Nel numero di novembre della rivista «Annali patrii» (OteÄestvennye zapiski) dellâanno 1848 FĂ«dor M. Dostoevskij, allâetĂ di ventisette anni, pubblicĂČ uno dei racconti tra i piĂč riusciti del periodo giovanile: Le notti bianche, dal doppio sottotitolo «Romanzo sentimentale. Dai ricordi di un sognatore», che dedicĂČ a A. PleĆĄÄeev, «al primo poeta degli anni Quaranta», il compagno dei circoli semiclandestini di impronta utopico-socialista. Non si puĂČ escludere che lâautore abbia visto in A. PleĆĄÄeev uno dei prototipi per il protagonista del suo racconto; infatti Dostoevskij aveva scritto il racconto in un periodo di una loro stretta amicizia ed assidua frequentazione dei circoli A. e N. Beketov, M. PetraĆĄevskij e S. Durov.1
Successivamente, nel 1859, ormai tornato dal suo quasi decennale esilio in Siberia, durante il breve soggiorno a Tverâ apportĂČ alcune correzioni al racconto, come del resto corresse tutte le opere scritte prima dellâesilio: cancellĂČ significativamente la frase che un condannato di fronte allâesecuzione, anche se ha un cuore di pietra, sente pentimento e rimpianto. Certamente le esperienze vissute sulla piazza SemĂ«novskaja (Dostoevskij con gli altri membri del circolo PetraĆĄevskij era stato portato in piazza per lâesecuzione e solo nellâultimo istante la pena di morte fu commutata in deportazione) gli avevano insegnato qualcosa. Fu aggiunto invece il brano che indica i personaggi storici e letterari tanto amati dal «sognatore» de Le notti bianche e tolta la dedica ad A. PleĆĄÄeev. Con tali correzioni la versione del 1859 venne anche in seguito considerata come definitiva; comunque questi cambiamenti e ritocchi non sono cosĂŹ essenziali da poter parlare di due opere completamente diverse come Ăš avvenuto per Il sosia (Dvojnik).
Ne Le notti bianche Ăš intrecciato come un filo di Arianna il tema del sognatore con il quale Dostoevskij ha un rapporto estremamente personale: negli anni Sessanta F. Dostoevskij confessa che anchâegli apparteneva a tale categoria. Nelle lettere del periodo giovanile piĂč di una volta troviamo delle lamentele di FĂ«dor MichajloviÄ per la sua solitudine, sempre sorella del sognatore, accanto al desiderio inappagato di trasformare la propria vita in unâopera dâarte, proprio la stessa aspirazione che aveva nutrito anche il protagonista del racconto.2
Un anno prima della pubblicazione de Le notti bianche, al tema del sognatore fu dedicato il quarto e ultimo feuilleton su Pietroburgo che F. Dostoevskij pubblicĂČ il 15 giugno 1847 (gli altri tre furono pubblicati il 27 aprile, lâ11 maggio, il 1Âș giugno) sulle pagine del giornale «Notizie di Sanktpietroburgo» («Sanktpeterburgskie Vedemosti», organo dellâAccademia Imperiale delle Scienze). F. Dostoevskij accettĂČ questo incarico, avuto per intercessione di V. Sollogub, lâautore dellâallora celebre romanzo Tarantas, probabilmente per migliorare un poâ le sue finanze molto compromesse dai debiti suoi e del fratello Michail. F. Dostoevskij sostituĂŹ un giornalista e pubblicista assai noto in quegli anni, E.I. Guber, che era morto proprio verso metĂ aprile dello stesso anno.3 Il nucleo centrale dei quattro feuilleton Ăš centrato su Pietroburgo, le cui immagini si alternano tra due poli, quello della realtĂ e quello del sogno, quello della cronaca e quello della fantasmagoria, due facce che rivelano la doppia Pietroburgo. Questâampia confessione su Pietroburgo, del resto molto personale, diventa lâasse portante del racconto sentimentale di un sognatore durante le notti bianche. Nel terzo feuilleton FĂ«dor MichajloviÄ scrive: «Tutti si osservano e si saggiano a vicenda con occhi curiosi. Ne viene fuori una sorta di confessione generale. La gente si racconta, si descrive minuziosamente, si analizza davanti al mondo intero, spesso con dolore e sofferenza».4 Proprio un monologo cosĂŹ sincero e leggermente ironico darĂ ritmo a Le notti bianche, il cui protagonista Ăš stato modellato sullâesempio dei sognatori degli anni Quaranta; Dostoevskij ne dĂ unâampia descrizione nellâultimo feuilleton, descrizione che sarebbe in gran parte coincisa con la presentazione del sognatore nel racconto: «Talvolta, in caratteri assetati di attivitĂ , assetati di vita immediata, di realtĂ , ma deboli, femminei, delicati, nasce pian piano quella che si chiama tendenza alla fantasticheria, e lâuomo finisce col diventare non piĂč un uomo, bensĂŹ uno strano essere di genere neutro â il sognatore⊠Sono cupi e taciturni con il loro prossimo, sprofondati in se stessi, ma amano tutto ciĂČ che Ăš lento, leggero, contemplativo⊠Amano leggere, leggere ogni sorta di libri, anche seri, specialistici, ma, di solito, dopo la seconda o terza pagina, abbandonano la lettura, perchĂ© giĂ pienamente soddisfatti. La loro fantasia, mobile, leggiadra e volatile, Ăš giĂ risvegliata, lâimpressione Ăš giĂ scattataâŠÂ».5
Lâeroe nel racconto Le notti bianche narra personalmente la sua avventura: Ăš sempre il sognatore dei feuilleton, ma assai piĂč studiato e approfondito, mentre certe descrizioni di Pietroburgo allâinizio dellâestate sono letteralmente riprese dai feuilleton stessi.6
In uno studio dedicato a Dostoevskij e ai suoi personaggi sdoppiati il critico G. Gesemann considera il personaggio maschile de Le notti bianche un mascherato e scisso individualista;7 il sognatore pietroburghese, come del resto altri personaggi di Dostoevskij quali Ordynov, giovane studente protagonista de La padrona (Chozjajka, 1847), ed il giovane del Cuore debole (Slaboe serdce, 1848) sono, secondo il critico, cugini di primo grado, per la loro natura demoniaca, di German della Dama di picche di A. PuĆĄkin. Ognuno di questi personaggi Ăš una variante di un German immerso in un universo di illusioni che distruggono la sua volontĂ e con essa indeboliscono il suo individualismo demoniaco. PiĂč convincente, anche se piĂč restrittiva, ci appare lâanalisi di V. Kirpotin, che nei racconti del giovane Dostoevskij (come La padrona, Le notti bianche) e nel romanzo incompiuto NetoÄka Nezvanova riconosce un atteggiamento critico dellâautore nei confronti del «sognatore romantico». Nel quarto feuilleton, afferma Kirpotin, Dostoevskij definĂŹ il sognatore romantico come un fenomeno di indifferenza sociale nei confronti del progresso e della trasformazione della vita sociale; di conseguenza le sue opere sul sognatore vanno intese come unâinterpretazione artistica della tesi racchiusa nel feuilleton.8
Ma non vi Ăš alcun dubbio che i feuilleton, come del resto i racconti, racchiudono una problematica assai piĂč ampia e piĂč profonda. Nel racconto La padrona il protagonista Ăš immerso in un mondo ai margini tra la realtĂ e il sogno, Ăš soprattutto un artista della scienza di impronta hoffmanniana, mentre ne Le notti bianche ci imbattiamo in un «giovane schilleriano», ci aggiriamo in un labirinto di «escapismo» estetico, estremamente vitale nella cultura russa degli anni Trenta e Quaranta dellâOttocento, alla base del quale stava la teoria di Schiller sullâeducazione estetica dellâuomo. Le cause che portarono alla popolaritĂ e allâesaltazione di Schiller come poeta e ideologo nella «fortezza del dispotismo» (cosĂŹ la giovane intelligencija aveva definito la Russia di allora, in particolare dopo la sconfitta della rivolta decabrista del 1825) sono abbastanza chiare ed evidenti.9 Dopo ogni ondata di repressione da parte del potere, lâattivitĂ sociale assumeva un carattere maggiormente astratto e lâideologia della protesta e dellâira si trasformava in una utopia estetica. Infatti lâideale estetico dellâuomo Ăš indubbiamente quello piĂč astratto e staccato dalla vita reale. In una situazione sociale di questo tipo lâinteresse per Schiller,10 in particolare per la sua idea della libertĂ e per lâinterpretazione dellâ«anima bella», diventa pienamente comprensibile; ma questo ideale estetico dellâ«individuo libero» di Schiller, diventato tanto caro ad A. Herzen e N. StankeviÄ, non era poi cosĂŹ innocente⊠Non per niente, rimproverando nel 1848 A. Smirnova, Nicola I ebbe ad affermare: «Il vostro Schiller e Goethe hanno rovinato la gioventĂč e hanno preparato lâanarchia». Nicola I esagerava certamente, ma non di tanto⊠In quei tempi lâ«escapismo» estetico era, nonostante tutto, unâespressione di una protesta inconciliabile ed in ogni circostanza favorevole avrebbe potuto trasformarsi in una ideologia dai concreti contenuti politici.
La stima e lâammirazione per Schiller, anche sullo sfondo dellâentusiasmo generale, erano per Dostoevskij del tutto eccezionali: questa passione per lâautore de I fratelli masnadieri era incominciata nellâinfanzia e, con pochi intervalli, durĂČ fino alla morte di F. Dostoevskij. A dieci anni aveva visto la rappresentazione de I fratelli masnadieri e lâimpressione di questo spettacolo lâaccompagnĂČ per vari decenni, al punto di non scordarsene mai nellâetĂ adulta. Schiller, attraverso le traduzioni di V. Ćœukovskij, era entrato nellâelenco delle letture preferite dei fratelli Dostoevskij; Ăš un fatto non ignorato dalla critica che F. Dostoevskij, con uno dei suoi compagni di scuola, Ivan BereĆŸyckij, sâimmergeva estasiato nella lettura di Schiller.11 Quando, durante gli studi allâIstituto di Ingegneria, suo fratello Michail gli rimprovera una scarsa conoscenza di Schiller, il futuro autore de Le notti bianche gli risponde cosĂŹ in una lettera del 1Âș gennaio del 1840: «Mi hai scritto, fratello, che non ho letto Schiller. Ti sbagli, fratello. Lâho imparato a memoria. Parlavo e sognavo, fratello, con le sue parole. Penso che il dono piĂč grande del destino Ăš stato di conoscere il grande poeta nella mia vita di quel momento. Non avrei mai potuto conoscerlo meglio se non allora».12
Il propugnatore dellâeducazione estetica e del perfezionamento individuale dellâuomo, lâautore del Don Carlos, aveva sollevato un dubbio essenziale quando arrivĂČ alla convinzione che il piano radicale del perfezionamento umano, proposto dai pensatori dellâIlluminismo, non avrebbe potuto essere mai realizzato: la Rivoluzione francese e la violenza collegata ad essa erano per Schiller una chiara dimostrazione che lâumanitĂ non era ancora giunta alle grandi mete. Una educazione estetica che sviluppasse nellâindividuo tutte le virtĂč donategli dalla natura avrebbe dovuto sviluppare ed accrescere in ognuno qualitĂ tali che, trasmesse di generazione in generazione, avrebbero infine sollevato il livello morale dellâumanitĂ intera e lâavrebbero preparata ad una serie di mete e di aspirazioni comuni a tutto il genere umano. Questa grandiosa utopia schilleriana aveva chiaramente unâimpronta sociale. I comuni sforzi di tutta lâumanitĂ avrebbero dovuto giungere al risultato di creare uno stato ideale dove si sarebbero riconciliati sia gli interessi individuali, dalla matrice egoista, sia le necessitĂ generali della comunitĂ . Questa armonia avrebbe potuto essere raggiunta solo grazie al «bello»: il ruolo dellâarte, dellâamore e dellâamicizia vengono considerati da Schiller in questo processo come essenziali. Fra i due tipi umani che nellâideologia dellâautore de I fratelli masnadieri svolgono un ruolo di primaria importanza, la palma viene attribuita agli idealisti e non ai realisti. Il realista, secondo la concezione schilleriana, in ogni determinato avvenimento opera solo per cause esterne e solo per scopi esterni; sempre e dappertutto il suo punto di riferimento saranno le leggi della natura, lâaspetto concreto della realtĂ e quello definitivo del mondo. Un realista non oserebbe mai concedere allâuomo la libertĂ , in quanto essa Ăš considerata da lui la fonte della vendetta e della disperazione, del male e dellâanarchia. Un realista conosce con estrema chiarezza i suoi limiti, ciĂČ che puĂČ e ciĂČ che non puĂČ, e i suoi pensieri non oltrepassano mai tale limite. Lâidealista invece considera la sua volontĂ come fonte delle proprie aspirazioni e conoscenza, e come volere supremo la libertĂ del proprio io. Si tratta di un sognatore che grazie allâarditezza del suo spirito puĂČ realizzare lâutopia estetica di Schiller. FinchĂ© la societĂ Ăš organizzata in uno «stato etico di dovere» lâidealista Ăš obbligato a portare la sua utopia estetica nellâintimo del proprio io. Lâindividuo puĂČ raggiungere la libertĂ non tanto nella sfera dellâazione politica e dellâattivitĂ sociale, quanto nello spazio ideale del bello. In tale dimora dellâideale, nello spazio dello spirito, potrĂ entrare solo lâuomo che possiede unâ«anima bella», «die schöne Seele». Lâuomo contemporaneo puĂČ raggiungere la libertĂ solo nella dimensione dellâideale, nellâambito dellâarte, attribuendo ai valori culturali una importanza maggiore di quella che dĂ ai beni materiali.
Lo sfondo ideologico de Le notti bianche non Ăš nientâaltro che la trasposizione a livello artistico della polemica intorno allâ«educazione estetica» schilleriana che lâintelligencija russa aveva sperimentato negli anni Trenta e Quaranta dellâOttocento. Gli ideologi della «riconciliazione con la realtà », il giovane V. Belinskij e M. Bakunin, appena agli inizi della loro attivitĂ pubblicistica, hanno assunto nei confronti di Schiller un atteggiamento decisamente di rifiuto, ma gli attacchi di Bakunin, quanto quelli di Belinskij, erano indirizzati piuttosto contro il giovane filosofo M. StankeviÄ, geniale diffusore della filosofia tedesca, che al tempo aveva un notevole influsso sulla letteratura russa. Per StankeviÄ il sogno e la fantasticheria erano simboli della superioritĂ dellâindividuo sulla cupa realtĂ nella «fortezza del dispotismo»; egli tratta «il regno dellâideale» come «la propria dimora», nella quale ci si rifugia quando non si puĂČ andare da nessunâaltra parte. StankeviÄ si era affidato al sogno per salvaguardare la propria purezza morale; del resto si sentiva disgustato dagli attacchi nei confronti di Schiller, che adorava in quanto «poeta delle nebbie...