Una sola chiesa
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Benedetto XVI, Papa Francesco

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Una sola chiesa

Benedetto XVI, Papa Francesco

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Über dieses Buch

"NovitĂ  nella continuitĂ ": la formula usata da Benedetto XVI per definire l'apporto del Concilio Vaticano II alla vita della Chiesa puĂČ essere estesa all'azione di ciascun Pontefice rispetto a quella dei suoi predecessori. Nel caso di Papa Francesco, novitĂ  e continuitĂ  hanno un tratto unico: la presenza di un Papa emerito accanto al suo successore. In questi anni, i fedeli hanno potuto notare non solo le peculiaritĂ  degli stili teologici e pastorali nell'interpretare lo stesso Magistero, ma anche una profonda comunanza d'affetto tra i due Pontefici. Di tale intima vicinanza Ăš segno durevole questo libro, che presenta fianco a fianco le voci a confronto di Benedetto XVI e Papa Francesco su temi cruciali per tutti gli uomini e le donne del nostro tempo. "Dio non Ăš assurdo, semmai Ăš mistero." "La preghiera non Ăš una bacchetta magica." "Pregare significa sentire che il senso del mondo Ăš fuori del mondo." "Dio ha una debolezza: la debolezza per gli umili." "Non Ăš automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sappia amare il prossimo." "Sono i santi coloro che cambiano il mondo in meglio, lo trasformano in modo duraturo." Come scrive il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin nella sua presentazione, questo libro "Ăš un 'abbecedario del cristianesimo' per riorientarsi sulla fede, la Chiesa, la famiglia, la preghiera, la veritĂ  e la giustizia, la misericordia e l'amore. La consonanza spirituale dei due Pontefici e la diversitĂ  del loro stile comunicativo moltiplicano le prospettive e arricchiscono l'esperienza dei lettori: non solo i fedeli ma tutte le persone che, in un'epoca di crisi e incertezza, riconoscono nella Chiesa una voce in grado di parlare ai bisogni e alle aspirazioni dell'uomo".

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Information

Verlag
RIZZOLI
Jahr
2020
ISBN
9788831801478

VERITÀ E GIUSTIZIA, MISERICORDIA E AMORE

CaritĂ , veritĂ , potere

Benedetto XVI trova il fondamento della dottrina sociale della Chiesa nell’espressione di san Paolo «agendo secondo caritĂ  nella verità», e vede l’attenzione alla vita dell’uomo come centro di ogni vero progresso, mentre rifiuta «una visione prometeica dell’essere umano, che lo ritenga assoluto artefice del proprio destino». Papa Francesco racconta l’episodio biblico della vigna di Nabot, desiderata fino al delitto dal re Acab e dalla regina Gezabele: «E questa non Ăš una storia di altri tempi, Ăš anche storia d’oggi», Ăš la storia «della povera gente che lavora in nero e con il salario minimo per arricchire i potenti. È la storia dei politici corrotti che vogliono piĂč e piĂč e piĂč!».
BENEDETTO XVI

Caritas in veritate

La mia Enciclica Caritas in veritate si ispira per la sua visione fondamentale a un passo della lettera di san Paolo agli Efesini, dove l’apostolo parla dell’agire secondo veritĂ  nella caritĂ : «Agendo secondo veritĂ  nella caritĂ , cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a Lui, che Ăš il capo, Cristo» (4,15). La caritĂ  nella veritĂ  Ăš quindi la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanitĂ  intera. Per questo, attorno al principio «caritas in veritate» ruota l’intera dottrina sociale della Chiesa. Solo con la caritĂ , illuminata dalla ragione e dalla fede, Ăš possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di valenza umana e umanizzante. La caritĂ  nella veritĂ  «Ú principio intorno a cui ruota la dottrina sociale della Chiesa, un principio che prende forma operativa in criteri orientativi» (n. 6). L’Enciclica richiama subito nell’introduzione due criteri fondamentali: la giustizia e il bene comune. La giustizia Ăš parte integrante di quell’amore «coi fatti e nella verità» (1Gv 3,18) a cui esorta l’apostolo Giovanni (cfr Caritas in veritate, 6). E «amare qualcuno Ăš volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso. Accanto al bene individuale, c’ù un bene legato al vivere sociale delle persone. [
] Si ama tanto piĂč efficacemente il prossimo, quanto piĂč ci si adopera» per il bene comune. Due sono quindi i criteri operativi, la giustizia e il bene comune; grazie a quest’ultimo, la caritĂ  acquista una dimensione sociale. Ogni cristiano – dice l’Enciclica – Ăš chiamato a questa caritĂ , e aggiunge: «È questa la via istituzionale [
] della carità» (cfr ibid., 7).
Come altri documenti del magistero, anche questa Enciclica riprende, continua e approfondisce l’analisi e la riflessione della Chiesa su tematiche sociali di vitale interesse per l’umanitĂ  del nostro secolo. In modo speciale, si riallaccia a quanto scrisse Paolo VI, oltre quarant’anni or sono, nella Populorum progressio, pietra miliare dell’insegnamento sociale della Chiesa, nella quale il grande Pontefice traccia alcune linee decisive, e sempre attuali, per lo sviluppo integrale dell’uomo e del mondo moderno. La situazione mondiale, come ampiamente dimostra la cronaca degli ultimi mesi, continua a presentare non piccoli problemi e lo «scandalo» di disuguaglianze clamorose, che permangono nonostante gli impegni presi nel passato. Da una parte, si registrano segni di gravi squilibri sociali ed economici; dall’altra, si invocano da piĂč parti riforme non piĂč procrastinabili per colmare il divario nello sviluppo dei popoli. Il fenomeno della globalizzazione puĂČ, a tal fine, costituire una reale opportunitĂ , ma per questo Ăš importante che si ponga mano a un profondo rinnovamento morale e culturale e a un responsabile discernimento circa le scelte da compiere per il bene comune. Un futuro migliore per tutti Ăš possibile, se lo si fonderĂ  sulla riscoperta dei fondamentali valori etici. Occorre cioĂš una nuova progettualitĂ  economica che ridisegni lo sviluppo in maniera globale, basandosi sul fondamento etico della responsabilitĂ  davanti a Dio e all’essere umano come creatura di Dio.
L’Enciclica certo non mira a offrire soluzioni tecniche alle vaste problematiche sociali del mondo odierno – non Ăš questa la competenza del magistero della Chiesa (cfr ibid., 9). Essa ricorda perĂČ i grandi principi che si rivelano indispensabili per costruire lo sviluppo umano dei prossimi anni. Tra questi, in primo luogo, l’attenzione alla vita dell’uomo, considerata come centro di ogni vero progresso; il rispetto del diritto alla libertĂ  religiosa, sempre collegato strettamente con lo sviluppo dell’uomo; il rigetto di una visione prometeica dell’essere umano, che lo ritenga assoluto artefice del proprio destino. Un’illimitata fiducia nelle potenzialitĂ  della tecnologia si rivelerebbe alla fine illusoria. Occorrono uomini retti tanto nella politica quanto nell’economia, che siano sinceramente attenti al bene comune. In particolare, guardando alle emergenze mondiali, Ăš urgente richiamare l’attenzione della pubblica opinione sul dramma della fame e della sicurezza alimentare, che investe una parte considerevole dell’umanitĂ . Un dramma di tali dimensioni interpella la nostra coscienza: Ăš necessario affrontarlo con decisione, eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi piĂč poveri. Sono certo che questa via solidaristica allo sviluppo dei Paesi piĂč poveri aiuterĂ  certamente a elaborare un progetto di soluzione della crisi globale in atto. Indubbiamente va attentamente rivalutato il ruolo e il potere politico degli Stati, in un’epoca in cui esistono di fatto limitazioni alla loro sovranitĂ  a causa del nuovo contesto economico-commerciale e finanziario internazionale. E d’altro canto, non deve mancare la responsabile partecipazione dei cittadini alla politica nazionale e internazionale, grazie pure a un rinnovato impegno delle associazioni dei lavoratori chiamate a instaurare nuove sinergie a livello locale e internazionale. Un ruolo di primo piano giocano, anche in questo campo, i mezzi di comunicazione sociale per il potenziamento del dialogo tra culture e tradizioni diverse.
Volendo dunque programmare uno sviluppo non viziato dalle disfunzioni e distorsioni oggi ampiamente presenti, si impone da parte di tutti una seria riflessione sul senso stesso dell’economia e sulle sue finalitĂ . Lo esige lo stato di salute ecologica del pianeta; lo domanda la crisi culturale e morale dell’uomo che emerge con evidenza in ogni parte del globo. L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; ha bisogno di recuperare l’importante contributo del principio di gratuitĂ  e della «logica del dono» nell’economia di mercato, dove la regola non puĂČ essere il solo profitto. Ma questo Ăš possibile unicamente grazie all’impegno di tutti, economisti e politici, produttori e consumatori e presuppone una formazione delle coscienze che dia forza ai criteri morali nell’elaborazione dei progetti politici ed economici. Giustamente, da piĂč parti si fa appello al fatto che i diritti presuppongono corrispondenti doveri, senza i quali i diritti rischiano di trasformarsi in arbitrio. Occorre, si va sempre piĂč ripetendo, un diverso stile di vita da parte dell’umanitĂ  intera, in cui i doveri di ciascuno verso l’ambiente si colleghino a quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. L’umanitĂ  Ăš una sola famiglia e il dialogo fecondo tra fede e ragione non puĂČ che arricchirla, rendendo piĂč efficace l’opera della caritĂ  nel sociale, e costituendo la cornice appropriata per incentivare la collaborazione tra credenti e non credenti, nella condivisa prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace nel mondo. Come criteri-guida per questa fraterna interazione, nell’Enciclica indico i principi di sussidiarietĂ  e di solidarietĂ , in stretta connessione tra loro. Ho infine segnalato, dinanzi alle problematiche tanto vaste e profonde del mondo di oggi, la necessitĂ  di un’autoritĂ  politica mondiale regolata dal diritto, che si attenga ai menzionati principi di sussidiarietĂ  e solidarietĂ  e sia fermamente orientata alla realizzazione del bene comune, nel rispetto delle grandi tradizioni morali e religiose dell’umanitĂ .
Il Vangelo ci ricorda che non di solo pane vive l’uomo: non con beni materiali soltanto si puĂČ soddisfare la sete profonda del suo cuore. L’orizzonte dell’uomo Ăš indubbiamente piĂč alto e piĂč vasto; per questo ogni programma di sviluppo deve tener presente, accanto a quella materiale, la crescita spirituale della persona umana, che Ăš dotata appunto di anima e di corpo. È questo lo sviluppo integrale, a cui costantemente la dottrina sociale della Chiesa fa riferimento, sviluppo che ha il suo criterio orientatore nella forza propulsiva della «caritĂ  nella verità».
PAPA FRANCESCO

La ricchezza e il potere come strumenti di corruzione e morte

In diversi passi della Sacra Scrittura si parla dei potenti, dei re, degli uomini che stanno «in alto», e anche della loro arroganza e dei loro soprusi. La ricchezza e il potere sono realtĂ  che possono essere buone e utili al bene comune, se messe al servizio dei poveri e di tutti, con giustizia e caritĂ . Ma quando, come troppo spesso avviene, vengono vissute come privilegio, con egoismo e prepotenza, si trasformano in strumenti di corruzione e morte. È quanto accade nell’episodio della vigna di Nabot, descritto nel Primo libro dei Re al capitolo 21.
In questo testo si racconta che il re d’Israele, Acab, vuole comprare la vigna di un uomo di nome Nabot, perchĂ© questa vigna confina con il palazzo reale. La proposta sembra legittima, persino generosa, ma in Israele le proprietĂ  terriere erano considerate quasi inalienabili. Infatti il Libro del Levitico prescrive: «Le terre non si potranno vendere per sempre, perchĂ© la terra Ăš mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti» (Lv 25,23). La terra Ăš sacra, perchĂ© Ăš un dono del Signore, che come tale va custodito e conservato, in quanto segno della benedizione divina che passa di generazione in generazione e garanzia di dignitĂ  per tutti. Si comprende allora la risposta negativa di Nabot al re: «Mi guardi il Signore dal cederti l’ereditĂ  dei miei padri» (1Re 21,3).
Il re Acab reagisce a questo rifiuto con amarezza e sdegno. Si sente offeso – lui Ăš il re, il potente –, sminuito nella sua autoritĂ  di sovrano, e frustrato nella possibilitĂ  di soddisfare il suo desiderio di possesso. Vedendolo cosĂŹ abbattuto, sua moglie Gezabele, una regina pagana che aveva incrementato i culti idolatrici e faceva uccidere i profeti del Signore (cfr 1Re 18,4) – non era brutta, era cattiva! –, decide di intervenire. Le parole con cui si rivolge al re sono molto significative. Sentite la cattiveria che Ăš dietro questa donna: «Tu eserciti cosĂŹ la potestĂ  regale su Israele? Alzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farĂČ avere io la vigna di Nabot di IzreĂšl» (1Re 21,7). Ella pone l’accento sul prestigio e sul potere del re, che, secondo il suo modo di vedere, viene messo in discussione dal rifiuto di Nabot. Un potere che lei invece considera assoluto, e per il quale ogni desiderio del re potente diventa un ordine. Il grande sant’Ambrogio ha scritto un piccolo libro su questo episodio. Si chiama Nabot. Ci farĂ  bene leggerlo. È molto bello, Ăš molto concreto.
GesĂč, ricordando queste cose, ci dice: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarĂ  cosĂŹ; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarĂ  vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarĂ  vostro schiavo» (Mt 20,25-27). Se si perde la dimensione del servizio, il potere si trasforma in arroganza e diventa dominio e sopraffazione. È proprio ciĂČ che accade nell’episodio della vigna di Nabot. Gezabele, la regina, in modo spregiudicato, decide di eliminare Nabot e mette in opera il suo piano. Si serve delle apparenze menzognere di una legalitĂ  perversa: spedisce, a nome del re, delle lettere agli anziani e ai notabili della cittĂ  ordinando che dei falsi testimoni accusino pubblicamente Nabot di avere maledetto Dio e il re, un crimine da punire con la morte. CosĂŹ, morto Nabot, il re puĂČ impadronirsi della sua vigna. E questa non Ăš una storia di altri tempi, Ăš anche storia d’oggi, dei potenti che per avere piĂč soldi sfruttano i poveri, sfruttano la gente. È la storia della tratta delle persone, del lavoro schiavo, della povera gente che lavora in nero e con il salario minimo per arricchire i potenti. È la storia dei politici corrotti che vogliono piĂč e piĂč e piĂč! Per questo dicevo che ci farĂ  bene leggere quel libro di sant’Ambrogio su Nabot, perchĂ© Ăš un libro di attualitĂ .
Ecco dove porta l’esercizio di un’autoritĂ  senza rispetto per la vita, senza giustizia, senza misericordia. Ed ecco a cosa porta la sete di potere: diventa cupidigia che vuole possedere tutto. Un testo del profeta Isaia Ăš particolarmente illuminante al riguardo. In esso, il Signore mette in guardia contro l’aviditĂ  i ricchi latifondisti che vogliono possedere sempre piĂč case e terreni. E dice il profeta Isaia (Is 5,8):
Guai a voi, che aggiungete casa a casa
e unite campo a campo,
finchĂ© non vi sia piĂč spazio,
e cosĂŹ restate soli
ad abitare nel paese.
E il profeta Isaia non era comunista! Dio, perĂČ, Ăš piĂč grande della malvagitĂ  e dei giochi sporchi fatti dagli esseri umani. Nella sua misericordia invia il profeta Elia per aiutare Acab a convertirsi. Adesso voltiamo pagina, e come segue la storia? Dio vede questo crimine e bussa anche al cuore di Acab e il re, messo davanti al suo peccato, capisce, si umilia e chiede perdono. Che bello sarebbe se i potenti sfruttatori di oggi facessero lo stesso! Il Signore accetta il suo pentimento; tuttavia, un innocente Ăš stato ucciso, e la colpa commessa avrĂ  inevitabili conseguenze. Il male compiuto infatti lascia le sue tracce dolorose, e la storia degli uomini ne porta le ferite.
La misericordia mostra anche in questo caso la via maestra che deve essere perseguita. La misericordia puĂČ guarire le ferite e puĂČ cambiare la storia. Apri il tuo cuore alla misericordia! La misericordia divina Ăš piĂč forte del peccato degli uomini. È piĂč forte, questo Ăš l’esempio di Acab! Noi ne conosciamo il potere, quando ricordiamo la venuta dell’Innocente Figlio di Dio che si Ăš fatto uomo per distruggere il male con il suo perdono. GesĂč Cristo Ăš il vero re, ma il suo potere Ăš completamente diverso. Il suo trono Ăš la croce. Lui non Ăš un re che uccide, ma al contrario dĂ  la vita. Il suo andare verso tutti, soprattutto i piĂč deboli, sconfigge la solitudine e il destino di morte a cui conduce il peccato. GesĂč Cristo con la sua vicinanza e tenerezza porta i peccatori nello spazio della grazia e del perdono. E questa Ăš la misericordia di Dio.

La memoria della bontĂ  di Dio

Analizzando il «grande Hallel», il Salmo della misericordia, Benedetto XVI insiste sulla «memoria della bontĂ  del Signore», che si Ăš rivelata anche nella storia dell’ultimo secolo: «Dopo il periodo oscuro della persecuzione nazista e comunista, Dio ci ha liberati, ha mostrato che Ăš buono, che ha forza, che la sua misericordia vale per sempre». Papa Francesco, che alla misericordia divina ha voluto dedicare un Giubileo straordinario, mostra che la nostra speranza si fonda sulla certezza della bontĂ  di un Dio dispensatore di perdono, il «Dio delle novitĂ  e delle sorprese» che asciugherĂ  ogni lacrima dai nostri occhi.
BENEDETTO XVI

«Perché il suo amore Ú per sempre»

Vorrei meditare con voi un Salmo che riassume tutta la storia della salvezza di cui l’Antico Testamento ci dà testimonianza. Si tratta di un grande inno di lode che celebra il Signore nelle molteplici, ripetute manifestazioni della sua bontà lungo la storia degli uomini; ù il Salmo 136 – o 135 secondo la tradizione greco-latina.
Solenne preghiera di rendimento di grazie, conosciuto come il «Grande Hallel», questo Salmo Ăš tradizionalmente cantato alla fine della cena pasquale ebraica ed Ăš stato probabilmente pregato anche da GesĂč nell’ultima Pasqua celebrata con i discepoli; a esso sembra infatti alludere l’annotazione degli Evangelisti: «Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi» (cfr Mt 26,30; Mc 14,26). L’orizzonte della lode illumina cosĂŹ la difficile strada del Golgota. Tutto il Salmo 136 si snoda in forma litanica, scandito dalla ripetizione antifonale «perchĂ© il suo amore Ăš per sempre». Lungo il componimento, vengono enumerati i molti prodigi di Dio nella storia degli uomini e i suoi continui interventi in favore del suo popolo; e a ogni proclamazione dell’azione salvifica del Signore risponde l’antifona con la motivazione fondamentale della lode: l’amore eterno di Dio, un amore che, secondo il termine ebraico utilizzato, implica fedeltĂ , misericordia, bontĂ , grazia, tenerezza. È questo il motivo unificante di tutto il Salmo, ripetuto in forma sempre uguale, mentre cambiano le sue manifestazioni puntuali e paradigmatiche: la creazione, la liberazione dell’esodo, il dono della terra, l’aiuto provvidente e costante del Signore nei confronti del suo popolo e di ogni creatura.
Dopo un triplice invito al rendimento di grazie al Dio sovrano (vv. 1-3), si celebra il Signore come Colui che compie «grandi meraviglie» (v. 4), la prima delle quali Ăš la creazione: il cielo, la terra, gli astri (vv. 5-9). Il mondo creato non Ăš un semplice scenario su cui si inserisce l’agire salvifico di Dio, ma Ăš l’inizio stesso di quell’agire meraviglioso. Con la creazione, il Signore si manifesta in tutta la sua bontĂ  e bellezza, si compromette con la vita, rivelando una volontĂ  di bene da cui scaturisce ogni altro agire di salvezza. E nel nostro Salmo, riecheggiando il primo capitolo della Genesi, il mondo creato Ăš sintetizzato nei suoi elementi principali, insistendo in particolare sugli astri, il sole, la luna, le stelle, creature magnifiche che governano il giorno e la notte. Non si parla qui della creazione dell’essere umano, ma egli Ăš sempre presente; il sole e la luna sono per lui – per l’uomo – per scandire il tempo dell’uomo, mettendolo in relazione con il Creatore soprattutto attraverso l’indicazione dei tempi liturgici.
Ed Ăš proprio la festa di Pasqua che viene evocata subito dopo, quando, passando al manifestarsi di Dio nella storia, si inizia con il grande evento della liberazione dalla schiavitĂč egiziana, dell’esodo, tracciato nei suoi elementi piĂč significativi: la liberazione dall’Egitto con la piaga dei primogeniti egiziani, l’uscita dall’Egitto, il passaggio del Mar Rosso, il cammino nel deserto fino all’entrata nella terra promessa (vv. 10-20). Siamo nel momento originario della storia di Israele. Dio Ăš intervenuto potentemente per portare il suo popolo alla libertĂ ; attraverso MosĂš, suo inviato, si Ăš imposto al faraone rivelandosi in tutta la sua grandezza e, infine, ha piegato la resistenza degli Egiziani con il terribile flagello della morte dei primogeniti. CosĂŹ Israele puĂČ lasciare il Paese della schiavitĂč, con l’oro dei suoi oppressori (cfr Es 12,35-36), «a mano alzata» (Es 14,8), nel segno esultante della vittoria. Anche al Mar Rosso il Signore agisce con misericordiosa potenza. Davanti a un Israele spaventato alla vista degli Egiziani che lo inseguono, tanto da rimpiangere di aver lasciato l’Egitto (cfr Es 14,10-12), D...

Inhaltsverzeichnis

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Presentazione di Pietro Parolin
  4. Nota
  5. Una sola Chiesa
  6. FEDE
  7. CHIESA
  8. PREGHIERA
  9. FAMIGLIA
  10. VERITÀ E GIUSTIZIA,MISERICORDIA E AMORE
  11. Fonti
  12. Citazioni bibliche e documenti del Magistero
  13. Copyright
Zitierstile fĂŒr Una sola chiesa

APA 6 Citation

Benedetto, X., & Francesco, P. (2020). Una sola chiesa ([edition unavailable]). RIZZOLI. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3428316 (Original work published 2020)

Chicago Citation

Benedetto, XVI, and Papa Francesco. (2020) 2020. Una Sola Chiesa. [Edition unavailable]. RIZZOLI. https://www.perlego.com/book/3428316.

Harvard Citation

Benedetto, X. and Francesco, P. (2020) Una sola chiesa. [edition unavailable]. RIZZOLI. Available at: https://www.perlego.com/book/3428316 (Accessed: 29 June 2024).

MLA 7 Citation

Benedetto, XVI, and Papa Francesco. Una Sola Chiesa. [edition unavailable]. RIZZOLI, 2020. Web. 29 June 2024.