L’India, tra Ginevra e Harvard. Le conferenze indologiche di Ferdinand de Saussure
di Giuseppe D’Ottavi
1. «Coup d’œil sur l’Inde antique»
L’8 novembre 1897, sulla prima pagina del supplemento del lunedì del «Journal de Genève», la sezione «Chronique locale» riportava, tra gli altri, questo annuncio:
Cours de l’Athénée [...]. M. F. de Saussure, professeur à l’Université, intitule modestement Coup d’œil sur l’Inde antique les cinq conférences qu’il consacrera à l’étude d’une littérature et d’un pays dont on parle beaucoup aujourd’hui sans en savoir grand chose de précis. On ne saurait choisir un guide plus savant et plus sûr pour s’orienter dans ce sujet captivant et compliqué.
Eretto appositamente per ospitarne le manifestazioni, il palazzo dell’Athénée – che sorge ai piedi della città vecchia, all’estremità orientale della promenade des Bastions – appartiene dal 1863 alla Société des Arts de Genève, celebrata e longeva associazione di promozione culturale fondata nel 1776 da Horace-Bénédict de Saussure (1740-1799), l’illustre bisnonno di Ferdinand. Nel Grand Salon dell’Athénée, nello stesso 1863, si tenne la prima assemblea di quello che diventerà noto come Comité international de la Croix-Rouge e alle altre sale del palazzo capita di accogliere esposizioni, concerti, premi letterari o cicli di conferenze: è il caso dei «Cours Littéraires et Historiques de l’Athénée», promossi dall’Università e ospitati dal 1894 nella sala dell’Anfiteatro.
È questa la scena della più vistosa occasione pubblica che ha visto Ferdinand de Saussure (1857-1913) presentarsi non solo e non tanto come sanscritista rifinito, ma come indologo tout court.
In effetti, negli anni intorno al 1900 è in qualità di professore di sanscrito e esperto di cose indiane che Saussure è noto in città. Le lezioni delle quali il Corso di linguistica generale (CLG) dà la testimonianza più appariscente sono di là da venire e il teorico di signifiant e signifié affida ancora le sue riflessioni più ardite alla corrispondenza con vecchi amici, a conversazioni private o a brogliacci e carte personali, vagheggiando di tanto in tanto la pubblicazione di un «opuscule».
Dal 1891, l’anno della sua chiamata all’Università di Ginevra, Saussure tiene ogni semestre un corso di sanscrito e lo terrà per più di vent’anni, fino all’estate del 1912, il limite estremo della sua attività accademica: quello di sanscrito sarà l’insegnamento più costante e duraturo della sua intera carriera. «Langue sanscrite», il primo offerto ufficialmente all’Università di Ginevra, è un corso introduttivo che fornisce nozioni di grammatica elementare, ma che occasionalmente («selon le désir et le degré de préparation des élèves», come si legge nei registri autografi delle lezioni) si tramuta in corso avanzato di lettura e commento di testi, inni vedici compresi. Come è accaduto per quelli di linguistica generale, anche qualche studente dei corsi di sanscrito ha conservato nel tempo i suoi quaderni, o si è cimentato nella raccolta di souvenirs in occasione di anniversari o commemorazioni. Oggi si sta cominciando a considerare, parallelamente a quelli di fonetica o morfologia (meglio conosciuti e studiati), anche questi corsi come luogo sensibile all’emergenza di riflessioni di tenore teorico generale.
È in qualità di sanscritista che Saussure è raggiunto da Th. Flournoy (1854-1920) e invitato a prendere parte a una curiosa storia di sedute spiritiche durante le quali, tra il 1895 e il 1897, una principessa indiana del XV secolo riviveva la sua triste vicenda nei salotti della buona borghesia ginevrina attraverso le trance di una giovane medium: a Saussure (e ad altri orientalisti convocati per l’occasione) il compito di annotare le espressioni «sanscritoidi» con le quali la principessa lasciava intendere il suo racconto e di stabilirne l’attendibilità. Saussure fu presente almeno a quattro sedute medianiche, fu testimone di buona parte delle performances indiane e si ritrovò a esserne coinvolto, seppure in misura trascurabile: la principessa riconosceva in lui la reincarnazione di «Miousa», personaggio altrimenti sfuggente.
Le conferenze indologiche di Ferdinand de Saussure si sono svolte tra dicembre 1897 e gennaio 1898 e alcune testimonianze dirette di questo episodio sono conservate.
2. I manoscritti
La restituzione del testo delle conferenze è subordinata a un lavoro di recensio delle fonti manoscritte insolito anche per il vasto e tormentato corpus saussuriano.
La Houghton Library (HHL), una delle biblioteche dell’Università di Harvard (Cambridge, Mass.), ospita dal 1968 una scatola scura che contiene un insieme di 638 fogli, tra carte, quaderni e schede a carattere eterogeneo, in maggioranza autografi di Saussure. L’edizione antologica apparsa all’inizio degli anni Novanta (Mss Harvard) resta ancora la via d’accesso maggiore all’insieme di questo materiale, benché governata dalle ragioni argomentative dell’editore più che da criteri filologici o archivistici. A questa scelta editoriale – che le pubblica disordinatamente confondendole con documenti contigui di altre unità tematiche di argomento indologico – si deve la sfortuna delle carte delle conferenze.
Nel 1996, l’apparizione a Ginevra di nuovi manoscritti saussuriani ha portato alla luce un pacchetto di 79 fogli perfettamente compatibili con questa selezione harvardiana, al punto di costituirne l’insieme complementare, restato da questa parte dell’oceano con la collocazione BGE Archives de Saussure (AdS) 373/1-2.
Tra la disinvoltura di eredi, archivisti ed editori, un dettaglio viene in soccorso: una buona parte di questi manoscritti porta una numerazione interna e autonoma, relativamente coerente, che ne sigilla almeno la parentela.
Tabella 1. La distribuzione dei manoscritti delle conferenze indologiche di Ferdinand de Saussure
La Tabella 1 ordina i manoscritti delle conferenze indologiche secondo queste indicazioni: la colonna centrale segue la numerazione autonoma dei fogli e ordina le altre, che ne riportano la collocazione archivistica rispettiva.
Il criterio della numerazione interna lascia emergere due sequenze: un gruppo compatto di 40 fogli ginevrini (AdS 373/2, ff. 38-74, 76-79 [1-41]) e un insieme ibrido che parte e termina a Ginevra (AdS 373/2, f. 35 [1] – AdS 373/1, f. 24 [38]) dopo qualche deviazione e innesto harvardiano (e non).
Oltre a casi flagranti di complementarietà, l’altalena tra Harvard e Ginevra permette di recuperare differenti strati redazionali e differenti campagne di scrittura: testi abbozzati a Ginevra ricevono la stesura definitiva a Harvard, e viceversa.
I supporti materiali si possono ridurre a tre tipologie, delle quali la più caratteristica è la scheda di classificazione, di cartoncino leggero e di misura modesta (12,5x8 cm) che porta la scrittura allineata sul lato lungo. Fogli di grammatura più ordinaria piegati in due, o pagine di quaderno,...