Polizie speciali
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Polizie speciali

Dal fascismo alla repubblica

Vittorio Coco

  1. 234 Seiten
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Polizie speciali

Dal fascismo alla repubblica

Vittorio Coco

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A partire dal 1942 il confine orientale italiano fu il teatro di una violentissima repressione antipartigiana. Protagonisti ne furono gli uomini dell'Ispettorato generale di pubblica sicurezza, che contribuirono a spargere il terrore in tutta la regione. Non si trattò di una violenza improvvisata ed estemporanea, ma l'estremo risultato di una consumata esperienza maturata sul campo. Negli anni Trenta, infatti, molti di loro avevano già fatto parte di organismi che avevano efficacemente contrastato la mafia siciliana e il banditismo sardo. Si trattava di corpi speciali di polizia, che il regime fascista aveva creato sul modello delle contemporanee strutture di indagine politica come l'Ovra, ma di cui si potevano ritrovare dei precedenti già nella Grande Guerra e nella tarda età liberale. Fu proprio in queste circostanze che cominciò a formarsi quel ristretto gruppo di specialisti che, tra utopie d'ordine e ambizioni personali, nel corso dei rivolgimenti politici di un trentennio seppero imporsi come riconosciuti professionisti del settore. Dopo il crollo del fascismo, infatti, nonostante un passato di compromissioni con il regime, li ritroveremo ancora una volta in Sicilia, per fronteggiare la rinnovata emergenza dell'ordine pubblico.

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Information

Jahr
2017
ISBN
9788858130278

V.
La fine e un nuovo inizio

1. Durante l’occupazione nazista

Il 1° novembre 1954 il quotidiano locale «Le Madonie» di Castelbuono pubblicava con non celato campanilismo una breve notizia: in occasione della cerimonia per l’anniversario della fondazione del corpo delle guardie di p.s. svoltasi a Palermo, il concittadino Gaetano Collotti aveva ricevuto una medaglia di bronzo al valor militare alla memoria «per essersi particolarmente segnalato in una rischiosa azione contro partigiani nemici»1. La notizia, che nel circondario probabilmente era passata quasi inosservata, dopo qualche giorno era giunta anche a Trieste, dove invece aveva subito suscitato scalpore e indignazione. Sulle prime l’attribuzione dell’onorificenza era parsa tanto incredibile che si pensò si potesse trattare di un caso di omonimia. Ogni dubbio però era stato presto dissipato dalla lettura delle motivazioni pubblicate pochi giorni dopo sulla «Gazzetta Ufficiale»: si trattava proprio di quel Collotti che aveva prestato servizio presso l’Ispettorato speciale di p.s. per la Venezia Giulia. I primi a protestare contro il provvedimento erano stati gli esponenti locali del partito repubblicano, ai quali si erano presto aggiunti socialdemocratici, comunisti e Unità popolare. La neo costituita Deputazione regionale per la storia del movimento di liberazione italiano nella Venezia Giulia e il consiglio comunale di Trieste avevano anche inviato degli esposti al presidente della Repubblica Einaudi per chiedere spiegazioni al riguardo. Ci fu anche lo spazio per gesti eclatanti, come quello dell’ex partigiano azionista (e direttore della Deputazione) Ercole Miani, che rifiutò la nomina a commendatore in segno di protesta. Ma una risposta ufficiale si fece attendere ben quindici mesi: il Ministero della Difesa spiegò che l’attribuzione dell’onorificenza si doveva ad un iter che era stato avviato negli ultimi mesi di vita del regime fascista (l’azione premiata risaliva alla primavera del 1943) e ripreso nel secondo dopoguerra; e, soprattutto, che ormai non poteva più essere revocata.
Tanta veemenza nella protesta era dovuta al fatto che quella decorazione – dunque, a quanto pare, assegnata soltanto per inerzia burocratica e disattenzione – aveva rievocato atroci sofferenze. Collotti, infatti, era stato non soltanto, come abbiamo visto, uno dei principali artefici del contrasto alla resistenza slovena e croata fino al settembre del 1943; ma era poi diventato, nel corso del successivo anno e mezzo, l’uomo di punta di una nuova fase repressiva, nella quale si era così distinto per l’efferatezza e il sadismo che l’Ispettorato nel suo complesso veniva spesso ricordato semplicemente come «banda Collotti». Infatti, come sarebbe poi emerso con precisione dal processo del secondo dopoguerra, fu la squadra operativa da lui diretta a rendersi responsabile di molte delle azioni più disumane, dall’uso sistematico della tortura nel corso degli interrogatori degli arrestati, fino alla sottrazione di denaro e oggetti preziosi delle vittime.
L’Ispettorato di p.s. per la Venezia Giulia voluto dal fascismo era stato mantenuto in vita anche dalla Rsi, perché giudicato strumento importante per la lotta antipartigiana da condursi in collaborazione con l’occupante nazista, che in questi luoghi in verità si trasformava in mera dipendenza2. L’ex confine orientale italiano (Slovenia meridionale compresa) era infatti sottratto al controllo della Rsi e di fatto annesso al Terzo Reich con la denominazione di Zona di operazioni del Litorale adriatico; la sua amministrazione era stata affidata ad un supremo commissario, Friedrich Rainer3. Grazie al particolare status del territorio fu messo in piedi un sistema repressivo articolato, che a tratti risultava caotico, ma indubbiamente efficace. A reggerne le fila era Odilo Globocnik che, stabilendo un asse con il detentore del potere amministrativo Rainer, acquisì una posizione di primo piano nella repressione antipartigiana rispetto all’autorità militare4. Per i suoi trascorsi, il neo comandante delle SS nel Litorale adriatico offriva del resto ampie garanzie. Uno dei suoi maggiori successi era stato il coordinamento dell’«operazione Reinhard», con la quale si era proceduto alla creazione dei campi di sterminio per gli ebrei polacchi. Da Globocnik, oltre a tutte le unità delle SS, dipendevano direttamente o indirettamente numerosi reparti collaborazionisti di diverse nazionalità che, pur entrando in competizione tra loro, diedero un notevole contributo ad accrescere il tasso di violenza nel suo complesso. Tra le tante vicende, una delle meglio studiate è quella della caserma «Piave» a Palmanova, nella Bassa friulana, che Odorico Borsatti ed Ernesto Ruggieri – a capo rispettivamente di un plotone di volontari italiani delle SS e di una compagnia della Milizia di difesa territoriale (l’omologo della Guardia nazionale repubblicana per il Litorale) – trasformarono in un centro di tortura5.
In questo quadro, l’Ispettorato svolse indubbiamente un ruolo centrale. Il reggente Palmisani comunicava al nuovo capo della polizia della Rsi, l’ex prefetto di Trieste Tamburini, che già dal 13 settembre l’organismo era passato alle dipendenze del Comando militare tedesco6. Oltre tutto, gli occupanti avevano subito chiesto del personale – Palmisani parla di settanta unità nel solo mese di settembre – che mettesse a loro disposizione le fondamentali conoscenze di luoghi e persone nella lotta antipartigiana. Il reggente pareva rassegnato perché «da quanto sopra risulta evidente che le Autorità tedesche provvedono con i loro metodi di guerra a debellare i ribelli e si sono sostituiti in pieno all’opera che in tempi normali svolgeva questo Ispettorato, che da oggi rimane solo come organo coadiuvatore»7. Non dobbiamo tuttavia farci trarre in inganno. Le lamentele di Palmisani, accompagnate da estrema deferenza verso Tamburini e i tedeschi in verità sembrano quasi esclusivamente dettate dalla frustrazione del momento, per il crollo del regime e la sconfitta militare. Infatti, nei piani dei nuovi padroni, all’organismo da lui temporaneamente diretto non era affatto riservato un destino di marginalità, ma soltanto una ridefinizione sia del raggio d’azione, limitato ora a Trieste e dintorni, che dei compiti. Da quest’ultimo punto di vista, agli obiettivi precedenti si aggiungeva anche un contrasto alla criminalità comune, che avrebbe visto a partire da quelle settimane una notevole recrudescenza, anche perché, nella situazione di caos determinatasi, si era verificata l’evasione di numerosi detenuti dalle carceri8.
Del resto, erano stati gli stessi tedeschi a volere fortemente che l’Ispettorato tornasse ad essere guidato da Gueli. In settembre l’ispettore si trovava ancora a Vienna (da dove aveva indirizzato la citata memoria a Mussolini) al loro seguito, anche se non è chiaro fino in fondo se in qualità di prigioniero, come lui stesso ci racconta nelle memorie, o invece qualcosa di meno9. In ogni caso, dopo quindici giorni di permanenza, poté tornare a Trieste e, all’inizio di novembre, riprendere il posto occupato fino al luglio del 1943. I problemi da affrontare si erano adesso moltiplicati, perché al movimento di resistenza sloveno e croato si aggiungevano anche le prime formazioni partigiane italiane, che erano sorte già nei giorni successivi all’armistizio10. Grazie alla ripresa in grande stile di un’azione spregiudicata basata su un misto di violenze e delazioni, nei mesi successivi furono conseguiti risultati di grande rilievo.
Il maggiore di essi probabilmente fu, nella notte tra l’8 e il 9 febbraio del 1945, l’arresto di alcuni esponenti di primo piano del Comitato di Liberazione Nazionale di Trieste. In verità, non era la prima volta che il Cln della città giuliana veniva decapitato, a testimonianza dell’efficacia dell’apparato repressivo messo in piedi nel Litorale adriatico; ma a questi problemi, di carattere per così dire «esterno», se ne sommavano altri, non meno gravi, che lo riguardavano invece dall’interno. La questione centrale era rappresentata dal fatto che, nella Venezia Giulia, la lotta al fascismo si intrecciava inestricabilmente con quelle nazionali: su questo punto, una spaccatura definitiva si ebbe nell’autunno del 1944, quando i comunisti, stabilendo un accordo con gli sloveni in chiave antifascista (per cui le formazioni garibaldine sarebbero passate alle dipendenze de...

Inhaltsverzeichnis

  1. Introduzione
  2. Ringraziamenti
  3. Abbreviazioni
  4. I. Al crepuscolo dell’Italia liberale
  5. II. Il mantenimento del nuovo ordine
  6. III. L’apparato del regime alla prova
  7. IV. In tempo di guerra
  8. V. La fine e un nuovo inizio
  9. Post factum
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Coco, V. (2017) Polizie speciali. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3460657/polizie-speciali-dal-fascismo-alla-repubblica-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Coco, Vittorio. Polizie Speciali. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2017. Web. 15 Oct. 2022.