St Louis. Aprile 1857
Abner Marsh picchiĂČ con decisione la punta del bastone in noce americano sul banco dellâalbergo per attirare lâattenzione del portiere. «Sono venuto a incontrare un uomo di nome York. Josh York, credo si chiami. Ă qui?»
Il portiere era un uomo anziano con gli occhiali. Il rumore lo fece sobbalzare. Si girĂČ, guardĂČ Marsh e sorrise. «Che mi venga un colpo, il capitano Marsh!» esclamĂČ in tono gioviale. «Saranno sei mesi che non si fa vedere, capitano. Ho sentito parlare della sua disavventura⊠terribile, davvero terribile. Sono qui dal â36 e non avevo mai visto blocchi di ghiaccio cosĂŹ giganteschi.»
«Non sono affari tuoi» disse Abner Marsh infastidito. Si era aspettato un commento di quel tenore. Il Plantersâ House era un albergo molto frequentato dai battellieri. Lo stesso Marsh vi aveva cenato spesso prima di quellâinverno disgraziato. Ma dal giorno dellâincidente se nâera tenuto alla larga, e non solo per i prezzi. Per quanto gradisse la cucina del locale, non aveva alcun desiderio di stare in quella compagnia: timonieri, capitani e primi ufficiali, tutte persone che lavoravano nel fiume, vecchi amici e vecchi rivali, e tutti al corrente della sua disavventura. Abner Marsh non voleva la pietĂ di nessuno. «Dimmi solo dovâĂš la stanza di York» ordinĂČ al portiere.
Lâuomo scosse la testa, nervoso. «Il signor York non Ăš in camera, capitano. PuĂČ trovarlo in sala da pranzo, sta cenando.»
«Adesso? CosĂŹ tardi?» Marsh lanciĂČ unâocchiata allo sfarzoso orologio dellâalbergo, poi si slacciĂČ i bottoni dâottone del cappotto e tirĂČ fuori il suo orologio da taschino dâoro. «Mezzanotte e dieci» disse incredulo. «E mi vorresti dire che sta cenando?»
«Sissignore, proprio cosÏ. Ha degli orari strani, il signor York, e non Ú il tipo a cui si possa dire no, capitano.»
Abner Marsh grugnĂŹ, ripose lâorologio e gli voltĂČ le spalle senza dire una parola, per attraversare il lussuoso atrio con le sue lunghe, pesanti falcate. Era un gran pezzo dâuomo, e tutto fuorchĂ© paziente: non era abituato a parlare dâaffari a mezzanotte passata. Fece roteare il suo bastone da passeggio, come se fosse stato lâuomo di un tempo, e la sventura non lâavesse mai sfiorato.
La sala da pranzo era sfarzosa e magnificente quasi come il salone dâonore di un maestoso piroscafo, con lampadari di vetro intagliato, finiture di ottone lucidato e tavole coperte di raffinate tovaglie, cristalli e porcellane di prima scelta. Alle ore dei pasti i tavoli sarebbero stati pieni di viaggiatori e battellieri, ma adesso la sala era vuota, le luci quasi tutte spente. Forse in fondo câera qualcosa di piacevole negli incontri notturni, pensĂČ Marsh; almeno non avrebbe dovuto sorbirsi altre condoglianze. Vicino alla porta della cucina due camerieri neri parlavano a bassa voce. Marsh li ignorĂČ e avanzĂČ fino al fondo della sala, dove un elegante sconosciuto stava cenando tutto solo.
Lâuomo doveva averlo sentito avvicinarsi ma non alzĂČ gli occhi, impegnato comâera a sorbire una zuppa da un piatto di ceramica. Il taglio della lunga giacca nera faceva capire che non era uno del fiume; doveva essere della East Coast, forse addirittura un forestiero. Era imponente, si disse Marsh, anche se non quanto lui; seduto, dava lâimpressione di essere alto, ma non aveva il suo girovita. Sulle prime aveva pensato che fosse anziano perchĂ© aveva i capelli bianchi. Poi, avvicinandosi, si era reso conto che non erano bianchi, ma di un biondo platino molto tenue, e di colpo il forestiero aveva assunto un aspetto quasi fanciullesco. York era rasato di fresco, non câera traccia di baffi o basette sul suo volto allungato e gelido, e la sua pelle era candida come i capelli. Aveva mani da donna, pensĂČ Marsh quando giunse al tavolo.
PicchiĂČ sul tavolo la punta del bastone. La tovaglia smorzĂČ il suono, trasformandolo in un appello delicato. «Sei tu Josh York?»
York alzĂČ lo sguardo, incrociando il suo.
Fino alla fine dei suoi giorni Abner Marsh avrebbe ricordato quel momento, la prima volta che guardĂČ Joshua York negli occhi. Qualsiasi pensiero avesse covato, qualsiasi piano avesse concepito, tutto fu risucchiato nel gorgo di quegli occhi. Giovane e vecchio, dandy e forestiero, tutte quelle impressioni scomparvero in un lampo, e rimase solo York, lâuomo, la sua forza, il sogno, il potere.
Gli occhi di York erano grigi, tanto scuri da spiccare in un viso cosĂŹ pallido. Le sue pupille erano puntini di un nero incandescente, e trafissero Marsh, penetrandogli fin dentro lâanima. Il grigio delle iridi sembrava vivo, mobile come la nebbia sul fiume in una notte buia, quando gli argini svaniscono, le luci svaniscono e al mondo non resta altro che il tuo battello, il fiume e la nebbia. In quella foschia Abner Marsh scorse qualcosa: visioni apparse allâimprovviso e poi scomparse. Una fredda intelligenza faceva capolino da quelle nebbie, ma anche una bestia oscura e spaventosa, incatenata e furibonda. Derisione, solitudine e passione crudele: negli occhi di York câera tutto questo.
Ma soprattutto in quegli occhi câera una forza, una forza devastante, un impeto implacabile e spietato come il ghiaccio che aveva infranto i sogni di Marsh. Da qualche parte in quella nebbia Marsh sentiva il ghiaccio che si muoveva e avanzava lento, e udiva lâatroce frantumarsi delle sue navi e di tutte le sue speranze.
Ai tempi dâoro Abner Marsh aveva saputo intimidire molti uomini, e per lunghi istanti sostenne il suo sguardo, la mano stretta sul bastone con tanta forza che quasi temette di spezzarlo in due. Alla fine, tuttavia, distolse gli occhi.
Lâuomo al tavolo spinse via la zuppa, indicĂČ la sedia di fronte a sĂ© e disse: «Ti stavo aspettando. Prego, accomodati». La sua voce era suadente, educata, tranquilla.
«Bene» disse Marsh a voce troppo bassa e si sedette davanti al forestiero. Marsh era un uomo corpulento, un metro e ottanta di altezza per centotrenta chili di peso. Aveva il volto arrossato e una folta barba nera che portava per coprire un naso piatto e rincagnato e una pelle piena di verruche, ma neanche le basette aiutavano piĂč di tanto; era considerato lâuomo piĂč brutto sul fiume, e lui lo sapeva bene. Nella pesante giacca blu da capitano con la doppia fila di bottoni dâottone, la sua figura si ergeva grintosa e mastodontica. Ma gli occhi di York avevano prosciugato la sua sbruffoneria. Quellâuomo era un fanatico, decise Marsh. Aveva giĂ visto occhi come quelli, nei pazzi e nei predicatori invasati e una volta nel viso di un uomo chiamato John Brown, durante i sanguinosi scontri del Kansas. Marsh non voleva avere niente a che fare con fanatici, predicatori, abolizionisti e proibizionisti.
Eppure, quando parlĂČ, York non suonava affatto come un fanatico. «Mi chiamo Joshua Anton York, capitano. J.A. York in affari, per gli amici Joshua. Spero che con il tempo diventeremo sia soci in affari che amici.» Aveva un tono ponderato e cordiale.
«Questo lo vedremo» ribatté Marsh titubante. Gli occhi grigi di fronte a lui adesso sembravano distaccati e quasi ironici; qualsiasi cosa vi avesse visto dentro era sparita, e lui si sentÏ confuso.
«Immagino tu abbia ricevuto la mia lettera?»
«Ce lâho proprio qui» rispose Marsh, tirando fuori dalla tasca del cappotto la busta ripiegata. Quando lâaveva ricevuta, lâofferta gli era sembrata un incredibile colpo di fortuna, la salvezza per tutto quello che temeva di avere perduto. Ora non ne era piĂč tanto sicuro. «Vuoi entrare nel settore della navigazione, non Ăš cosĂŹ?» chiese, chinandosi in avanti.
Apparve un cameriere. «Desidera cenare con il signor York, capitano?»
«Ti prego» lo invitĂČ York.
«Direi di sÏ» disse Marsh. Forse York poteva batterlo alla gara degli sguardi, ma nessun uomo sul fiume poteva batterlo a tavola. «Vorrei una zuppa come quella, una dozzina di ostriche e un paio di polli arrosto con patate e compagnia bella. Fammele belle croccanti, mi raccomando. E qualcosa per annaffiare il tutto. Tu che cosa stai bevendo, York?»
«Borgogna.»
«Perfetto, portane unâaltra bottiglia.»
York sembrava divertito. «Hai un appetito formidabile, capitano.»
«Questa Ú una città formidabile» disse Marsh lentamente «e un fiume formidabile, York. Bisogna tenersi in forze. Non siamo a New York qui, e nemmeno a Londra.»
«Me ne sono accorto.»
«Beâ, me lo auguro, se vuoi buttarti nella navigazione fluviale. Ă la cosa piĂč formidabile di tutte.»
«Vuoi che andiamo subito al sodo, quindi? Tu possiedi una società di trasporto. Io vorrei rilevarne il cinquanta per cento. Dal momento che sei qui, immagino che tu sia interessato alla mia offerta.»
«Sono decisamente interessato,» ammise Marsh «ma anche altrettanto sorpreso. Mi sembri un uomo intelligente. Suppongo che tu abbia raccolto informazioni sul mio conto prima di scrivere questa lettera.» La picchiettĂČ con il dito. «Dovresti sapere che lâultimo inverno mi ha praticamente gettato sul lastrico.»
York non disse nulla, ma qualcosa nella sua espressione spinse Marsh a continuare.
«La Fevre River Packet Company sono io» proseguĂŹ Marsh. «Lâho chiamata cosĂŹ in onore del posto in cui sono nato, sulle sponde del Fevre vicino a Galena, e non perchĂ© abbia lavorato sempre e solo su quel fiume, perchĂ© non Ăš cosĂŹ. Avevo sei battelli, lavoravo soprattutto nellâalto Mississippi, da St Louis a St Paul, con qualche puntata nel Fevre, lâIllinois e il Missouri. Gli affari andavano a gonfie vele, compravo uno o due battelli nuovi allâanno, e stavo pensando di spostarmi dalle parti dellâOhio, o addirittura a New Orleans. Ma lo scorso luglio sul mio Mary Clarke Ăš scoppiata una caldaia e il battello ha preso fuoco dalle parti di Dubuque: non ne Ăš rimasto quasi niente e cento persone sono rimaste uccise. E questâinverno⊠questâultimo inverno Ăš stato un disastro. Avevo quattro battelli ormeggiati qui a St Louis per lâinverno: il Nicholas Perrot, il Dunleith, il Sweet Fevre, e lâElizabeth A., nuovo di zecca, in servizio da soli quattro mesi⊠e un gran bel battello, per giunta, lungo la bellezza di quasi cento metri, con dodici grosse caldaie, piĂč veloce di qualsiasi altra imbarcazione sul fiume. Ne andavo cosĂŹ fiero. Mi era costato duecentomila dollari, ma valeva ogni centesimo.» ArrivĂČ la zuppa. Marsh assaggiĂČ una cucchiaiata e corrugĂČ la fronte. «Scotta. Comunque, St Louis Ăš un buon posto in cui lasciare i battelli dâinverno. Non ci sono grandi gelate, e il freddo dura poco. Ma questo inverno Ăš stato diverso. Sissignore. Questo maledetto fiume Ăš diventato un pezzo di ghiaccio, stretto cosĂŹ.» Marsh stese una manona rubizza sul tavolo, il palmo verso lâalto, e pian piano chiuse le dita in un pugno. «Immagina che abbia un uovo in mano e ti farai unâidea, York. Il ghiaccio puĂČ stritolare un battello piĂč di quanto io possa fare con un uovo. E quando il ghiaccio si scioglie Ăš peggio ancora: blocchi giganteschi scivolano sul fiume, sfondando moli, argini, barche, tutto quello che trovano sulla loro strada. Alla fine dellâinverno avevo perso i miei battelli, tutti e quattro. Il ghiaccio me li ha portati via.»
«Non eri assicurato?»
Marsh si dedicĂČ alla zuppa, con sonori risucchi. Tra un boccone e lâaltro scosse la testa. «Non sono un giocatore, York. Non ho mai stipulato unâassicurazione in vita mia. Ă come giocare dâazzardo, solo che stai scommettendo contro te stesso. Tutti i soldi che ho guadagnato li ho sempre investiti nelle mie navi.»
York annuÏ. «Mi sembra di capire che possiedi ancora un battello.»
«Vero» confermĂČ Marsh. FinĂŹ la zuppa e fece segno di portare la prossima portata. «LâEli Reynolds, un piccolo battello a ruota posteriore da centocinquanta tonnellate. Lâho usato sullâIllinois perchĂ© non ha una grande trazione e lâavevo ormeggiato a Peoria, cosĂŹ si Ăš risparmiato la gelata. Ă la mia unica risorsa, tutto quello che mi resta. Il problema, York, Ăš che non vale granchĂ©. Mi Ăš costato appena venticinquemila dollari nuovo, ed era il â50.»
«Sette anni. Non Ú poi cosÏ vecchio.»
Marsh scosse la testa. «Sette anni sono unâeternitĂ per un battello a vapore. Di solito arrivano appena a quattro o cinque. Il fiume se li mangia. LâEli Reynolds era costruito meglio della media, ma ha lo stesso il tempo contato.» Marsh attaccĂČ le ostriche, staccandole dalla conchiglia e inghiottendole intere, accompagnate da unâabbondante sorsata di vino. «Quindi non capisco, York» continuĂČ dopo aver spazzato via una mezza dozzina di molluschi. «Vuoi comprare metĂ della mia impresa, che Ăš composta da unâunica, piccola imbarcazione. Nella tua lettera hai avanzato unâofferta, unâofferta davvero troppo alta. Forse la Fevre River Packet valeva tanto quando le navi erano sei. Adesso no.» MandĂČ giĂč unâaltra ostrica. «Non ti basteranno dieci anni per recuperare lâinvestimento, non con il Reynolds. Non riesce a trasportare un grande carico e nemmeno tanti passeggeri.» Marsh si asciugĂČ le labbra con il tovagliolo e guardĂČ lo sconosciuto al di lĂ del tavolo. La cena lâaveva rimesso in sesto, e adesso si sentiva di nuovo al comando della situazione come un tempo. Lo sguardo di York era penetrante, questo non si poteva negarlo, ma dentro non câera niente di cui aver paura.
«Tu hai bisogno dei miei soldi. Perché mi stai dicendo queste cose? Non temi che possa cercare un altro socio?»
«Io non lavoro cosĂŹ. Sono trentâanni che vado su e giĂč per il fiume, York. Sono arrivato in zattera a New Orleans quando ero appena un ragazzo, e ho lavorato su chiatte e barche a chiglia prima di passare ai piroscafi. Sono stato timoniere, primo ufficiale e apprendista timoniere, persino mozzo. Ho fatto tutto quello che si puĂČ fare nel settore, ma non sono mai stato un imbroglione.»
«Un uomo onesto» disse York con una traccia di ambiguità nella voce, tanto che Marsh ebbe il sospetto che lo prendesse in giro. «Sono lieto che tu abbia voluto illustrarmi le condizioni della tua società . Sapevo già tutto, naturalmente. La mia offerta rimane valida.»
«Perché?» chiese Marsh burbero. «Solo uno stupido getta via i soldi. Tu non mi sembri uno stupido.»
Il piatto arrivĂČ prima che York avesse il tempo di rispondere. I polli di Marsh erano belli croccanti, proprio come piacevano a lui. TagliĂČ una coscia e la divorĂČ con gusto. York ricevette una grossa fetta di roast beef al sangue, immersa nei suoi succhi. Marsh lo guardĂČ mangiarla con destrezza. Il coltello di York affondava nella carne come se fosse burro, senza mai fermarsi per segare o pugnalare un pezzo difficile, come a Marsh capitava spesso. Maneggiava la forchetta come un gentiluomo, scambiando le mani ogni volta che posava il coltello. Forza e ...