Giasone
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Giasone

La verità su un eroe

Franco Maiullari, AA.VV., Franco Maiullari, Franco Maiullari

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La verità su un eroe

Franco Maiullari, AA.VV., Franco Maiullari, Franco Maiullari

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Gli eroi greci, pur essendo molti di loro umani, hanno in sé un qualcosa di divino: questo vale anche per Giasone, uno dei personaggi più famosi di tutta la mitologia greca, protagonista di un viaggio dalle mille avventure insieme agli Argonauti per la conquista del Vello d'oro. Figlio bello e amato del re di Iolco, Esone, e della regina Alcimede, presto fu vittima della violenza di Pelia, che spodestò il re e fece strage dei suoi figli. Giasone si salvò grazie alla madre che lo affidò alle cure del centauro Chirone perché lo educasse saggiamente. A un inizio turbolento, non poteva che seguire una giovinezza avventurosa: l'eroe sarebbe poi tornato a rivendicare il trono, Pelia lo avrebbe sfidato alla conquista del Vello d'oro e così l'impresa degli Argonauti avrebbe avuto inizio. Infine l'incontro che avrebbe segnato tutta la storia: quello con Medea, la principessa maga, la donna che per lui avrebbe sacrificato tutto. Una fase tragica attendeva Giasone, il gesto violento di Medea, quindi una vecchiaia silenziosa e ritirata, forse nel pensiero costante delle tante avventure vissute con gli Argonauti.

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Información

Editorial
Pelago
Año
2022
ISBN
9791255010500

Il racconto del mito

Giasone trionfante con il Vello d’oro nel palazzo imperiale di Hofburg.
Giasone trionfante con il Vello d’oro nel palazzo imperiale di Hofburg.

Viaggio alla ricerca del “complesso di Giasone”

Forse non ce ne rendiamo conto, ma il nostro mondo è pieno di Giasoni del tipo descritto da Euripide nella Medea; anzi, questo personaggio sembra così frequente tra di noi e così ben definito che si può parlare di un “complesso di Giasone”: lo si incontra in ogni campo, ogni volta che qualcuno si ritiene superiore ed eccessivamente autocentrato, che non accetta di venire a patti con gli altri e con la realtà, tanto meno di essere sorpassato dagli eventi, o di essere inattuale, per cui continua a vivere e a comportarsi come se il suo tempo non fosse mai finito, e il mondo girasse sempre intorno a lui, disponibile a soddisfare le sue visioni e i suoi desideri. Ne parleremo nel corso del libro, in particolare in riferimento alle relazioni uomo-donna. Ora, andiamo all’origine della nostra storia per cercare la verità sull’eroe, e iniziamo con alcune riflessioni introduttive.
Siamo abituati a leggere la mitologia greca in modo scolastico, per riassunto, senza risalire alle fonti. Sarebbe come se si leggesse solo un dizionario di letteratura con la sintesi dei libri più famosi, senza minimamente conoscere qualcosa di Omero, di Dante, o di Kafka, solo per fare alcuni nomi. I dizionari sono sicuramente un prezioso strumento di consultazione, ma non potranno mai permettere né di gustare lo stile narrativo di quegli autori, né di capire e magari entrare più a fondo nelle loro storie. Per la mitologia greca questa considerazione va ancora oltre, perché di un personaggio sovente si fa un riassunto mettendo assieme, secondo gusti personali, le storie narrate da più autori. È vero che a volte non si può fare diversamente, perché in questo ambito spesso i racconti sullo stesso soggetto sono infiniti e non di rado ci sono giunti per frammenti; però, così facendo, si finisce per appiattirli, e si rischia di tramandare degli stereotipati narrativi. Proprio come è avvenuto per Giasone e gli Argonauti. Per fare un esempio, su cui torneremo ampiamente, si prenda la loro avventura sull’isola di Lemno, abitata da sole donne; è di moda parlare di queste ultime come di donne puzzolenti e assassine, e come tali esse sono ormai famose, ma solo perché alcuni autori secondari piuttosto recenti ne hanno parlato in tal senso, solleticando l’immaginario. Se si approfondiscono le notizie, risulta che gli autori più antichi e più famosi ne hanno parlato in modo molto diverso, e che addirittura qualcuno non menziona nemmeno quegli aspetti che poi hanno colpito la fantasia (maschile), ma di questi autori non si tiene quasi più conto. È chiaro che una selezione delle notizie grava su ogni ricerca, anche ora, ma qui cercherò di attenermi ad alcune fonti antiche per fare emergere dei particolari della storia argonautica che normalmente non vengono considerati. Per esempio, per restare alle donne di Lemno, riferirò di questa avventura come è stata descritta in dettaglio da Apollonio, uno degli autori antichi più importanti, il quale ne parla come se si trattasse di un’esperienza erotica di gruppo su un’isola del sesso. Stranamente, però, nessuno ha mai parlato così di questa tappa del viaggio.
Il viaggio di Giasone e gli Argonauti alla conquista del Vello d’oro era un ciclo epico tra i più celebri dell’antichità, la cui origine è collocata ai tempi della guerra di Troia, cioè nel XIII secolo a.C.; era comunque famoso già prima di Omero, il quale verosimilmente attinse a quei racconti giullareschi rivolti a Oriente, lungo le terre che confinano con il Mar Nero, per comporre la sua Odissea e immaginare il viaggio di Ulisse (Odisseo) dalla parte opposta, attraverso il Mar Mediterraneo. Rispetto a Ulisse, però, Giasone resta un mito più in ombra, probabilmente perché non ebbe la fortuna di essere celebrato da un grande poeta come Omero.
Per coerenza di metodo, allora, racconterò di Giasone riferendomi separatamente ai primi tre autori che ne hanno scritto in modo ampio, e vedremo che questo è il modo più divertente, ma anche più serio, nonché più utile di raccontare la storia del nostro piccolo grande eroe. Il più antico dei tre autori è Pindaro, che nel 462 a.C. scrisse un’ode, la Pitica IV, di circa trecento versi; il secondo è Euripide, che nel 431 a.C. portò in scena la Medea, una tragedia ancora oggi frequentemente rappresentata a teatro per la sua folle attualità (Medea uccide i due figli per vendetta contro il tradimento di Giasone); il terzo è Apollonio Rodio, che nel III secolo a.C. scrisse Le Argonautiche, un bellissimo poema di seimila versi, suddiviso in quattro libri, l’unica opera antica che racconti in dettaglio il mito di Giasone. Inizierò anch’io, come fanno tutti, da quest’ultimo autore, perché è a lui che ci si riferisce normalmente per parlare di Giasone; però, mentre in genere dal suo poema si prendono solo alcune parti, per fare quelle sintesi un po’ scolastiche di cui ho detto all’inizio, qui ne parlerò più in dettaglio. Raccontata separatamente attraverso gli autori, vedremo che la storia di questo personaggio mitologico diviene attualissima, non solo per le fantasie di viaggi esotici e di avventure che ancora essa suscita, ma anche perché ci parla della metamorfosi dell’eroe classico: dal suo crepuscolo in Euripide, alla sua rinascita in Apollonio, nelle vesti di un nuovo personaggio, disposto ad affrontare altre e ben diverse sfide eroiche; per esempio, eliminare la guerra e la violenza, dedicarsi maggiormente alle cose semplici e naturali, amarsi e risolvere pacificamente i conflitti della vita quotidiana. A questi “eroismi della normalità” oggi potremmo aggiungere altre sfide eroiche, che interessano noi moderni: le sfide che coinvolgono tutti per la pace e per la salvaguardia dell’ambiente e delle risorse, e quelle che coinvolgono in particolare i ricercatori di genetica e di astrofisica, eccezionali moderni Argonauti, che nei loro laboratori viaggiano verso l’infinitamente vicino, la genetica molecolare, e verso l’infinitamente lontano, gli spazi interstellari, e che speriamo possano orientarsi presto verso un inedito, ma fra poco imprescindibile, Vello d’oro: la capacità di creare una goccia d’acqua da un granello di sabbia.
Il nuovo eroe di Apollonio, a dire il vero, non ha ancora preso molto piede, ma è rimasto piuttosto un auspicio, dato che il mondo continua a essere invaso da personaggi euripidei, decaduti e senza qualità, ma che si illudono di essere ancora grandi, superiori; a volte, essi vivono del tutto fuori dalla storia, in una specie di infantilismo narcisistico-onnipotente, vittime di quello che ho chiamato “complesso di Giasone”, pensando di poter continuare a fare e a disfare a loro piacimento.
Pindaro nella sua Pitica IV ci presenta un Giasone epico, tutto luce, splendente di giovanile bellezza, virtuoso, ammirato, sicuro di sé ma non arrogante, anzi schietto e quasi ingenuo, protetto in amore dai favori della dolce Afrodite, un ventenne nel pieno della sua esuberanza. Euripide, invece, nella Medea parla di un Giasone tragico, tutto tenebra, un po’ arrogante e sciocco, una specie di piccolo borghese qualunquista, come diremmo oggi, pieno di sé e tronfio del suo passato, ma senza consistenza; in lui non vi è più nulla di eroico, o da ammirare. Apollonio, infine, a distanza di cinque secoli da Omero, e due da Pindaro e da Euripide, illumina la normalità in chiaroscuro; recupera le caratteristiche pindariche, ma orienta il carattere dell’eroe nel senso di un’indole melanconica.
Il viaggio di Giasone e gli Argonauti alla conquista del Vello d’oro era un ciclo epico tra i più celebri dell’antichità, la cui origine è collocata ai tempi della guerra di Troia, cioè nel XIII secolo a.C.; era comunque famoso già prima di Omero, il quale verosimilmente attinse a quei racconti giullareschi rivolti a Oriente, lungo le terre che confinano con il Mar Nero, per comporre la sua Odissea e immaginare il viaggio di Ulisse (Odisseo) dalla parte opposta, attraverso il Mar Mediterraneo. Rispetto a Ulisse, però, Giasone resta un mito più in ombra, probabilmente perché non ebbe la fortuna di essere celebrato da un grande poeta come Omero.
Prima di iniziare a raccontare il mito, accenno ancora al senso della metamorfosi dell’eroe, che sarà il filo rosso della nostra lettura. Pindaro nella sua Pitica IV in pochi versi ci presenta un Giasone epico, tutto luce, splendente di giovanile bellezza, virtuoso, ammirato, sicuro di sé ma non arrogante, anzi schietto e quasi ingenuo, protetto in amore dai favori della dolce Afrodite; insomma, un ventenne nel pieno della sua esuberanza. Euripide, invece, nella Medea parla di un Giasone tragico, tutto tenebra, un po’ arrogante e sciocco, una specie di piccolo borghese qualunquista, come diremmo oggi, pieno di sé e tronfio del suo passato, ma senza consistenza; in lui non vi è più nulla di eroico, o da ammirare. Apollonio, infine, a distanza di cinque secoli da Omero, e due da Pindaro e da Euripide, illumina la normalità in chiaroscuro; recupera le caratteristiche pindariche, ma orienta il carattere dell’eroe nel senso di un’indole melanconica: egli è un po’ introverso e triste, dal pianto facile e dal facile scoraggiamento, tendente al depressivo e all’abbattimento, ma aperto alla solidarietà di gruppo, capace anche di gesti di coraggio, se non proprio eroici, per quanto egli fosse portato più per l’amore e per la pace, che per i conflitti e per la guerra. In questi casi, l’eroe di Apollonio è pieno di dubbi, non proprio fermo nelle sue decisioni, tanto che a momenti può apparire anche un po’ vile. In un certo senso, il contrario dell’eroe classico, quasi un antieroe; il contrario di un Achille o di un Teseo, per intenderci, che determinano la storia. Egli è piuttosto trascinato dagli eventi, che a momenti appaiono più grandi di lui, tanto che il poeta si diverte a raccontarceli anche in forma dissacrante. Per fare un paragone estemporaneo, bisognerebbe pensare alle Argonautiche come a una versione in parte tragicomica dell’eroe antico, un po’ come se si leggesse la Divina Commedia in una versione serio-faceta scritta da Dario Fo cinquecento anni dopo Dante. Per entrare nell’atmosfera antieroica, antibellica e un po’ scanzonata del poema, ho sintetizzato alcune sue parti e ne ho sottolineate altre, sufficienti per far risaltare la grandezza e l’attualità sconvolgente dell’autore, che ha anticipato di più di duemila anni l’uomo moderno e la locuzione sessantottina «Fate l’amore, non fate la guerra». Per questo il suo Giasone ci piace particolarmente.

Come una fiaba

C’era una volta un re… il nostro mito potrebbe addirittura iniziare così, perché la storia che narra è quella che più rassomiglia a una fiaba.
C’era una volta un re cattivo di nome Pelia. Egli aveva spodestato dal trono di Iolco, in Tessaglia, nel nord della Grecia, il fratellastro Esone, e mancava di rispetto alla dea Hera, la tremenda sposa di Zeus, la più permalosa e vendicativa degli dèi che a quei tempi abitavano sull’Olimpo, perché durante i sacrifici egli si dimenticava regolarmente di lei. Così la dea aveva deciso di punirlo. Un giorno Pelia ricevette due avvertimenti dall’oracolo, in questo caso per niente oscuri, come sovente sono gli oracoli: egli avrebbe trovato la morte per via di un Eolide, cioè un discendente di Eolo; che si guardasse bene dall’uomo che sarebbe giunto da lui calzando un solo sandalo. Passarono molti anni e un giorno giunse a Iolco un bellissimo giovane che poco prima aveva perso un sandalo attraversando il fiume Anauro, impacciato nei movimenti perché si era caricato sulle spalle una vecchia che gli aveva chiesto di aiutarla ad andare al di là del fiume per entrare nel regno di Pelia. In realtà quella vecchia era la dea Hera, che proteggeva il bel giovane e voleva aiutarlo a riavere il trono che gli spettava per discendenza diretta, ma nello stesso tempo si serviva di lui perché tramava una punizione esemplare contro l’usurpatore infedele. Giasone era il nome del giovane, ed era figlio di Esone, il re spodestato, il quale apparteneva alla discendenza di Eolo. Come si vede, il destino, che tacitamente è sempre al lavoro, quel giorno si mise in moto per realizzare la predizione oracolare.
Alla vista del monosándalos, un soprannome – una specie di nickname, come si dice oggi – che allora affibbiarono allo straniero dall’unico calzare, Pelia andò in crisi, ricordandosi dell’oracolo, ma fece finta di niente e con ostentata indifferenza chiese al bel giovane cosa avrebbe fatto se avesse saputo che la morte gli sarebbe venuta da un monosándalos. Influenzato dalla dea Hera, che gli suggerì cosa dire, Giasone rispose che gli avrebbe chiesto di andare a prendere il Vello d’oro nella Colchide e di riportalo in Grecia. Pelia non se lo fece ripetere e invitò il giovane a farlo, ma glielo chiese con l’inganno, perché quel viaggio era pericolosissimo e mai nessun umano aveva tentato quell’impresa, giù oltre l’Ellesponto, oltre quelli che noi oggi chiamiamo i Dardanelli, giù fino in fondo al Mar Nero, nel Caucaso, nella regione della Colchide. Insomma, un viaggio verso la fine del mondo. In cuor suo l’usurpatore sperava che Giasone non tornasse più, anche perché nel frattempo aveva saputo il nome del giovane e la sua discendenza, quindi aveva la certezza che il suo regno era in pericolo. In un sol giorno, all’improvviso, Pelia si vide così palesare entrambi gli oracoli, cioè che egli avrebbe trovato la morte per via di un discendente di Eolo, e che quell’Eolide era Giasone, il giovane monosándalos che gli si era presentato per rivendicare il regno.
Il canovaccio iniziale del mito è questo per tutti gli autori; di qui in avanti l’intreccio cambia a seconda di chi lo narra. Prima di entrare nello specifico del racconto di Apollonio, conviene accennare agli antefatti della storia, per comprendere, innanzi tutto, cosa intendevano allora per Vello d’oro, il famoso trofeo che gli Argonauti dovevano andare a recuperare. Anche per capire meglio il viluppo narrativo che gli antichi avevano creato tra mito e realtà, come è frequente nelle storie che la letteratura mitologica ci racconta. Nel viaggio argonautico l’intreccio è tra un mondo immaginario, ricco di avventure fantastiche, e una realtà, ricca di esplorazioni, colonizzazioni, conquiste, predominio e controllo dei mari, scambi commerciali, con i rovesci di ricchezze e di potere che essi comportavano. Come, per esempio, è il caso dell’Iliade, che racconta in maniera fantastica un evento da ritenere storico, cioè la famosa guerra di Troia, avvenuta in un’epoca di poco posteriore al nostro mito.

Gli antefatti

Si narra che Atamante, figlio di Eolo, padre di Esone e nonno di Giasone, aveva sposato in prime nozze Nefele, da cui ebbe il figlio Frisso e la figlia Elle. Ripudiata la prima moglie, sposò Ino, figlia di Cadmo, la quale, gelosa dei due figliastri, escogitò un trucco per eliminarli; era quasi riuscita a farli immolare, ma la madre Nefele li sottrasse al sacrificio inviando un ariete dal Vello d’oro, ricevuto in dono da Hermes, che si caricò in groppa i due giovani e li portò nella Colchide. Frisso vi arrivò sano e salvo e fu accolto dal re Eeta che gli diede in sposa la figlia Calciope, sorella di Medea; in cambio, Frisso sacrificò l’ariete a Zeus e offrì il Vello d’oro a Eeta, che lo dedicò ad Ares, lo inchiodò a una quercia del bosco consacrato al dio, e lo mise sotto la custodia di un drago enorme che non dormiva mai. La povera Elle, invece, non arrivò alla meta, ma cadde in quel braccio di mare che prese da lei il nome Ellesponto (pontos in greco vuol dire mare, quindi “il mare di Elle”, gli odierni Dardanelli).
Conviene sapere qualcosa anche sull’infanzia e sull’adolescenza di Giasone fino ai vent’anni, cioè fino al momento del suo arrivo da Pelia. Il padre dell’eroe, per timore che il fratellastro usurpatore uccidesse quel suo figliolo, lo mise in salvo mandandolo sul monte Pelio, vicino a Iolco, e lo affidò alle cure del centauro Chirone, il più famoso, il più sapiente e virtuoso di tutti i centauri, che lì viveva. Queste creature ibride, per metà uomini e per metà bestie, erano famose per la loro sessualità sfrenata, ma ogni regola ha la sua eccezione, anche nel mito greco. Sta di fatto che Chirone era nato da Crono e da Filira, sotto forma di cavalla, ciò spiega la sua doppia natura, di uomo e di cavallo. Egli viveva in una grotta del monte Pelio, e, oltre a Giasone, allevò Achille e Asclepio (l’Esculapio romano), figlio di Apollo, divenuto dio della medicina; sì, perché Chirone non era solo saggio, ma era anche un grande medico, che praticava già la chirurgia, ed era esperto di musica, di caccia e delle buone regole della convivenza umana. Giasone, quindi, ricevette la migliore educazione possibile, come dimostrò subito, appena giunto davanti a Pelia: tranquillo e bene educato, forse troppo, va aggiunto, tanto da sembrare addirittura un po’ ingenuo e credulone. Bene educato, va bene, ma che non avesse minimamente sospettato l’imbroglio dello zio è alquanto eccessivo. Lui però era fatto così: si fidava delle persone, parlava con calma, evitava il conflitto, cercava sempre la mediazione ed era oltremodo conciliante: praticamente un terapeuta, di nome e di fatto. In più, in quella circostanza, va detto che egli era influenzato da Hera a non essere sospettoso.
Nel ritratto che di lui ci dà Pindaro, ma vale anche per Apollonio, in base a quanto narrato, viene esplicitato che Giasone era integerrimo anche, o in particolare proprio, rispetto alla morale sessuale. Il poeta nella sua ode sottolinea questo aspetto (teniamo però presente che nel suo caso tutto era rivolto al suo committente), perché scrive che, quando giunse davanti a Pelia, Giasone con orgoglio disse allo zio di essere cresciuto bene educato da Chirone e dalle sue caste figlie, e aggiunse che nei venti anni trascorsi presso di loro non aveva mai detto una parola disdicevole e non aveva mai fatto con le ragazze un’azione di cui vergognarsi. Insomma, Giasone era il figlio e poi l’uomo ideale, perfetto, educato secondo il modello più classico dell’eroe kalòs kai agathόs, eccellente in tutto, “bello e virtuoso”, anche sul piano dei costumi sessuali. Per dire della perfetta educazione ricevuta, e forse anche della sua bontà naturale, egli rivelò allo zio che anche il suo nome era opera del centauro Chirone; fu lui pertanto a mettergli il nome Giasone, un nome parlante, che in greco è Iáson, collegato con il verbo iáomai, che vuol dire “curare, cercare di sanare, di porre rimedio”. Il suo maestro, quindi è come se avesse intuito e avesse voluto sottolineare una dote naturale del giovane indicandolo come “Giasone il terapeuta”: una dote naturale riflessiva, meditativa, o almeno non impulsiva, pacifica, tendente a sanare i conflitti, piuttosto introversa, con venature melanconiche, come stiamo per vedere.

Il mito di Giasone, come normalmente “non” viene raccontato, seguendo “Le Argonautiche” di Apollonio Rodio

Giasone, da bravo giovane, si impegnò quindi con Pelia a partire per la Colchid...

Índice

  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Introduzione di Giulio Guidorizzi
  6. Il racconto del mito di Franco Maiullari
  7. Genealogia
  8. Variazioni sul mito di Franco Maiullari
  9. Antologia
  10. Per saperne di più
  11. Piano dell’opera
Estilos de citas para Giasone

APA 6 Citation

Maiullari, F. (2022). Giasone ([edition unavailable]). Pelago. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3475938/giasone-la-verit-su-un-eroe-pdf (Original work published 2022)

Chicago Citation

Maiullari, Franco. (2022) 2022. Giasone. [Edition unavailable]. Pelago. https://www.perlego.com/book/3475938/giasone-la-verit-su-un-eroe-pdf.

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Maiullari, F. (2022) Giasone. [edition unavailable]. Pelago. Available at: https://www.perlego.com/book/3475938/giasone-la-verit-su-un-eroe-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Maiullari, Franco. Giasone. [edition unavailable]. Pelago, 2022. Web. 15 Oct. 2022.