Negli anni, i media di massa mi hanno dipinto in molti modi. Alla stregua di un incantatore (uno di quegli spin doctor che plasmano lâopinione pubblica e spostano milioni di voti), come un agitatore del web, come la terza carica nel Movimento 5 Stelle dopo Grillo e Casaleggio, come un «portasilenzi» (Marco Travaglio) e persino come un «uomo dalle mille identità » (come ebbe a dire Aldo Grasso sul «Corriere della Sera»).
Gli articoli su di me si sono sprecati.
Il «Corriere», ad esempio, scrisse che al Quirinale esisteva un dossier segreto, un faldone «gonfio di pagine» di «materiale sensibile» su Byoblu, insinuando che fossi un troll russo. Ovviamente si trattava di panzane, grossolane e inverosimili, volte a screditare il mio lavoro di giornalista indipendente.
Non lâho mai presa sul personale: si tratta di propaganda. Sono i trucchi del mestiere. Prendi un personaggio scomodo, che sta crescendo troppo, e tenti di demolirlo associandolo viziosamente a un contesto che insinua senza affermare, in modo da non essere querelabile. Chi lo conosce e lo apprezza non cambierĂ idea, ma tutti gli altri verranno influenzati dal titolo e svilupperanno diffidenza. In questo modo otterrai di frenare la crescita di posizioni o temi che non devono diventare troppo ingombranti nel dibattito pubblico. Si tratta di tecniche ben collaudate di ingegneria sociale e vengono abitualmente utilizzate dal giornalismo mainstream, che Ăš passato dal fare il cane da guardia che controlla il potere al fare il mastino che protegge il sistema. La macchina del fango non si attiva a caso: i direttori dei grandi quotidiani ricevono dagli spin doctor un ordine chiaro, screditare e distruggere qualcuno. Talvolta lâordine arriva direttamente ai giornalisti, se sono fedeli e affidabili come solo chi ha fatto carriera grazie a queste qualitĂ sa essere. NĂ© da âbersaglioâ, nĂ© da giornalista. Non sono un cane da riporto. Non sono interessato alla carriera. Quello che faccio, lo faccio per passione e credo nellâenergia dellâentusiasmo. Non sono un feticista dei curricula e non pianifico nulla nel lungo termine. Inoltre, non essendo un commerciale abile nella vendita, non riesco a sostenere tesi in cui non credo o argomenti che non condivido. La veritĂ e la coerenza personali vengono prima di tutto. Non so se chiamarla etica, che Ăš un parolone. Forse si tratta di unâallergia allâinganno. So solo che, col tempo, ripaga. Sempre.
Evidentemente non siamo in tanti a pensarla cosĂŹ, stante il fatto che negli anni hanno tentato di cucirmi addosso diverse etichette e di inserirmi in un preciso frame: lâinfluencer di Grillo, lâombra grigia in difesa del âfortino di Casaleggioâ e via discorrendo. Forse si trattava anche semplicemente del fatto che ai giornalisti insegnano a pensare secondo categorie e clichĂ©: se riescono a infilarti in una delle loro scatole hanno chiuso il pezzo. Poco importa se tu con quella scatola non hai nulla a che fare.
Ma la macchina del fango non viene attuata solo dal sistema, gli attacchi piĂč feroci negli anni sono arrivati da quelli che avrebbero dovuto combattere la battaglia insieme a me. Ed Ăš cosĂŹ che ti trovi a difenderti dai tuoi stessi âamiciâ, che allâepoca erano i gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle, portando alla luce un clima di veleni e sospetti che sempre accompagnano i processi democratici, come unâombra dalla quale non ti puoi liberare e di cui magari parleremo piĂč avanti.
Rino Formica, cinque volte ministro, ha detto che «la politica Ăš sangue e merda», intendendo che «la politica Ăš per gli uomini il terreno di scontro piĂč duro e piĂč spietato. Si dice che su questo campo ha ragione chi vince, e sa allargare e consolidare il consenso, e che le ingiustizie fanno parte del grande capitolo dei rischi prevedibili e calcolabili». Rino Formica aveva ragione. Infatti quel tipo di politica non fa per me, che non ho vinto perchĂ© non volevo giocare nessuna partita.
Che uno scriva per passione, che ci sia qualcuno che certo non disdegna il benessere economico ma che non lo mette al centro di ogni sua azione, che uno sia seguito perchĂ© si vede che quantomeno Ăš onesto intellettualmente, tutto ciĂČ Ăš talmente lontano da un certo modo di intendere lâinformazione (nel suo abbraccio mortale con la propaganda) che nessuno riesce neppure a immaginarlo. E allora chi sfugge a questa logica si fa comprensibilmente âmisteriosoâ. Lâesercizio del pensiero critico Ăš ipocritamente incoraggiato, mentre in realtĂ Ăš una minaccia per tutti.
Ed Ăš per questo che ho deciso di mettere nero su bianco un pezzo della mia storia. CosĂŹ alla fine del libro avrete un altro tassello del puzzle, forse utile a decifrare gli ultimi quindici anni della storia politica di questo Paese, di sicuro utile a me per spiegarvi chi sono e cosa ho fatto e lasciare una traccia scritta, questa volta indelebile.
Come sanno bene i gamberi, prima di proseguire dobbiamo perĂČ fare un passo indietro. Per entrare nel cuore dellâargomento devo raccontarvi qualcosa di me e di come sono entrato nel mondo della comunicazione e della politica, riavvolgendo il nastro a circa quattordici anni faâŠ
Erano i tempi in cui YouTube veniva usato per pubblicare video di gattini o i filmini del cane che scodinzola in giardino. Erano girati con telefonini che avevano la risoluzione di un francobollo, la fluiditĂ scattosa di 15 fotogrammi al secondo, la sensibilitĂ alla luce di una talpa e la capacitĂ di mettere a fuoco di un paio di occhiali appoggiati sulla vaschetta del sapone in una doccia piena di vapore.
Oggi abbiamo dispositivi mobili che filmano meglio delle migliori videocamere prosumer dellâepoca, hanno una memoria pressochĂ© illimitata, si collegano a radiomicrofoni direzionali che registrano il timbro della voce isolando i rumori esterni, consentono di fare dirette in pochi semplici passaggi e fanno editing video anche complessi, inviando tutto in rete, nel giro di pochi minuti. Ma solo quattordici anni fa era pura fantascienza. E ventâanni fa, per fare quello che oggi fa un qualunque youtuber con un computer da millecinquecento euro, dovevi lavorare in una televisione, con attrezzature che potevano costare diverse centinaia di milioni di lire, quando non un miliardo.
In quegli anni la politica era una riserva indiana, in cui perĂČ, invece dei nativi americani, albergavano solo professionisti di alto livello, ricchi, potenti o aristocratici: i cittadini non avevano alcuna possibilitĂ di entrare nei Palazzi e incidere nel dibattito pubblico.
Poi arrivĂČ Grillo che, stravolgendo le regole, mostrĂČ al popolo che era possibile âandare allâassalto della Bastigliaâ. Prendendo spunto da quanto stava avvenendo negli Stati Uniti, intraprese questa avventura grazie allâausilio di uno strumento popolare che fino a quel momento era stato utilizzato solo per lâintrattenimento: YouTube, appunto.
Come ben sappiamo, alle spalle di Grillo câera Gianroberto Casaleggio, il quale aveva un progetto e una visione ben precisi. Casaleggio aveva incontrato Grillo nei camerini di un teatro, dopo uno dei suoi spettacoli. Fu grazie a quellâincontro che i computer, da oggetto di scena da fracassare sul palco, diventarono per Grillo un prezioso alleato per incidere nel mondo della cultura, per lanciare una nuova forma di attivismo e per fare politica.
La prima versione del Movimento 5 Stelle nacque per favorire un rinascimento culturale, per condividere la conoscenza e per sostenere la libertĂ di espressione, sfruttando al meglio le potenzialitĂ che Internet poteva esprimere per soddisfare le pulsioni della polis, cioĂš per sostenere lâimpegno politico dei cittadini.
Grillo â che era stato cacciato dalla RAI per una battuta su Bettino Craxi â riempiva tendoni e palazzetti dello sport svelando fatti e arcani cui lâopinione pubblica non poteva accedere tanto facilmente. Sospinto da Casaleggio, aveva poi aperto un canale YouTube nel quale faceva controcultura, denunciava le malefatte della politica e magnificava la rete come paradiso della conoscenza condivisa.
Aveva spalancato un portone. Centinaia, poi migliaia, poi centinaia di migliaia di cittadini riscoprivano la libertĂ di pensiero e di parola, imparavano quali erano i loro diritti costituzionali, ascoltavano finalmente intellettuali e riflessioni che mai le televisioni avrebbero osato trasmettere.
Sotto la spinta dellâentusiasmo, facilitato dalla passione per la tecnologia, dallâamore per la scrittura e dallâinnata spinta creativa, iniziai anche io a fare video.
Allora ero un perfetto sconosciuto che si era aperto un blog. E, siccome facevo lâinformatico, non mi ero appoggiato a nessuna delle piattaforme allora disponibili, come WordPress o Blogger: la mia piattaforma digitale me lâero interamente progettata da zero, in soli tre giorni.
Mi procurai i software e le attrezzature che la preistoria della multimedialitĂ metteva a disposizione, ricavai improbabili angolazioni per inquadrature di straforo, in precario equilibrio tra stendipanni coperti di lenzuola e montagne di biancheria da stirare, e fu cosĂŹ, con lo pseudonimo di Byoblu, che iniziai a parlare al mondo.
Spesso mi domandano: «Perché Byoblu?».
Non sempre rispondo, nella ferma convinzione che talvolta il mistero risulti piĂč affascinante della banale veritĂ . Tuttavia, in questa occasione farĂČ unâeccezione.
Non era una notte buia e tempestosa e fuori non tirava un vento gelido e sferzante. Non vidi un angelo in sogno ad annunciarmi una missione divina, e neppure ritrovai un antico manoscritto sotto la pavimentazione di un tempio nascosto nella giungla.
Doveva essere allâincirca il 2001 o il 2002, e ricordo bene la finestrella di un servizio di chat della Wind con il suo cursore lampeggiante a guardarmi con aria interrogativa. Mi implorava di decidermi, perchĂ© a lei serviva un nome utente: una di quelle combinazioni di caratteri da inventare per andare oltre e proseguire con la schermata successiva.
Se avessi saputo che un giorno sarebbe diventata il nome del piĂč grande esperimento di informazione nato dal basso, dai cittadini per i cittadini, in Italia e forse addirittura nel mondo intero, magari ci avrei pensato meglio.
Se solo avessi immaginato che milioni di persone, ventâanni dopo, avrebbero digitato quotidianamente quella sequenza di caratteri, alla ricerca di una possibile risposta ai loro interrogativi, e che intorno a quelle sei lettere sarebbe nata una testata giornalistica con applicazioni su tutti i dispositivi, con un canale YouTube che prima di essere chiuso contava 525 mila iscritti in costante ascesa e 200 milioni di visualizzazioni video, con una televisione sul digitale terrestre che va in onda su un canale nazionale (acquistato dai cittadini), con una casa editrice che sta riscrivendo tutte le leggi del mercato e probabilmente, a breve, un sito di commercio elettronico per i prodotti italiani che possa fornire unâalternativa a quello dominato dai colossi digitali, beâ⊠se avessi saputo tutto questo, allora probabilmente mi sarei sforzato di piĂč. Mi sarei chiamato, che ne so⊠InformazioneLibera, QuintoPotere, LaMarciaTrionfaleDelleNews o altre amenitĂ simili. Non certamente Byoblu, con quella vaga assonanza con i nomi dei detersivi e quella ipsilon eccentrica che mi fa sempre perdere ore a spiegare alle centraliniste come si scrive il mio indirizzo e-mail.
Invece, un poâ distrattamente, misi insieme il principio della vita, âbioâ (non chiedetemi perchĂ© io lâabbia scritto con la ipsilon, ma doveva sembrarmi in qualche modo piĂč colto) e il mio colore preferito: il blu.
Ho sempre amato il blu, al punto che avevo unâintera parete in salotto (una sola, le altre erano bianche) di quella tonalitĂ che assume il cielo quando digrada dolcemente, e un poâ misteriosamente, fino a sprofondare nella notte. Quel tipo di blu che oggi si trova un poâ ovunque⊠su Byoblu.
Come se non bastasse, dovendo registrare un nome di dominio dove pubblicare le mie cose (fidanzate, viaggi, poesie, fotoâŠ), ci aggiunsi un âpuntocomâ e ne feci un sito web.
Ecco, adesso che lo sapete dimenticatelo e mettiamoci dâaccordo su una versione dei fatti un poâ piĂč elegante.
Gianroberto Casaleggio era da poco uscito da quel camerino dove aveva incontrato Beppe Grillo, che appunto nei teatri spaccava i computer, per spiegargli che di silicio e microprocessori si poteva fare un uso piĂč intelligente.
La narrazione costruita da Grillo nei suoi spettacoli si rivelava adatta allâesperimento sociale immaginato da Casaleggio, che aveva scelto il comico genovese come icona e portavoce del suo nascente movimento, utilizzando la sua visibilitĂ e rilanciando le sue provocazioni attraverso un nuovo blog. Da quellâincontro in un camerino era nato il blog di Beppe Grillo. Allâepoca non tutti sapevano cosâera un blog. Câerano i siti delle testate giornalistiche, e poi câerano i blog, contrazione di weblog, ovvero diario in rete. In Italia non erano ancora molto diffusi, e certamente in pochi li usavano per fare politica. Casaleggio era un attento conoscitore delle dinamiche che, negli USA, precedevano di almeno ventâanni quel che poi sarebbe arrivato anche in Italia. E cosĂŹ realizzĂČ qualcosa di unico, che presto scalĂČ le vette delle classifiche dei siti piĂč visitati. Certamente in Italia il blog di Beppe Grillo era quello piĂč visitato in assoluto, ma anche a livello internazionale si posizionava molto bene. Ne esistevano tre versioni: oltre a quella in italiano, câera la versione in inglese e perfino una versione in giapponese. Il blog si accompagnava inseparabilmente allâomonimo canale YouTube. Da lĂŹ ai V-Day il passo fu breve: le oceaniche manifestazioni di piazza dove milioni di persone confluivano, spinte dal desiderio di cambiare il mondo, stavano per arrivare. Prima a Bologna, poi a Torino.
Da irresistibile comico, Grillo si sarebbe trasformato nello Spartaco della politica. Tuttavia, lâideologo e lo spin doctor era solo ed esclusivamente Gianroberto Casaleggio. La sua visione cristallina del futuro avrebbe portato di lĂŹ a poco alla cosmogenesi del M5S.
Il commento e la critica della cronaca politica tutto dâun tratto non erano piĂč riservati esclusivamente ai deputati, ai grandi imprenditori o agli opinionisti ingessati dei salotti televisivi. Casaleggio, attraverso i commenti su YouTube e quelli sul blog, stava infatti restituendo ai cittadini un ruolo cui da tempo avevano abdicato. E non finiva lĂŹ: non solo nasceva nel popolo una rinnovata spinta alla partecipazione politica, dopo decenni di disillusione, ma veniva proposta addirittura una nuova forma di governo, assistita dalla rivoluzione digitale: la democrazia diretta. Era dai tempi della democrazia ateniese che non si viveva questo entusiasmo.
Se utilizzati bene, Internet e i computer potevano essere portatori di una nuova era di libertĂ e trasformazione. Un esperimento di questa portata non era mai stato tentato in nessuna parte del mondo.
Io di politica nella mia vita non mi ero mai interessato. Avevo fatto il liceo scientifico, studiato un poâ di ingegneria, un poâ di psicologia e un bel poâ di informatica. Poi avevo fatto il musicista, scritto canzoni, vinto concorsi, poi avevo fatto il team leader di progetti interbancari, lâinsegnante di tecnologie web ai dipendenti delle compagnie di assicurazione, il direttore di...