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Che cosâĂš il populismo
Populismo? «Una delle parole piĂč confuse del vocabolario della politologia», «un termine eccezionalmente vago», spiegava la professoressa di teoria della politica Margaret Canovan nel 1981. Una quantitĂ enorme di libri, articoli scientifici, seminari e convegni Ăš stata dedicata a questo concetto, e ancora di piĂč negli ultimi venti o trentâanni. Politologi, storici, sociologi, antropologi o psicologi hanno proposto molteplici definizioni, spesso contrastanti fra loro e dunque fonte di polemiche. Ma almeno su una cosa tutti concordano, ed Ăš precisamente la difficoltĂ di trovare un approccio comune e consensuale al concetto di populismo, al punto che certi ricercatori arrivano a proporre di non usare questo termine. Una soluzione di una facilitĂ inaccettabile, perchĂ© in questo caso bisognerebbe scartare quasi tutti i sostantivi politici, con la scusa che Ăš impossibile precisarne il significato: socialismo, comunismo, fascismo, totalitarismo e perfino democrazia.
GiĂ nel 1967, in una conferenza alla London School of Economics dedicata al populismo, che diede origine a una pubblicazione importante, Isaiah Berlin metteva in guardia contro il «complesso di Cenerentola»: «Esiste una scarpetta â la parola populismo â per la quale esiste da qualche parte un piede. Si adatta a piedi di tutti i tipi, ma non bisogna farsi ingannare da quei piedi che si adattano piĂč o meno bene». Il ricercatore, suggeriva, assomiglia al principe della fiaba, che cerca il piede che calza alla perfezione in quella scarpetta: allora, e soltanto allora, avrĂ trovato un caso di «populismo puro». La lezione Ăš chiara: identificare lâessenza del populismo Ăš unâoperazione illusoria e vana. Niente di strano, dunque, che numerosi ricercatori facciano riferimento a questa metafora. Ma facciamo caso al seguito della frase di Berlin, che spiegava come non bisognasse neppure imboccare unâaltra via diametralmente opposta, cioĂš presupporre che «la parola populismo sia un semplice omonimo» e che esista, pertanto, una moltitudine di movimenti a cui puĂČ essere accollato, anche se non hanno quasi nulla in comune. Berlin, partendo dalla considerazione che una parola molto utilizzata doveva per forza descrivere una realtĂ , proponeva un metodo piuttosto semplice e concreto: stabilire un elenco di punti riconducibili al sostantivo âpopulismoâ e poi segnalare le sfumature o le variazioni rispetto a quella base comune.
Ă la scelta che facciamo noi: circoscrivere in qualche modo il fenomeno populista nella sua complessitĂ , e alcune delle sue declinazioni in Francia e in Italia. Non ci dedicheremo quindi allâesercizio correntemente designato con lâespressione âlo stato dellâarteâ, consistente nel presentare in maniera critica e piĂč esaustiva possibile tutto ciĂČ che Ăš stato scritto sullâargomento: Ăš stato fatto e continua a essere fatto da molti autori, spesso con grande talento. Il nostro intento Ăš collocarci in relazione con lâinsieme di questa vasta produzione e proporre una definizione operativa, per comprendere ciĂČ che cattura la nostra attenzione: da una parte, lo sviluppo di movimenti politici che pretendono di incarnare il popolo sovrano e denunciano le Ă©lite al potere; dallâaltra, la mutazione sostanziale del modo di concepire e fare politica determinata dallâesistenza di questi movimenti, ma anche da altri fattori. Questo ci porta a lasciare deliberatamente da parte numerosi aspetti dellâargomento, come i regimi populisti esistiti in passato â per esempio il peronismo in Argentina â o quelli che si sono affermati ai nostri giorni nel cuore dellâEuropa, in Ungheria e in Polonia, e le loro politiche.
Stabilire la genealogia del populismo Ăš possibile. Ă un fenomeno che ha una lunga storia, cominciata in Russia alla fine del XIX secolo: il narodniÄestvo, oggi tradotto con «populismo», designa quel movimento di una parte dellâintellighenzia che vuole andare incontro ai contadini per educarli e liberare le loro energie, in un momento in cui la Russia vive sotto il regime autoritario zarista, contestato da alcuni gruppi urbani, e nelle campagne si vivono tensioni forti e violente dal momento dellâabolizione effettiva della servitĂč della gleba, nel 1861. Gli intellettuali, spesso caratterizzati da unâimpronta religiosa, ritengono che i contadini siano i depositari dellâanima russa, in particolare per le loro forme di organizzazione economica e sociale, e abbiano in mano lâavvenire della nazione. Il bruciante smacco subito dai populisti, a causa della repressione zarista e dellâincomprensione, o addirittura il rigetto, dei contadini di fronte a questi missionari venuti dalla cittĂ , provocherĂ una spaccatura tra slavofili e occidentalisti, adepti della violenza terroristica e fautori di una sorta di riformismo. Il populismo, che scomparirĂ in quanto corrente politica lasciandosi dietro una certa ereditĂ culturale e politica, non si caratterizzava per unâideologia precisa: rappresentava una sorta di utopia romantica, nazionale, ruralista, comunitarista e socialisteggiante.
Alla fine del XIX secolo, in Francia, la Terza Repubblica compie i suoi primi passi, resta traumatizzata dallâepisodio della Comune di Parigi e a partire dal 1885 conosce una depressione economica. Dal 1887 al 1889, il generale Georges Boulanger, estremamente popolare presso la media borghesia e alcuni strati popolari delle grandi cittĂ , si ripropone di impadronirsi del potere in nome del popolo, abbattere lâ«oligarchia» al governo e cambiare un regime politico parlamentare di cui denuncia la corruzione e lâinefficacia. Nella stessa epoca comincia a delinearsi una vasta corrente antisemita, che esalta il popolo francese, accusa gli ebrei di tutti i mali e si scaglia contro la Repubblica laica: giocano un ruolo fondamentale in questo Ădouard Drumont e la Lega antisemita, una formazione politica che incontra scarso successo, ma le cui tematiche si diffondono ad ampio raggio nel paese. Torneremo piĂč avanti su questa prima fiammata populista francese.
Negli Stati Uniti, una prima forma di populismo si ha con la presidenza di Andrew Jackson, dal 1829 al 1837, ma il fenomeno spicca realmente il volo solo alla fine del XIX secolo, con gli agricoltori del Midwest e del Sud che denunciano le condizioni economiche sfavorevoli che vengono loro imposte (prezzi troppo bassi dei prodotti agricoli e tariffe troppo elevate delle ferrovie, dominate dai trust), creano loro associazioni, formulano delle rivendicazioni e propongono perfino una modifica delle istituzioni politiche. Nel 1891 si forma il Partito del popolo, che si scaglia alla rinfusa contro i trust, le Ă©lite, gli ebrei, idealizzando il mondo agrario di fronte ai progressi della modernizzazione e dellâurbanizzazione. William Jennings Bryan Ăš lâoratore trascinante, che parla in nome dellââuomo comuneâ. Quel partito fallisce, ma conosce una seconda giovinezza negli anni Venti e Trenta del XX secolo, con il senatore della Louisiana Huey Pierce Long. Long si presenta come il difensore della gente comune contro i pezzi grossi e il capitale, ma viene assassinato nel 1935. Uno dei suoi sostenitori, padre Coughlin, raccoglie il testimone e imprime una piega antisemita e fascistizzante alla sua stigmatizzazione del capitalismo, del socialismo, dei ricchi e delle Ă©lite. PiĂč tardi, durante la guerra fredda, Joseph McCarthy inventa un altro tipo di populismo, anticomunista prima di ogni altra cosa, ma anche ostile alle Ă©lite intellettuali, artistiche e amministrative, a suo dire infiltrate dai rossi.
I narodniki russi, il boulangismo e lâantisemitismo in Francia e il Partito del popolo in America rappresentano dei âpopulismi fondatoriâ. Da un lato, hanno dei punti in comune, in particolare una sacralizzazione del popolo, chiamato a rifondare una nazione la cui essenza e integritĂ sarebbero minacciate dai dirigenti in carica e piĂč in generale dallâinsieme della classe dominante, che devâessere denigrata e cacciata. Anche lâantisemitismo Ăš spesso presente, a volte con un ruolo centrale e a volte in forma piĂč periferica. Dallâaltro lato, le differenze sono moltissime, per via delle specificitĂ politiche, economiche, sociali e culturali dei paesi in cui nascono. Tuttavia, questi quattro populismi rappresentano anche delle matrici, da cui si dirameranno, in Russia, in Francia e negli Stati Uniti, diversi populismi, ciascuno con caratteristiche proprie pur riproducendo alcuni elementi delle sue filiazioni originarie. Ancor di piĂč, presentano delle caratteristiche che travalicano le frontiere, circolano, vengono trasferite e adattate alle realtĂ specifiche di ogni paese, contribuendo a forgiare altre sperimentazioni populiste. Il populismo russo, per esempio, inaugura una prassi specifica, quella degli intellettuali che si sforzano di andare incontro al popolo, e dĂ inizio al culto nostalgico di unâetĂ dellâoro di fronte alle onde alte della modernizzazione, due tratti destinati a riprodursi in epoche successive. Il populismo boulangista si organizza intorno alla figura dellâuomo della provvidenza, il leader carismatico che fa leva su una mobilitazione delle masse che convoglia una potente carica emotiva, ambivalente in politica perchĂ© fustiga il Parlamento e invoca uno Stato forte, ma esige anche misure sociali: la sua discendenza Ăš numerosa. Il populismo antisemita apre la strada a quelle forme di incensamento di un popolo la cui presunta purezza esige lâesclusione di persone o gruppi presentati come allogeni, celebrando la sua unione: si rivelerĂ ben presto prolifico, con la xenofobia e il razzismo. Il populismo americano, radicato soprattutto fra i piccoli coltivatori, unisce la presenza di leader con lâembrione di unâorganizzazione di partito vera e propria, critica la classe dirigente ma si muove nel quadro delle istituzioni: molti partiti populisti seguiranno una linea dâazione analoga, fino ai nostri giorni.
Infine, il populismo Ăš comparso e compare sempre in periodi di forti incertezze, momenti traumatici, fasi di crisi. Crisi economiche e sociali, con le loro conseguenze in termini di miseria, angoscia, radicalizzazione allâinterno dei gruppi vulnerabili e in sofferenza. Crisi culturali, quando cambiamenti dei comportamenti e dei valori sconvolgono le abitudini, le usanze e i costumi. E infine crisi politiche. Crisi politiche che rientrano nellâambito dellâeccezionale, dellâinatteso, dellâimprevisto, dellâinedito, e che vedono i governati contestare la legittimitĂ dei governanti, perchĂ© non si sentono piĂč rappresentati da loro e perchĂ© appaiono loro troppo distanti dai loro problemi e preoccupazioni, e anche dai loro modi di essere. In queste condizioni, la confusione si diffonde alla velocitĂ della luce: le regole e le norme in vigore sono rimesse in discussione, le istituzioni girano a vuoto, gli attori tradizionali non svolgono piĂč il loro ruolo, lâinsieme degli accordi esplicitamente o implicitamente suggellati tra le diverse componenti della politica e della societĂ , e che assicura la stabilitĂ dellâordine politico, si sgretola, lâaspirazione al cambiamento non Ăš piĂč incanalata dalle abituali procedure di mediazione, le relazioni tra i gruppi sociali si modificano in modo significativo, le rappresentazioni e le concezioni dellâorganizzazione della politica e della societĂ si metamorfizzano, le mobilitazioni collettive si concatenano e in generale gli estremismi acquisiscono forza. La crisi, le crisi si dispiegano nel quadro del sistema politico esistente, o allâinverso fanno vacillare lâintegralitĂ del sistema politico. In questâultimo caso, sono piĂč o meno intense (e talvolta violente), soprattutto perchĂ© gli âimprenditori di crisiâ hanno bisogno di decretare a voce alta e forte lo stato di crisi denunciando tutte le disfunzioni che ne sarebbero allâorigine, e ingigantendone i tratti: contano in questo modo di ricavarne un profitto presentandosi come i soli soggetti in grado di risolvere la crisi di cui loro stessi sono agenti attivi e propagatori. Ă esattamente quello che fanno i populisti, che sono contemporaneamen...