III.
Poliziotti e prefetti dallâuno allâaltro regime.
Alcune storie esemplari
Lâepurazione avrebbe dovuto essere piĂč rigorosa che altrove nel comparto della pubblica sicurezza. Essa, perĂČ, non fu mai concepita come parte di una ristrutturazione democratica della polizia, ma invece come accertamento di grave responsabilitĂ di rilevanza penale di singoli. La conseguenza piĂč significativa di questo atteggiamento non fu tanto la mancata condanna dei singoli che si erano macchiati di crimini e misfatti, ma piuttosto la continuitĂ degli uomini e dellâistituzione.
Donatella della Porta, Herbert Reiter, Polizia e protesta. Lâordine pubblico dalla Liberazione ai «no global» (2003)
Risalgo alla strage di piazza Fontana perchĂ© la degenerazione del nostro sistema democratico Ăš cominciata da lĂŹ, cioĂš dal momento in cui un arcanum, nel senso piĂč appropriato del termine, Ăš entrato imprevisto e imprevedibile, nella nostra vita collettiva, lâha sconvolta ed Ăš stato seguito da altri episodi non meno gravi rimasti altrettanto oscuri. La degenerazione del nostro sistema democratico Ăš cominciata da lĂŹ.
Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile (1980)
DallâOVRA alla polizia della Repubblica
Nel plasmare gli apparati statali, la dittatura fascista riduce, tra le altre cose, la polizia politica a strumento persecutorio di oppositori e dissidenti, legittimando trattamenti spietati contro i detenuti. E â cosĂŹ come a livello giudiziario aveva istituito il Tribunale speciale â sul piano investigativo e repressivo crea un organismo dal nome misterioso: lâOVRA, acronimo liberamente interpretabile come «Opera volontaria di repressione antifascista», «Organo di vigilanza reati antistatali», ma che richiamava alla mente le tentacolari propaggini della piovra. Imperniata sulla sinergia di funzionari e di stuoli di informatori nei piĂč diversi luoghi del Regno e appartenenti a ogni ceto sociale, dal 1929 «la pupilla del regime» svolge unâintensa attivitĂ che costa carcere o confino a migliaia di oppositori e pure a mormoratori colpevoli di aver ironizzato sul duce. Nei suoi archivi si ordinano migliaia di rapporti su ogni corrente del dissenso politico e anche sui gerarchi: rapporti che, selezionati dal capo della polizia Arturo Bocchini, vengono settimanalmente sintetizzati a Mussolini (Franzinelli 1999).
Al crollo del regime, lâOVRA rimane in piedi poichĂ© al governo Badoglio torna utile avvalersi di quella estesa rete spionistica: i suoi informatori (avvocati, giornalisti, commercianti...) continuano a ricevere le sovvenzioni mensili dal ministero dellâInterno. Il 5 agosto 1943 il ministero della Stampa dirama un ordine di servizio per impedire che lâopinione pubblica venga a conoscenza di questa poco onorevole attivitĂ : «Sâinvitano i giornali a non occuparsi piĂč in alcun modo dellâOvra». Sopravvissuta anche al cataclisma dellâ8 settembre, lâOVRA torna a lavorare per il fascismo (in versione repubblichina), sebbene non piĂč onnipresente come ai tempi dâoro: allâombra dellâoccupazione germanica, infatti, prosperano polizie speciali caratterizzate da un alto tasso di criminalitĂ : Banda Koch, Ispettorato Collotti, Banda CaritĂ ecc.
Nel dopoguerra i suoi maggiori esponenti verranno «graziati» dalla Commissione di epurazione a carico dei funzionari del ministero dellâInterno. A metĂ novembre 1945 il gabinetto della presidenza del Consiglio consegnerĂ a Parri un memoriale sul «modo del tutto insoddisfacente con cui venivano definiti i procedimenti di epurazione», e cosĂŹ ne spiegherĂ gli esiti deludenti: «La causa precipua di tale inconveniente veniva attribuita allo scarso impegno e alla poca fermezza del presidente, dott. De Ficchy» (Canosa 1999). Si tratta del presidente della II sezione penale della Cassazione, dallâagosto 1944 alla guida della Commissione, e qui giĂ citato per lâimpegno espletato nellâannullamento delle condanne di protagonisti della guerra civile, sul fronte avverso alla Resistenza.
A salvaguardare la carriera dei poliziotti fascisti contribuirĂ il socialista Giuseppe Romita, che nella sua breve permanenza al ministero dellâInterno (da metĂ dicembre 1945 a metĂ luglio 1946) resiste alle pressioni â anche di suoi compagni del Partito socialista â di sostituire il personale proveniente dallâepoca fascista: «feci esattamente il contrario: riammisi in servizio tutti i funzionari, salvo qualche eccezione assolutamente trascurabile. La decisione mi fu consigliata dalla considerazione che il funzionario di polizia esegue, senza potersi rifiutare, gli ordini che riceve dal ministro dellâInterno» (Romita 1957).
Regista dellâOVRA Ăš Guido Leto, braccio destro del capo della polizia Bocchini, dirigente della Divisione Affari generali e riservati (1935-38) e poi della Divisione Polizia politica (1938-43). Sagace analista, riesce a «lavorare» alcuni prigionieri antifascisti, reclutati quali doppiogiochisti o agenti provocatori. Ha unâinnata capacitĂ di fiutare i tempi e di riadattarsi alle nuove esigenze. Accantonato momentaneamente dopo il 25 luglio, torna presto nelle grazie dei nuovi governanti e Badoglio gli affida la direzione della polizia politica. Riapre dopo un quindicennio le indagini sullâeccidio del 12 aprile 1928 alla Fiera Campionaria di Milano (una dozzina di vittime), che vorrebbe attribuire a Ernesto Rossi e altri giellisti: il piano di dare in pasto allâopinione pubblica antifascisti dipinti quali sanguinosi terroristi viene vanificato dagli sconvolgimenti provocati dallâarmistizio. A questo punto, Leto prevede che allâarrivo degli Alleati a Roma egli si troverebbe inquisito a causa del ruolo da lui rivestito nella dittatura, e con cinica luciditĂ decide di operare nella neocostituita RSI, in qualitĂ di vicecapo della polizia, spostandosi al Nord per impostare un doppio-gioco con i servizi informativi angloamericani, a salvaguardia del proprio futuro e di quello dei suoi collaboratori. Arrestato e imprigionato a Regina Coeli, nellâestate 1945 chiede colloqui prima col socialista Pietro Nenni (Alto commissario per lâepurazione) e poi col segretario comunista Togliatti (ministro di Grazia e Giustizia). Spiega a modo suo il funzionamento dellâOVRA e fa riferimento agli imponenti archivi della struttura poliziesca, evocando una serie di rivelazioni che nuocerebbero allâimmagine di tanti antifascisti irretiti durante la dittatura e trasformati in informatori... Riacquistata la libertĂ il 16 gennaio 1946, Leto esce indenne dallâepurazione e a fine 1948 ottiene la carica di ispettore generale di PS; viene poi preposto alla direzione tecnica delle scuole di polizia. Pensionatosi nel dicembre 1951, assume la direzione della catena Jolly Hotels, su iniziativa dellâimprenditore Marzotto. Ma â dietro le quinte â continua a occuparsi dei «suoi» temi, redigendo rapporti per la direzione della PS su possibili scenari di guerra civile con la previsione di azioni preventive sullâordine pubblico contro i dirigenti dei partiti e dei sindacati di sinistra (Franzinelli 1999). Contemporaneamente acquisisce discreto successo come autore di articoli per il settimanale «LâEuropeo» e di monografie in cui ripercorre a suo modo le vicende della polizia fascista, descritta come un organismo corretto e disinteressato, unicamente al servizio della Patria. In un volume sullâOVRA, osserva compiaciuto che i suoi membri, «salvo rari casi che si contano sulle dita di una mano», rimasero nella polizia e «molti funzionari che giĂ appartennero a detti servizi e coprono oggi posti di alta responsabilitĂ sono a giusta ragione ritenuti i migliori elementi dellâamministrazione nella Pubblica Sicurezza» (Leto 1952). Nel risvolto di copertina dellâaltro suo libro Polizia segreta in Italia (1961) rivendicherĂ orgogliosamente unâattivitĂ filantropica, «sempre mossa da uno squisito senso del dovere, da profonda umanitĂ , dalla difesa dâinteressi italiani senza discriminazioni politiche». Le discriminazioni, in realtĂ , le attua Scelba, per epurare la polizia dagli elementi provenienti dalla Resistenza: 40 capitani, 50 tenenti, 60 sottotenenti, 720 brigadieri, 915 vicebrigadieri, 2200 appuntati e 11.145 agenti. Ebbene, il ministro offrirĂ loro una ricompensa qualora accettino di lasciare il Corpo (Carucci 2019). Tanta determinazione epurativa (a sinistra) Ăš funzionale al perfezionamento del modello scelbiano di polizia: una struttura per la guerra fredda interna, di cui la Celere rappresenta la punta di diamante, secondo strategie di mantenimento dellâordine pubblico tra coercizione e prevenzione repressiva (della Porta-Reiter 2003).
Anche ai vertici delle forze armate sono rimasti i soliti personaggi, passati al vaglio della Commissione di I grado per il personale militare, il cui operato consiste nellâascoltare i testi a favore di generali e colonnelli e leggere i memoriali autodifensivi presentati dai diretti interessati. Con un simile metodo di lavoro, su 65 casi esaminati al 29 gennaio 1945, vengono disposte due sole dispense dal servizio (Flores 1977).
Il caso di Leto non Ăš isolato, ma costituisce la regola: al seguito del loro vecchio capo, dirigenti e funzionari dellâOVRA superano gli ostacoli dellâepurazione e rientrano nei precedenti incarichi, divenendo lâossatura e la testa della polizia della Repubblica italiana. Come segnala unâattenta studiosa degli apparati statali, «ritroviamo nei ruoli della pubblica sicurezza del 1947 i nomi dei questori e degli ispettori generali che avevano operato durante il regime fascista e anche quelli dei funzionari di pubblica sicurezza che avevano operato nella Repubblica sociale» (Carucci 1996).
Anche lâArma dei carabinieri conta dirigenti passati dal servizio della dittatura a quello della Repubblica. Stesso discorso per i servizi segreti militari. Il trasformismo dei funzionari garantisce e rafforza la continuitĂ delle istituzioni. Questi personaggi, gratificati nella dittatura da un rilevante potere discrezionale e cospicui finanziamenti, avevano sviluppato un notevole livello di cinismo e di cupidigia. Interrogati dai servizi segreti alleati durante il periodo di detenzione, condividono le loro informazioni sullâatti...