LA SONATA A KREUTZER
Titolo originale:
Krajcerova Sonata
Traduzione di Mario Visetti
Ma io vi dico che chiunque riguarda una donna per appetirla, giĂ ha commesso adulterio con lei nel suo cuore.
(Matteo, V, 28)
I suoi discepoli gli dissero: Se cosĂŹ sta lâaffare dellâuomo con la moglie, non Ăš spediente maritarsi.
Ma egli disse loro: Non tutti son capaci di questa cosa che voi dite, ma sol coloro a cui Ăš dato.
Poiché vi sono degli eunuchi, i quali sono nati cosÏ dal seno della madre, e vi sono degli eunuchi, i quali si sono fatti eunuchi a cagione del regno dei cieli. Chi Ú in grado di farlo lo faccia.
(Matteo, XIX, 10-11-12)
I
La primavera era allâinizio. Viaggiavamo giĂ da due lunghe giornate. Nella vettura si avvicendavano persone dirette a mete diverse, ma tre provenivano, come me, fin dalla stazione di partenza del convoglio: una signora dâuna certa etĂ e non troppo avvenente, fumatrice, dai lineamenti stanchi, che portava in capo un berretto e indossava un pastrano di taglio quasi maschile; un suo conoscente, uomo ciarliero sulla quarantina, con tutte le sue valige nuove e ben curate; e quindi, un poâ in disparte, un signore non molto alto nĂ© anziano, dai movimenti impetuosi, capelli ricci precocemente incanutiti, e gli occhi straordinariamente lucidi e sempre in rapido moto da un oggetto allâaltro. Era avvolto in un pastrano vecchio ma di buon taglio, col bavero di montone, e pure di pelo di montone era lâalto berretto che portava in capo; sotto il pastrano, quando si sbottonava, sâintravedevano una corta giacca e un camiciotto russo ricamato. Una particolaritĂ di questo signore consisteva in ciĂČ, che di tanto in tanto faceva udire strani suoni, qualcosa di simile a un raschio o a una risatella strozzata.
Per tutto il tempo del viaggio egli aveva accuratamente evitato ogni contatto o conoscenza con gli altri viaggiatori; ai tentativi di conversazione dei vicini rispondeva con frasi secche e brevi, e passava le ore a leggere o a fumare guardando dal finestrino, o anche traendo le provviste da una vecchia sacca da viaggio, a bere tĂš e a mangiare.
Eppure, avevo lâimpressione che quellâisolamento gli pesasse, e qualche volta avrei voluto attaccar discorso con lui; ma sempre che i nostri sguardi sâincontravano, il che accadeva di frequente, dato che eravamo seduti di sbieco lâuno rispetto allâaltro, egli volgeva il capo dallâaltra parte, e si rimetteva a leggere o a guardare dal finestrino.
Sullâimbrunire del secondo giorno, alla fermata in una grande stazione, questo nervoso signore scese per far provvista di acqua calda e cominciĂČ a prepararsi il tĂš. Il signore dalle valige nuove e curate, un avvocato, come seppi in seguito, e la sua vicina, la signora fumatrice dal pastrano semimaschile, andarono a berlo alla stazione.
Durante lâassenza dei due, entrarono nella vettura alcuni nuovi viaggiatori, e tra costoro un vecchio alto, glabro, grinzoso, un commerciante, secondo ogni evidenza, avvolto in una pelliccia di lontra e con in testa un copricapo di panno dalla gran visiera. Sedette di fronte al posto dellâavvocato e della sua compagna, e subito si mise a conversare con un giovanotto dallâaspetto di commesso viaggiatore, anchâegli salito in quella stazione.
Io ero seduto di sghembo di fronte a loro e, poichĂ© il treno era fermo, nei momenti in cui nessuno passava potevo afferrare qualche brano dei loro discorsi. Dapprima, il mercante informĂČ lâaltro châegli si recava in una sua tenuta, situata ad appena una stazione di distanza; poi, come sempre, i due si misero a discutere di prezzi, di commerci e dellâattuale movimento commerciale di Mosca, quindi il soggetto della conversazione passĂČ al mercato di NiĆŸnij-Novgorod. Il commesso viaggiatore si accinse a illustrare le baldorie cui a quella fiera si era abbandonato in compagnia dâun ricco commerciante di comune conoscenza, ma il vecchio non lo lasciĂČ finire e costrinse lâaltro ad ascoltare invece la descrizione delle gozzoviglie cui aveva partecipato lui a Kunavino. Si sentiva evidentemente orgoglioso della parte attiva che vi aveva preso, e con manifesto compiacimento raccontĂČ come una volta, sempre a Kunavino, ubriachi fradici, lui e quel loro conoscente avevano combinato una burla tale che non era possibile parlarne se non a bassa voce; dopo di che il commesso viaggiatore riempĂŹ della sua risata tutta la vettura, imitato dal vecchio che metteva in mostra un paio di denti giallastri.
PoichĂ© non mi aspettavo di udire nulla dâinteressante, scesi per passeggiare sulla banchina fino alla partenza del treno. Accanto allo sportello incontrai lâavvocato e la signora, i quali camminavano chiacchierando animatamente.
«Non ha troppo tempo,» mi disse con cordialitĂ lâavvocato. «Sta per suonare la seconda campana.»1
Non ero infatti ancor giunto allâaltezza dellâultima vettura, quando suonĂČ la campana. AllorchĂ© risalii, lâanimata conversazione tra lâavvocato e la signora continuava, mentre il vecchio mercante sedeva in silenzio di fronte a loro, guardandosi arcigno davanti e movendo le labbra serrate, con aria di disapprovazione.
«⊠E poi lei dichiarĂČ francamente al marito,» diceva sorridendo lâavvocato, nel momento in cui gli passavo davanti, «che non poteva e non desiderava vivere con lui; cosicchĂ©âŠÂ»
ParlĂČ a lungo sullâargomento, ma non potei capire il seguito: entrarono dopo di me altri viaggiatori, venne il conduttore, passĂČ correndo un fattorino, e per un poâ di tempo ci fu tanto rumore da impedirmi di ascoltare la conversazione. AllorchĂ© si ristabilĂŹ il silenzio e potei udire di nuovo la voce dellâavvocato, il discorso era giĂ passato dal caso particolare a considerazioni dâordine generale.
Diceva lâavvocato come la questione del divorzio interessasse ormai lâopinione pubblica di tutta Europa, e come da noi, in Russia, i casi di divorzio si facessero sempre piĂč frequenti. Accorgendosi dâessere il solo a parlare nel silenzio generale, interruppe il discorso e si rivolse al vecchio: «Una volta questo non accadeva, nevvero?» disse, sorridendo affabilmente.
Il vecchio stava per rispondergli, ma, poichĂ© proprio in quel momento il convoglio si mosse, cominciĂČ, scoprendosi il capo, a farsi segni di croce e a mormorare una preghiera. Distogliendo lo sguardo, lâavvocato attese educatamente. Finita la preghiera e rifattosi il triplice segno di croce, il vecchio si ricacciĂČ profondamente in testa il berretto, si riaccomodĂČ al suo posto e parlĂČ:
«Capitava, capitava anche prima, signore, soltanto piĂč di rado,» rispose. «Oggigiorno non Ăš possibile che non succeda spesso. Sono i risultati dellâistruzione.»
Il fragore del treno, che accelerava sempre piĂč la corsa, martellando ritmicamente sulle rotaie, mi rendeva difficile lâascoltare; ma lâargomento mâinteressava, e mi accostai un poco. Anche il mio vicino, il signore nervoso dagli occhi lucenti, mostrava interesse, e senza alzarsi dal proprio posto tendeva lâorecchio.
«Ma che câĂš di male nellâistruzione?» intervenne la signora con un sorriso appena accennato. «Sarebbe forse meglio sposarsi come in passato, quando il fidanzato e la fidanzata non si vedevano nemmeno, prima delle nozze?» continuĂČ, rispondendo, come fanno molte donne, non alle parole dellâinterlocutore, ma a quelle che presumibilmente egli avrebbe dette. «Non sapevano se si sarebbero amati, se sarebbero stati capaci di amare, e andavano incontro al caso, cosĂŹ da crearsi unâinfelicitĂ per tutta la vita. E questo sarebbe meglio, secondo voi?» disse rivolgendosi a me e allâavvocato, invece che al vecchio con cui aveva iniziato la discussione.
«Troppa istruzione oggi, ormai,» insisté il mercante guardando sdegnosamente la signora e lasciando senza risposta la domanda di lei.
«Mi piacerebbe che spiegasse quale connessione trova tra lâistruzione e i disaccordi coniugali,» intervenne lâavvocato con un lieve sorriso.
Il mercante stava per dir qualcosa, ma la signora lo prevenne.
«No, quei tempi sono ormai tramontati,» disse.
Lâavvocato la fermĂČ:
«Un momento, la prego, lasci che il signore esprima il suo pensiero.»
«à dallâistruzione che hanno origine le corbellerie!» affermĂČ risolutamente il vecchio.
«Far sposare due che non si vogliono bene, e poi meravigliarsi se non vanno dâaccordo!» si affrettĂČ a dire la signora volgendo lo sguardo allâavvocato e a me, e anche al commesso viaggiatore, il quale, alzatosi dal proprio posto e appoggiatosi alla spalliera del sedile, seguiva sorridendo la conversazione. «Questo si puĂČ pretendere soltanto dalle bestie, che si accoppiano come vuole il padrone; ma gli esseri umani hanno le loro inclinazioni, i loro affetti,» aggiunse con lâevidente desiderio di ferire il mercante.
«Non Ăš giusto quello che dice, signora,» obiettĂČ il vecchio. «Le bestie sono bestie, mentre gli uomini hanno le loro leggi.»
«Ma insomma, come si puĂČ vivere con un uomo, quando non lo si ama?» ribattĂ© la signora insistendo sul suo concetto, che, con ogni probabilitĂ , riteneva molto peregrino.
«Una volta tutte queste analisi non si facevano,» disse il vecchio in tono cattedratico. «Soltanto adesso si usa. Adesso basta un nulla, e subito la moglie dice: âMe ne vadoâ. Persino tra i contadini Ăš arrivata questa moda. Dice: âEcco qua, pigliati le tue camicie e le tue mutande, e io me ne vado con VanâKa che ha i riccioli piĂč belli dei tuoiâ. E vada poi a spiegarle comâĂš. Invece la donna, per prima cosa, deve avere soggezione del marito.»
Il commesso viaggiatore guardava ora lâavvocato, ora la signora, ora me, trattenendo a stento un sorriso, pronto ad approvare o a beffare le argomentazioni del mercante, a seconda del modo con cui sarebbero state accolte da noi.
«E che cosa sarebbe questa soggezione?» chiese la signora.
«Proprio cosÏ: la donna deve temere il marito. Ecco che cosa sarebbe questa soggezione.»
«Ma questo, batjuĆĄka,2 Ăš roba passata!» esclamĂČ la signora, anchâessa con una certa animositĂ .
«No, signora, non Ăš ammissibile che sia passata. Eva, la prima donna, Ăš stata creata da una costola dellâuomo, e questo sarĂ vero fino alla consumazione dei secoli,» affermĂČ il vecchio scotendo la testa con unâaria cosĂŹ grave e trionfale che il commesso viaggiatore, accordandogli senzâaltro la palma della vittoria, scoppiĂČ in una fragorosa risata.
«à cosÏ che ragionate voialtri uomini,» insisté la signora, decisa a non arrendersi, e cercando i nostri sguardi. «Pretendete per voi tutte le libertà , e le donne dovrebbero star serrate nel terem.3 Soltanto voi, si capisce, potete permettervi ogni cosa.»
«Non Ăš questione di permettersi, ma del fatto che lâuomo in casa non porta nulla, mentre la donna⊠Ú un vaso piuttosto fragile!» riprese il mercante con voce ispirata. Quellâintonazione pareva imporsi agli ascoltatori: persino la signora se ne sentĂŹ impacciata, ma non volle ancora cedere.
«SĂŹ; ma spero vorrĂ convenire con me che anche la donna Ăš una creatura umana, e che ha i suoi sentimenti non meno dellâuomo. E che cosa allora deve fare, la donna, se non ama il marito?»
«Non ama!» ripeté il mercante con voce burbera, movendo labbra e sopraccigli. «Niente, lo amerà !»
Quellâargomento inatteso entusiasmĂČ in particolar modo il commesso viaggiatore, il quale fece udire un mormorio dâapprovazione.
«No, invece, non lo amerà ,» insisté la signora. «Se non lo ama, non ci sarà verso di costringerla.»
«E se la moglie finisce per ingannare il marito, che cosa succede allora?» chiese lâavvocato.
«Non deve succedere,» rispose il vecchio. «Bisogna stare con gli occhi aperti.»
«E se succede? PerchĂ© in fondo son cose che avvengonoâŠÂ»
«A qualcuno potrà anche succedere, ma a noi no,» rispose il vecchio.
Tutti tacquero. Il commesso viaggiatore si agitĂČ, si avvicinĂČ un poâ di piĂč e, non volendo evidentemente lasciarsi mettere in disparte, cominciĂČ sorridendo:
«GiĂ , signori, vedete per esempio che scandalo Ăš successo a un nostro compagno. Anche qui non Ăš facile giudicare. Gli era capitata una moglie scapestrata, che si mise a farne di tutti i colori; eppure era un giovane serio, lui, e con una certa istruzione⊠Quella si mise prima con un contabile. Lui cercĂČ di persuaderla con le buone parole, ma niente, faceva ogni genere di sudicerie; incominciĂČ anche a rubargli il danaro. Lui la picchiĂČ. E che risultato? Quella fece di peggio: persino con un ebreo, un non battezzato, con licenza parlando, andĂČ a mettersi. E che fare allora? Non câera che lasciarla andare per i fatti suoi. E cosĂŹ adesso lui vive come uno scapolo, e lei conduce una vita vagabondaâŠÂ»
«PerchĂ© Ăš uno stupido,» disse il vecchio. «Se fin da principio le avesse messo il freno, se lâavesse subito domata, quella sarebbe vissuta secondo le regole. Non doveva lasciarla far di testa sua fin da principio. Del cavallo non ti fidare quandâĂš in campagna, e della donna quandâĂš in casa.»
In quel momento venne il conduttore a ritirare i biglietti per la prossima stazione. Il vecchio porse il suo.
«SÏ, signori, bisogna accorciar le redini alla moglie fin da principio, altrimenti tutto Ú perduto.»
«GiĂ , perĂČ poco fa lei descriveva come si davano alla pazza gioia gli uomini sposati, al mercato di Kunavino, no?» intervenni, incapace di resistere.
«Quelle sono circostanze eccezionali,» rispose il vecchio, e sâimmerse nel silenzio.
AllorchĂ© il convoglio fu fermo, il mercante si alzĂČ, trasse da sotto il sedile la sacca da viaggio, si avviluppĂČ e, dopo aver alzato un poco il berretto, uscĂŹ sulla banchina della stazione.
II
Appena scomparso il vecchio, si accese una conversazione a piĂč voci. «à di vecchio stampo, il paparino,» disse il commesso.
«Quello Ú un Domostroj4 vivente!» disse la signora. «Che razza di idee da selvaggi sulle donne e sul matrimonio!»
«Eh giĂ , siamo piuttosto lontani dalla concezione matrimoniale europea,» osservĂČ lâavvocato.
«CiĂČ che soprattutto gli uomini di quel tipo non sanno capire,» riprese la signora, «Ú che il matrimonio senza amore non Ăš matrimonio; che il matrimonio Ăš vero soltanto quando Ăš consacrato dallâamore.»
Il commesso viaggiatore ascoltava sorridendo, cercando di afferrare quanto piĂč poteva della discussione, per fame eventualmente bella mostra in futuro.
Nel mezzo del discorso della signora, si udĂŹ alle mie spalle un suono come dâun singhiozzo o dâuna risata repressa; e volgendoci vedemmo il mio vicino di posto, il solitario signore canuto dagli occhi lucenti, il quale, durante la conversazione che lâaveva evidentemente interessato, si era avvicinato inavvertito a noi. Stava appoggiato con le braccia alla spalliera del sedile, e dimostrava una chiara eccitazione: aveva il viso arrossato, i muscoli delle guance fremevano.
«Che cosâĂš questâamore⊠questâamore⊠che consacra il matrimonio?» chiese esitando un poco.
La signora notĂČ lo stato dâeccitazione dellâinterlocutore, e cercĂČ quindi di rispondere col tono piĂč tranquillo e affabile che potĂ©:
«à lâamore vero⊠Ed Ăš proprio questo amore tra uomo e donna che rende possibile il matrimonio.»
«Già , ma che cosa dobbiamo intendere per amore vero?» insisté timidamente il signore dagli occhi lucidi, con un goffo sorriso.
«Lo sanno tutti che cosâĂš questâamore,» fece la signora, che per chiari segni si mostrava desiderosa di metter fine alla conversazione con lui.
«Ma io non lo so,» fece lâaltro. «E vorrei che lei mi precisasse con esattezza ciĂČ che intende.»
«Come? Ma Ăš molto semplice!» esclamĂČ la signora, e riflettĂ© un poco. «Lâamore⊠lâamore Ăš la preferenza assoluta di una, o di uno, nei confronti di tutti gli altri.»
«Preferenza per quanto tempo: un mese, due mesi, mezzâora?» ribattĂ© il signore canuto, e sorrise.
«No, scusi, lei evidentemente parla di unâaltra cosa.»
«Ma no, signora, parlo proprio di questo.»
«La signora vuol dire,» intervenne lâavvocato, indicando la donna, «che il matrimonio deve aver origine anzitutto in un affetto, in un amore se vuole, e che soltanto in tal caso esso rappresenta, per cosĂŹ dire, qualcosa di sacro; e inoltre che un matrimonio alla base del quale non sia un naturale attaccamento, un amore se vuole, non ha in sĂ© nulla di moralmente impegnativo. Ho interpretato bene il suo pensiero?» domandĂČ rivolgendosi alla signora.
Con un cenno del capo ella approvĂČ lâinterpretazione del proprio pensiero.
«Dopo di cheâŠÂ» riprese lâavvocato; ma il signore nervoso, che ora pareva lanciar fiamme dagli occhi, non gli diede modo di continuare e lo interruppe, dominandosi con evidente sforzo:
«No, rimaniamo alla preferenza di una, o di uno, rispetto a tutto il restante del genere umano, e io chiedo soltanto questo: quanto puĂČ durare, la preferenza?»
«Quanto? A lungo, certo; magari anche tutta la vita,» disse la signora con unâalzata di spalle.
«à una cosa, perĂČ, che succede soltanto nei romanzi, nella vita vissuta non capita mai. Nella vita pratica succede forse che tale preferenza duri un anno, ed Ăš giĂ un fatto raro, piĂč spesso mesi, quando non settimane, o giorni, o anche ore,» disse il signore nervoso; ed era chiaro che si rendeva conto di sbalordire con quelle sue opinioni, e se ne mostrava soddisfatto.
«Oh, ma che dice! Ma no, via!» esclamammo tutti e tre a una voce. Persino il commesso viaggiatore emise qualche suono di disapprovazione.
«SĂŹ, signori, lo so bene,» scattĂČ il signore canuto alzando la voce piĂč di noi. «Voi parlate di ciĂČ che credete che avvenga, io parlo di ciĂČ che Ăš. Ogni uomo prova per qualsiasi bella donna quello che voi qualificate amore.»
«Oh, ma Ăš spaventoso quel che dice! Non crede che ci sia, tra gli uomini, un sentimento che viene denominato amore e che puĂČ durare non mesi e anni, ma tuttâunâesistenza?»
«No, non câĂš. Anche volendo ammettere che un uomo accordi per tutta la vita la preferenza a una determinata donna, con ogni verosimiglianza sarebbe la donna, a un certo punto, a preferirgli un altro; e cosĂŹ Ăš ed Ăš sempre stato al mondo,» disse il signore, e, tratto il portasigarette, cominciĂČ a fumare.
«Ma puĂČ anche avvenire che continuino ad amarsi,» osservĂČ lâavvocato.
«No, non puĂČ essere, come non puĂČ essere che in una carrettata di piselli due piselli precedentemente contrassegnati cĂ pitino proprio vicini. Del resto qui Ăš questione di sazietĂ . Amare uno o una per tutta la vita equivale a pretendere che una candela rimanga accesa per lâeternitĂ ,» rispose il signore canuto, aspirando avidamente il fumo della sigaretta.
«Ma lei parla semplicemente dellâamore fisico. Non vuole ammettere lâesistenza di un amore fondato su una concordia dâideali, su unâaffinitĂ spirituale?» disse la donna.
«AffinitĂ spirituale! Concordia dâideali!» ripetĂ© il signore emettendo quel suo tal suono caratteristico. «E in tal caso perchĂ©, scusatemi la volgaritĂ dellâespressione, perchĂ© andare a letto insieme? Non capisco proprio perchĂ© mai, in conseguenza di una concordia dâideali, la gente debba andare a letto insieme,» osservĂČ con una risatella nervosa.
«Scusi,» intervenne lâavvocato, «ma i fatti contraddicono le sue affermazioni. Noi vediamo che le unioni coniugali esistono, che lâumanitĂ o per lo meno la maggioranza di essa vive in stato matrimoniale, e che mo...