia risolta in modo diverso in un passo dellâIppia minore, un dialogo filosofico scritto nel IV secolo nel quale Platone mette a confronto Socrate con il sofista Ippia, un uomo dai molteplici interessi. A Socrate, che gli chiede se preferisce Ulisse ad Achille, Ippia risponde che se Omero ha rappresentato questâultimo come lâuomo piĂč coraggioso, Odisseo Ăš stato raffigurato come polytropotaton (il superlativo di polytropos). Fingendo, con la sua proverbiale ironia, di non aver capito quello che Ippia gli ha voluto dire usando proprio quellâaggettivo, Socrate gli chiede di essere piĂč preciso. Il sofista risponde citando il passo del nono libro dellâIliade nel quale Achille si era rifiutato di accogliere la richiesta avanzata da Odisseo (che, come abbiamo visto, lo aveva supplicato invano di tornare a combattere), definendolo, tra lâaltro, polymechanos (cioĂš âuomo dai molti accorgimenti e dalle molte macchinazioniâ): dalla lettura del passo, sostiene Ippia, si dedurrebbe senza difficoltĂ che Omero ha raffigurato Achille come un uomo âsempliceâ e âsinceroâ, mentre Odisseo Ăš stato presentato come un uomo polytropos e âbugiardoâ. Quando Socrate ribadisce che, secondo lâinterpretazione di Ippia, polytropos Ăš in buona sostanza un sinonimo di âbugiardoâ, il sofista non puĂČ che confermare.
Costruito secondo una struttura sorprendentemente moderna, il poema prosegue, subito dopo il proemio, con lâimmagine dellâeroe fermo nellâisola di Ogigia, ospite della bellissima ninfa Calipso, che vorrebbe che Odisseo rimanesse per sempre con lei. Ma Omero sembra disinteressarsi della sua sorte, perchĂ© a questo punto il protagonista scompare: i primi quattro libri del poema sono dedicati infatti al figlio Telemaco, che, su consiglio della dea Atena, compie un lungo viaggio alla ricerca del padre, fermandosi nelle cittĂ di Pilo (dove regnava il vecchio e saggio Nestore) e di Sparta (retta da Menelao), mentre nella reggia di Itaca spadroneggiano i Proci, i pretendenti alla mano di Penelope, la quale, non avendo piĂč notizie di suo marito da molti anni, dopo aver tentato di rimandare la propria decisione con tutti i mezzi (compreso il pretesto della famosa tela, che la regina tesseva di giorno e disfaceva di notte), sembra ormai vicina a cedere al corteggiamento di uno di loro. Solo a partire dal quinto libro i lettori dellâOdissea incontrano finalmente il protagonista del poema: Ăš sempre grazie al provvidenziale intervento di Atena che Zeus decide di mandare Hermes, il suo messaggero, da Calipso per convincere la ninfa a lasciar andare Odisseo.
A malincuore, Calipso obbedisce, aiutando lâeroe a costruire una zattera sulla quale egli lascia Ogigia partendo di nuovo alla volta di Itaca. Ma, se Ăš vero che molti degli dĂši sono dalla sua parte, sullâOlimpo Ulisse possiede anche molti nemici: uno di questi Ăš Poseidone, il dio del mare (e vedremo tra poco perchĂ©). Scatenando una tempesta, il dio fa affondare la sua imbarcazione, ma lâeroe si salva grazie allâaiuto di Ino, una divinitĂ marina, che lo fa arrivare sano e salvo sullâisola di Scheria. A Scheria regna Alcinoo, il signore dei Feaci; da lui lo porta sua figlia Nausicaa, che si Ăš imbattuta nel naufrago mentre era andata in riva al mare a giocare a palla con le sue amiche. Ospite del re, Ulisse assiste al ricco banchetto che Alcinoo ha offerto in suo onore. E, quando il cantore cieco Demodoco comincia, su suggerimento dello stesso Odisseo, a raccontare ai Feaci la storia della guerra di Troia, lâeroe piange. Nel sentire il racconto della caduta della cittĂ , provocata dallâinganno del cavallo di legno, Odisseo piange «come piange una donna, piegata sul corpo del suo sposo, che Ăš caduto davanti alla cittĂ , davanti ai suoi concittadini, per proteggere i suoi figli e la sua patria dal giorno fatale» (Odissea, VIII, 523-525). Alcinoo se ne accorge e, dopo aver detto a Demodoco di tacere, chiede al suo ospite di dire il suo nome. E lâeroe acconsente: «Sono Odisseo, figlio di Laerte, noto agli uomini per tutti i miei inganni, tanto che la mia fama arriva fino al cielo. La mia casa Ăš Itaca, piena di sole; sullâisola câĂš una montagna, il Nerito, che si vede anche da lontano, coperto di foglie. Intorno ci sono molte isole, tutte vicine tra loro: Dulichia, Same e la boscosa Zacinto. Itaca giace sul mare in basso, verso occidente, mentre le altre sono piĂč lontane, verso oriente, il sole. Se lâisola Ăš aspra e rocciosa, coraggiosi sono i suoi uomini: non câĂš nulla per me che sia piĂč dolce a vedersi della mia terra» (Odissea, IX, 19-28).
Comincia qui la sezione piĂč famosa del poema: nei quattro libri che vanno dal nono al dodicesimo, Odisseo racconta le sue peripezie, a cominciare dallo scontro con i Ciconi, una bellicosa popolazione della Tracia, e dallâincontro con i Lotofagi, che sono gente pacifica ma che si ciba del loto, un frutto che cancella la memoria facendo scordare i...