I letti nuovi e io siamo raramente andati dâaccordo, cosicchĂ© dopo un breve intervallo di sonno piuttosto inquieto, circa unâora fa mi sono destato. Era ancora buio, e sapendo di avere una intera giornata di guida davanti a me ho fatto il tentativo di riprendere sonno. La cosa si Ăš dimostrata inutile, e quando alla fine ho deciso di alzarmi, era ancora talmente presto che per riuscire a radermi al lavabo che Ăš nellâangolo sono stato costretto ad accendere la luce elettrica. Ma quando, dopo aver terminato, lâho spenta di nuovo, dai bordi delle tende ho visto spuntare la prima luce del giorno.
Quando le ho aperte, proprio un attimo fa, la luce fuori era ancora molto tenue mentre qualcosa di simile a una nebbia mi ostacolava la vista del negozio del barbiere e di quello del farmacista, dallâaltro lato della via. E in effetti, seguendo con lo sguardo la strada fin dove questa si immette sul ponticello dalle spallette arrotondate, vedevo la nebbia salire dal fiume nascondendo quasi completamente alla vista uno dei pilastri del ponte. In giro non si scorgeva unâanima, e se si eccettua un rumore persistente la cui eco giungeva da qualche parte in lontananza, e qualche sporadico colpo di tosse proveniente da una camera sul retro della casa, non si sentiva alcun rumore. La padrona di casa, chiaramente, non Ăš ancora in giro, il che vuol dire che sussistono ben poche speranze che voglia servire la colazione prima dellâora che ha stabilito, e cioĂš le sette e trenta.
Ed ecco che in questi momenti di quiete, mentre attendo che il mondo attorno a me si risvegli, mi scopro a tornare con la mente a brani della lettera di Miss Kenton. A proposito, avrei dovuto giĂ da prima spiegare perchĂ© mai io continui a riferirmi a «Miss Kenton». «Miss Kenton» Ăš, se vogliamo usare il termine esatto, «Mrs Benn», e lo Ăš da ventâanni. Tuttavia, avendola io conosciuta da vicino soltanto nel periodo in cui non era ancora sposata, e non avendo piĂș avuto modo di incontrarla dopo che si era trasferita sulla costa occidentale del paese per diventare «Mrs Benn», voi forse perdonerete il fatto che mi riferisca impropriamente a lei con il nome con cui lâho conosciuta e con il quale nella mia mente ho continuato a chiamarla nel corso di tutti questi anni. Naturalmente la sua lettera mi ha fornito ulteriore ragione per continuare a pensare a lei come a «Miss Kenton», dal momento che, a quanto pare, il suo matrimonio Ăš purtroppo sul punto di giungere a definitiva conclusione. La lettera non offre particolari della faccenda, come sarebbe difficile aspettarsi, ma Miss Kenton dichiara, senza possibilitĂ di equivoco, di aver preso la decisione di abbandonare la casa di Mr Benn a Helston e di aver attualmente preso alloggio presso una conoscente nel vicino villaggio di Little Compton.
Ă certo una cosa terribile che il suo matrimonio stia per concludersi con un fallimento. In questo preciso istante, non vâĂš dubbio, lei starĂ riflettendo con rammarico su scelte fatte nel lontano passato, le quali la lasciano oggi, trascorsa da un pezzo la mezza etĂ , tanto sola e sconsolata. Ed Ăš facile comprendere come, in una simile condizione di spirito, il pensiero di ritornare a Darlington Hall potrebbe esserle di grande conforto. Vero Ăš che in nessun punto della sua lettera ella manifesta esplicitamente il desiderio di tornare; ma Ăš questo lâinequivocabile messaggio trasmesso dal tono generale di molti punti della lettera, intrisi come sono di una profonda nostalgia per i giorni passati a Darlington Hall. Ă ovvio che, in questa fase della sua vita, Miss Kenton non possa sperare, tornando, di ritrovare gli anni perduti, e il mio compito, quando ci incontreremo, sarĂ innanzitutto quello di farle comprendere questa realtĂ . DovrĂČ sottolineare come oggi le cose siano cambiate â che i tempi in cui si lavorava con uno staff imponente pronto a rispondere al nostro minimo cenno probabilmente nella nostra vita non li vedremo piĂș. Del resto Miss Kenton Ăš una donna intelligente e avrĂ certo giĂ capito. E in veritĂ , tutto considerato, non vedo perchĂ© mai lâalternativa di ritornare a Darlington Hall e raggiungere lĂ la fine dei suoi anni di lavoro non debba offrire un motivo di consolazione assai sincero a una vita che Ăš giunta ad essere dominata, come la sua, da un senso di desolazione.
Oltre a questo, naturalmente, dal mio punto di vista strettamente professionale, Ăš chiaro che anche dopo un intervallo di tanti anni, Miss Kenton potrebbe rappresentare la soluzione perfetta al problema che attualmente ci tormenta, a Darlington Hall. In effetti, definendolo un «problema», sto forse esagerando. Dopotutto mi riferisco a una serie di errori molto marginali da parte mia, cosicchĂ© lâobiettivo che sto perseguendo Ăš semplicemente un modo per prevenire qualsiasi «difficoltà » prima ancora che insorga. Ă vero, questi stessi banali errori, mi causarono allâinizio qualche ansietĂ , ma una volta avuto il tempo di diagnosticarli correttamente quali sintomi di nientâaltro che una evidente carenza di personale domestico, mi sono trattenuto dal dedicar loro eccessiva riflessione. Lâarrivo di Miss Kenton, come ho giĂ detto, vi porrĂ completamente rimedio.
Ma torniamo alla sua lettera, che a tratti rivela un certo sconforto circa la situazione attuale â un fatto, questo, piuttosto preoccupante. Una delle frasi comincia con: «Sebbene non abbia la minima idea del modo in cui riuscirĂČ a colmare utilmente quanto rimane della mia vita...» E analogamente, in un altro punto scrive: «Il resto della mia vita appare come una lunga distesa vuota, davanti ai miei occhi». Per la gran parte della lettera perĂČ, come ho giĂ detto, il tono con cui si esprime Ăš quello della nostalgia. A un certo punto, ad esempio, scrive:
«Tutta questa storia mi ha riportato alla mente Alice White. Ve la ricordate? In verità mi riesce difficile immaginare come potreste averla dimenticata. Per parte mia sento ancora nelle orecchie quei suoni vocalici e quelle frasi tanto singolarmente sgrammaticate che soltanto lei riusciva ad immaginare! Avete idea di che cosa ne Ú stato?»
In veritĂ non ce lâho, sebbene debba ammettere che mi abbia alquanto divertito ripensare a quella esasperante cameriera â la quale alla fine si dimostrĂČ una delle piĂș affezionate che abbiamo avuto. In unâaltra parte della lettera Miss Kenton scrive:
«Mi era cosĂ cara la vista che si godeva dalle camere da letto del secondo piano che si affacciavano sul prato, con le colline che si scorgevano in lontananza. Ă ancora cosĂ? Dâestate, allâimbrunire, in quel panorama vi era un che di magico, e oggi vi confesso che allora perdevo molti minuti preziosi a starmene presso una di quelle finestre, semplicemente cosĂ, incantata da quella vista».
Poi la lettera continua:
«Non vogliatemene se quanto sto per dirvi costituisce un ricordo doloroso, ma non dimenticherĂČ mai la volta in cui entrambi rimanemmo fermi a guardare vostro padre che camminava su e giĂș davanti al padiglione estivo che era in giardino, gli occhi fissi a terra come se sperasse di ritrovare un gioiello prezioso che aveva perduto in quel punto».
Il fatto che questo ricordo di circa trentâanni addietro sia rimasto impresso in Miss Kenton come lo Ăš in me, mi appare come una sorta di rivelazione. E in veritĂ la cosa deve essere accaduta proprio in uno di quei tardi pomeriggi dâestate dei quali parla, perchĂ© io ricordo distintamente di essere salito sul pianerottolo del secondo piano e di aver visto dinanzi a me una serie di raggi aranciati di sole al tramonto spezzare il buio del corridoio sul quale si affacciavano le porte delle camere da letto leggermente socchiuse. E mentre passavo davanti a quelle stanze, attraverso il vano di una porta avevo visto Miss Kenton, la cui sagoma si stagliava contro una delle finestre, voltarsi e chiamare a bassa voce: â Mr Stevens, se avete un momento... â Quando entrai nella stanza, Miss Kenton si era girata nuovamente verso la finestra. Di sotto, le ombre dei pioppi si proiettavano sul prato che alla destra del nostro sguardo piegava in alto verso un leggero terrapieno sul quale si ergeva il padiglione estivo; e fu lĂ che vedemmo la sagoma di mio padre che camminava su e giĂș lentamente con aria preoccupata â effettivamente, per usare lâimmagine cosĂ bella di Miss Kenton, «come se sperasse di ritrovare un gioiello prezioso che aveva perduto in quel punto».
Vi sono motivi assai validi per cui questo ricordo mi Ăš rimasto impresso, come desidero spiegare. Inoltre, ora che ci penso, forse non Ăš poi cosĂ sorprendente che esso debba aver lasciato anche unâimpressione profonda in Miss Kenton, considerati taluni aspetti del rapporto instauratosi con mio padre durante i primi giorni della permanenza di Miss Kenton a Darlington Hall.
Miss Kenton e mio padre erano arrivati in quella casa piĂș o meno nello stesso periodo â vale a dire nella primavera del 1923 â come conseguenza del mio esser rimasto privo in un sol colpo della governante e del vice-maggiordomo. CiĂČ era accaduto in quanto queste due persone avevano deciso di sposarsi, lâuna con lâaltro, e di abbandonare la professione. Io ho sempre ritenuto tali legami una seria minaccia allâordine che regna in una casa. Da quella volta ho perduto numerosi altri dipendenti in circostanze analoghe. Naturalmente câĂš da aspettarsi che fatti simili accadano, tra cameriere e lacchĂš, cosa della quale un bravo maggiordomo dovrebbe sempre tener conto nella organizzazione del lavoro; ma questi matrimoni fra domestici di grado piĂș elevato possono avere degli effetti estremamente rovinosi sul lavoro. Ovviamente se due membri del personale si innamorassero e decidessero di sposarsi sarebbe quantomai volgare ricoprirli di biasimo; ma ciĂČ che a me sembra estremamente irritante sono quelle persone â e in questo le governanti si rivelano particolarmente colpevoli â che non hanno alcun sincero attaccamento alla loro professione, ma che essenzialmente muovono da un posto allâaltro alla ricerca di una storia amorosa. Questo genere di individui costituiscono la rovina del vero professionismo.
Ma lasciate che chiarisca immediatamente che quando dico questo non mi riferisco assolutamente a Miss Kenton. Vero Ăš che anche lei alla fine lasciĂČ il personale alle mie dipendenze per sposarsi, ma sono in grado di garantire che per tutto il tempo in cui lavorĂČ come governante ai miei ordini, non fu mai men che dedita al suo dovere, senza permettere che le prioritĂ del suo lavoro ne venissero turbate.
Ma sto divagando. Dicevo che avevamo avuto bisogno allo stesso tempo di una governante e di un vice-maggiordomo, e cosĂ â con referenze insolitamente positive, a quanto ricordo â era arrivata Miss Kenton a ricoprire il primo dei due posti. Per combinazione, piĂș o meno nello stesso periodo mio padre era giunto al termine del suo onorato servizio a Loughborough House, a causa della morte del suo datore di lavoro Mr John Silvers, e si era trovato in certo modo privo sia di un impiego che di un luogo in cui abitare. E sebbene egli fosse ancora, naturalmente, un professionista della piĂș alta classe, aveva ormai passato la settantina ed era assai tormentato dallâartrite e da altri disturbi. Per questo dunque non si era affatto certi di come avrebbe potuto competere con la generazione piĂș giovane di maggiordomi altamente qualificati sul piano professionale, alla ricerca di posti di lavoro. E proprio in previsione di ciĂČ, una soluzione ragionevole era parsa quella di chiedere a mio padre di portare a Darlington Hall la grande esperienza e la distinzione che gli erano proprie.
A quanto ricordo una mattina, molte settimane dopo che mio padre e Miss Kenton erano entrati a far parte del personale, e io ero seduto a tavolino nella mia stanza da lavoro, intento a passare in rassegna alcune carte, quando sentii bussare. Ricordo di essere rimasto un poâ sorpreso quando Miss Kenton aprĂ la porta ed entrĂČ ancor prima che io lâavessi invitata a farlo. Si fece avanti reggendo un grande vaso pieno di fiori e disse con un sorriso:
â Mr Stevens ho pensato che questi avrebbero allietato un poco questo ambiente.
â Come dite, Miss Kenton?
â Mi sembrava un tale peccato che la vostra stanza fosse tanto buia e fredda, Mr Stevens, mentre fuori câĂš un sole cosĂ luminoso. Ho pensato che questi avrebbero ravvivato un poco le cose.
â Molto gentile da parte vostra, Miss Kenton.
â Ă un peccato che qui non entri un poco piĂș di sole. Le pareti sono persino un poâ umide, non Ăš vero, Mr Stevens?
Io ritornai ai miei conti dicendo: â Credo si tratti unicamente di condensazione, Miss Kenton.
Ella poggiĂČ il vaso sul tavolo davanti a me, poi dando una nuova occhiata tutto attorno alla stanza, disse: â Se vi facesse piacere, Mr Stevens, potrei portarvi degli altri fiori freschi.
â Apprezzo la vostra cortesia, Miss Kenton, ma questo non Ăš un luogo fatto per il divertimento, ed io desidero che i motivi di distrazione vengano ridotti al minimo.
â Ma sicuramente, Mr Stevens, non vi Ăš necessitĂ di tenere la vostra stanza cosĂ spoglia e priva di colore.
â Fino ad oggi Ăš stato cosĂ e, per quanto mi riguarda, ha adempiuto perfettamente alla sua funzione cosĂ comâĂš, Miss Kenton, e questo nonostante io apprezzi il pensiero che avete avuto. Comunque, dal momento che siete qui, câera una certa questione che desideravo discutere con voi.
â Oh, davvero, Mr Stevens?
â SĂ, Miss Kenton, una cosa da poco. Passavo per caso accanto alla cucina, ieri, quando vi ho udita chiamare qualcuno di nome William.
â Dite davvero, Mr Stevens?
â Certamente, Miss Kenton. Vi ho proprio sentita chiamare parecchie volte il nome «William». Potrei chiedervi a chi mai vi rivolgevate chiamandolo con quel nome?
â Ebbene, Mr Stevens, direi proprio che mi rivolgevo a vostro padre. In casa non vi sono altri William, che io sappia.
â Si tratta di un errore che puĂČ accadere abbastanza facilmente di fare, â dissi con un beve sorriso. â Potrei chiedervi, in futuro, Miss Kenton, di rivolgervi a mio padre chiamandolo «Mr Stevens»? E se poi vi riferite a lui parlando con una terza persona, allora potreste chiamarlo «Mr Stevens senior», per distinguerlo da me, cosa della quale vi sarei sommamente grato, Miss Kenton.
CiĂČ detto feci ritorno alle mie carte. PerĂČ, con mia sorpresa, Miss Kenton non si congedĂČ. â Vogliate scusarmi, Mr Stevens, â disse un attimo dopo.
â SĂ, Miss Kenton.
â Temo di non avere ben chiaro quel che dite. In passato avevo lâabitudine di rivolgermi ai domestici in sottordine chiamandoli per nome e quindi non ho visto alcun motivo per fare diversamente in questa casa.
â Un errore quantomai comprensibile, Miss Kenton. Tuttavia se aveste la bontĂ di considerare per un momento la situazione, potreste arrivare a vedere quanto sia improprio che qualcuno come voi si rivolga «dallâalto in basso» ad una persona come mio padre.
â Ancora non mi Ăš chiaro dove volete arrivare, Mr Stevens. Voi vi riferite a qualcuno come me, ma per quello che ne so, io sono la governante, in questa casa, mentre vostro padre Ăš il vice-maggiordomo.
â Stando alla carica che ricopre egli Ăš ovviamente il vice-maggiordomo, co...