Quando l'Europa tradì se stessa
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Quando l'Europa tradì se stessa

E come continua a tradirsi nonostante la pandemia

Alessandro Somma

  1. 200 Seiten
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Quando l'Europa tradì se stessa

E come continua a tradirsi nonostante la pandemia

Alessandro Somma

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L'Europa unita ha affidato al mercato la redistribuzione della ricchezza, mettendo l'ordine economico al riparo dall'ordine politico e impedendo qualsiasi mediazione tra il capitalismo e la democrazia.

Alla conclusione del secondo conflitto mondiale, la sovranità nazionale viene diffusamente ritenuta un ostacolo alla costruzione di un futuro di pace e prosperità. Nasce così l'Europa unita, intenzionata a coordinare l'azione dei singoli Stati per sostenere la piena occupazione e difendere la società dall'invadenza dei mercati. Ben presto, però, la promozione della concorrenza diviene il punto di riferimento per l'operato delle istituzioni europee, che finiscono per identificare nel mercato il principale strumento per redistribuire la ricchezza. La moneta unica viene creata per presidiare questo schema, perché la sua architettura impedisce agli Stati di tutelare il lavoro e alimentare il welfare: non deve esserci spazio per allocare risorse con modalità alternative a quelle riconducibili al libero incontro di domanda e offerta di beni e servizi. Di qui il crescente impoverimento della società, alla base dei drammatici conflitti che evidenziano il tradimento delle idealità da cui era scaturito il percorso verso l'unità europea. E se l'Europa unita si mostrerà irriformabile, se cioè il sogno di una stagione di pace e prosperità avrà ceduto il passo all'incubo di un futuro di conflitti e povertà, il suo destino sarà irrimediabilmente segnato.

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Information

Jahr
2021
ISBN
9788858144824

1.
L’Europa e la pace

1.1. Pace e sovranità nazionale

Alla conclusione della prima guerra mondiale la sovranità nazionale finì sul banco degli imputati. Venne considerata la causa scatenante del conflitto: non solo di quello bellico, ovvero del conflitto tra Stati, ma anche di quello interno agli Stati, ovvero del conflitto redistributivo.
La denigrazione della sovranità ricorreva tra i fautori di molte fra le visioni politiche che avevano animato la costruzione e lo sviluppo dello Stato nazionale. Ricorreva tra i liberali, che si stavano peraltro avviando a innovare il loro credo secondo schemi poi definiti come neoliberali, per sottolineare la volontà di riabilitare il ruolo dei pubblici poteri nella disciplina dell’ordine economico, e in particolare nella prevenzione dei fallimenti del mercato. La sovranità era poi invisa ai cattolici, specialmente tra coloro i quali si rivolgevano a valori premoderni per pacificare l’ordine economico e neutralizzare il conflitto redistributivo. Anche tra i socialisti si levavano le voci di chi considerava la dimensione nazionale un ostacolo al superamento della proprietà privata dei mezzi di produzione e, più in generale, alla promozione della giustizia sociale.
Comune a questo variegato insieme di critici della sovranità nazionale era l’intento di scioglierla entro aggregazioni di entità statuali in massima parte definite come federazioni. Il fine ultimo era imporre la condivisione di scelte relative al mantenimento dell’ordine pubblico e della politica estera e di difesa, ma anche e soprattutto alla disciplina di vicende rilevanti per l’assetto dell’ordine economico, nella convinzione che, in tal modo, l’ordine politico sarebbe risultato inservibile come catalizzatore di conflitti.
Il composito insieme di avversari della sovranità nazionale ha variamente attinto dal pensiero di Immanuel Kant, che ha celebrato il federalismo come un presidio di pace, e di Alexander Hamilton, a cui si deve la prima elaborazione concernente i suoi profili istituzionali.
Kant stigmatizzava le caratteristiche del diritto internazionale, nato nel Settecento come ordinamento di Stati sovrani e indipendenti, alla base dell’ordine mondiale definito con la Pace di Westfalia. Un ordine reputato instabile e violento proprio per le caratteristiche degli Stati sovrani, i quali non riconoscevano «nessun potere legislativo superiore» e impedivano, così, la ritualizzazione del conflitto: gli Stati sovrani non «perseguono i propri diritti» attraverso «il processo, come con un tribunale esterno». Di qui, la centralità della guerra come modalità utilizzata per far valere le loro prerogative e, anzi, l’impossibilità di instaurare la pace in un contesto dominato dagli Stati: l’assenza di una istanza superiore capace di orientare i loro comportamenti consentiva tutt’al più di raggiungere semplici tregue tra un conflitto e l’altro1.
Entra in gioco a questo punto la federazione, entità dotata di prerogative diverse da quelle di norma riconosciute allo Stato e, in tal senso, non concepita per «la costruzione di una potenza politica». La federazione non intendeva cioè sottomettere gli Stati «a leggi pubbliche e alla costrizione da esse esercitata», bensì semplicemente promuovere «la garanzia della libertà di uno Stato preso a sé e contemporaneamente degli altri Stati federati», bandendo con ciò la guerra dalle relazioni internazionali e realizzando tra essi un ordine incentrato sulla garanzia della pace perpetua2.
Hamilton si è occupato di federalismo in un momento cruciale per la storia degli Stati Uniti: quando gli Articoli della Confederazione, approvati alla conclusione della Guerra d’indipendenza, avevano istituito tra le ex colonie un legame capace di alimentare «i medesimi meccanismi dispotici che hanno rappresentato la piaga del Vecchio mondo»3. Di qui la soluzione poi accolta alla convenzione di Filadelfia e codificata nella Costituzione degli Stati Uniti, che intacca le sovranità statuali avendo tuttavia cura di non renderle soccombenti di fronte alla sovranità sovrastatuale. Il tutto rispecchiato nell’assetto del potere legislativo, comprendente una camera bassa per la quale vale la rappresentanza proporzionale, e una camera alta con rappresentanza paritaria di ciascuno Stato. E completato dalla individuazione delle materie di esclusiva competenza dell’Unione, tra le quali spiccano quelle in materia di politica economica: il potere di «fissare e riscuotere tasse» e il potere di «battere moneta» (art. 1)4.
Questo assetto avrebbe assicurato la pace perché consentiva al livello sovrastatuale di realizzare una «sovraintendenza generale e discrezionale» nei confronti degli Stati, ma anche e soprattutto dei loro cittadini. Se, infatti, i provvedimenti assunti a livello sovrastatuale «non potessero essere attuati senza l’intervento di una amministrazione particolare, allora la loro possibilità di essere eseguiti sarà minima»: sarebbero provvedimenti ridotti a «mere raccomandazioni che gli Stati osservano o ignorano a loro piacimento», potendo così essere «alternativamente amici e nemici» in base a mutevoli «gelosie e rivalità»5.
Va detto a questo punto che, sebbene Hamilton sia ritenuto il padre del pensiero federalista nella sua articolazione istituzionale, l’equilibrio tra livello nazionale e livello sovranazionale cui rinviano le sue riflessioni non è stato ripreso in tutti gli sviluppi di quel pensiero. Il politico e studioso statunitense ha promosso la cessione di porzioni della sovranità statuale a un contesto sovrastatuale, ma non anche una complessiva riduzione del raggio di azione dei pubblici poteri. Vedremo, invece, che l’evoluzione del pensiero federalista, almeno quello cui la costruzione europea mostra di essersi ispirata, ha inteso promuovere la compressione delle prerogative statuali non tanto e non solo per trasferirle a un livello superiore, bensì per ottenere la loro evaporazione: per alimentare l’idea di uno Stato minimo e affidare a quel livello il compito di presidiare la sua realizzazione.

1.2. Federalismo cattolico

Se nel Nuovo mondo il federalismo ha riscosso notevole successo, divenendo l’ossatura della Costituzione statunitense, lo stesso non può dirsi per il Vecchio continente. Lì il radicamento della dimensione nazionale ha impedito di scalfire il sistema delle relazioni internazionali inaugurato con la Pace di Westfalia, costringendo il federalismo entro i ristretti spazi di un dibattito intellettuale più o meno circoscritto a poche personalità prive di un seguito significativo.
Le cose cambiarono in parte alla conclusione del primo conflitto mondiale su stimolo del Conte Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi, un intellettuale austro giapponese da molti considerato il padre spirituale dell’unità europea. La sua opera offre spunti di notevole interesse in quanto completa le riflessioni degli iniziatori del federalismo con alcuni aspetti inevitabilmente trascurati da questi ultimi e, tuttavia, destinati a comporre il nucleo fondativo del federalismo europeo e in particolare di quello di matrice cattolica.
Kalergi non ha approfondito più di tanto i risvolti istituzionali della sua proposta, per i quali si limitava a rinviare all’esempio statunitense. I suoi scritti, poi, hanno un taglio divulgativo e marcatamente militante: si esprime con il piglio di chi intende promuovere un progetto politico con argomenti semplificati, illustrati ricorrendo a retoriche ad effetto. Si deve però a Kalergi il collegamento tra le implicazioni politiche del federalismo, quelle concernenti l’edificazione di un ordine internazionale pacificato, e quelle di rilievo economico, ovvero la promozione di una disciplina del mercato caratterizzata da una contenuta ingerenza dei pubblici poteri. Sarà questo l’aspetto destinato a divenire prevalente nel dibattito europeo e,...

Inhaltsverzeichnis

  1. Premessa
  2. 1. L’Europa e la pace
  3. 2. L’Europa e la giustizia sociale
  4. 3. L’Europa e la moneta
  5. 4. L’Europa e la crisi del debito
  6. 5. L’Europa e l’emergenza sanitaria
Zitierstile für Quando l'Europa tradì se stessa

APA 6 Citation

Somma, A. (2021). Quando l’Europa tradì se stessa ([edition unavailable]). Editori Laterza. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3461340/quando-leuropa-trad-se-stessa-e-come-continua-a-tradirsi-nonostante-la-pandemia-pdf (Original work published 2021)

Chicago Citation

Somma, Alessandro. (2021) 2021. Quando l’Europa Tradì Se Stessa. [Edition unavailable]. Editori Laterza. https://www.perlego.com/book/3461340/quando-leuropa-trad-se-stessa-e-come-continua-a-tradirsi-nonostante-la-pandemia-pdf.

Harvard Citation

Somma, A. (2021) Quando l’Europa tradì se stessa. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3461340/quando-leuropa-trad-se-stessa-e-come-continua-a-tradirsi-nonostante-la-pandemia-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Somma, Alessandro. Quando l’Europa Tradì Se Stessa. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2021. Web. 15 Oct. 2022.