1.
La dimensione organizzativa
1. Dal maxiprocesso a «Crimine-Infinito»
Gli ultimi trentâanni di indagini e processi hanno assicurato un flusso di informazioni di grande rilievo ai fini della ricostruzione dei modelli operativi adottati nel corso del tempo da Cosa nostra e dalla ândrangheta per esercitare il proprio potere criminale. Nellâazione di contrasto a Cosa nostra, possiamo individuare il vero e proprio spartiacque nel maxiprocesso e poi nelle stragi del 1992-1993, che del resto proprio nella sentenza giĂ ricordata pronunciata il 30 gennaio 1992 trovano la loro causa scatenante.
Dopo quegli eventi la reazione dello Stato, in termini di impegno delle risorse umane e materiali, Ăš risultata vincente: lo testimoniano i successi conseguiti. I devastanti effetti delle numerose collaborazioni con la giustizia e delle penetranti iniziative investigative hanno prodotto, con significativa continuitĂ e progressione, un gran numero di condanne definitive inflitte a capi e gregari, di patrimoni confiscati e di capi latitanti assicurati alla giustizia, consentendo di ridimensionare drasticamente e in qualche caso di smantellare molte articolazioni e strutture operative dellâorganizzazione mafiosa e di dare concretezza allâesigenza di riaffermare la presenza dello Stato e il principio di legalitĂ .
Al riguardo, la conferma piĂč «qualificata» giunge dalle parole degli stessi mafiosi. Il boss palermitano Salvatore Lo Piccolo giĂ il 19 giugno 2005, scrivendo allâallora capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano a proposito di una vecchia delibera della Commissione, sottolinea: «Si tratta di un impegno e di una decisione di almeno venticinque anni fa, da allora ad oggi molte persone non ci sono piĂč [...]. Siamo arrivati al punto che siamo quasi tutti rovinati, e i pentiti che ci hanno consumato girano indisturbati. Purtroppo ci troviamo in una situazione triste e non sappiamo come nasconderci». Allâepoca latitanti, i due boss Provenzano e Lo Piccolo di lĂŹ a poco sarebbero anchâessi stati tratti in arresto.
Anche nei confronti della ândrangheta, negli ultimi ventâanni, si sono succedute iniziative investigative e processuali di grande importanza: a partire dagli anni Novanta si sono stratificate diverse ricostruzioni del fenomeno ândranghetista e del suo modello operativo, fatto di elementi quasi immutabili e di altri in continua evoluzione, di regole arcaiche e scelte di modernitĂ . Tali ricostruzioni hanno tuttavia illuminato solo alcune zone â sia pure significative â di tale mondo criminale, con la conseguenza che per lungo tempo Ăš mancata una lettura aggiornata della situazione complessiva di questa organizzazione criminale. Si Ăš giĂ detto, infatti, che in questa materia la bontĂ delle ricostruzioni dipende inevitabilmente dalla quantitĂ e dalla qualitĂ dei dati di conoscenza che emergono dalle indagini.
Negli ultimi anni sono emersi elementi e fatti nuovi che, insieme a quelli giĂ acquisiti, hanno reso possibile una ricostruzione per linee piĂč generali e complessive anche di questo modello criminale.
Della valenza di tali attivitĂ investigative ha dato conto Ernesto Lupo (primo presidente della Corte di Cassazione dal 2010 al 2013) nella Relazione per lâinaugurazione dellâanno giudiziario 2011:
Sono stati evidenziati lâintensitĂ dei collegamenti della ândrangheta con organizzazioni criminali operanti in altre parti del territorio nazionale e su scala internazionale; il collegamento egemonico con insediamenti ândranghetisti nellâItalia centrale e settentrionale, dediti alle varie attivitĂ illecite e, in particolare, al traffico di sostanze stupefacenti e alla consumazione di reati conseguenti il reimpiego di capitali illecitamente acquisiti. Mentre permangono le preoccupazioni per la pressione estorsiva in danno dâimprese impegnate nella costruzione di tratti autostradali calabresi, Ăš stata fortemente sottolineata lâavvenuta sprovincializzazione della ândrangheta, che ha assunto dimensioni interregionali e internazionali, acquisendo le peggiori connotazioni delle altre piĂč antiche organizzazioni criminali, anche con tendenza al superamento della dimensione di microcosmi a struttura familiare e localistica verso la caratterizzazione di cellule interdipendenti e collegate al vertice da strutture sovraordinate.
Ă una questione che merita di essere approfondita, con una premessa di metodo. Se sono davvero molte â tutte di significativo rilievo â le iniziative investigative avviate negli ultimi anni sulla ândrangheta, e giĂ pervenute con successo a numerose verifiche giurisdizionali, anche definitive, lâindagine dalla quale sono scaturiti in gran numero fatti dimostrativi, elementi informativi e spunti di riflessione di portata davvero straordinaria Ăš quella mediaticamente conosciuta come «Crimine», per la parte sviluppatasi a Reggio Calabria e nella sua provincia, e come «Infinito», per la parte che ha riguardato la Lombardia. Ci riferiamo allâindagine condotta tra il 2009 e 2010 in costante coordinamento investigativo dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria e da quella di Milano.
Nel commentare lâimportanza di tali attivitĂ di indagine, lo storico inglese John Dickie, nel suo volume Onorate SocietĂ , ha sottolineato come «lââOperazione Crimineâ [...] a prescindere da quale sarĂ lâesito finale rappresenta una lezione di umiltĂ per chiunque cerchi di scrivere del mondo segreto della criminalitĂ organizzata italiana: in qualsiasi momento le certezze storiche possono essere rovesciate da nuove indagini della polizia, o da qualche nuova scoperta in uno dei tanti archivi non ancora esplorati»1.
In realtĂ , non si tratta di una sola attivitĂ investigativa, ma di piĂč attivitĂ i cui risultati sono derivati dallâascolto, dallâanalisi e dalla valutazione di una grande quantitĂ di prove, costituite in particolare da attivitĂ di intercettazione. Queste attivitĂ sono state effettuate da diverse forze di polizia, nellâambito di procedimenti distinti, pur se collegati, dalle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e Milano prima e da quella di Torino poi. La circostanza non Ăš irrilevante perchĂ© lâesperienza giudiziaria dimostra che lâindice di validazione di una ricostruzione Ăš tanto piĂč alto quanto maggiori sono i contesti investigativi, soprattutto se non omogenei, nei quali essa puĂČ trovare riscontro. E in effetti queste risultanze probatorie sono state sottoposte con esito positivo al vaglio di piĂč giudici, il vero banco di prova di ogni ipotesi ricostruttiva.
Si fa riferimento alle pronunce dei diversi giudici di merito, prima, della Corte di Cassazione, poi, che â come si Ăš giĂ ricordato â hanno definito i diversi tronconi processuali che hanno avuto origine dalle due indagini2.
Ebbene, sono proprio tutte queste risultanze probatorie, raccolte negli ultimi trentâanni, sia con riferimento a Cosa nostra che alla ândrangheta, che evidenziano lâemergere con forza di alcuni profili principali, ognuno scomponibile in piĂč questioni, che costituiscono altrettanti parametri sulla scorta dei quali puĂČ senzâaltro essere orientata unâanalisi, anche comparativa, sui due modelli criminali.
Il primo profilo Ăš quello connesso alla dimensione organizzativa, e di questo tratteremo nei paragrafi che seguono.
2. Far parte dellâorganizzazione
Il sistema di potere accumulato ed esercitato nel tempo da Cosa nostra e dalla ândrangheta si fonda in primo luogo sul fattore organizzativo. La conservazione e lâaccrescimento di tale sistema di potere sono affidati allâesistenza di una struttura organizzata efficiente e allâinterazione di un vertice che ne assuma la direzione.
Proprio questo fattore organizzativo Ăš il primo elemento costitutivo attraverso cui puĂČ trovare spiegazione la continuiÂtĂ storica delle mafie, organizzazioni complesse a vocazione economica. In un suo saggio pubblicato qualche anno fa, lâeconomista Vincenzo Ruggiero spiega in termini macroeconomici la forza espansiva delle mafie sui mercati. Per le attivitĂ illecite proprie delle mafie, infatti (gioco dâazzardo, scommesse clandestine, estorsioni, contrabbando ecc.), Ăš necessario un numero elevato di soggetti che sono organizzati in modo strutturato. Inoltre, mentre le piccole imprese sono piĂč costose a causa dei diversi costi generali di gestione e di quelli di alcuni elementi di tecnologia, solo le grandi imprese possono generare piĂč facilmente condizioni di monopolio, che notoriamente agevolano la diffusione dellâeconomia criminale3.
Certo, le strutture organizzate possono essere caratterizzate da fattori di complessitĂ diversi, evolvere nel tempo secondo linee non omogenee, e ancor piĂč possono divergere tra loro i modelli con i quali ne viene assicurata la governance dallâorganismo di vertice. Anzi, proprio su questâultimo punto, Cosa nostra si differenzia in modo significativo â come vedremo â dalla ândrangheta. In ogni caso, tuttavia, le strutture organizzate appaiono indispensabili per garantire la sopravvivenza di queste, come di ogni altra organizzazione di tipo mafioso.
Non solo: altra caratteristica fondamentale che, sotto il profilo in esame, accomuna entrambi i modelli criminali mafiosi Ăš che la struttura organizzativa, anche qui in proporzioni e forme diverse, si presenta «chiusa» al proprio interno e, allâopposto, «aperta» verso lâesterno. Come Ăš stato efficacemente sottolineato da Rocco Sciarrone, in questo modo la chiusura del gruppo Ăš funzionale a garantire coesione interna e a difendere il gruppo dallâoffensiva degli avversari o delle forze dellâordine. Lâapertura, invece, Ăš funzionale a favorire le relazioni dei gruppi criminali verso lâesterno, consentendo una loro moltiplicazione e la diversificazione negli ambiti di interesse4.
A partire da queste premesse, Ăš possibile approfondire la questione della dimensione organizzativa lungo diverse prospettive di analisi e confronto dei due distinti modelli criminali. Una prima prospettiva di analisi Ăš quella relativa ai modelli della struttura organizzativa.
Le risultanze acquisite consentono di scomporre due distinti ambiti di analisi: quello cosiddetto intra-organizzativo, connesso cioĂš ai rapporti tra gruppo criminale radicato in un determinato territorio e singolo componente di esso, e quello inter-organizzativo, relativo alle modalitĂ di coordinamento tra le diverse strutture della stessa organizzazione criminale.
Muovendo da questa distinzione, si Ăš spesso sottolineato come, sotto lâaspetto intra-organizzativo, le cosche della ândrangheta presentino una struttura piĂč gerarchica di quella che si registra nelle «famiglie» di Cosa nostra; allâinverso, sotto lâaspetto inter-organizzativo, la verticalizzazione sembra caratterizzare maggiormente il modulo proprio di Cosa nostra. PiĂč in particolare, sotto tale ultimo profilo, per lungo tempo, si Ăš contrapposto al carattere «orizzontale» della struttura della ândrangheta quello «verticale» di Cosa nostra.
Ma cerchiamo di approfondire questa prospettiva di analisi, a partire dalla questione centrale del modello che negli ultimi quindici/venti anni tali sodalizi hanno conferito alle proprie strutture organizzative.
Se per Cosa nostra il modello organizzativo base da tempo accertato Ăš quello della unitarietĂ dellâorganizzazione, un modello stabile nellâambito del quale per esigenze diverse si sono poi stratificati mutamenti e adattamenti quanto ai rapporti tra le sue diverse articolazioni territoriali, per la ândrangheta il modello base unitario risulta accertato, come si vedrĂ , solo da poco tempo, come risultato processuale cristallizzatosi a seguito di un lungo e articolato work in progress, frutto di precedenti momenti processuali, in occasione dei quali era stato di volta in volta valorizzato il collegamento, anche di natura federativa, tra cosche che, in assenza di una complessiva strategia comune, sceglievano di collegarsi per la realizzazione di interessi illeciti comuni di settore, ovvero per la conclusione di singoli affari criminali.
E, tuttavia, prima di approfondire ulteriormente i diversi aspetti di tale questione, câĂš un elemento essenziale, che in qualche modo Ăš alla base stessa della concezione unitaria dellâorganizzazione mafiosa e che accomuna indistintamente i due modelli criminali: si tratta del fattore identitario che contraddistingue, soggettivamente, il far parte dellâorganizzazione.
CiĂČ che eme...