Libro terzo
Capitolo 28
Ci vollero dieci minuti perchĂ© Bourne riuscisse a prendere la linea per mettersi in contatto con il professor Specter, poi altri cinque perchĂ© i suoi lo tirassero giĂč dal letto. A Washington erano le cinque di mattina. Maslov era tornato ai suoi affari, lasciando Bourne da solo nella serra a fare le sue telefonate. Jason usĂČ il tempo a sua disposizione per riflettere su ciĂČ che gli aveva detto. Se davvero PĂ«tr era un membro della Legione Nera, le possibilitĂ erano due: la prima, che PĂ«tr stava portando avanti una sua personale operazione sotto il naso del professore. Il che era abbastanza sinistro. La seconda, forse ancora peggiore, significava che anche il professore era implicato. Ma in questo caso perchĂ© era stato attaccato dalla Legione Nera? Bourne aveva visto con i suoi occhi il tatuaggio sul gomito dellâuomo armato che aveva avvicinato, picchiato e spinto in strada Specter.
In quel momento Bourne udĂŹ la voce di Specter. «Jason» esclamĂČ questi, chiaramente senza fiato. «Cosa Ăš successo?»
Bourne lo aggiornĂČ sui fatti e terminĂČ rivelandogli lâappartenenza di PĂ«tr alla Legione Nera.
Ci fu un lungo istante di silenzio.
«Professore, tutto okay?»
Specter si schiarÏ la voce. «Sto bene.»
Ma non sembrava una risposta del tutto sincera, e mentre il silenzio si prolungava Bourne si sforzĂČ di cogliere qualche segno dello stato emotivo del suo mentore.
«Guarda, mi dispiace per il tuo uomo, Baronov. Il killer non era un membro della Legione Nera; era un agente dellâNSA mandato per uccidere me.»
«Apprezzo la tua sincerità » dichiarĂČ Specter, «e sono veramente dispiaciuto per Baronov, ma lui conosceva i rischi. Come te, Ăš entrato in questa guerra a occhi bene aperti.»
Di nuovo silenzio, ancora piĂč imbarazzante.
Alla fine Specter disse: «Jason, mi rincresce doverti confessare che ti ho nascosto alcune informazioni a dir poco vitali. Pëtr Zilber era mio figlio».
«Tuo figlio? Ma perché non me lo hai detto subito?»
«Per paura» replicĂČ il professore. «Ho tenuto la sua vera identitĂ segreta per cosĂŹ tanti anni che era diventata unâabitudine. Dovevo proteggerlo dai suoi nemici â i miei nemici â, quelli responsabili della morte di mia moglie. Pensavo che il modo migliore per farlo fosse cambiargli il nome. CosĂŹ, nellâestate in cui compĂŹ sei anni, Aleksej Specter affogĂČ tragicamente e PĂ«tr Zilber prese il suo posto. Lo affidai ad alcuni amici, lasciai tutto e venni in America, a Washington, per iniziare la mia nuova esistenza senza di lui. Fu la cosa piĂč difficile di tutta la mia vita. Ma come puĂČ un padre rinunciare al proprio figlio quando non riesce a dimenticarlo?»
Bourne sapeva esattamente cosa significava. Era sul punto di rivelare al professore quello che aveva saputo su PĂ«tr e la sua rete di disadattati, ma non gli sembrĂČ il momento giusto per dargli altre brutte notizie.
«CosĂŹ lâhai aiutato» Bourne indovinĂČ, «in segreto?»
«Talmente in segreto» continuĂČ Specter, «da non permettere a nessuno di collegarmi a lui, nĂ© di sapere che mio figlio era ancora vivo. Era il minimo che potessi fare per lui. Jason, non lo vedevo da quando aveva sei anni.»
Udendo lâangoscia profonda nella voce di Specter, Bourne attese un attimo. «Cosa Ăš successo?»
«Ha fatto una cosa molto stupida. Ha deciso di sfidare la Legione Nera. Per anni ha tentato di infiltrarsi nellâorganizzazione. Ha scoperto che stavano pianificando un grosso attacco in America, quindi ha trascorso gli ultimi mesi a cercare di scoprirne di piĂč. E alla fine ha avuto la chiave per annientarli: ha rubato le planimetrie dellâobiettivo. PoichĂ© dovevamo evitare di comunicare direttamente, fui io a suggerirgli di usare la sua rete per farmi avere le informazioni sui movimenti della Legione Nera. E aveva intenzione di mandarmi le planimetrie in questo modo.»
«Perché non limitarsi a fotografarle e spedirtele via Internet?»
«Aveva provato, ma non funzionava. La carta su cui i progetti erano stampati era rivestita di una sostanza che rendeva i caratteri impressi impossibili da copiare. Doveva mandarmi gli originali.»
«Di sicuro ti avrà parlato della natura delle planimetrie» disse Bourne.
«Lo stava per fare» spiegĂČ il professore, «ma prima di riuscirci Ăš stato catturato e portato nella villa di Ikoupov, dove Arkadin lo ha torturato e ucciso.»
Bourne considerĂČ le implicazioni alla luce delle nuove informazioni che il professore gli aveva dato. «Pensi che gli abbia rivelato che era tuo figlio?»
«Ho avuto questo pensiero sin da quando hanno cercato di rapirmi. Temo che Ikoupov fosse al corrente del nostro legame di sangue.»
«à meglio che prendi delle precauzioni, professore.»
«à quello che sto cercando di fare, Jason. LascerĂČ lâarea di Washington entro unâora. I miei stanno lavorando alacremente per organizzare il mio trasferimento. Ikoupov ha mandato Leonid Arkadin a recuperare i progetti dalla rete di PĂ«tr. Si Ăš lasciato alle spalle una scia di sangue.»
«Dove si trova ora?» chiese Bourne.
«A Istanbul, ma la cosa non ti sarĂ di alcun aiuto» affermĂČ Specter, «perchĂ© nel tempo che impiegherai ad arrivare lĂŹ sicuramente lui se ne sarĂ andato. Ora Ăš piĂč importante che mai che tu lo trovi, perchĂ© abbiamo avuto conferma che ha ucciso il corriere a Istanbul ed Ăš riuscito a impossessarsi delle planimetrie. Allâattacco manca davvero poco.»
«Dove era diretto questo corriere?»
«A Monaco» disse il professore. «Era lâultimo anello della catena prima che le planimetrie mi venissero consegnate.»
«Da ciĂČ che mi Ăš stato riferito, Ăš chiaro che la missione di Arkadin Ăš duplice» commentĂČ Bourne. «Primo, recuperare le planimetrie; secondo, chiudere la rete di PĂ«tr uccidendone tutti i membri. Dieter Heinrich, il corriere di Monaco, era lâunico rimasto.»
«A chi avrebbe dovuto consegnare i piani a Monaco?»
«A Egon Kirsch. Kirsch Ăš un mio uomo» disse Specter. «Lâho giĂ avvisato del pericolo.»
Bourne riflettĂ© per un momento. «Arkadin conosce lâaspetto di Kirsch?»
«No, e neanche la giovane donna che Ú con lui. Si chiama Devra. Era una delle collaboratrici di Pëtr, ma ora sta aiutando Arkadin a uccidere i suoi ex colleghi.»
«Perché dovrebbe fare una cosa del genere?» chiese Bourne.
«Non ne ho la minima idea» replicĂČ il professore. «Quando ha incontrato Arkadin a Sebastopoli era una specie di nullitĂ : niente amici, niente famiglia, unâorfana di Stato. Finora i miei non hanno ricavato niente di utile. In ogni caso, tirerĂČ fuori Kirsch da Monaco.»
La mente di Bourne stava lavorando alla velocitĂ della luce. «Aspetta. Fallo uscire dal suo appartamento e mandalo in qualche luogo sicuro in cittĂ . Io prenderĂČ il primo aereo per Monaco. Ma prima di partire voglio tutte le informazioni che puoi fornirmi sulla vita di Kirsch: dovâĂš nato, cresciuto, chi sono i suoi amici, la famiglia, la scuola, qualunque dettaglio utile. Lo studierĂČ durante il viaggio prima di incontrarmi con lui.»
«Jason, non mi piace la piega che sta prendendo questa conversazione» disse Specter. «Sospetto di sapere cosa hai in mente. Tu vuoi sostituirti a Kirsch. Te lo impedirĂČ. Non ti lascerĂČ diventare un obiettivo per Arkadin. Ă troppo pericoloso.»
«Non ci sono alternative, professore» replicĂČ Bourne. «à fondamentale che io entri in possesso di quelle piantine, lâhai detto anche tu. Tu fai la tua parte e io faccio la mia.»
«Giusto» ribattĂ© Specter dopo un istante di esitazione, «ma nella mia câĂš anche far entrare nellâoperazione un amico che opera fuori Monaco.»
A Bourne non piacque quello che stava ascoltando. «Cosa vuol dire?»
«Hai già chiarito che lavori da solo, Jason, ma questo Jens Ú uno che ti coprirà le spalle. E scoprirai di esserne ben felice. Ha una familiarità straordinaria con il lavoro sporco.»
Un killer professionista, pensĂČ Bourne. «Grazie, professore, preferisco di no.»
«Questa non era una richiesta, Jason.» Il tono di Specter non ammetteva repliche. «Jens Ăš la condizione perchĂ© io acconsenta a farti prendere il posto di Kirsch. Non ti permetterĂČ di infilarti in questa trappola da solo. La mia decisione Ăš irrevocabile.»
Dimitrij Maslov e Boris Karpov si abbracciarono come vecchi amici. Bourne rimase in piedi in silenzio. Quando si trattava di politica russa nulla poteva sorprenderlo, anche se era comunque stupefacente vedere un colonnello dâalto rango dellâAgenzia federale anti-narcotici accogliere calorosamente il capo della Kazanskaja, una delle due piĂč famose gruppirovka della droga.
Questa bizzarra riunione ebbe luogo al Bardak, vicino alla Prospettiva Lenin. Il locale era stato aperto appositamente per Maslov; e la cosa non doveva sorprendere, visto che era suo. Bardak significa «bordello» e «caos» in slang russo. Nel centro del locale torreggiava un famoso palco per spogliarelliste con tanto di pali e una piuttosto insolita altalena in cuoio che ricordava le briglie da cavallo.
Unâaudizione aperta per ballerine di lap-dance era in pieno svolgimento. La fila di avvenenti ragazze bionde serpeggiava intorno ai quattro muri del club dipinti di lucido smalto nero. Lâarredamento era costituito da enormi casse, file di bottiglie di vodka sugli scaffali e una sfera stroboscopica anni â70.
Dopo che i due uomini ebbero finito di scambiarsi reciprocamente pacche amichevoli sulla schiena, Maslov fece loro attraversare la stanza buia ed entrare in un corridoio rivestito di legno. Misto allâaroma del cedro câera lâinconfondibile odore di cloro. Sapeva di palestra; infatti oltre la porta di vetro zigrinato câera lo spogliatoio di un bagno turco.
«Ecco la sauna» indicĂČ Maslov. «Ci troviamo lĂŹ tra cinque minuti.»
Prima di continuare la conversazione con Bourne, Maslov aveva insistito per incontrare Boris Karpov. Bourne era stato molto scettico in merito a questo incontro, ma quando aveva chiamato lâamico questâultimo aveva accettato di buon grado. Maslov aveva dato a Bourne il nome di Bardak, niente altro. Karpov aveva detto solo: «Lo conosco. SarĂČ lĂŹ tra novanta minuti».
Ora, con indosso nientâaltro che un asciugamano, i tre uomini si ritrovarono insieme nellâarea densa di vapori della sauna. La stanzetta era rivestita, come il corridoio, di pannelli di cedro. Panche fatte con assi di legno correvano intorno a tre pareti. In un angolo câera un mucchietto di pietre riscaldate sopra le quali pendeva una fune.
Appena entrato, Maslov tirĂČ la corda: lâacqua bagnĂČ le pietre producendo una nuvola di vapore che roteĂČ fino al soffitto e poi ridiscese, avviluppando gli uomini seduti sulle panche.
«Il colonnello mi ha assicurato che si occuperĂ della mia situazione se io mi occuperĂČ della sua» disse Maslov. «CioĂš del problema di Äerkesov.»
PronunciĂČ queste parole con un luccichio negli occhi. Senza quella camicia hawaiana fuori misura era un uomo piccolo e asciutto con muscoli nodosi e senza un filo di grasso. Non indossava nĂ© catene dâoro nĂ© anelli di diamanti. I suoi gioielli erano i tatuaggi: gli ricoprivano tutto il torso. Ma non erano i crudeli e spesso confusi tatuaggi della prigione che sfoggiavano molti altri malviventi. Erano al contrario tra i piĂč elaborati disegni che Bourne avesse mai visto: draghi asiatici che sputavano fuoco, con la coda che disegnava ampie volute, le ali distese e gli artigli sfoderati.
«Quattro anni fa ho trascorso sei mesi a Tokyo» raccontĂČ Maslov. «Secondo me Ăš lâunico posto dove puoi farti tatuare.»
Boris si dondolĂČ ridendo. «Ecco dovâeri, bastardo! Ho battuto tutta la Russia per il tuo culo pelle e ossa.»
«A Ginza» confermĂČ Maslov. «Ho brindato con un poâ di Saki Martini a te e ai tuoi galoppini. Sapevo che non mi avreste mai trovato.»
Fece un gesto come se volesse allontanare la cosa. «Ma quelle vicende spiacevoli sono alle spalle; il vero colpevole ha confessato le morti di cui ero stato accusato io. Ora stiamo vivendo la nostra privata glasnost.»
«Voglio sapere di piĂč su Leonid DaniloviÄ Arkadin» disse Bourne.
Maslov allargĂČ le mani. «Un tempo era uno di noi. Poi gli Ăš successo qualcosa, non so cosa. Ha rotto con la gruppirovka. In genere le persone che si comportano cosĂŹ non sopravvivono a lungo, ma Arkadin fa parte di una categoria speciale. Nessuno osa toccarlo. Si Ăš creato una reputazione di assassino efferato. Ă un uomo, lasciatemelo dire, senza cuore. Si potrebbe di certo ribattere che la cosa vale per la maggior parte di noi. E io rispondo che non Ăš del tutto sbagliato. Ma Arkadin non ha neppure anima. Questa Ăš la vera differenza. Non câĂš nessun altro come lui, il colonnello puĂČ confermarlo.»
Boris annuĂŹ giudiziosamente. «Anche Äerkesov e il nostro presidente lo temono. Personalmente, non conosco nessuno nĂ© nellâFSB-1, nĂ© nellâFSB-2 che si sia scontrato con lui riuscendo a sopravvivere. Ă come un grande squalo, il re degli assassini.»
«Non state un poâ esagerando?»
Maslov si sedette in avanti, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia. «Ascolti, amico mio, questo Arkadin, o come cazzo si chiama, Ăš nato a NiĆŸnij Tagil. Ne ha sentito parlare? No? Mi lasci spiegare: questa brutta copia di una cittĂ orientale negli Urali del sud Ăš lâinferno in terra. Ă piena di ciminiere e acciaierie che vomitano fumi carichi di zolfo. Gli abitanti sono dei miserabili che trincano vodka fatta in casa, cioĂš alcol puro, di continuo, e svengono dove capita. La polizia Ăš brutale e sadica nei confronti dei cittadini. Come un gulag Ăš attorniato da torrette di guardia, NiĆŸnij Tagil Ăš circondata da carceri di massima sicurezza. I detenuti della prigione vengono rilasciati senza neanche il biglietto del treno, ragione per cui sono costretti a stabilirsi in cittĂ . Lei, che Ăš americano, non puĂČ neanche immaginare la brutalitĂ di coloro che abitano questa fogna. Solo i peggiori criminali osano mettere piede in strada dopo le dieci di sera.»
Maslov si deterse il sudore dalle guance con il dorso della mano. «Questo Ú il posto dove Arkadin Ú nato e cresciuto. à da questo pozzo nero che si Ú fatto un nome sbattendo fuori a calci le persone dai loro appartamenti di ...