1. Gli antichi greci nel VII e VI secolo a.C.
La civiltĂ greca classica ha i suoi fondamenti in Omero. I poemi omerici â lâIliade e lâOdissea â furono composti con tutta probabilitĂ nella seconda metĂ dellâVIII secolo a.C. In breve tempo divennero, per cosĂŹ dire, la «bibbia» degli antichi greci â specie lâIliade â e tali rimasero fino a che non furono rimpiazzati dalla Bibbia cristiana nel IV secolo d.C. Di conseguenza, durante il VII, VI e V secolo a.C., e anche piĂč tardi, i greci si formarono con i poemi omerici, vedendo in quelle storie una raffigurazione delle loro origini culturali e considerando assoluti i valori e gli ideali che esprimevano.
Omero e lo spirito competitivo nella cultura greca
Per comprendere lâantica cultura greca Ăš importante tenere a mente che i poemi omerici erano epopee militari: lâIliade parla delle azioni militari e delle imprese del grande eroe greco Achille, e lâOdissea racconta il ritorno in patria di Ulisse dopo una lunga guerra e la sua vendetta contro quelli che avevano profanato la sua casa durante la sua assenza. Da quei poemi, i greci impararono a stimare piĂč di ogni altra cosa le virtĂč marziali e un acceso spirito competitivo. Infatti, in Omero, la virtĂč Ăš strettamente legata alle prodezze militari e alla competizione per lo status e la supremazia. Gli eroi descritti nei poemi si sforzavano di primeggiare, di dimostrare la loro aristeia, la loro «eccellenza». I greci impararono da Omero a competere per lâonore e il prestigio, a sforzarsi di essere sempre i migliori e a ritenersi tali secondo un criterio basato soprattutto sulla prodezza fisica, guerresca. Per esempio, Achille era universalmente considerato «il migliore degli achei». Quando esaminiamo le qualitĂ che lo rendevano tale, non troviamo alcuna traccia di rettitudine morale per come venne intesa piĂč tardi, dopo Platone e soprattutto dopo lâavvento del cristianesimo: Achille era il piĂč alto, il piĂč forte, il piĂč bello, un corridore eccezionale, un guerriero senza pari, possedeva il carro da guerra con la pariglia di cavalli piĂč veloce ed era tutto questo a fare di lui «il migliore», non la sua fibra morale. La sua eccellenza consisteva in straordinarie caratteristiche, doti e qualitĂ fisiche e combattive.
Il bisogno imperioso di essere il migliore alimenta uno spirito competitivo. Migliore significa essere superiore agli altri. Per un condottiero omerico non bastava essere bravo: bisognava essere piĂč bravo degli altri. Câera una continua competizione per il prestigio e lâunico modo di provare la propria aretĂš («eccellenza», intesa poi come virtĂč) era battere qualcuno: un guerriero nemico in un duello o un compagno dâarmi in unâimpresa. Dato che i commilitoni non potevano battersi e uccidersi fra loro, era necessario un sistema che limitasse il pericolo di un esito letale e a tale scopo si ricorreva alla competizione atletica.
Lâesempio piĂč famoso nellâIliade sono i giochi funebri organizzati da Achille per Patroclo, in cui i guerrieri greci gareggiavano per dimostrare chi fosse il migliore: corsa, lotta, combattimento con il giavellotto, tiro con lâarco, pugilato, corse di carri. In riconoscimento delle loro eccezionali imprese, al vincitore e al secondo e terzo arrivato venivano assegnati premi che erano considerati simboli di onore e di prestigio. Analogamente, venivano conferiti premi ai guerrieri piĂč valorosi per le loro gesta in battaglia: lâira di Achille si scatenĂČ perchĂ© il re Agamennone, capo della spedizione, aveva offeso il suo onore portandogli via il riconoscimento che aveva ricevuto per il suo valore. Lâonore devâessere costantemente protetto e valorizzato: quando Ulisse, nella terra dei Feaci, dichiarĂČ di non voler partecipare a una competizione atletica, venne schernito fino a essere costretto a difendere il proprio onore e mostrare la propria «eccellenza» battendo tutti i Feaci nella gara di lancio. Agon significa «competizione» in greco, Ăš la radice della parola «agonia» e dello spirito «agonistico», che ha impregnato la cultura greca in ogni epoca, ed Ăš una delle chiavi che aiutano a comprendere la natura di quella societĂ e del suo sistema di vita.
Lo spirito di competizione non era una preoccupazione solo aristocratica. Una generazione dopo Omero, Esiodo compose il suo poema Le Opere e i Giorni idealizzando il sistema di vita della classe contadina indipendente. Come gli «eroi» aristocratici, i piccoli agricoltori descritti da Esiodo erano animati da uno spirito agonistico, anche se per loro la competizione non si basava tanto sullâonore quanto sulla rispettiva ricchezza. Esiodo sosteneva lâesistenza di due tipi di eris («conflittualità »), una cattiva e una buona. La prima â lâaccezione piĂč normale di eris â poteva lacerare una comunitĂ con una violenta e insana lotta per il potere e la posizione. Quella buona, invece, era il desiderio di superare i propri vicini che metteva in concorrenza vasaio contro vasaio e fabbro contro fabbro. Esiodo raccomandava ad agricoltori e artigiani di lavorare sodo, lottare per avere successo e sfidarsi a vicenda. Lo scopo era riuscire a comprare il terreno del vicino prima che lo facesse lui. Era una competizione davvero aspra perchĂ© nella cultura e nella societĂ greche la terra e lo status erano profondamente legati, e lâuomo che non possedeva terreni si trovava in fondo alla scala sociale.
Molti degli aspetti piĂč apprezzati e al tempo stesso piĂč criticati della cultura greca classica derivano da questo spirito universale di competizione: da un lato, le straordinarie conquiste militari, politiche e culturali per cui gli antichi greci sono stati ammirati nel corso della storia; dallâaltro, la costante violenza che ha macchiato la storia greca â guerre interminabili fra le cittĂ greche e frequenti conflitti civili entro le cittĂ stesse.
Lâenfasi di Esiodo sulla competizione per il possesso della terra merita particolare attenzione. La Grecia Ăš un paese montagnoso e quasi lâottanta per cento del suo territorio Ăš talmente roccioso e scosceso da essere incoltivabile. Di conseguenza, la terra fertile era un bene scarso e prezioso e la lotta per il possesso o il controllo di quella terra non era soltanto una competizione pacifica fra agricoltori che lavoravano duramente. Gran parte della storia politica delle cittĂ -stato greche si spiega con la contesa per il controllo della terra coltivabile. In poche parole, gli stati greci tendevano a sviluppare forti rivalitĂ per il controllo dei territori di confine, con il risultato che le dispute furono endemiche nel corso di tutta la loro storia. Gli stati confinanti erano quasi sempre nemici anzichĂ© amici, perchĂ© avevano una storia comune di dispute di confine e di guerra reciproca invece che di collaborazione.
Inoltre, nella stessa ricerca di terra, ricchezza e quindi potere, gli stati greci piĂč vasti tentavano spesso di dominare o incorporare i vicini piĂč piccoli, creando cosĂŹ relazioni ostili. Si contendevano anche il predominio regionale e queste lotte sfociavano inevitabilmente in aperti conflitti. Esempi di questa tipologia di rapporti interstatali sono comuni e ben noti: stati limitrofi come Corinto e Megara, Eretria e Calcide, Samo e Priene, per indicarne solo alcuni, erano impegnati in continue controversie di confine che avvelenavano i loro rapporti. Stati piĂč vasti come Argo e Tebe cercavano di sottomettere o inglobare vicini piĂč piccoli â Cleone, Sicione o Epidauro nel caso di Argo; Platea, Tespi o Tanagra nel caso di Tebe â, provocando frequenti ostilitĂ . E grandi stati come Sparta e Argo, Atene e Tebe, lottavano per conquistare rispettivamente il predominio nel Peloponneso e nella Grecia centrale, determinando secoli di scontri.
Come i singoli individui, gli stati greci erano impegnati nella costante lotta per eccellere e il risultato si basava sul potere, sulla ricchezza e soprattutto sulla porzione di territorio e sul numero di insediamenti che uno stato controllava. A causa della continua guerra fra stati, il criterio di giudizio omerico era sempre in primo piano nella vita dei greci e le virtĂč militari rimanevano le piĂč importanti nel loro pensiero etico. Per quanto devastante potesse essere, e spesso lo era, questa guerra per il predominio trasformava i greci in combattenti agguerriti e fermamente decisi a lottare per lâindipendenza propria e delle loro rispettive comunitĂ . In tutta la storia classica, i greci mal sopportarono di essere sottomessi ad altri e soprattutto di dover pagare tasse o tributi ad altri, ritenendo le proprie risorse solo poco piĂč che adeguate.
Quando lâImpero persiano si affermĂČ a metĂ del VI secolo a.C. e iniziĂČ a usurpare le loro terre e a tentare di sottometterli, i greci avevano alle spalle piĂč di centocinquantâanni di guerre intestine che li avevano abituati alle durezze e ai pericoli della battaglia e che avevano insegnato loro un sistema militare molto efficiente. Dâaltro canto, gli odi reciproci dei greci erano una debolezza che i persiani potevano e tentarono di sfruttare, adottando la consueta strategia del divide et impera. Voglio sottolineare ancora una volta come il sistema omerico di valutazione, la societĂ competitiva e marziale e i valori che ne derivano fossero al tempo stesso una fonte di forza e di debolezza per i greci e non era affatto chiaro quale dei due aspetti avrebbe prevalso.
La lezione del Vicino Oriente
I greci, che alla fine dovettero resistere alla pressione persiana, pur essendo ancora guidati da Omero nel loro modo di pensare e nei loro valori, avevano alle spalle duecento anni di ulteriore sviluppo dai tempi del poeta. Durante questi due secoli avevano esplorato e appreso molto dalle altre culture e dalle altre terre del Mediterraneo e del Vicino Oriente, avevano creato strutture di cittĂ -stato perfettamente organizzate e coese entro cui un ampio segmento dei cittadini condivideva i diritti politici, avevano sviluppato una cultura propria che li faceva sentire un popolo speciale e avevano messo a punto un sistema militare che privilegiava la disciplina collettiva, la condivisione del pericolo e una formazione basata su migliaia di uomini in armatura pesante, decisi a resistere e a combattere.
Al tempo di Omero, circa trecento anni dopo il crollo della grande civiltĂ ellenica dellâetĂ del bronzo â la civiltĂ micenea â, la Grecia era da lungo tempo una terra impoverita e sottopopolata, tagliata quasi completamente fuori dal contatto con le terre e i popoli circostanti. Gli studiosi moderni definiscono spesso questi trecento anni, dal 1050 al 750 a.C. circa, i «secoli bui» della Grecia. Nel 750 a.C., perĂČ, erano ormai in atto importanti mutamenti che avrebbero trasformato la Grecia e i greci nei duecentocinquantâanni successivi.
Per cominciare, nellâVIII secolo a.C. la popolazione era in costante aumento; di fatto, cresceva a un ritmo che si puĂČ quasi definire unâesplosione demografica. Lâindagine archeologica ha rivelato che il numero dâinsediamenti stabili in Grecia cresceva continuamente e a grandi balzi durante lâVIII e il VII secolo a.C., e se ne estendevano anche le dimensioni medie. Chiaramente, nuovi e piĂč vasti insediamenti venivano creati per ospitare una popolazione in continuo aumento. Tuttavia, giĂ dal 750 a.C. questo fenomeno iniziĂČ a creare un problema nel territorio ristretto della Grecia, con le sue limitate risorse di cibo. PerciĂČ, da quellâanno in poi, i greci iniziarono quello che gli storici definiscono un «movimento di colonizzazione». Lasciarono a gruppi le comunitĂ di origine per avventurarsi a bordo di navi nel Mediterraneo, alla ricerca di nuove terre dove stabilirsi. Fondarono cosĂŹ centinaia di nuove comunitĂ : nel Mediterraneo occidentale, tutto intorno alla costa orientale e meridionale della Sicilia, lungo la costa meridionale e quella occidentale dellâItalia e lungo la costa meridionale della Francia; nel Mediterraneo orientale, nella regione chiamata Cirenaica (da Cirene, la prima antica colonia greca), corrispondente allâodierna Libia, e lungo la costa settentrionale dellâEgeo; al di lĂ del bacino del Mediterraneo, tutto intorno alle coste del Mar Nero e i suoi approdi. Il mondo greco venne enormemente esteso e arricchito da questa spinta colonizzatrice e decine di migliaia, probabilmente centinaia di migliaia, di greci trovarono una nuova patria fuori dalla terra natale.
Tuttavia, gli insediamenti nella madrepatria continuarono ad aumentare in numero e dimensioni, segno che lâincremento della popolazione superava lâenorme movimento emigratorio verso le nuove colonie. Possiamo chiederci come venisse alimentata questa continua crescita demografica. Possiamo chiederci anche come i greci dei «secoli bui», impoveriti e introversi, avessero acquisito nel 750 a.C. le conoscenze e le doti marinare necessarie per trovare nuove terre oltremare dove stabilirsi e trasferire un gran numero di coloni. La risposta a entrambe le domande Ăš la stessa: vi riuscirono grazie alla loro volontĂ e capacitĂ di apprendere dai vicini piĂč progrediti, a est e a sud, e di svilupparsi sul piano culturale, sociale ed economico sfruttando quello che avevano appreso. La Grecia si trovava al margine delle grandi e antiche civiltĂ del Vicino e Medio Oriente: gli egizi, i babilonesi e gli assiri, i popoli della Siria e della Palestina. Per secoli i greci erano stati quasi completamente tagliati fuori da quelle civiltĂ , ma durante il IX e VIII secolo a.C. le navi mercantili salpate dalle cittĂ dei fenici â Tiro e Sidone, Biblo e Berytos (Beirut) nellâodierno Libano â esploravano il Mediterraneo occidentale e stabilivano nuove rotte e avamposti commerciali fino alla Spagna e allâAfrica nordoccidentale, allo stretto di Gibilterra e anche oltre, nellâAtlantico. Talvolta le navi fenicie si fermavano lungo le coste della Grecia per rifornirsi di viveri e acquistare i prodotti locali in eccedenza che i greci potevano offrire, per quanto pochi e insignificanti fossero allâinizio.
I greci erano impressionati dal sapere e dalla ricchezza dei fenici, come si puĂČ dedurre dai frequenti riferimenti di Omero ai loro mercanti; e in breve tempo gli esploratori impararono la lezione, costruendo navi, solcando le acque dellâEgeo e del Mediterraneo e seguendo le rotte commerciali dei fenici, a est e a ovest. CosĂŹ, a occidente, i greci trovarono le terre della Sicilia e della Francia meridionale, relativamente «non civilizzate», sottopopolate ma ricche di risorse, e decisero dâintraprendere la colonizzazione di quelle coste, come abbiamo visto. Cosa forse ancora piĂč importante, seguendo i fenici sulla via del ritorno ai loro porti di provenienza nel Mediterraneo orientale, per la prima volta da secoli i greci si trovarono a diretto contatto con le culture piĂč avanzate dellâEgitto e dellâAsia occidentale. Il risultato fu una straordinaria fioritura della civiltĂ e della cultura greca. Essi attinsero avidamente alle antiche civiltĂ dellâoriente, le adattarono e le migliorarono, creando cosĂŹ la loro straordinaria cultura.
Una delle prime cose che i greci adottarono fu il sistema di scrittura dei fenici. Dalla fine dellâetĂ del bronzo in Grecia non esisteva alcun sistema scrittorio e i fenici, estremamente civilizzati, annotavano le informazioni tracciando particolari segni su fogli di papiro o su tavolette dâargilla o di legno ricoperte di cera.
Il sistema dei fenici era limitato alle sole consonanti: non esistevano simboli per le vocali. Quindi, un documento scritto era composto soltanto da serie di consonanti, una specie di espediente mnemonico in cui il lettore doveva inserire, a memoria o per deduzione, le giuste vocali per formare parole complete che poteva pronunciare. Quando i greci appresero questo sistema di scrittura e tentarono di adattarlo alla loro lingua, scoprirono che certi simboli della scrittura fenicia stavano a indicare consonanti non usate in greco: ebbero allora lâidea di usare quei simboli per rappresentare, invece, le vocali. Fu creato cosĂŹ lâalfabeto greco, il primo vero sistema di scrittura alfabetico del mondo, nel senso che lâintera gamma di suoni di una lingua veniva trascritta e, quindi, poteva essere pronunciata leggendo il testo. Lâimportanza di questo adattamento del sistema di scrittura fenicio non sarĂ mai sottolineata abbastanza: lâalfabeto greco composto da ventiquattro a trenta lettere (câerano varie versioni nei primi secoli) era cosĂŹ semplice da imparare che consentĂŹ per la prima volta una vasta diffusione dellâalfabetismo. Tutti i moderni alfabeti occidentali, il latino e il cirillico al pari del moderno alfabeto greco, discendono direttamente da quello antico creato intorno allâ800 a.C.
Non adottare semplicemente il sistema fenicio, ma modificarlo e perfezionarlo Ăš esemplificativo del modo in cui i greci appresero dalle culture orientali avanzate durante la fase della cosiddetta «orientalizzazione» della loro storia, fra il 750 e il 600 a.C. circa. Architettura monumentale in pietra, scultura, metallurgia, pittura, agricoltura, navigazione, costruzione navale, religione: in tutte queste e in altre discipline, i greci presero in prestito idee, tecniche, metodi, elementi decorativi e conoscenze dallâEgitto e dal Vicino Oriente e in ciascun caso svilupparono e migliorarono quello che avevano imparato, facendolo proprio. Senza dubbio, questa smania di perfezionamento derivava almeno in parte dalla natura intensamente competitiva della cultura greca giĂ descritta: come individui e come comunitĂ i greci erano spinti a essere migliori degli altri, a eccellere, e questa aspirazione allâeccellenza generava un continuo bisogno di sperimentare cose nuove, adattarle e migliorarle. Come ha osservato lâarcheologo e storico Anthony Snodgrass, questo periodo della storia greca era lâ«etĂ della sperimentazione» e fu appunto la costante sperimentazione di idee e metodi nuovi a creare la societĂ e la cultura della Grecia classica.
Gli storici hanno avuto la tendenza, abbastanza comprensibile, da certi punti di vista, a focalizzare sulle materie culturali gran parte dellâattenzione rivolta a questa fase di apprendimento dalle civiltĂ progredite del Vicino Oriente: lâarchitettura, la scultura e le arti decorative greche e lo sviluppo che ebbero grazie allâimpatto di quei modelli. Altrettanto, se non piĂč importante fu, tuttavia, lo sviluppo economico della Grecia a contatto con lâOriente. Seguendo le rotte commerciali dei fenici verso ovest, i greci aprirono un nuovo mondo di possibilitĂ economiche ai loro mercanti grazie alle abbondanti risorse naturali disponibili nella zona del Mediterraneo occidentale, le piĂč importanti delle quali erano sicuramente il frumento, il legname e i metalli.
Colonizzando vaste aree del Mediterraneo occidentale, i greci si garantirono lâaccesso a queste risorse e svilupparono rotte commerciali sicure, mettendosi in competizione e tagliando fuori in una certa misura i mediatori fenici attraverso i quali avevano potuto accedere inizialmente a queste mercanzie. In effetti, per competere efficacemente con i greci, anche i fenici...