V.
La fine e un nuovo inizio
1. Durante lâoccupazione nazista
Il 1° novembre 1954 il quotidiano locale «Le Madonie» di Castelbuono pubblicava con non celato campanilismo una breve notizia: in occasione della cerimonia per lâanniversario della fondazione del corpo delle guardie di p.s. svoltasi a Palermo, il concittadino Gaetano Collotti aveva ricevuto una medaglia di bronzo al valor militare alla memoria «per essersi particolarmente segnalato in una rischiosa azione contro partigiani nemici». La notizia, che nel circondario probabilmente era passata quasi inosservata, dopo qualche giorno era giunta anche a Trieste, dove invece aveva subito suscitato scalpore e indignazione. Sulle prime lâattribuzione dellâonorificenza era parsa tanto incredibile che si pensĂČ si potesse trattare di un caso di omonimia. Ogni dubbio perĂČ era stato presto dissipato dalla lettura delle motivazioni pubblicate pochi giorni dopo sulla «Gazzetta Ufficiale»: si trattava proprio di quel Collotti che aveva prestato servizio presso lâIspettorato speciale di p.s. per la Venezia Giulia. I primi a protestare contro il provvedimento erano stati gli esponenti locali del partito repubblicano, ai quali si erano presto aggiunti socialdemocratici, comunisti e UnitĂ popolare. La neo costituita Deputazione regionale per la storia del movimento di liberazione italiano nella Venezia Giulia e il consiglio comunale di Trieste avevano anche inviato degli esposti al presidente della Repubblica Einaudi per chiedere spiegazioni al riguardo. Ci fu anche lo spazio per gesti eclatanti, come quello dellâex partigiano azionista (e direttore della Deputazione) Ercole Miani, che rifiutĂČ la nomina a commendatore in segno di protesta. Ma una risposta ufficiale si fece attendere ben quindici mesi: il Ministero della Difesa spiegĂČ che lâattribuzione dellâonorificenza si doveva ad un iter che era stato avviato negli ultimi mesi di vita del regime fascista (lâazione premiata risaliva alla primavera del 1943) e ripreso nel secondo dopoguerra; e, soprattutto, che ormai non poteva piĂč essere revocata.
Tanta veemenza nella protesta era dovuta al fatto che quella decorazione â dunque, a quanto pare, assegnata soltanto per inerzia burocratica e disattenzione â aveva rievocato atroci sofferenze. Collotti, infatti, era stato non soltanto, come abbiamo visto, uno dei principali artefici del contrasto alla resistenza slovena e croata fino al settembre del 1943; ma era poi diventato, nel corso del successivo anno e mezzo, lâuomo di punta di una nuova fase repressiva, nella quale si era cosĂŹ distinto per lâefferatezza e il sadismo che lâIspettorato nel suo complesso veniva spesso ricordato semplicemente come «banda Collotti». Infatti, come sarebbe poi emerso con precisione dal processo del secondo dopoguerra, fu la squadra operativa da lui diretta a rendersi responsabile di molte delle azioni piĂč disumane, dallâuso sistematico della tortura nel corso degli interrogatori degli arrestati, fino alla sottrazione di denaro e oggetti preziosi delle vittime.
LâIspettorato di p.s. per la Venezia Giulia voluto dal fascismo era stato mantenuto in vita anche dalla Rsi, perchĂ© giudicato strumento importante per la lotta antipartigiana da condursi in collaborazione con lâoccupante nazista, che in questi luoghi in veritĂ si trasformava in mera dipendenza. Lâex confine orientale italiano (Slovenia meridionale compresa) era infatti sottratto al controllo della Rsi e di fatto annesso al Terzo Reich con la denominazione di Zona di operazioni del Litorale adriatico; la sua amministrazione era stata affidata ad un supremo commissario, Friedrich Rainer. Grazie al particolare status del territorio fu messo in piedi un sistema repressivo articolato, che a tratti risultava caotico, ma indubbiamente efficace. A reggerne le fila era Odilo Globocnik che, stabilendo un asse con il detentore del potere amministrativo Rainer, acquisĂŹ una posizione di primo piano nella repressione antipartigiana rispetto allâautoritĂ militare. Per i suoi trascorsi, il neo comandante delle SS nel Litorale adriatico offriva del resto ampie garanzie. Uno dei suoi maggiori successi era stato il coordinamento dellâ«operazione Reinhard», con la quale si era proceduto alla creazione dei campi di sterminio per gli ebrei polacchi. Da Globocnik, oltre a tutte le unitĂ delle SS, dipendevano direttamente o indirettamente numerosi reparti collaborazionisti di diverse nazionalitĂ che, pur entrando in competizione tra loro, diedero un notevole contributo ad accrescere il tasso di violenza nel suo complesso. Tra le tante vicende, una delle meglio studiate Ăš quella della caserma «Piave» a Palmanova, nella Bassa friulana, che Odorico Borsatti ed Ernesto Ruggieri â a capo rispettivamente di un plotone di volontari italiani delle SS e di una compagnia della Milizia di difesa territoriale (lâomologo della Guardia nazionale repubblicana per il Litorale) â trasformarono in un centro di tortura.
In questo quadro, lâIspettorato svolse indubbiamente un ruolo centrale. Il reggente Palmisani comunicava al nuovo capo della polizia della Rsi, lâex prefetto di Trieste Tamburini, che giĂ dal 13 settembre lâorganismo era passato alle dipendenze del Comando militare tedesco. Oltre tutto, gli occupanti avevano subito chiesto del personale â Palmisani parla di settanta unitĂ nel solo mese di settembre â che mettesse a loro disposizione le fondamentali conoscenze di luoghi e persone nella lotta antipartigiana. Il reggente pareva rassegnato perchĂ© «da quanto sopra risulta evidente che le AutoritĂ tedesche provvedono con i loro metodi di guerra a debellare i ribelli e si sono sostituiti in pieno allâopera che in tempi normali svolgeva questo Ispettorato, che da oggi rimane solo come organo coadiuvatore». Non dobbiamo tuttavia farci trarre in inganno. Le lamentele di Palmisani, accompagnate da estrema deferenza verso Tamburini e i tedeschi in veritĂ sembrano quasi esclusivamente dettate dalla frustrazione del momento, per il crollo del regime e la sconfitta militare. Infatti, nei piani dei nuovi padroni, allâorganismo da lui temporaneamente diretto non era affatto riservato un destino di marginalitĂ , ma soltanto una ridefinizione sia del raggio dâazione, limitato ora a Trieste e dintorni, che dei compiti. Da questâultimo punto di vista, agli obiettivi precedenti si aggiungeva anche un contrasto alla criminalitĂ comune, che avrebbe visto a partire da quelle settimane una notevole recrudescenza, anche perchĂ©, nella situazione di caos determinatasi, si era verificata lâevasione di numerosi detenuti dalle carceri.
Del resto, erano stati gli stessi tedeschi a volere fortemente che lâIspettorato tornasse ad essere guidato da Gueli. In settembre lâispettore si trovava ancora a Vienna (da dove aveva indirizzato la citata memoria a Mussolini) al loro seguito, anche se non Ăš chiaro fino in fondo se in qualitĂ di prigioniero, come lui stesso ci racconta nelle memorie, o invece qualcosa di meno. In ogni caso, dopo quindici giorni di permanenza, potĂ© tornare a Trieste e, allâinizio di novembre, riprendere il posto occupato fino al luglio del 1943. I problemi da affrontare si erano adesso moltiplicati, perchĂ© al movimento di resistenza sloveno e croato si aggiungevano anche le prime formazioni partigiane italiane, che erano sorte giĂ nei giorni successivi allâarmistizio. Grazie alla ripresa in grande stile di unâazione spregiudicata basata su un misto di violenze e delazioni, nei mesi successivi furono conseguiti risultati di grande rilievo.
Il maggiore di essi probabilmente fu, nella notte tra lâ8 e il 9 febbraio del 1945, lâarresto di alcuni esponenti di primo piano del Comitato di Liberazione Nazionale di Trieste. In veritĂ , non era la prima volta che il Cln della cittĂ giuliana veniva decapitato, a testimonianza dellâefficacia dellâapparato repressivo messo in piedi nel Litorale adriatico; ma a questi problemi, di carattere per cosĂŹ dire «esterno», se ne sommavano altri, non meno gravi, che lo riguardavano invece dallâinterno. La questione centrale era rappresentata dal fatto che, nella Venezia Giulia, la lotta al fascismo si intrecciava inestricabilmente con quelle nazionali: su questo punto, una spaccatura definitiva si ebbe nellâautunno del 1944, quando i comunisti, stabilendo un accordo con gli sloveni in chiave antifascista (per cui le formazioni garibaldine sarebbero passate alle dipendenze de...