Il racconto del mito
Non solo Omero
«Cantami, o diva, del pelide Achille / lâira funesta...»: cosĂŹ inizia lâIliade nella traduzione ottocentesca di Vincenzo Monti, forse quella che piĂč durevolmente si Ăš impressa nella cultura scolastica degli italiani. LâIliade in effetti ha costituito, fin dallâantichitĂ , il caposaldo della fortuna di Achille, ma non era certo lâunico poema che trattava delle sue vicende. Gli episodi piĂč noti relativi alla sua vita, anzi, come vedremo, erano trattati altrove: Ăš il caso del tentativo di Teti, sua madre, di donargli lâinvulnerabilitĂ , e anche della sua uccisione a causa di una freccia che ne avrebbe trafitto il tallone, lâunica parte del suo corpo che poteva essere ferita. Gli antichi, dâaltro canto, conoscevano unâinfinitĂ di varianti che riguardavano moltissimi altri aspetti della biografia di un eroe dalle molte facce, che sapeva essere terribile e spietato («esempio di durezza» lo definisce Aristotele) ma era anche capace di provare sentimenti e compassione. Sarebbe insomma impossibile, in queste pagine, ricostruire tutti i rivoli piĂč minuti che confluiscono nella figura di Achille; si cercherĂ tuttavia di seguire un percorso il piĂč possibile âpanoramicoâ, sulla scorta soprattutto delle grandi opere letterarie, ma anche di fonti meno note in grado di dare un tocco di vivacitĂ e imprevedibilitĂ al ritratto tradizionale.
Peleo e il centauro
La nostra storia parte cosĂŹ con Peleo, il padre di Achille. Era figlio di Eaco re di Egina, a sua volta figlio di Zeus; suo fratello era Telamone, da cui sarebbe nato Aiace, altro grande eroe della guerra troiana. Proprio Peleo e Telamone, perĂČ, si resero protagonisti di un delitto familiare, quando per gelosia uccisero il fratellastro Foco, colpendolo con un disco durante una gara atletica. Il padre Eaco li punĂŹ entrambi con lâesilio; Peleo allora si recĂČ dal re di Ftia, Eurizione, che lo purificĂČ e gli diede in moglie la propria figlia. I guai di Peleo, tuttavia, erano tuttâaltro che finiti. Per un tragico errore, infatti, uccise il suocero durante una battuta di caccia al cinghiale, e dovette fuggire a Iolco dal re Acasto per farsi purificare una seconda volta. Lâarrivo dello straniero non era passato inosservato alla moglie del sovrano, che se ne innamorĂČ ma venne respinta. Astidamia (cosĂŹ si chiamava la donna) non la prese per niente bene, e si vendicĂČ in maniera terribile: con le sue calunnie spinse Antigone, la sposa di Peleo, a suicidarsi e convinse il marito Acasto di essere lei la vittima di avances indesiderate da parte dellâospite. Si tratta del motivo della âmoglie di Putifarreâ, che prende il nome da un episodio della Bibbia ma ricorre anche nella letteratura greca, a partire dalla stessa Iliade (con lâepisodio di Bellerofonte) fino allâIppolito di Euripide: in tutti questi casi, un giovane innocente si trova nei guai a causa del proprio comportamento virtuoso. La vicenda di Peleo era narrata in un poema attribuito a Esiodo, il Catalogo delle donne, di cui restano ampi frammenti dai quali veniamo a sapere che Acasto, intenzionato a vendicarsi sul presunto seduttore, voleva tuttavia evitare di uccidere con le sue mani un uomo che aveva purificato. Allora pensĂČ bene di condurlo sul monte Pelio, infestato da bestie feroci e soprattutto dai centauri, con la scusa di una battuta di caccia. Quando Peleo si addormentĂČ, Acasto gli nascose la spada e lo abbandonĂČ lĂŹ, convinto che sarebbe stato presto ucciso. Prima di andarsene, forse colto dal sospetto che Astidamia non gli avesse raccontato la veritĂ , sussurrĂČ allâospite assopito: «Se sei giusto, ti salverai». E in effetti andĂČ proprio cosĂŹ. Quando Peleo si svegliĂČ, si trovĂČ disarmato e circondato da centauri minacciosi, intenzionati ad assalirlo. A salvarlo fu un altro centauro, il vecchissimo e saggio Chirone, che conosceva tutte le arti e i segreti della natura. Questo fu lâinizio di unâamicizia che, come si vedrĂ , sarebbe stata importante anche per lo stesso Achille.
Le nozze di Peleo e Teti
Nel frattempo, infatti, sullâOlimpo si era deciso di dare una nuova moglie a Peleo. La prescelta era Teti, unâimmortale, figlia della divinitĂ marina Nereo: formalmente si trattava di una grande concessione da parte degli dĂši, ma in realtĂ câera un motivo dietro a questa apparente generositĂ . Teti, infatti, faceva gola anche a Zeus e Poseidone, ma i due erano stati trattenuti da una profezia secondo la quale il figlio che fosse nato da lei sarebbe stato piĂč forte del padre. La stessa Teti, peraltro, probabilmente si sarebbe aspettata un consorte di rango superiore, se Ăš vero che Peleo, per conquistarla, dovette ricorrere alla forza bruta e ai suggerimenti del saggio Chirone. Dopo essersi appostato e averla sorpresa, infatti, la tenne ben stretta mentre gli si divincolava tra le braccia assumendo vorticosamente le forme piĂč varie: fuoco, acqua, bestie feroci, persino una seppia... alla fine, esausta, Teti si arrese e suo malgrado acconsentĂŹ alla mĂ©saillance con Peleo. La sposa forse non era al settimo cielo, ma il matrimonio fu festeggiato con tutti i crismi, con un sontuoso banchetto al quale parteciparono gli dĂši quasi al completo (non era stata invitata solo la Discordia, che si vendicĂČ lanciando il famoso pomo destinato «alla piĂč bella»). Anche i doni furono allâaltezza: Poseidone, in particolare, fece omaggio a Peleo dei cavalli immortali Xanto e Balio, che piĂč tardi avrebbero accompagnato suo figlio a Troia.
Un gesto frainteso
Il frutto principale delle nozze tra Peleo e Teti, tuttavia, fu il protagonista di queste pagine, Achille. Il suo nome, nella forma A-ki-re-u, pare emergere giĂ nelle tavolette micenee, ma non Ăš chiaro quale sia la sua etimologia, o la sua origine. Gli antichi ipotizzavano che alludesse al fatto che le sue labbra (cheile, in greco) non avevano mai succhiato il latte materno: Teti, infatti, lo abbandonĂČ in tenerissima etĂ . Dopo averlo generato, la madre si era resa conto che nel figlio convivevano una parte mortale, ereditata dal padre, e una immortale, ricevuta da lei. Per questo durante la notte lo adagiava in gran segreto tra le fiamme, che ne avrebbero consumato la carne mortale, mentre durante il giorno lo ungeva dâambrosia. Peleo tuttavia cominciĂČ a tenere dâocchio gli strani movimenti della moglie e, quando la vide mettere il figlio nel fuoco, lanciĂČ un grido interrompendo il rituale. Teti, colta sul fatto, abbandonĂČ allâistante il marito, che in fondo non aveva mai amato, e tornĂČ nellâoceano. Non si scordĂČ tuttavia del proprio bambino ma, come vedremo, anche dal mare continuĂČ a seguirne con partecipazione la vita, cercando sempre di aiutarlo e proteggerlo in vista dei cimenti che lo attendevano. Secondo unâaltra celebre tradizione, del resto, Teti si era premurata per tempo di immergere il piccolo Achille nellâacqua dello Stige, il fiume infernale, per renderlo invulnerabile. Lâoperazione riuscĂŹ perfettamente tranne che per il tallone, lâappiglio della mano materna, e comâĂš noto questo non sarebbe rimasto senza conseguenze.
Unâeducazione inflessibile
Nel frattempo, Peleo si trovĂČ nella scomoda posizione di genitore separato, alle prese con lâallevamento di un neonato. Lo soccorse ancora una volta la saggezza del centauro Chirone, che divenne il precettore del bambino. Achille fu cosĂŹ sottoposto a una dieta speciale, a base di viscere di leoni e cinghiali e midolla dâorsi, per farlo crescere robusto e gagliardo. Il centauro lo sottopose anche ad allenamenti durissimi. A raccontarli, in un flashback, Ăš lo stesso Achille allâinterno dellâAchilleide del poeta romano Publio Papinio Stazio, una vera e propria biografia del nostro protagonista che ha il difetto, purtroppo, di essere rimasta incompiuta. Lâinfanzia e lâadolescenza di Achille, tuttavia, sono trattate molto in dettaglio; veniamo cosĂŹ a sapere che il vecchio Chirone aveva abituato il bambino a dormire allâaddiaccio e a maneggiare precocemente le armi. Quando Achille raggiunse i dodici anni, il suo inflessibile maestro si concentrĂČ sulla corsa, spingendolo a inseguire e superare i cervi, i cavalli al galoppo e persino le frecce scagliate da un arco: qui ebbe origine il soprannome di «PiĂš veloce» con cui il figlio di Peleo sarebbe stato noto. Ma in questa educazione non venivano trascurate nemmeno la caccia e il combattimento, la conoscenza delle erbe medicinali e quella delle leggi e della giustizia. Achille ricordava anche una sorta di esame finale cui il centauro lâaveva sottoposto: entrare nelle acque gelide del fiume Sperchio in piena e lĂŹ resistere allâimpeto micidiale della corrente impazzita che trasportava macigni e tronchi dâalbero, fin quando Chirone, soddisfatto, gli permise di guadagnare la riva e mettersi in salvo.
Lâaddio al centauro
Nel frattempo, lontano dalle selve del Pelio, gli eventi stavano precipitando. Il principe troiano Paride, approfittando dellâassenza del re di Sparta, Menelao, gli aveva sedotto la moglie ed era fuggito con lei. Menelao e suo fratello, il potente Agamennone, avevano allora chiamato a raccolta gli altri capi greci e stavano organizzando una spedizione in grande stile per punire lâadultero; lâindovino Calcante tuttavia aveva predetto che Troia non sarebbe mai stata conquistata senza Achille. Quando gli emissari di Agamennone giunsero presso Chirone per prendere in consegna il giovane, tuttavia, scoprirono che qualcuno li aveva preceduti. Era stata Teti, ben consapevole del destino di morte che attendeva suo figlio presso le mura di Troia: per questo aveva tentato, con una mossa a sorpresa, di metterlo al riparo da questa sorta di âchiamata alle armiâ. Si era presentata dal centauro, dicendo di voler prendere con sĂ© il figlio, che non vedeva da lungo tempo, per sottoporlo ad alcuni rituali di purificazione. Ă Stazio a descrivere il momento in cui il bellissimo e biondo giovinetto era apparso alla madre, accaldato e felice, di ritorno da una battuta di caccia in cui aveva abbattuto una leonessa. Appena vide Teti, le corse incontro e lâabbracciĂČ come avrebbe fatto un qualsiasi ragazzo, smettendo per un attimo i panni dellâeroe in erba. Achille era felice per lâarrivo della madre, e non immaginava cosa vi fosse sotto. Se ne sarebbe accorto presto: appena si fu addormentato infatti Teti lo portĂČ, senza svegliarlo, alla riva dove lâattendeva un carro marino trainato da due delfini, pronti a salpare per lâisola di Sciro. A quanto racconta Stazio, gli occhi di Chirone non furono gli unici a seguirne, commossi, la partenza: a versare qualche lacrima furono anche le ninfe del Pelio, che sospiravano giĂ per il bel giovinetto. «Aveva un ampio petto, un bel viso, membra grandi e forti, capelli lunghi e ricciuti, volto lieto e chioma color del mirto»: questo Ăš il ritratto dellâavvenente figlio di Peleo che compare nella Storia della distruzione di Troia, un presunto memoriale scritto nientemeno che da un troiano superstite, Darete Frigio, molto letto soprattutto nellâOccidente medievale. Non câĂš da stupirsi, viste queste premesse, che il giovane avesse rubato il cuore alle ninfe, come poi avrebbe fatto con le tante donne incontrate nella sua breve vita.
Nel frattempo, infatti, sullâOlimpo si era deciso di dare una nuova moglie a Peleo. La prescelta era Teti, unâimmortale, figlia della divinitĂ marina Nereo: formalmente si trattava di una grande concessione da parte degli dĂši, ma in realtĂ câera un motivo dietro a questa apparente generositĂ . Teti, infatti, faceva gola anche a Zeus e Poseidone, ma i due erano stati trattenuti da una profezia secondo la quale il figlio che fosse nato da lei sarebbe stato piĂč forte del padre.
Achille a Sciro
Quando si risvegliĂČ, Achille fu molto stupito nel ritrovarsi in un luogo sconosciuto. Rimase addirittura sconvolto di fronte alle parole di sua madre, che lo pregava insistentemente di travestirsi da ragazza per non farsi individuare dai Greci che lo stavano cercando. Il giovane continuĂČ a recalcitrare sdegnato, finchĂ© non vide arrivare un gruppo di fanciulle tra le quali spiccava Deidamia, la figlia del re del luogo. Achille, fino a quel momento cresciuto tra belve e foreste, rimase colpito da quellâelegante stuolo di ragazze, e capĂŹ che acconsentendo alla richiesta della madre avrebbe potuto frequentare lâincantevole Deidamia senza che nessuno potesse obiettare. CosĂŹ accettĂČ. Dopo un rapidissimo corso di femminilitĂ , Teti lo condusse alla corte di Licomede, presentandolo in maniera geniale come «la sorella di Achille»: ecco perchĂ©, spiegĂČ, somigliava tanto al fratello e aveva la stessa espressione torva e corrucciata! La fanciulla, proseguĂŹ, era un vero maschiaccio: per questo pregava il sovrano di custodirla tra le altre ragazze, provando ad addolcirla un poâ, finchĂ© anche per lei non fosse venuto il tempo delle nozze. Licomede si dichiarĂČ onorato della richiesta e sua figlia Deidamia fece subito amicizia con la nuova arrivata, che le parlava spesso delle prodezze del fratello Achille e non perdeva occasione per stringersi a lei, toccarla, baciarla... La figlia del re di Sciro si trovĂČ combattuta tra una forte attrazione per la nuova amica e lo sconcerto per certi atteggiamenti che le parevano fuori luogo: la tensione tra le due fanciulle andĂČ crescendo finchĂ© entrambe non si trovarono a dormire fuori dalla reggia, nel corso di una cerimonia in onore di Dioniso. Fu allora che Achille, approfittando della situazione, potĂ© finalmente dare sfogo alla sua passione unendosi a Deidamia, alla quale svelĂČ la propria vera identitĂ pregandola di non rivelare nulla al padre. La ragazza, sconvolta ma innamorata, accettĂČ. La relazione proseguĂŹ clandestinamente e presto Deidamia rimase incinta, riuscendo tuttavia a celare lâavanzamento della gravidanza. Un giorno, perĂČ, la corte di Licomede fu scossa da un annuncio: a Sciro erano approdati due celebri condottieri greci, Ulisse e Diomede, ufficialmente in ricognizione per lâarmata degli Achei, ma in realtĂ incaricati di rintracciare Achille. Lâindovino Calcante infatti aveva rivelato che il figlio di Peleo era nascosto sullâisola, celato sotto vesti femminili. Per scovarlo, Ulisse ricorse a uno dei suoi stratagemmi: con la scusa di omaggiare le figlie del re con alcuni doni, fece esporre nella reggia una serie di monili e vesti di lusso. Quasi in disparte, in un angolo, erano appoggiate alcune armi. Tutte le ragazze si avventarono su tessuti e gioielli, tranne una che si mise a contemplare pensierosa una lancia e uno scudo. A un tratto, al cenno di Ulisse, un trombettiere dette il segnale di combattimento. Le fanciulle fuggirono spaventate, tranne la solita che, anzi, afferrĂČ le armi con aria bellicosa. Non câera bisogno dâaltro. Lâinganno era ormai svelato e lo stesso Achille, in realtĂ , non era troppo dispiaciuto: non vedeva lâora, anzi, di mostrare il proprio valore sul campo di battaglia. La piĂč disperata era invece Deidamia, e i suoi pianti finirono per intenerire il suo amante che, nella narrazione di Stazio, decide di assumersi le proprie responsabilitĂ e va a chiedere la sua mano a Licomede, che accetta il fatto compiuto. Dopo unâunica notte trascorsa come marito e moglie, Ach...