Primo Levi nasce a Torino il 31 luglio 1919, nella casa di corso re Umberto in cui abiterĂ poi tutta la vita. I suoi antenati sono degli ebrei piemontesi provenienti dalla Spagna e dalla Provenza. Il nonno paterno Ăš un ingegnere civile, quello materno un mercante di stoffe. Il padre Cesare (1878-1942) si era laureato in ingegneria elettrotecnica, aveva a lungo lavorato allâestero, e nel 1917 aveva sposato Ester Luzzati (1895-1991). Era un uomo estroverso, accanito lettore, poco curante delle cose di famiglia.
Primo frequenta il Ginnasio-Liceo DâAzeglio, dove per qualche mese ha come professore di italiano Cesare Pavese. Sono gli anni in cui il liceo Ăš stato epurato dai professori antifascisti (primo fra tutti Augusto Monti) che si distinguevano come grandi formatori di coscienze civili. Alla licenza liceale Ăš rimandato a ottobre in italiano. Nel frattempo si Ăš appassionato alla lettura di testi di divulgazione scientifica dellâepoca, e nel 1937 si iscrive al corso di chimica presso la facoltĂ di Scienze dellâUniversitĂ di Torino. Lâanno seguente vengono promulgate le leggi razziali («costituirono la dimostrazione per assurdo della stupiditĂ del fascismo», dirĂ piĂș tardi Levi), ma continua a vedere i suoi amici, per lo piĂș antifascisti, e si laurea con pieni voti e lode nel 1941. Cerca affannosamente lavoro, perchĂ© la famiglia Ăš in difficoltĂ a seguito della malattia del padre, e ottiene piccoli impieghi in val di Lanzo e poi a Milano, dove frequenta un gruppo di amici torinesi, tra cui lâarchitetto Eugenio Gentili Tedeschi, che rimangono colpiti dalla qualitĂ della sua fantasia, e gli preconizzano un brillante avvenire di scienziato.
Nel 1942 Primo entra nel Partito dâazione clandestino, ed Ăš attivo nella rete di contatti fra i partiti del futuro Cln. Dopo lâ8 settembre si unisce a un gruppo di partigiani operante in Val dâAosta, ma allâalba del 13 dicembre, su delazione, Ăš arrestato sulle pendici del Col di Joux, tra la Val dâAyas e St. Vincent con altri due compagni e, in quanto ebreo, avviato nel campo di concentramento di Carpi-FĂČssoli. Nel febbraio del 1944 il campo viene preso in gestione dai tedeschi, i quali avviano i prigionieri ebrei su un convoglio ferroviario diretto ad Auschwitz. Levi finisce nel Lager annesso alla fabbrica di Monowitz, che fa parte di un vasto sistema di 39 campi. Manovale di una squadra che deve erigere un muro, viene aiutato da un muratore italiano, Lorenzo Perrone, che lavora per unâimpresa spostata dâufficio ad Auschwitz; poi per i suoi precedenti di chimico gli viene affidato un lavoro in un laboratorio. Riesce a non ammalarsi, ma contrae una scarlattina proprio quando nel gennaio 1945 i tedeschi, sotto lâavvicinarsi delle truppe russe, abbandonano il campo, trasferendo (e poi massacrando) i prigionieri, ma lasciando al loro destino i malati che si trovavano nellâinfermeria. Ă la circostanza che gli salva la vita.
Dopo la liberazione a opera dei russi, lavora per qualche mese come infermiere in un campo sovietico di transito. In giugno inizia il viaggio di rimpatrio, che segue un itinerario contorto e assurdo attraverso la Russia bianca, lâUcraina, la Romania, lâUngheria, lâAustria: Ăš lâesperienza che sarĂ raccontata ne La tregua. Approda a Torino il 19 ottobre. Nel 1946 trova lavoro presso una fabbrica di vernici di Avigliana, e scrive febbrilmente alcune poesie «concise e sanguinose» e Se questo Ăš un uomo. Rifiutato da Einaudi con una motivazione generica, il libro, intitolato in origine I sommersi e i salvati, trova accoglienza presso le edizioni De Silva di Franco Antonicelli, ed esce in 2500 copie. SarĂ Antonicelli a cambiare il titolo in Se questo Ăš un uomo, un verso tratto dalla poesia dello stesso autore che figura in epigrafe (anche se a Levi il titolo non piacerĂ molto, perchĂ© troppo simile al vittoriniano Uomini e no).
Il libro ottiene successo soprattutto in un ambito sostanzialmente piemontese, ebraico e di sinistra; vende circa 1500 copie, ma Ăš accolto da buone recensioni. Su «La Stampa», quel fine letterato che Ăš il francesista Arrigo Cajumi avvicina il libro al Sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, come due modi di «leggere» la tragedia che si Ăš appena consumata. Incuriosito dallâaccostamento, Calvino legge a sua volta Se questo Ăš un uomo e gli dedica una nota su «lâUnità » di Torino, di cui Ăš redattore, riconoscendo ad alcune sue pagine «una vera potenza narrativa». Sul «Bollettino della ComunitĂ israelitica di Milano» del maggio-giugno 1948 il giovane germanista Cesare Cases, che diventerĂ uno dei critici piĂș acuti di Levi, scrive che a «differenza di altri libri usciti dalla stessa esperienza qui bisogna parlare di arte».
Nel settembre 1947 Levi sposa Lucia Morpurgo, e in dicembre accetta un posto di chimico di laboratorio presso la Siva, una fabbrica di vernici nei pressi di Settimo Torinese, di cui in pochi anni diverrĂ il direttore. Lâanno seguente nasce la figlia Lisa Lorenza; il figlio Renzo nascerĂ nel 1957. Non si rassegna tuttavia ad abbandonare il libro al suo destino incompiuto, e torna a proporlo a Einaudi, trovando un interlocutore attento in Luciano FoĂ , allora Segretario generale, e futuro fondatore delle edizioni Adelphi.
Il contratto firmato nel luglio 1955 prevede la pubblicazione in una collana semi-economica, la «Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria», ma le difficoltĂ finanziarie che la casa attraversa in quegli anni, con conseguente alleggerimento dei programmi, rimandano la pubblicazione sino al 1958. Se questo Ăš un uomo uscirĂ in 2000 copie nella collana «Saggi» con una sovraccoperta disegnata da Bruno Munari, che con le sue forti righe nere vuole evocare lâoppressione dellâambiente concentrazionario.
Negli anni seguenti il libro viene tradotto in Inghilterra, Stati Uniti, Francia e Germania. Questo risveglio dâinteresse induce Levi (dopo anni di incertezze in cui la sua sicura vocazione di scrittore ha tuttavia modo di sperimentarsi nei primi racconti dâinvenzione tecnico-scientifica) a proseguire il racconto autobiografico interrotto con lâarrivo dellâArmata Rossa ad Auschwitz. Come egli stesso ha ricordato piĂș tardi, il racconto si era intanto affinato oralmente attraverso le repliche che egli ne aveva fatto ai famigliari, agli amici e ai ragazzi delle scuole; a trasferirlo su carta Levi era poi stato affettuosamente incoraggiato, nel dicembre 1961, dallâamico Alessandro Galante Garrone.
Nasce La tregua, che esce da Einaudi nellâaprile 1963, ottiene ottime accoglienze critiche, un buon piazzamento al Premio Strega di quellâanno, e in settembre vince la prima edizione del Premio Campiello. Il successo del libro segna anche lâinizio della progressiva fortuna di Se questo Ăš un uomo, che da allora conoscerĂ una ininterrotta serie di ristampe, sino a diventare uno dei libri piĂș letti del dopoguerra.
Da qualche anno, anche per lâincoraggiamento di Italo Calvino, Levi ha ripreso a scrivere racconti, pubblicati per lo piĂș sul quotidiano «Il Giorno» e sul settimanale «Il Mondo»: li raccoglierĂ in volume nel 1966, con lo pseudonimo di Damiano Malabaila, e con «risvolto» che Ăš una dichiarazione di intenti tale da consentire una facile identificazione dellâautore. Intanto cura con Pieralberto MarchĂ© una versione teatrale di Se questo Ăš un uomo, che ricalca una versione radiofonica del 1963, e che verrĂ messa in scena dal Teatro Stabile di Torino.
Nel 1971 Levi raccoglie sempre presso Einaudi una seconda serie di racconti, Vizio di forma, questa volta con il suo vero nome. Compie ripetuti viaggi di lavoro, specie in Unione Sovietica, e matura lâidea di raccontare le esperienze umane e professionali dei tecnici specializzati in giro per il mondo: il libro che poi diventerĂ La chiave a stella. Nel 1975 decide di pensionarsi: lascia la Siva e si dedica a tempo pieno al lavoro di scrittore. Pubblica Il sistema periodico, originale serie di racconti di taglio autobiografico, ognuno legato ad un elemento chimico; e intanto fa uscire da Scheiwiller un volumetto di poesie dal titolo LâOsteria di Brema.
Nel 1978 esce La chiave a stella, che in luglio vince il Premio Strega. Quando due anni dopo verrĂ tradotto in francese, il grande etnologo Claude LĂ©vi-Strauss scriverĂ : «lâho letto con estremo piacere perchĂ© non vâĂš nulla che mi piaccia quanto lâascoltare i discorsi di lavoro. Sotto questo profilo Primo Levi Ăš una sorta di grande etnografo. Inoltre il libro Ăš davvero divertente».
Nel 1981, su idea di Giulio Bollati, prepara per Einaudi una antologia personale, La ricerca delle radici. Ritrova fra le sue carte alcune annotazioni relative a un gruppo di ebrei russi che avevano dato vita a una banda partigiana e con le armi in pugno avevano attraversato lâEuropa per approdare provvisoriamente in Italia. Decide di dar forma romanzesca alla vicenda, affrontando cosĂ la prova della narrativa pura, e si documenta accuratamente per un anno. Sempre nel 1981 esce una terza raccolta di racconti, LilĂt.
Nel 1982 pubblica Se non ora, quando?, che ottiene immediato successo, vince in giugno il Premio Viareggio e in settembre il Premio Campiello. Visita Auschwitz con profonda emozione e in autunno, quando Israele invade il Libano, prende posizione contro i massacri nei campi palestinesi di Sabra e Chatila: «Neppure una guerra giustifica la protervia sanguinosa che Begin e i suoi hanno dimostrato». Su invito di Giulio Einaudi, inizia la traduzione del Processo di Kafka per la collana «Scrittori tradotti da scrittori»: questo lavoro uscirĂ nellâaprile 1983. Ă lâincontro con uno scrittore che Levi sente profondamente diverso, e con un libro «crudele», «patogeno»; ma riconoscerĂ come quella difficile esperienza gli sia riuscita comunque fruttuosa.
Nel giugno 1984 incontra a Torino il fisico Tullio Regge: la loro conversazione Ăš pubblicata in dicembre dalle Edizioni di ComunitĂ con il titolo Dialogo. In ottobre, pubblica da Garzanti la raccolta di poesie Ad ora incerta, che comprende anche alcune traduzioni: «Sono un uomo che crede poco alla poesia e tuttavia la pratica⊠Adorno ha scritto che dopo Auschwitz non si puĂČ piĂș fare poesia, ma la mia esperienza Ăš stata opposta. Allora (1945-46) mi sembrĂČ che la poesia fosse piĂș idonea della prosa per esprimere quello che mi pesava dentro. Dicendo poesia, non penso a niente di lirico. In quegli anni, semmai, avrei riformulato le parole di Adorno: dopo Auschwitz non si puĂČ piĂș fare poesia se non su Auschwitz».
In novembre, lâedizione americana del Sistema periodico riceve accoglienze entusiastiche. Particolare risonanza assume il giudizio di Saul Bellow: «Siamo sempre alla ricerca del libro necessario. Dopo poche pagine mi immergevo nel Sistema periodico con piacere e gratitudine. Nulla vi Ăš di superfluo, tutto in questo libro Ăš essenziale». Il consenso di Bellow, e di altri critici americani, promuove una lunga serie di traduzioni dei libri di Levi in vari paesi.
Nel 1985 raccoglie nel volume Lâaltrui mestiere una cinquantina di scritti saggistici che, come ha scritto Italo Calvino recensendolo su «la Repubblica» del 6 marzo, «rispondono alla sua vena di enciclopedista delle curiositĂ agili e minuziose e di moralista dâuna morale che parte sempre dallâosservazione». In aprile, viaggia negli Stati Uniti per una serie di incontri e conferenze, anche in occasione della traduzione di Se non ora, quando?
Nellâaprile 1986 pubblica I sommersi e i salvati, vera summa delle riflessioni nate dallâesperienza del Lager, che toccano i nodi piĂș profondi della responsabilitĂ morale dellâuomo, anche al di lĂ dellâesperienza della deportazione e dello sterminio: il funzionamento della memoria, la «microfisica» del potere, e la definizione della «zona grigia» della collaborazione. In settembre, riceve a Torino la visita dello scrittore americano Philip Roth, con cui ha concordato una lunga intervista che apparirĂ su «The New York Review of Books» e sarĂ poi ripresa da «La Stampa».
Allâinizio del 1987 interviene nella polemica sul cosiddetto «revisionismo storico», che tende a ridimensionare le colpe del nazismo. Subisce unâoperazione chirurgica, mentre escono le edizioni francese e tedesca del Sistema periodico. Lâ11 aprile muore suicida nella sua casa di Torino.
Le Opere complete di Primo Levi sono ora disponibili in due tomi della «Nuova Universale Einaudi», a cura di M. Belpoliti, introduzione di D. Del Giudice, cronologia di E. Ferrero. Particolarmente nutrita (quasi 500 pp.) la sezione degli scritti dispersi, per la prima volta raccolti in volume e le note ai testi. Alle Opere andranno aggiunti lâantologia personale La ricerca delle radici (1981), il volume di Conversazioni e interviste 1963-1987, a cura di M. Belpoliti («Struzzi» Einaudi, Torino 1997), il Dialogo con il fisico T. Regge (Edizioni di ComunitĂ , Milano 1984; Einaudi, Torino 1987 e Mondadori, Milano 1995) e F. Camon, Autoritratto di Primo Levi (Garzanti, Milano 1987; Guanda, Parma 1997).
La fortuna critica.
Domenico Starnone, che si Ăš occupato a piĂș riprese di Levi, si sofferma sullâamabile curiositĂ di Levi, che con dichiarato dilettantismo ha finito in genere «per produrre cose â lui chimico â da fare invidia a tanti tecnici della letteratura», come La chiave a stella.
Alla fine Levi ci sembra un nonno ideale [âŠ], di quelli che sanno rispondere a un bel mucchio di perchĂ© e sempre con belle informazioni che sollecitano la fantasia, ma senza mai inzuccherare e nemmeno facendo lâallegrone per comunicare alla fin fine stucchevoli ottimismi della ragione. Basta leggere a questo proposito come scrive, in Notizie dal cielo, di ciĂČ che si sa di nuovo dellâuniverso, non piĂș domestico: intricato, imprevisto, violento. O di quellâaltra sua passione da dilettante che Ăš la natura: soprattutto il modo di accostarsi al mondo degli insetti: bellissimi e mostruosi (si vedano «pezzi» come Romanzi dettati dai grilli, Il salto della pulce, Le farfalle, Paura dei ragni). Ă il modo buono per scavalcare steccati, quello che offre Levi: lingua secca, precisa, in familiaritĂ con lâunivocitĂ del linguaggio scientifico, sia con lâindeterminatezza ricca di vibrazioni della letteratura. Il meglio naturalmente Ăš godibile nei percorsi che costeggiano, sfiorano o affondano nelle competenze del chimico, letterariamente rimpastate [âŠ] E infine i brani in cui ora raccontando ora riflettendo viene fuori una densa documentazione di una costruita â assiduamente costruita â contiguitĂ tra forme mentali e linguaggi ritenuti distanti1.
Sullâevoluzione scrittoria di Levi si sofferma Michele Rago2: quello che poteva restare lo scrittore di un solo libro si Ăš via via arricchito, «ha assimilato altri motivi, ha trasformato altre esperienze in linguaggio addentrandosi nei labirinti delle parole che dai fatti possono essere riverberate o proiettate in forma narrativa». Questi scritti, vari per argomenti, occasioni e umori, finiscono per comporre «un libro unitario. Lâimpressione Ăš d...