Guerra civile e ordine politico
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Guerra civile e ordine politico

Alessandro Colombo

  1. 320 pages
  2. Italian
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Guerra civile e ordine politico

Alessandro Colombo

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Dal 1990 a oggi un'ondata di guerre civili si Ăš abbattuta su singoli paesi e intere aree regionali: la Jugoslavia all'indomani della fine della guerra fredda, la Somalia, l'Africa occidentale e la regione dei Grandi Laghi nei dieci anni immediatamente successivi, il Medio Oriente, l'Africa settentrionale e l'Ucraina nel periodo piĂč vicino a noi. Questa proliferazione di guerre civili ha attirato l'attenzione di decisori politici, operatori umanitari, giornalisti e, naturalmente, studiosi. Ma, allo stesso tempo, li ha convinti sempre di piĂč a vedere nella guerra civile un fenomeno marginale, confinato una volta per tutte fuori degli spazi 'centrali' del sistema internazionale e associato a qualche forma di arretratezza economica, politica o persino culturale.

Allargando la prospettiva oltre l'ultimo trentennio, il libro rovescia questa immagine. È sufficiente attingere all'esperienza storica, infatti, per constatare che la guerra civile costituisce un'esperienza centrale nella storia europea (e italiana). Attorno a essa ruotano alcune delle determinanti fondamentali dell'ordine politico: l'edificazione e la successiva implosione della distinzione tra 'noi' e gli 'altri'; la conseguente separazione tra ciĂČ che Ăš dentro e ciĂČ che Ăš fuori dall'unitĂ  politica e, quindi, tra politica 'interna' e politica 'estera'; la distinzione ancora piĂč capitale tra violenza 'buona' e violenza 'cattiva', 'legittima' e 'illegittima', 'legale' e 'criminale'.

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Informations

Éditeur
Editori Laterza
Année
2021
ISBN
9788858144190

1.
La guerra civile
come contrappunto permanente
della storia istituzionale europea

Il punto di partenza Ăš un paradosso storico e teorico. A scorrere la letteratura piĂč recente sulle guerre civili – o, almeno, la letteratura politologica su quelle piĂč recenti – la guerra civile sembrerebbe essere connaturata all’arretratezza1: arretratezza economica, prima di tutto, come suggeriscono gli innumerevoli studi che la associano a paesi a basso reddito, alla presenza di risorse naturali facilmente appropriabili o alla collocazione periferica nel sistema capitalistico mondiale; arretratezza politica, legata a fattori quali la debolezza o il fallimento dello Stato, la transizione da un tipo all’altro di regime politico o la mancanza di democrazia; e, perchĂ© no, arretratezza culturale, sia che venga riferita ai diretti partecipanti al conflitto (identificati, sempre piĂč spesso, con i settori piĂč marginali e culturalmente arretrati delle rispettive societĂ )2 sia che, invece, venga allargata alle rispettive culture di appartenenza (attraverso categorie quali «fondamentalismo», «estremismo» o «patriarcalismo»). Tanto che difficilmente Ăš un caso che, nella divisione del lavoro all’interno della Scienza politica, il campo della guerra civile sia stato quasi completamente lasciato agli studiosi di Relazioni internazionali, vuoi perchĂ© giĂ  abituati a occuparsi di fenomeni «estremi», «anacronistici» e «anti-economici» quali la guerra, vuoi perchĂ© condannati a occuparsi di un sistema politico dichiaratamente imperfetto come quello internazionale – un sistema senza governo, senza polizia e, come se non bastasse, senza democrazia liberale.
SenonchĂ© Ăš sufficiente allargare lo sguardo oltre gli ultimi trent’anni per riconoscere che la guerra civile puĂČ benissimo investire e, anzi, ha molto spesso investito anche unitĂ  politiche che sarebbe affrettato e qualche volta del tutto irrealistico definire arretrate (coinvolgendo, per di piĂč, non gli strati piĂč marginali o periferici della societĂ  ma, molto spesso, proprio quelli piĂč attivi politicamente e culturalmente – come all’indomani della Rivoluzione francese e di quella russa, o nelle micidiali guerre civili ideologiche del XX secolo). Nel corso del Novecento, per esempio, una guerra civile spaccĂČ la Germania tra il 1918 e il 1919, l’Austria nel 1934, l’Ungheria nel 1919, l’Italia tra il 1943 e il 1945 (e, in forme meno pronunciate, tra il 1919 e il 1921), la Francia tra il 1944 e il 1945 e, almeno in termini giuridico-formali, tra il 1954 e il 1962, la Spagna tra il 1934 e il 1936, la Russia tra il 1904 e il 1905 e, piĂč ampiamente, tra il 1917 e il 1922. Nel secolo precedente, una guerra civile distruttiva aveva giĂ  sconvolto gli Stati Uniti tra il 1861 e il 1865 mentre, ai due punti estremi del sistema internazionale, altre guerre civili avevano investito il Giappone nel 1877, nel momento decisivo della Restaurazione Meiji3, e buona parte del continente europeo nella crisi altrettanto decisiva del 1848. Senza dimenticare, poi, che dalla fine del Settecento alla fine dell’Ottocento il vero campione della guerra civile fu un paese «centrale» come pochi altri quale la Francia – investito a piĂč riprese, anche all’indomani della grande tormenta rivoluzionaria del 1789, nel 1830, nel 1848 e nel 1870. Mentre non Ăš neppure il caso di sottolineare come, anche lungo tutta la storia precedente, l’esperienza della guerra civile non avesse affatto risparmiato i soggetti politici (imperi, cittĂ -Stato, Stati) piĂč sviluppati delle rispettive epoche: Atene nel sistema ellenico delle poleis, la repubblica prima e l’Impero romano poi, i Comuni italiani nel basso Medioevo, gli Stati non in ritardo ma in anticipo nel processo di costruzione dello Stato moderno – la Francia nel XVI secolo, l’Inghilterra e le Province Unite nel secolo successivo.
Questo dato elementare Ăš anche il nostro primo punto di distacco dalla letteratura e dalla retorica piĂč recenti: lungi dall’essere un fenomeno «esotico», secondario o periferico, la guerra civile costituisce un’esperienza centrale come poche altre nella storia europea e, non casualmente, anche uno dei temi centrali della riflessione storica, filosofica e giuridica che l’ha accompagnata4. Basti pensare alla sua ricorrenza nella Grecia classica e in quella ellenistica, replicata di lĂŹ a poco nella tumultuosa parabola della Roma sia repubblicana che imperiale. Mille anni piĂč tardi, l’invadenza delle «maledetti parti»5 – e l’incubo della «cittĂ  partita»6 – permeĂČ la civiltĂ  politicamente e culturalmente plurale dei Comuni italiani, con il consueto aggrovigliarsi di fazioni cittadine e fazioni che, oggi, diremmo internazionali o transnazionali quali i guelfi e i ghibellini7. Tra il Cinquecento e il Seicento, altre guerre civili – le guerre civili di religione – costituirono il terreno di coltura della soluzione moderna all’ordine politico, sia interno che internazionale, dopo avere devastato singoli paesi (la Francia nel XVI secolo, la Germania tra il XVI e il XVII, l’Inghilterra nel XVII) ed essere confluite nella guerra costituente per eccellenza del modello di convivenza cosiddetto vestfaliano, la guerra dei Trent’anni (di cui la pace di Vestfalia costituĂŹ, appunto, la conclusione). Infine, fu un altro ciclo di guerre civili a segnare la crisi e, un secolo e mezzo piĂč tardi, il definitivo tracollo di questo modello: il ciclo inaugurato dalle rivoluzioni americana e francese alla fine del Settecento e culminato, dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, nel vortice della guerra civile europea e poi mondiale del XX secolo.
Non casualmente, ciascuna di queste esperienze ha lasciato tracce imponenti nella tradizione poetica e letteraria ma, soprattutto, nella riflessione politica e giuridica, tanto da conferire alla guerra civile «un privilegio evidente» nel pensiero politico rispetto a tutte le altre forme di guerra8 – un privilegio a cui corrisponde, non a caso, l’eccezionale frequenza tra i massimi pensatori politici europei di testimoni o protagonisti diretti di guerre civili (da Tucidide a Machiavelli, a Bodin, a Hobbes, fino a Marx e Schmitt). Questo dato biografico Ăš molto di piĂč che una semplice coincidenza storica. A questi pensatori politici, infatti, l’esperienza della guerra civile offrĂŹ una «veritĂ  esistenziale» lontanissima dalla serenitĂ  dei positivisti abituati a fermarsi alle «facciate di legalitĂ  di volta in volta vigenti»9, e piĂč radicale anche di quella che Ăš possibile attingere dalle guerre esterne. Le guerre civili e le guerre tra i popoli, scrive Ernst JĂŒnger, «fanno riferimento a due diversi strati dell’essere umano, le cui leggi differiscono tra loro. La guerra civile va piĂč in profonditĂ  e lascia emergere immagini piĂč terribili»10.

1. La guerra civile prima dello Stato. La stasis greca e il bellum civile romano

Potrebbe apparire superfluo, o persino stucchevole, aprire una riflessione contemporanea sulla guerra civile risalendo indietro fino all’epoca classica. Ma c’ù almeno una buona ragione per farlo. Che ne siamo consapevoli o no, l’esperienza greca e quella romana costituiscono la matrice originaria dei nostri discorsi sulla guerra civile, a cui procurano un repertorio di immagini, uno sfondo categoriale e, prima di tutto, un nome – «guerra civile», appunto – che abbiamo imparato a impiegare sul modello romano abbandonando e, forse, tradendo la prospettiva piĂč ampia da cui la guardavano i Greci.
Nel mondo greco, la guerra civile costituĂŹ una presenza quasi costante11. Dal 500 al 300 a.C., dalle guerre persiane all’epoca ellenistica, quasi trecento guerre civili investirono il sistema delle poleis, raggiungendo il proprio picco nel corso della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), quando una sola «gigantesca guerra civile» sembrĂČ attraversare e dividere tutto il mondo greco12. A essere colpite furono le poleis di media potenza (Argo, Tebe, Rodi, Mitilene, Chio, Samo, Corcira) piĂč delle poleis piĂč deboli e di quelle collocate al vertice della gerarchia del potere e del prestigio (Atene e Sparta). Come in molti contesti storici successivi (compreso il nostro), le guerre civili mostrarono una impressionante tendenza a colpire a piĂč riprese sempre le stesse cittĂ  (da cinque a nove volte in duecento anni Chio, Corcira, Mantinea e Mileto, persino dieci Argo, Mitilene, Rodi o Tebe). Soprattutto, numero e intensitĂ  delle guerre civili si rivelarono inequivocabilmente legati ai cicli di pace e di guerra internazionali: meno numerose nelle fasi piĂč pacifiche, piĂč numerose e distruttive in coincidenza con le grandi guerre per l’egemonia – la guerra del Peloponneso, appunto, la guerra corintica, il ...

Table des matiĂšres

  1. Introduzione
  2. Parte prima. La guerra civile tra storia e teoria
  3. 1. La guerra civile come contrappunto permanente della storia istituzionale europea
  4. 2. Un enigma teorico
  5. Parte seconda. Guerra civile, identitĂ  e ordine politico
  6. 3. Noi e gli altri. L’origine e la reversibilità della distinzione tra interno ed esterno
  7. 4. L’ambivalenza radicale della guerra civile
  8. 5. Alle radici dell’ordine politico.La guerra civile come fonte e come pericolo
  9. Conclusioni. La peggiore e la migliore di tutte le guerre
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Colombo, A. (2021) Guerra civile e ordine politico. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3460892/guerra-civile-e-ordine-politico-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Colombo, Alessandro. Guerra Civile e Ordine Politico. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2021. Web. 15 Oct. 2022.