Il fascismo è finito il 25 aprile 1945
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Il fascismo è finito il 25 aprile 1945

Mimmo Franzinelli

  1. 176 pagine
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Il fascismo è finito il 25 aprile 1945

Mimmo Franzinelli

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Il fascismo è finito con la morte di Mussolini. I fascisti non esistono più o sono irrilevanti. L'Italia ha rotto per sempre con quel passato. Siamo sicuri che sia così? E allora come spieghiamo le molte continuità tra il regime e la Repubblica? Le bombe, i pellegrinaggi a Predappio e le continue violenze?

È giunto il momento di smontare uno dei luoghi comuni più duraturo della storia repubblicana, ovvero quello secondo il quale il fascismo è morto e sepolto da fine aprile 1945. Già nel secondo dopoguerra, infatti, la dottrina della continuità dello Stato riportò ai vertici di prefetture e polizia personaggi di schietta fede fascista. Poi si è permessa la ricostituzione di un partito fascista come il Movimento sociale italiano che, tra manganello e doppiopetto, ha avuto un ruolo negli scontri di piazza e ha contribuito perfino all'elezione di presidenti della Repubblica (da Antonio Segni a Giovanni Leone). E ancora, tra la fine degli anni Sessanta e il successivo decennio, le convulse fasi della strategia della tensione, con trame nere e stragi su cui la magistratura non ha fatto chiarezza, lasciando impuniti i responsabili delle sanguinose attività terroristiche. Infine, al superamento del MSI in ottiche postfasciste hanno corrisposto riemersioni e soprassalti di destra radicale. E oggi, a un secolo dalla Marcia su Roma, il fascismo torna periodicamente protagonista delle cronache, segnando la politica e la società con una presenza che non si può ignorare.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788858148952
Argomento
Economics

III.
Poliziotti e prefetti dall’uno all’altro regime.
Alcune storie esemplari

L’epurazione avrebbe dovuto essere più rigorosa che altrove nel comparto della pubblica sicurezza. Essa, però, non fu mai concepita come parte di una ristrutturazione democratica della polizia, ma invece come accertamento di grave responsabilità di rilevanza penale di singoli. La conseguenza più significativa di questo atteggiamento non fu tanto la mancata condanna dei singoli che si erano macchiati di crimini e misfatti, ma piuttosto la continuità degli uomini e dell’istituzione.
Donatella della Porta, Herbert Reiter, Polizia e protesta. L’ordine pubblico dalla Liberazione ai «no global» (2003)
Risalgo alla strage di piazza Fontana perché la degenerazione del nostro sistema democratico è cominciata da lì, cioè dal momento in cui un arcanum, nel senso più appropriato del termine, è entrato imprevisto e imprevedibile, nella nostra vita collettiva, l’ha sconvolta ed è stato seguito da altri episodi non meno gravi rimasti altrettanto oscuri. La degenerazione del nostro sistema democratico è cominciata da lì.
Norberto Bobbio, La democrazia e il potere invisibile (1980)

Dall’OVRA alla polizia della Repubblica

Nel plasmare gli apparati statali, la dittatura fascista riduce, tra le altre cose, la polizia politica a strumento persecutorio di oppositori e dissidenti, legittimando trattamenti spietati contro i detenuti. E – così come a livello giudiziario aveva istituito il Tribunale speciale – sul piano investigativo e repressivo crea un organismo dal nome misterioso: l’OVRA, acronimo liberamente interpretabile come «Opera volontaria di repressione antifascista», «Organo di vigilanza reati antistatali», ma che richiamava alla mente le tentacolari propaggini della piovra. Imperniata sulla sinergia di funzionari e di stuoli di informatori nei più diversi luoghi del Regno e appartenenti a ogni ceto sociale, dal 1929 «la pupilla del regime» svolge un’intensa attività che costa carcere o confino a migliaia di oppositori e pure a mormoratori colpevoli di aver ironizzato sul duce. Nei suoi archivi si ordinano migliaia di rapporti su ogni corrente del dissenso politico e anche sui gerarchi: rapporti che, selezionati dal capo della polizia Arturo Bocchini, vengono settimanalmente sintetizzati a Mussolini (Franzinelli 1999).
Al crollo del regime, l’OVRA rimane in piedi poiché al governo Badoglio torna utile avvalersi di quella estesa rete spionistica: i suoi informatori (avvocati, giornalisti, commercianti...) continuano a ricevere le sovvenzioni mensili dal ministero dell’Interno. Il 5 agosto 1943 il ministero della Stampa dirama un ordine di servizio per impedire che l’opinione pubblica venga a conoscenza di questa poco onorevole attività: «S’invitano i giornali a non occuparsi più in alcun modo dell’Ovra». Sopravvissuta anche al cataclisma dell’8 settembre, l’OVRA torna a lavorare per il fascismo (in versione repubblichina), sebbene non più onnipresente come ai tempi d’oro: all’ombra dell’occupazione germanica, infatti, prosperano polizie speciali caratterizzate da un alto tasso di criminalità: Banda Koch, Ispettorato Collotti, Banda Carità ecc.
Nel dopoguerra i suoi maggiori esponenti verranno «graziati» dalla Commissione di epurazione a carico dei funzionari del ministero dell’Interno. A metà novembre 1945 il gabinetto della presidenza del Consiglio consegnerà a Parri un memoriale sul «modo del tutto insoddisfacente con cui venivano definiti i procedimenti di epurazione», e così ne spiegherà gli esiti deludenti: «La causa precipua di tale inconveniente veniva attribuita allo scarso impegno e alla poca fermezza del presidente, dott. De Ficchy» (Canosa 1999). Si tratta del presidente della II sezione penale della Cassazione, dall’agosto 1944 alla guida della Commissione, e qui già citato per l’impegno espletato nell’annullamento delle condanne di protagonisti della guerra civile, sul fronte avverso alla Resistenza.
A salvaguardare la carriera dei poliziotti fascisti contribuirà il socialista Giuseppe Romita, che nella sua breve permanenza al ministero dell’Interno (da metà dicembre 1945 a metà luglio 1946) resiste alle pressioni – anche di suoi compagni del Partito socialista – di sostituire il personale proveniente dall’epoca fascista: «feci esattamente il contrario: riammisi in servizio tutti i funzionari, salvo qualche eccezione assolutamente trascurabile. La decisione mi fu consigliata dalla considerazione che il funzionario di polizia esegue, senza potersi rifiutare, gli ordini che riceve dal ministro dell’Interno» (Romita 1957).
Regista dell’OVRA è Guido Leto, braccio destro del capo della polizia Bocchini, dirigente della Divisione Affari generali e riservati (1935-38) e poi della Divisione Polizia politica (1938-43). Sagace analista, riesce a «lavorare» alcuni prigionieri antifascisti, reclutati quali doppiogiochisti o agenti provocatori. Ha un’innata capacità di fiutare i tempi e di riadattarsi alle nuove esigenze. Accantonato momentaneamente dopo il 25 luglio, torna presto nelle grazie dei nuovi governanti e Badoglio gli affida la direzione della polizia politica. Riapre dopo un quindicennio le indagini sull’eccidio del 12 aprile 1928 alla Fiera Campionaria di Milano (una dozzina di vittime), che vorrebbe attribuire a Ernesto Rossi e altri giellisti: il piano di dare in pasto all’opinione pubblica antifascisti dipinti quali sanguinosi terroristi viene vanificato dagli sconvolgimenti provocati dall’armistizio. A questo punto, Leto prevede che all’arrivo degli Alleati a Roma egli si troverebbe inquisito a causa del ruolo da lui rivestito nella dittatura, e con cinica lucidità decide di operare nella neocostituita RSI, in qualità di vicecapo della polizia, spostandosi al Nord per impostare un doppio-gioco con i servizi informativi angloamericani, a salvaguardia del proprio futuro e di quello dei suoi collaboratori. Arrestato e imprigionato a Regina Coeli, nell’estate 1945 chiede colloqui prima col socialista Pietro Nenni (Alto commissario per l’epurazione) e poi col segretario comunista Togliatti (ministro di Grazia e Giustizia). Spiega a modo suo il funzionamento dell’OVRA e fa riferimento agli imponenti archivi della struttura poliziesca, evocando una serie di rivelazioni che nuocerebbero all’immagine di tanti antifascisti irretiti durante la dittatura e trasformati in informatori... Riacquistata la libertà il 16 gennaio 1946, Leto esce indenne dall’epurazione e a fine 1948 ottiene la carica di ispettore generale di PS; viene poi preposto alla direzione tecnica delle scuole di polizia. Pensionatosi nel dicembre 1951, assume la direzione della catena Jolly Hotels, su iniziativa dell’imprenditore Marzotto. Ma – dietro le quinte – continua a occuparsi dei «suoi» temi, redigendo rapporti per la direzione della PS su possibili scenari di guerra civile con la previsione di azioni preventive sull’ordine pubblico contro i dirigenti dei partiti e dei sindacati di sinistra (Franzinelli 1999). Contemporaneamente acquisisce discreto successo come autore di articoli per il settimanale «L’Europeo» e di monografie in cui ripercorre a suo modo le vicende della polizia fascista, descritta come un organismo corretto e disinteressato, unicamente al servizio della Patria. In un volume sull’OVRA, osserva compiaciuto che i suoi membri, «salvo rari casi che si contano sulle dita di una mano», rimasero nella polizia e «molti funzionari che già appartennero a detti servizi e coprono oggi posti di alta responsabilità sono a giusta ragione ritenuti i migliori elementi dell’amministrazione nella Pubblica Sicurezza» (Leto 1952). Nel risvolto di copertina dell’altro suo libro Polizia segreta in Italia (1961) rivendicherà orgogliosamente un’attività filantropica, «sempre mossa da uno squisito senso del dovere, da profonda umanità, dalla difesa d’interessi italiani senza discriminazioni politiche». Le discriminazioni, in realtà, le attua Scelba, per epurare la polizia dagli elementi provenienti dalla Resistenza: 40 capitani, 50 tenenti, 60 sottotenenti, 720 brigadieri, 915 vicebrigadieri, 2200 appuntati e 11.145 agenti. Ebbene, il ministro offrirà loro una ricompensa qualora accettino di lasciare il Corpo (Carucci 2019). Tanta determinazione epurativa (a sinistra) è funzionale al perfezionamento del modello scelbiano di polizia: una struttura per la guerra fredda interna, di cui la Celere rappresenta la punta di diamante, secondo strategie di mantenimento dell’ordine pubblico tra coercizione e prevenzione repressiva (della Porta-Reiter 2003).
Anche ai vertici delle forze armate sono rimasti i soliti personaggi, passati al vaglio della Commissione di I grado per il personale militare, il cui operato consiste nell’ascoltare i testi a favore di generali e colonnelli e leggere i memoriali autodifensivi presentati dai diretti interessati. Con un simile metodo di lavoro, su 65 casi esaminati al 29 gennaio 1945, vengono disposte due sole dispense dal servizio (Flores 1977).
Il caso di Leto non è isolato, ma costituisce la regola: al seguito del loro vecchio capo, dirigenti e funzionari dell’OVRA superano gli ostacoli dell’epurazione e rientrano nei precedenti incarichi, divenendo l’ossatura e la testa della polizia della Repubblica italiana. Come segnala un’attenta studiosa degli apparati statali, «ritroviamo nei ruoli della pubblica sicurezza del 1947 i nomi dei questori e degli ispettori generali che avevano operato durante il regime fascista e anche quelli dei funzionari di pubblica sicurezza che avevano operato nella Repubblica sociale» (Carucci 1996).
Anche l’Arma dei carabinieri conta dirigenti passati dal servizio della dittatura a quello della Repubblica. Stesso discorso per i servizi segreti militari. Il trasformismo dei funzionari garantisce e rafforza la continuità delle istituzioni. Questi personaggi, gratificati nella dittatura da un rilevante potere discrezionale e cospicui finanziamenti, avevano sviluppato un notevole livello di cinismo e di cupidigia. Interrogati dai servizi segreti alleati durante il periodo di detenzione, condividono le loro informazioni sull’atti...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. I. L’eredità della dittatura
  3. II. Magistratura e continuità dello Stato
  4. III. Poliziotti e prefetti dall’uno all’altro regime. Alcune storie esemplari
  5. IV. Uno sguardo al presente
  6. V. La guerra dei simboli
  7. Ringraziamenti
Stili delle citazioni per Il fascismo è finito il 25 aprile 1945

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Franzinelli, M. (2022). Il fascismo è finito il 25 aprile 1945 ([edition unavailable]). Editori Laterza. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3459784/il-fascismo-finito-il-25-aprile-1945-pdf (Original work published 2022)

Chicago Citation

Franzinelli, Mimmo. (2022) 2022. Il Fascismo è Finito Il 25 Aprile 1945. [Edition unavailable]. Editori Laterza. https://www.perlego.com/book/3459784/il-fascismo-finito-il-25-aprile-1945-pdf.

Harvard Citation

Franzinelli, M. (2022) Il fascismo è finito il 25 aprile 1945. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3459784/il-fascismo-finito-il-25-aprile-1945-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Franzinelli, Mimmo. Il Fascismo è Finito Il 25 Aprile 1945. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2022. Web. 15 Oct. 2022.