Preferisco essere baciato dal dolore
della tua ombra piuttosto che restare
tranquillo e al sicuro
in mezzo al mondo.
Il nostro amore non c’entra nulla
col sesso e neppure con l’amore,
è una cosa che porta calcio al femore,
un sollievo che sfonda il nulla
e risana la lesione.
Il nostro amore
è uno dei grandi esperimenti
in atto sulla terra,
bisogna pensare questo di noi stessi,
senza paura di sembrare illusi:
noi siamo la grazia di cui il mondo
vuole fare a meno.
Il movimento era perfetto.
Tutto girava nel tuo corpo,
anche le due stelle
ferme sul tuo petto.
Una cosa è fare l’amore,
piú o meno in qualche modo lo fanno tutti,
e un’altra è avere un senso acuto
del corpo maschile o femminile.
Le poesie d’amore non sono
resoconti o auspici
di un amplesso.
Sono parole che riguardano l’intimità
che alcuni hanno coi corpi e che altri non hanno.
Ci sono poeti
che hanno avuto pochi amori
ma nei loro versi c’è un sapore inguinale.
Direi che tutta la poesia
a ben vedere sa un po’ di sesso.
Il sesso ti leva la faccia
che ti ha dato il mondo
e ti rimette la faccia
con cui ti ha fatto Dio.
Mi piace il suono della fisarmonica.
Mi piacciono i giovani che fanno il formaggio,
il vino, mi piace
chi raccoglie le erbe e le cucina.
Mi piace quello che pensava Pavese
delle sue colline,
quello per cui lottava Scotellaro,
mi piace l’arcaico che piaceva a Pasolini.
Mi piace chi pianta alberi da frutta,
chi balla, chi offre il suo corpo
e il suo tempo alla sua terra.
Mi piace chi cura i malati a casa,
chi piange ai funerali,
chi parla di Dio, di morte
e di poesia, chi ama la luce,
chi fa politica partendo
dalla geografia.
Mi piace chi ha un dolore
che combatte,
chi si accarezza lungamente,
chi non si arrende
a questa universale evanescenza
delle anime e dei corpi:
la vita che diventa
la brutta copia della morte.
I grandi amanti
hanno il cuore fondato sul pianto,
sentono di avere le ore contate,
sentono che non sanno amare nessuno
e che nessuno li può amare.
Io me le ricordo quelle pungenti sere di febbraio,
mi ricordo che volevo rimanere solo con te
e invece c’era sempre qualcuno,
c’era sempre qualcosa perfino nei sogni
che mi portava verso di te
ma tu non mi stringevi.
Almeno allora usciva il fumo dai camini,
qualcuno tornava dalla campagna.
Ero in un luogo dolente ma vivo.
Ora, curiosamente, il luogo è dolente
pur essendo morto.
Poi spunta una donna sui binari
e l’universo comincia dalle sue caviglie.
Quando le donne sono cosí
daremmo ogni cosa
per sentire l’aria
a un soffio da quel corpo,
da quella maglietta bianca
che sembra una bandiera
e sventola sulle scapole e sui seni.
Ecco un amore vero,
senza inizio e senza fine.
Il treno che la porta via
è un buco nero.
Poco alla volta
lascio tutto il mio corpo sulla tua bocca,
alla fine dei tuoi baci
niente resterà di me nella tua stanza,
solo i vestiti.
Per trovare le persone che amiamo
e che ci amano veramente
bisogna essere gentili e accoglienti,
ma non amare per impazienza
persone che non sono fatte
per il nostro amore,
bisogna aspettare in silenzio
l’enorme vicinanza di chi entra ed esce da noi
con la stessa naturalezza di un respiro.
Gli amori impazienti ci stancano inutilmente,
in quel caso siamo soli, soli come un pesce
sul palmo della mano.
Ora che il mondo è diventato
il contrario di un orgasmo,
quando vengo da te mi piacerebbe
raccontare tutta la mia vita
alle tue gambe.
Il mio sangue ti vede ancora.
La grazia di aver visto la tua vita
compensa la miseria
di essere ancora qui dentro la mia.
Le parole sul foglio stanno come le dita
sulla schiena, non stanno ferme,
ignoriamo dove andranno
le dita e cosa risponderà il corpo
su cui proviamo a scrivere.
L’amore è un vangelo che nasce
nell’incontro, è una teologia
intima che non dà spazio
al chiasso volgare
dell’intelligenza che diventa astio.
L’amore possiede la semplice evidenza
che siamo qui per poco
e questo poco è la nostra eternità.
È inverno,
manca una parola
che possa avviare il sonno.
La febbre è alta,
non c’è nessuno intorno,
nella mente è chiara la sentenza:
chi non è amato non sa che fare
nel circo equestre del Creato.
Un giorno ti stancherai
di mancarmi, sarà
una giornata di pioggia,
un qualunque pomeriggio d’inverno
coi piatti ancora sporchi nel lavello.
Quel giorno avrai un desiderio
e mi dirai: sono qui, amico mio.
Io lascerò l’inferno
farò posto al tuo corpo sul tavolo,
sposterò la bottiglia
i piatti e i bicchieri
per far posto alle gambe.
La tua voce
ha lasciato il mio cuore.
Nel punto in cui parlavi
c’è il fosso che lascia
una pianta estirpata.
Certe cose devono avvenire
immediatamente, altrimenti
è solo una fatica
e si scambia l’amore con questa fatica.
L’amore non è un gioco, un passatempo,
è un mistero che illumina
il mistero di raggiungere
nello stesso tempo il corpo di un altro
e il nostro.
Ora il tuo corpo riposa
nel cimitero degli amori mai nati.
Io resto il bambino che ero,
con un cappottino chiaro,
la mano stretta
alla mano di mia madre
che non c’è piú.
Quella tragica verità,
quella perfezione terribile
di essere nella vita e non poterne uscire.
L’amore è la piú dolce obiezione
che si possa fare
al tempo e al suo finire.
Per essere poeti è necessario non saperlo.
Per essere amati è necessario non volerlo.
Mi piacerebbe ammirare la schiena.
Vederti senza parlare,
come se io fossi cemento e tu finestra.
Fare l’amore da fermi
come fanno le tegole.
Mi puoi mettere nel comodino,
o come una calza spersa dietro un termosifone,
mi puoi tenere
sul balcone come un...