Il racconto del mito
Prologo
Il vecchio indovino Tiresia è scomparso da un pezzo, inghiottito nuovamente dallâoscuritĂ ; e da poco si è allontanata anche lâanziana madre, la buona Anticlea, non prima di aver esortato suo figlio a fuggire da quel mondo di ombre evanescenti e a guadagnare al piĂš presto la luce. Lâinvito è stato perentorio; ma lui, Odisseo, non sarebbe la persona che è se non fosse preso dallâinsaziabile curiositĂ di conoscere quello che a nessun uomo è stato dato sinora di vedere da vivo. Prudentemente ha estratto la spada e la tiene accanto a sĂŠ, pronto a usarla, perchĂŠ le anime dei morti non si affollino tutte insieme intorno al sangue, il sangue caldo degli animali sacrificati che restituisce loro per un attimo una parvenza di vita. La bella Persefone, la dea che governa quel mondo di tenebra, sembra del resto assecondare il desiderio del visitatore e lascia affiorare dal fondo degli abissi le eroine del mito, le mogli e le figlie di uomini illustri, ciascuna avida di presentarsi allâeroe che si è spinto sin laggiĂš a cercarle, ciascuna pronta a dichiarare il nome e la stirpe, che in quel tempo remoto sono per ogni individuo i contrassegni dellâidentitĂ .
Le figure che sfilano davanti allâuomo sono troppe per ricordarle tutte: la bella Tirò, a cui si diceva si fosse unito il dio Poseidone alla foce di un fiume, protetto da unâonda, e ne ebbe due figli; poi Antiope, che si vantava di aver dormito accanto al re degli dèi e da lui aveva generato i fondatori di Tebe dalle sette porte, Anfione e Zeto; e ancora Alcmena, che da Zeus concepĂŹ Eracle, e la bella Epicasta, che si unĂŹ inconsapevole al figlio Edipo e che i poeti delle etĂ successive chiameranno Giocasta... La teoria delle eroine sembra non finire mai, una specie di enciclopedia del mito al femminile e insieme la drammatica conferma che il disfacimento non risparmia neppure la bellezza, persino quella di chi ha diviso il letto con gli immortali. Per quasi tutte Omero, il poeta che narra questa storia meravigliosa, ha una parola, ne ricorda brevemente la vicenda, la genealogia, la discendenza; altre sono ridotte invece a puri nomi, menzionati senza una didascalia che ne richiami la parabola biografica: cosĂŹ a un certo momento Odisseo scorge tra le ombre
Fedra e Procri e la bella Arianna
la figlia del tremendo Minosse, che un tempo Teseo
portò via da Creta, diretto al colle della sacra Atene.
Il poeta si diffonde su Arianna, la bella figlia di Minosse, la ragazza che si innamorò perdutamente dello straniero venuto da Atene e lo aiutò a uscire dal Labirinto di Creta con il suo celebre filo; e a lei associa il ricordo di Fedra, che di Arianna era sorella, anche lei cretese, anche lei figlia di Minosse; in mezzo tra le due, Procri, nata dal re di Atene Eretteo e protagonista a sua volta di una cupa vicenda di amore e morte. Per Fedra non câè una sola parola di spiegazione: forse il poeta presume che il personaggio e il suo mito fossero giĂ noti al pubblico, e certamente altri cantori prima di lui ne avevano celebrato la storia. Ma di queste piĂš antiche espressioni si è persa ogni traccia; e la pagina dellâOdissea dalla quale abbiamo tratto i versi precedenti è la prima in assoluto in cui il nome di Fedra viene udito nella storia della nostra cultura.
Quando precisamente questo sia accaduto è difficile dirlo: lâOdissea dovette raggiungere la forma nella quale la conosciamo pressappoco nellâVIII secolo a.C., quando la scrittura tornò a diffondersi nel mondo greco, ma il catalogo delle eroine è stato spesso sospettato di essere unâaggiunta piĂš recente, che ampliava lâoriginario nucleo omerico. In ogni caso, è difficile andare oltre il VI secolo a.C., allâincirca duemilaseicento anni fa. Iniziava allora la storia di un amore che da quel momento non ha mai smesso di essere raccontato â come dimostra, se non altro, il libro che avete in mano in questo momento.
Creta e la stirpe del Sole
Chi è Fedra e cosa sappiamo di lei? Molto. Che è nata a Creta, anzitutto: unâisola che ha un ruolo speciale nel mito greco, ne costituisce una sorta di ombelico, se non altro perchĂŠ proprio a Creta è stato allevato in gran segreto il futuro signore degli dèi, Zeus, quando sua madre Rea volle nasconderlo a Crono, che divorava tutti i suoi figli appena venivano al mondo, sin dal giorno in cui un oracolo gli aveva predetto che uno di essi lo avrebbe detronizzato. Il dio era cresciuto in una caverna del monte Ida, allattato da una capra, mentre un gruppo di strane figure, i Coribanti, sorta di sacerdoti danzanti, produceva con i propri strumenti musicali un frastuono assordante, cosĂŹ da coprire i vagiti del bambino ed evitare che arrivassero alle orecchie di suo padre.
Molto tempo dopo, quando era ormai il sovrano dellâuniverso, Zeus tornò nuovamente nellâisola, questa volta nella sua veste di impenitente seduttore di donne mortali: si era invaghito della bellissima Europa, la figlia di Agenore, mentre coglieva fiori nella terra che che si sarebbe chiamata un giorno Fenicia, e per unirsi a lei aveva assunto la forma di un toro meraviglioso; quando lâincauta fanciulla era saltata in groppa allâanimale, in apparenza mansueto e inoffensivo, Zeus si era però lanciato in una corsa mozzafiato attraverso il mare che aveva avuto termine solo sulla spiaggia di Creta. Qui il dio e la donna si erano uniti dâamore e di letto; e poichĂŠ gli amplessi degli dèi non sono mai sterili, da quella unione erano nati tre figli, secondo alcune varianti del mito, o forse uno solo, Minosse. Quanto a Europa, non tornò mai piĂš nella terra dalla quale veniva, la Fenicia; per volere di Zeus sposò invece Asterio, il signore di Creta, e insieme a lui crebbe i figli avuti dal dio. Fra questi fu proprio Minosse a ereditare il governo dellâisola; fu un sovrano potente, il vero creatore dellâegemonia navale cretese, che rese la sua flotta padrona di quel lembo del Mediterraneo, costruttore di meravigliosi palazzi le cui tracce si ammirano ancora sullâisola greca, un uomo senza scrupoli ma anche un re giusto, artefice del piĂš antico codice di leggi scritte: è forse per questo che giĂ Omero faceva di lui uno dei giudici infernali, impegnato a esaminare le anime sulla soglia dellâoltretomba e a deciderne il destino ultraterreno, secondo una tradizione che dal mondo antico giunge fino alla Commedia dantesca. E poichĂŠ un sovrano deve garantire anzitutto la propria successione, Minosse sposò Pasifae, anche lei prole divina, la figlia del dio Sole, dalla quale ebbe quattro figli maschi e quattro femmine: la piĂš giovane tra queste ebbe nome Fedra. Ă qui però che iniziano le difficoltĂ .
La stirpe del Sole era infatti una discendenza maledetta; e lo era sin da quando, molto tempo prima, il dio della luce, che dalla sua posizione privilegiata vede tutto quanto si compie sulla terra e nel cielo, aveva rivelato a Efesto lâamore adulterino della moglie Afrodite con Ares signore della guerra. Il marito tradito, che era anche il dio della metallurgia, fabbro degli dèi e artefice di opere mirabili, era allora sopraggiunto in silenzio e aveva legato al letto i due amanti nudi con catene invisibili e nodi impossibili da sciogliere, quindi li aveva esposti allo sguardo di tutti gli dèi. Risero gli immortali di fronte alla scena che si mostrava ai loro occhi, ma Afrodite avvampò di unâira incontenibile e pronunciò la sua maledizione: tutti i discendenti del Sole avrebbero concepito amori infamanti, segnando cosĂŹ la propria rovina. Fu per questo che Pasifae concepĂŹ una passione divorante per un bellissimo toro degli armenti reali: ecco che per la seconda volta questo animale, cosĂŹ intimamente legato alla cultura cretese, entra nella storia che stiamo raccontando, e non sarĂ lâultima. A realizzare il desiderio della regina fu lâateniese Dedalo, giunto esule a Creta, il mirabile artigiano, architetto e scultore del quale si diceva che forgiasse statue capaci di vita e di movimento: fu lui a costruire per Pasifae una struttura di legno dalla forma di vacca, e che con una pelle di vacca venne poi ricoperta. Accucciata al suo interno, la moglie di Minosse potĂŠ unirsi al toro in un amplesso dal quale nacque, segno visibile di quella passione insana, il mostruoso Minotauro.
Ma questa, come sempre accade, non era lâunica storia che si raccontava sugli amori di Pasifae: il mito antico è fatto cosĂŹ, non presenta mai una sola versione dei fatti, ma una serie di varianti, di nessuna delle quali si può dire che sia piĂš âveraâ delle altre; e questo si deve al fatto che per secoli quei racconti si sono trasmessi in forma orale, passando di bocca in bocca, e anche al fatto che in Grecia non esistette mai nulla di simile a una istituzione investita del compito di definire una versione âufficialeâ e canonica delle storie sugli dèi, declassando tutte le altre al ruolo di varianti apocrife. Non mancava perciò chi attribuisse lâinnamoramento di Pasifae non giĂ alla maledizione che incombeva su di lei in quanto figlia del Sole, ma al grave affronto di cui si era macchiato suo marito Minosse, rifiutando di sacrificare a Poseidone un toro che pure gli aveva promesso in voto. Altri affermavano invece che Pasifae avesse trascurato per molti anni di rendere culto ad Afrodite â e gli dèi antichi sono estremamente gelosi del loro onore, sono figli di una cultura nella quale il privilegio si riconosce anzitutto dalla capacitĂ di ispirare deferenza da parte di quelli che ne sono esclusi, e per questo non tollerano che i mortali trascurino lâomaggio cui sono tenuti nei loro confronti. Proprio questâultima variante del mito è anzi per noi particolarmente interessante, perchĂŠ ci accadrĂ ancora di incontrare Afrodite impegnata a vendicare il disprezzo di un uomo per la sua potenza.
Il frutto mostruoso della colpa, un corpo di uomo ma con volto e coda di toro, sarĂ poi rinchiuso nel Labirinto, unâaltra realizzazione di Dedalo: un intrico di corridoi, pareti cieche, angoli morti, dal quale è impossibile uscire, forse trasfigurazione mitica dei palazzi minoici con la loro fitta rete di stanze, locali, magazzini, celle, disimpegni. Molto tempo dopo, un poeta ateniese del quale dovremo a lungo occuparci nelle prossime pagine, il drammaturgo Euripide, che visse nel V secolo a.C., racconterĂ che quando il parto della regina fu noto a Minosse, il re la fece rinchiudere insieme a unâancella nello stesso Labirinto che imprigionava il Minotauro; la tragedia in cui veniva narrato questo segmento della storia, i Cretesi, non è giunta fino a noi, ma possiamo leggerne un bellissimo frammento, nel quale Pasifae rinfaccia al marito di pagare per una colpa che è in realtĂ del solo Minosse. Euripide era un formidabile indagatore dellâanimo femminile, forse il piĂš lucido che le letterature antiche abbiano conosciuto; ma questo lo vedremo meglio piĂš avanti. Per il momento, ricordiamo che a uccidere il Minotauro sarĂ un giovane straniero venuto da Atene per essere offerto in pasto al mostro, Teseo, grazie allâamore di unâaltra figlia di Pasifae e Minosse, Arianna: fa cosĂŹ il suo ingresso nel nostro racconto il secondo dei suoi protagonisti.
Anche quello di Arianna è un amore irregolare: in nome della passione per Teseo, la bella cretese lascia morire colui che è pur sempre suo fratello e tradisce suo padre e sua madre seguendo lo straniero sulle navi che fanno ritorno ad Atene, come ricordava giĂ Omero nella pagina che ha aperto la nostra storia. Molti anni dopo Fedra rievocherĂ quel momento e le piacerĂ immaginare che giĂ allora, poco piĂš che bambina, fosse stata affascinata al pari della sorella dalla bellezza del giovane eroe venuto da lontano, che si accingeva a mettersi in mare insieme ad Arianna, dai suoi muscoli possenti, dai capelli tenuti stretti in un nastro, le guance lisce dove appena sâintravedeva il primo fiore della barba. Del resto, una variante del mito faceva senzâaltro di Fedra una gemella di Arianna, in qualche misura predestinandola a essere un doppio della sorella e spiegando per questa via la successiva relazione con Teseo. Ma irregolare lâamore di Arianna è anche per altre ragioni: è la figlia di Minosse che prende lâiniziativa di accostare Teseo, è lei a proporgli il suo aiuto in cambio del giuramento che il giovane la sposerĂ e la condurrĂ con sĂŠ ad Atene. Unâaudacia inaccettabile in una cultura che vede il matrimonio alla stregua di un accordo fra i due padri coinvolti nella transazione e nella quale la donna viene scambiata per creare alleanze tra gruppi familiari o cementare solidarietĂ politiche; una cultura nella quale in nessun caso una giovane vergine può giocare un ruolo attivo nelle proprie scelte matrimoniali e sessuali o addirittura assumerne lâiniziativa. E anche di questo dato dovremo presto ricordarci a proposito di Fedra.
Il mito antico è fatto cosĂŹ, non presenta mai una sola versione dei fatti, ma una serie di varianti, di nessuna delle quali si può dire che sia piĂš âveraâ delle altre; e questo si deve al fatto che per secoli quei racconti si sono trasmessi in forma orale, passando di bocca in bocca, e anche al fatto che in Grecia non esistette mai nulla di simile a una istituzione investita del compito di definire una versione âufficialeâ e canonica delle storie sugli dèi, declassando tutte le altre al ruolo di varianti apocrife.
La storia dei due fuggiaschi ebbe poi una fine tragica: nella versione raccontata da Omero, Arianna muore trafitta dalle frecce di Artemide, per ragioni che non riusciamo piĂš a ricostruire; la versione piĂš diffusa del mito narra invece che Teseo abbandonò lâamante cretese dormiente su unâisola lungo la rotta per Atene e ritornò incolume in patria solo per apprendere che suo padre Egeo, lâanziano re della cittĂ , si era gettato a capofitto dallâalto dellâacropoli, nel mare che da lui prenderĂ nome, persuaso che il figlio fosse uscito soccombente dallo scontro con il Minotauro. Quella degli dèi è una parola potente, ora anche Teseo ha dovuto apprenderlo a sue spese; e la maledizione di Afrodite sulla discendenza del Sole continua a prolungare nel tempo i suoi effetti.
Teseo e Fedra
Teseo ha da sempre un rapporto complesso con il mondo femminile e la sfera dellâeros. Si diceva che fosse stato lui a rapire Elena, la piĂš bella delle donne mortali â quella per la quale un giorno Europa e Asia si scontreranno in una guerra decennale â, quando era ancora poco piĂš che una bambina e Teseo giĂ un uomo fatto. Di altri rapimenti e stupri sappiamo dalla biografia antica dellâeroe: storie che i poeti antichi raccontavano con un qualche imbarazzo, o tacevano senzâaltro, specie dopo che Teseo era diventato nel mito ateniese una sorta di eroe fondatore. Anche dopo lâavventura con Arianna gli vengono attribuite altre relazioni, invariabilmente infelici.
Quando è ormai re della sua cittĂ , Teseo partecipa insieme con lâeroe greco per eccellenza, Eracle, alla campagna contro le Amazzoni, il popolo di donne guerriere che aveva creato un impero laggiĂš in Oriente, nelle steppe della Russia o lungo la costa meridionale del Mar Nero. Quello delle Amazzoni, nel mito greco, è un vero e proprio mondo alla rovescia: una societĂ esclusivamente femminile, nella quale le donne si dedicano alle attivitĂ normalmente riservate agli uomini, dalla caccia alla guerra; secondo una delle numerose etimologie elaborate da poeti e mitografi, il loro nome nasceva dallâabitudine di recidere o cauterizzare un seno (in greco mazĂłs) perchĂŠ non fosse loro dâimpaccio nellâatto di tendere lâarco. Ma anche unâaltra etimologia immaginata dei Greci risulta estremamente interessante: le Amazzoni sarebbero le donne âsenza focacciaâ (mâza), coloro cioè che non coltivano il grano e non si nutrono di pane, perchĂŠ vivono solo della loro attivitĂ di cacciatrici. Per i Greci, infatti, la dieta alimentare è un fortissimo marcatore di identitĂ : e il pane, cibo âculturaleâ per eccellenza, perchĂŠ frutto di una manipolazione umana che presuppone la coltivazione organizzat...