1. Non ci sono piĂč le famiglie di una volta
Tirata per la giacca dalla politica e continuamente evocata da tutti gli attori della societĂ civile, la famiglia Ăš il vero mito fondativo della societĂ italiana. Per ogni abitante del Bel Paese Ăš difficile immaginare passato, presente e futuro senza fare riferimento alla propria famiglia. Inoltre, tutte le altre organizzazioni (imprese, bande criminali, associazioni di volontariato, universitĂ ...) debbono fare i conti con la famiglia, spesso come fonte di ispirazione, altre volte cercando di differenziarsene.
La famiglia ideale che ognuno di noi si porta dentro puĂČ essere assai diversa da quella reale. CiĂČ Ăš ben noto ai pubblicitari, che nel confezionare i loro messaggi utilizzano a piene mani stereotipi ben oliati, contribuendo a consolidarli. NellâItalia degli anni Settanta, la famiglia Ăš stata messa in discussione. Sono stati gli anni della crisi dellâautoritĂ paterna, del movimento delle donne, dei referendum favorevoli al divorzio (1974) e allâaborto (1981), del nuovo diritto di famiglia (1975). Tutto questo sparisce negli spot, dove le famiglie di ieri degli adulti di oggi vengono raffigurate a tinte pastello, con la mamma casalinga ben pettinata e abbigliata giĂ alle otto di mattina, bambini in salute e sorridenti attorno alla tavola imbandita, il papĂ dal benevolo sguardo dominante seduto al posto dâonore. Se i pubblicitari continuano da anni a seguire questa strada, evidentemente la cosa funziona: grazie a questi spot le ditte committenti ritengono di vendere agli ingrassati bambini di ieri qualche biscotto, formaggino o pacco di pasta in piĂč.
Uno degli autori di questo libro si trova spesso a raccontare davanti ai piĂč vari consessi (lezioni universitarie, corsi di formazione per sindacalisti, incontri per capi scout e per fidanzati nelle parrocchie...) i veloci cambiamenti e le inossidabili continuitĂ della famiglia italiana. I due quesiti ricorrenti sono: perchĂ© in Italia, se la famiglia Ăš tanto importante, le separazioni coniugali aumentano cosĂŹ rapidamente? Ed Ăš vero che la famiglia italiana sta andando verso un declino inarrestabile? Alla fine di queste lezioni e conferenze, i sentimenti prevalenti fra gli ascoltatori sono due: stupore e gratitudine. Stupore, perchĂ© molti si accorgono che la famiglia reale (del presente e del passato) Ăš molto diversa da quella della loro percezione o dei loro ricordi. Gratitudine, perchĂ© lâinsicurezza e lâinquietudine che molti si portano dentro sul futuro della famiglia italiana si stemperano davanti a spiegazioni razionali. PerchĂ© gli strumenti interpretativi delle scienze sociali â anche se non suggeriscono il ritorno a una (mai esistita) etĂ dellâoro della famiglia â aiutano a comprendere cosa sta succedendo al figlio, al cognato, o al vicino di casa, e mostrano che forse il domani non sarĂ poi cosĂŹ diverso dallâoggi.
La mitologia della famiglia italiana
Intrecciata con la famiglia in carne e ossa, vive nella mente di molti italiani una famiglia mitica. Secondo questa visione, fino a metĂ del Novecento tutte le famiglie sarebbero state formate da piĂč generazioni: la coppia di genitori «anziani», i figli maschi sposatisi in giovane etĂ , le loro spose, i nipotini. Inoltre, allâinterno di questa famiglia, si sarebbe realizzato una sorta di dispotismo illuminato: lâautoritario, ma benevolo e giusto, padre «anziano» veniva rispettato e obbedito da tutti e sua moglie era sovrana dello spazio domestico.
A partire da metĂ Novecento, le cose sarebbero cambiate. Sulla spinta dellâindustrializzazione, del consumismo e della perdita dei valori, la famiglia avrebbe iniziato a dissolversi. Dapprima la famiglia nucleare avrebbe preso il posto di quella complessa, perchĂ© i figli iniziavano a sposarsi fuori casa, stabilendosi lontano dai genitori. Poi, separazioni e divorzi sarebbero rapidamente cresciuti. Infine, il matrimonio avrebbe perso di appeal, sostituito dalla convivenza e/o dalla vita da single. Il declino del matrimonio sarebbe accompagnato da altri inquietanti segnali di crisi, prima fra tutti lâincapacitĂ dei genitori di trasmettere ai figli â assieme a denari e proprietĂ â una scala di valori moralmente rispettabile.
Questa situazione non sarebbe caratteristica solo dellâItalia. Al contrario, il nostro paese seguirebbe la strada giĂ battuta da alcuni stati del Nord e Centro Europa, araldi delle leggi permissive sulle coppie di fatto, sulle unioni gay, sullâadozione e la procreazione artificiale concesse su semplice richiesta anche ai single e alle coppie omosessuali, sullâaborto libero e sul divorzio breve. LâItalia si troverebbe quindi a condividere il futuro di tutti i paesi occidentali. Tutti piĂč ricchi, quindi, ma tutti piĂč soli, con i figli ricoperti dâoro, ma non educati, ostaggio di due genitori spesso fra loro in conflitto. Ă una visione che ricorda lâinvivibile Los Angeles del 2019 di Blade Runner. Del resto, nei pochi anni che ci separano da quella data possono accadere cose che «voi umani non potete neppure immaginare», e forse la fine della famiglia fa ancora piĂč paura delle «navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione».
Accanto a questa narrazione ricorrono continuamente miti collaterali, forse meno radicali, ma non meno radicati nei media e nel comune sentire. Il piĂč ricorrente Ăš quello dei bamboccioni, i trentenni costretti â dal mercato del lavoro â a restare a casa con i genitori, a differenza di quanto accadrebbe nel Nord Europa, vera mecca di opportunitĂ per i giovani. Anche questo mito consolida lâidea di una famiglia inadatta ad affrontare le sfide del mondo contemporaneo, partecipe da protagonista dellâinarrestabile declino della societĂ italiana.
Il mito della fine della famiglia Ăš stato alimentato anche da alcuni sociologi ed economisti. Una loro profezia suggerisce che â tramontato il ruolo di unitĂ di produzione che caratterizzava il mondo agricolo â inevitabilmente la famiglia Ăš destinata a perdere anche le altre sue funzioni, fino a diventare sostanzialmente irrilevante. Unâaltra scuola di pensiero sottolinea quanto sia economicamente poco utile â e in alcuni casi addirittura dannoso â sposarsi per chi vive in una societĂ industriale o post-industriale, perchĂ© il «ritorno» economico del matrimonio Ăš oggi scarso o inesistente. Questa mancata utilitĂ sarebbe particolarmente evidente per le donne istruite, che non hanno piĂč bisogno di un uomo che le mantenga, permettendo loro di raggiungere e conservare un buon livello di vita.
Infine, lâidea di una famiglia malata, inadatta a sostenere le sfide della modernitĂ , viene anche da interpretazioni piĂč marcatamente ideologiche. Da un lato, la famiglia tradizionale viene vista come fonte di autoritarismo, repressione e nevrosi, da cui lâindividuo puĂČ uscire solo liberando lâimmaginazione, attraverso la rottura dei legami tradizionali. Questa visione tipicamente sessantottina Ăš ora meno popolare, ma fa capolino ogniqualvolta i media inzuppano per settimane il pane in qualche orrendo delitto familiare, o vengono pubblicate statistiche sui divorzi o sulla litigiositĂ fra parenti. Allâopposto, il declino della «famiglia tradizionale basata sul matrimonio fra un uomo e una donna» Ăš visto come origine di tutti i mali, frutto avvelenato dellâabbandono dei valori tradizionali.
Come sempre accade per le storie affascinanti, le profezie e i miti appena illustrati contengono molte veritĂ . Ma trascurano particolari cruciali, che ne ridimensionano la portata. Il problema principale di questa mitologia Ăš che trasmette unâidea complessiva di declino della famiglia, idea che â come vedremo â Ăš priva di fondamento. Riavvolgiamo quindi il nastro, proponendo una lettura radicata su dati empirici e fondata sulla storia, pur nella sintesi di questo spazio limitato. Iniziamo con lo smontare il mito dellâetĂ dellâoro della famiglia italiana.
La vera famiglia italiana di una volta
Nel corso degli anni Sessanta e Settanta, alcuni storici inglesi di Cambridge postularono che ci fosse una profonda differenza fra i paesi del Centro-Nord e del Sud-Est Europa. Secondo questi studiosi, nei paesi anglosassoni le famiglie del passato erano nucleari (padre, madre e figli), mentre in quelli mediterranei e slavi le famiglie erano formate da piĂč nuclei appartenenti a piĂč generazioni e coabitanti sotto lo stesso tetto. Il gruppo di Cambridge ha avuto il merito di mettere la famiglia sotto i riflettori della grande storia. Ma studi successivi hanno mostrato che per lâItalia aveva preso un abbaglio, estendendo a tutto il paese i dati della Toscana mezzadrile, dove effettivamente le famiglie complesse erano la grande maggioranza. Lâanalisi di centinaia di parrocchie, paesi e cittĂ sparsi per lâItalia fra il XV e il XX secolo dĂ unâimmagine molto diversa. La famiglia complessa prevaleva nella campagna della mezzadria, dellâaffitto e della piccola proprietĂ al Centro-Nord e nelle zone collinari del Sud. Al contrario, nelle zone bracciantili del Nord e del Sud, nelle Alpi e in tutte le cittĂ era piĂč diffusa la famiglia nucleare, con gli sposi novelli che â al momento del matrimonio â mettevano su casa per conto loro. Inoltre, poteva accadere che, a distanza di pochi chilometri e al mutamento di ceto sociale, prevalessero forme familiari diverse.
Quindi, nellâItalia del passato le forme familiari si modellavano e rimodellavano attorno ad ambienti fisici ed economici fortemente differenziati dal punto di vista orografico, climatico, agricolo e/o urbanistico. Questo adattamento poteva raggiungere forme estreme. In Val Pusteria â oggi paradiso degli sciatori e degli amanti della cucina sudtirolese â per sposarsi câera bisogno del permesso dellâautoritĂ comunale o distrettuale, che di norma veniva negato a chi non aveva un capitale di almeno 200 fiorini. Di conseguenza, come mostra il censimento del 1880, le nubili e i celibi tra i quarantuno e i cinquantâanni raggiungevano lâincredibile quota del 50%, il valore piĂč alto di tutto lâImpero asburgico (e probabilmente dâEuropa).
Gli studi piĂč recenti tendono ad attenuare la contrapposizione fra un passato fatto di matrimoni combinati, e un presente fatto di unioni romantiche. Tuttavia, resta vero che nellâEuropa del passato lâamore non era condizione necessaria per la nascita e la continuitĂ di un rapporto di coppia stabile. Spesso il tornaconto prevaleva, e la volontĂ dei due partner veniva messa in secondo piano. Scrive Margareth Lanzinger: «numerosi statuti cittadini prevedevano il consenso dei genitori, anzitutto quello paterno. Esso [...] non era condizione di validitĂ del vincolo matrimoniale, ma veniva richiesto sotto pena di diseredare i figli disubbidienti o di altri svantaggi socioeconomici. In tal modo, si mirava a dare ai genitori uno strumento per impedire alleanze considerate sfavorevoli ai loro interessi». Le commedie di Carlo Goldoni raccontano come i matrimoni dei nobili e dei borghesi venissero attentamente combinati, mentre lâinnamoramento fra due giovani poteva essere una seria minaccia per i patrimoni familiari. Per tutti gli altri â come i servi Arlecchino e Colombina, per i quali il patrimonio era solo un miraggio â il primo obiettivo del matrimonio era di aumentare la probabilitĂ di mettere assieme il pranzo con la cena, per la coppia e per i futuri figli: anche per loro, essere innamorati era un optional, certamente auspicabile, ma non indispensabile.
Anche nellâItalia del passato i genitori investivano molto sui figli, unica vera assicurazione per la vecchiaia. Ma in tutta Europa, sia nelle famiglie ricche che in quelle povere, le relazioni interne alla famiglia erano prevalentemente formali. Il rapporto fra genitori e figli (e, se câerano, nuore e nipoti) era di tipo feudale: in cambio di obbedienza e deferenza, i figli ricevevano protezione, e a tutti conveniva lavare i panni sporchi in famiglia, perchĂ© nella societĂ europea premoderna lâindividuo contava poco in quanto tale. Erano piĂč importanti i gruppi a cui lâindividuo stesso apparteneva, che lo difendevano dalle minacce esterne, gli garantivano identitĂ e gli prescrivevano diritti, doveri, privilegi e vincoli. E il gruppo di base era senzâaltro la famiglia.
In questo contesto, câera poco spazio per gesti di affetto, e allâinterno della famiglia non erano rare le violenze e le prevaricazioni. Nella favola di Cenerentola â nata a quanto pare nella Cina antica ed entrata con mille varianti nella tradizione popolare di svariate culture orientali e occidentali, fino alla mirabile versione di Walt Disney del 1950 â la bella figlia di un vedovo risposato viene schiavizzata dalla matrigna e dalle sorellastre, dopo la morte del padre. Da sola, la ragazza non ce la fa a riscattarsi: Ăš necessario un intervento soprannaturale, che la libera dallâoppressione dei legami familiari. Pollicino (scritta da Charles Perrault a fine Seicento) e HĂ€nsel e Gretel (scritta dai fratelli Grimm attorno al 1820) hanno una trama simile. Durante una carestia, alcuni bambini â abbandonati nella foresta dal padre su istigazione della madre â vengono insidiati da altri adulti affamati. Riescono a salvarsi solo opponendosi con astuzia alla forza bruta. Queste ultime due favole illustrano bene la tensione cui erano sottoposti i piĂč sacri legami familiari, in un mondo dove quasi tutti vivevano sotto la minaccia dei tre cavalieri dellâApocalisse: a peste, fame et bello libera nos Domine.
Il trionfo delle relazioni romantiche
A partire da fine Seicento, iniziando dai piani alti della societĂ europea (nobiltĂ e borghesia) e dalla nascente classe operaia urbana, questo stato di cose comincia a cambiare. Le relazioni familiari si riscaldano, per cosĂŹ dire, incentrandosi sempre di piĂč sullâaffetto e sulla comprensione reciproca. Inoltre, vengono riconosciute le specificitĂ della condizione femminile, dellâinfanzia, dellâadolescenza, dellâetĂ anziana, definite in precedenza solo in negativo, come qualcosa di incompleto rispetto alla pienezza dellâuomo adulto. Non Ăš del tutto chiaro come sia nata questa rivoluzione dellâintimitĂ . Ă possibile che i mutamenti non abbiano avuto tanto unâorigine economica, ma siano piuttosto parte del lento passaggio culturale dallâuomo medievale verso lâuomo contemporaneo. Lâindividuo â a poco a poco â diventa protagonista della vita politica, economica e sociale, portatore in sĂ© di diritti e di doveri, a prescindere dalle comunitĂ (il gruppo sociale e professionale, la religione, il gruppo etnico... e la famiglia) cui appartiene. Per quanto attiene questo capitolo, i cambiamenti piĂč radicali riguardano le ragioni costitutive dellâunione di coppia. Il centro si sposta dal reciproco interesse (o lâinteresse delle due famiglie dâorigine) verso la reciproca attrazione. Nasce e si consolida lâunione romantica, con una porzione sempre piĂč larga di persone che trovano insopportabile condividere la vita con qualcuno se non sussiste (piĂč) un vero rapporto dâaffetto.
Adottando questa prospettiva, Ăš facile interpretare i tre grandi mutamenti delle unioni coniugali nei paesi occidentali avvenuti nel corso dellâultimo secolo. In primo lu...