1 La nascita dellâIslam e la rottura dellâunitĂ mediterranea
La nuova fede religiosa nata nella penisola arabica nella prima metĂ del VII secolo, lâIslam, conobbe una rapida e quasi esplosiva espansione giĂ allâindomani della morte del suo fondatore, Muhammad, nel 632. Essa modificĂČ profondamente il volto del mondo afro-asiatico-mediterraneo. Nel giro di circa un quarto di secolo lâimpero persiano fu assimilato e quello bizantino costretto a ridefinire la sua politica. Gli Arabi portatori della nuova fede occuparono le coste e parte dellâentroterra dellâAsia minore, della Siria, dellâEgitto, e lâintera Africa settentrionale, che erano le aree di reclutamento delle marinerie dellâimpero romano dâOriente. La loro conversione allâIslam si spiega anche perchĂ© si trattava di genti cristiane, ma in massima parte âereticheâ â soprattutto monofisitiche â che dato il loro credo le autoritĂ imperiali di Costantinopoli facevano oggetto di tassazioni, di deportazioni e di altre misure repressive, mentre i nuovi arrivati permisero loro di seguire liberamente il proprio culto in quanto ahl al-Kitab, âpopoli del Libroâ, partecipi di una sia pur imperfetta forma di rivelazione e perciĂČ non obbligati a convertirsi. La potenza marinara bizantina ne uscĂŹ compromessa al punto da dover spartire con i potentati musulmani la propria talassocrazia mediterranea: dâaltronde, il tempestivo insorgere di discordie, scismi e guerre intestine allâinterno dellâIslam impedĂŹ la trasformazione del Mediterraneo in un âlago musulmanoâ.
In realtĂ , il Mediterraneo aveva da tempo cessato di essere il mare nostrum dellâantichitĂ , e il luogo dellâindiscusso dominio imperiale. GiĂ la divisione dellâimpero introdotta da Diocleziano aveva avuto su di esso pesanti conseguenze: la parte occidentale, piĂč esposta alle invasioni dei popoli germanici, e diventata terra dâinsediamento dei Goti sia nella penisola italiana che in quella iberica, perdette il controllo delle rotte marittime tra Gallia, Spagna e coste africane, mentre la flotta bizantina riuscĂŹ a mantenere a lungo quello del Mediterraneo orientale, almeno fino alla linea Sicilia-Sardegna. CominciĂČ in tal modo a delinearsi una spaccatura del Mediterraneo in due bacini distinti non soltanto geograficamente ma anche politicamente (e militarmente). Con lâespansione dellâIslam il bacino orientale divenne terreno di scontro tra lâimpero dâOriente e le nuove potenze islamiche, mentre il bacino occidentale rimase a lungo dominio di questâultime e delle scorrerie corsare. A partire da allora il Mediterraneo perdette la propria unitĂ , e quello che era stato il baricentro dellâantichitĂ , dei suoi commerci e della sua cultura, si trasformĂČ in una frontiera, per quanto mutevole nel corso dei secoli.
Per molto tempo si Ăš sostenuto, in base alla tesi di Henri Pirenne, che il repentino insorgere della potenza navale musulmana abbia comportato la rottura dellâunitĂ mediterranea che fin lĂŹ aveva consentito il mantenimento delle strutture economiche e dellâomogeneitĂ culturale dei popoli che si affacciavano sul mare: ciĂČ avrebbe determinato un ripiegamento della vecchia pars Occidentis dellâimpero su se stessa, con lâaggravarsi dei processi di recessione in atto e la sua progressiva ruralizzazione. In altri termini, i caratteri di quello che per definizione indichiamo come âMedioevoâ si sarebbero presentati tra VII e VIII secolo, con lâaffermarsi dellâegemonia musulmana nel Mediterraneo. In realtĂ , la crisi economica del VI-VII secolo, che proseguĂŹ sia pure con alterne vicende e momenti di ripresa fino al X, era il risultato di un processo lento e profondo. E proprio questo sfondo ci aiuta a comprendere anche il mutamento di ruolo subito dal Mediterraneo, nelle sue relazioni con le vicende politico-economiche delle regioni che si affacciavano su di esso.
2 La spinta islamica verso occidente
Con lâavvento al potere nel dar al-Islam dei califfi umayyadi (661-750) la corte di Damasco â cittĂ di solide tradizioni culturali greche â andĂČ sempre piĂč somigliando al modello di quella romano-orientale di Costantinopoli. Si andarono creando unâarte e una letteratura musulmana molto vicine alle tradizioni eclettiche della cultura bizantina, il che comportĂČ un certo permissivismo nelle cose relative alla fede. Sotto gli umayyadi lâIslam si diffuse in Oriente fino allâIndo Kush e al corso dellâAmu Daryah, quindi agli odierni Afghanistan e Uzbekistan.
Dopo aver conquistato la Siria e la Palestina, gli Arabi sottomisero lâantica provincia romana dâAfrica (Ifriqiya), comprendente la Tripolitania, la Tunisia e lâAlgeria attuali, che era stata invasa nel 647; ma solo dal 663 la resistenza romano-orientale e soprattutto berbera cominciĂČ a cedere. Ormai, una volta padroni delle coste meridionali e orientali del Mediterraneo, gli Arabi e i loro correligionari arabizzati potevano impegnarsi nella conquista delle acque e dei litorali che si trovavano al di lĂ di esse.
Nel mondo visigoto di Spagna ci si era allarmati per tempo dinanzi alle notizie dellâavanzata araba lungo le coste dellâAfrica settentrionale. Durante il concilio di Toledo del 694 il re Egica aveva lanciato lâallarme. Si andava spargendo la voce che gli Ebrei, esasperati a causa delle misure vessatorie assunte nei loro confronti, si apprestassero a dare man forte ai ânuovi barbariâ che stavano avanzando dallâOriente; imperversava intanto la guerra civile per la successione allâultimo re di Toledo; e sembra che uno dei contendenti, Achila, rifugiatosi in Marocco, si rivolgesse per aiuto ai Mauri (cosĂŹ detti in quanto provenienti dallâantica Mauretania, che per gli Arabi era al-Maghreb, lââOccidenteâ), cioĂš ai Berberi islamizzati alla testa dei quali câera una non numerosa aristocrazia araba. Erano appunto questi Mauri che la successiva epica iberico-latina avrebbe chiamato los Moros; ma essi sarebbero stati conosciuti anche come saraceni o agareni, dai nomi biblici della moglie e della concubina di Abramo.
Fu probabilmente alla fine del luglio del 711 che una grossa flotta musulmana prese terra nella baia di Algesiras, che giĂ lâanno prima era stata razziata. Entro il 720 anche la Catalogna e la Settimania, vale a dire tutti i territori della monarchia visigota a sud e a nord dei Pirenei, erano occupate, anche se tra le asperitĂ dei Pirenei e dei Cantabrici sopravvivevano dei focolai di resistenza cristiana. Dalla Spagna alla Gallia meridionale, dove i Franchi nominalmente dominavano dallâinizio del VI secolo ma le istituzioni erano fragili e le strutture sociali labili, il passo poteva esser breve. Dopo aver occupato Narbona nel 718, gli Arabi si presentarono dinanzi a Tolosa nel 721 e conquistarono NĂźmes e Carcassonne nel 725. Ormai, lâintera Provenza col bacino del Rodano era teatro delle loro gesta. Secondo una tradizione radicata, un raid musulmano â con ogni probabilitĂ diretto a Tours, dove nel santuario di San Martino era custodito un ingente tesoro â venne fermato a Poitiers dal âMaestro di Palazzoâ del regno merovingio dâAustrasia, Carlo Martello: ma la battaglia, combattuta nel 732 o nel 733, Ăš in sĂ© meno importante del mito cui ha dato origine. Ne Ăš prova il fatto che, anche dopo quellâepisodio, gli attacchi dei âmoriâ alle cittĂ gallo-meridionali continuarono. Le scorrerie arabo-berbere provocarono diverse reazioni nel mondo franco, proprio a partire dalle continue campagne di Carlo Martello: ma il doppio gioco e il tradimento imperavano, per cui Ăš impossibile parlare di vere e proprie spedizioni âdei Franchi contro lâIslamâ.
Al pericolo costituito dai âmoriâ di Spagna, che a loro volta non riuscivano ad esprimere una compagine unitaria, la dinastia dei discendenti di Carlo Martello â che si era sostituita a quella dei Merovingi â doveva la sua fama e la sua gloria. Ma il rischio di unâinvasione islamica proveniente dai Pirenei era, tra VIII e IX secolo, in pratica nullo. Al contrario, era stato semmai re Carlo, nipote del Maestro di Palazzo, a tentare nel 776 dâinserirsi nelle lotte fra i piccoli emirati aragonesi. Quellâimpresa si era perĂČ conclusa male, ma era destinata a entrare nella leggenda: appartiene ad essa il celebre episodio dellâimboscata di Roncisvalle, durante la quale sarebbe caduto un collaboratore e parente di Carlo, il comes Rolando, che avrebbe dato luogo alla piĂč tarda, celebre Chanson de Roland, uno dei testi epici fondamentali del Medioevo. In realtĂ , i guerrieri franchi vennero battuti in quellâoccasione non giĂ da Musulmani, bensĂŹ da montanari baschi cristiani, ostili alla marcia di un esercito straniero attraverso le loro terre.
Carlo riuscĂŹ a organizzare a sud dei Pirenei una marca di confine, la marca di Catalogna, con il ruolo di testa di ponte per una possibile espansione nella penisola iberica: grazie ad essa lâintera area pirenaica passava sotto il controllo franco. Nel terzo decennio del secolo VIII la spinta dellâIslam â esteso ormai dallâIndo allâAtlantico, dal Caucaso al Corno dâAfrica â dava segni di stanchezza, aggravati dalla fine della dinastia umayyade, sconfitta e travolta de quella rivale degli abbasidi, di origine arabo-persiana, che spostĂČ da Damasco a Baghdad, e quindi sensibilmente ad est, il centro dellâimpero musulmano.
Fu il primo califfo abbaside, al-Mansur, a fondare sul fiume Tigri Baghdad, la nuova capitale: il baricentro della nuova dinastia si spostava nellâarea mesopotamico-iranica. CiĂČ sottintendeva un programma di asiatizzazione del califfato, con lâabbandono del modello culturale bizantino seguito dagli Umayyadi e il crescente disinteresse per unâespansione verso quellâOccidente che senza dubbio appariva povero, incolto, barbarico. Veniva cosĂŹ a indebolirsi la pressione musulmana sulla parte occidentale del Mediterraneo, anche se un membro della famiglia califfale decaduta riuscĂŹ a raggiungere la penisola iberica e a fondarvi in CĂłrdoba un emirato (dallâarabo amir, âprincipeâ) che riuscĂŹ gradualmente a imporre la propria egemonia sulla penisola iberica e sul Maghreb, tanto che nel 929 lâemiro Abd ar-Rahman potĂ© a sua volta assumere il titolo di califfo.
La piĂč potente fra le dinastie che si affermarono nel Maghreb fu quella degli Aghlabiti di Kairuan: in teoria un governatorato per conto degli Abbasidi, di fatto autonoma e a capo di un territorio che copriva, dai primi del IX secolo, lâattuale Tunisia e lâAlgeria orientale. Tra le principali imprese della dinastia aghlabita vi fu la conquista della Sicilia. Lâinvasione partĂŹ nellâ827 dallâemirato di Tunisi, ma solo ai primi del secolo successivo i Musulmani completarono la conquista: se Palermo era giĂ presa nellâ831, Siracusa non cadde che nellâ878. Nellâ829 essi assalirono il porto di Roma, Centumcellae, e da questo le bande di predatori colpirono la Tuscia, la Maremma, la Sabina, giungendo fino a saccheggiare le basiliche suburbane di San Paolo e di San Pietro.
Le scorrerie nellâItalia meridionale e poi anche lungo le coste tirreniche si susseguirono tra il secolo IX e lâinizio dellâXI. Di solito lâobiettivo degli incursori era la razzĂŹa rapida, il prelievo di gente prevalentemente giovane con cui alimentare il commercio degli schiavi, lâoccasionale imposizione di tributi e di riscatti; piĂč di rado il raid aveva come esito lâimpianto di un ânidoâ corsaro, cioĂš di una piccola colonia commerciale-militare. Talvolta si trattĂČ perĂČ anche di insediamenti duraturi, come nel caso delle isole mediterranee di Creta, Malta, Sicilia e dellâarcipelago delle Baleari, tutte conquistate nel corso dei secoli IX-X e mantenute piĂč o meno a lungo.
Intanto, nel corso del X secolo lâemiro Abd ar-Rahman III, che aveva guidato la dinastia neo-umayyade di CĂłrdoba al massimo splendore, era riuscito a estendere il suo potere anche su parte del Maghreb occidentale. La penisola iberica si presentava, con le sue comunitĂ urbane dinamiche alla ricerca di intense relazioni commerciali con i paesi sotto controllo musulmano, di modo che in questa circolazione anche il mondo occidentale diventava partecipe dei ricercati prodotti dâOriente. Le cittĂ della penisola iberica ebbero intorno al Mille rapporti diversi con il mare: da Barcellona a Siviglia fino alla costa atlantica i centri urbani svolsero ruoli diversi nel risveglio del commercio occidentale. CĂłrdoba, la capitale del califfato neo-umayyade iberico, superava nel secolo X tutte le altre cittĂ della penisola, ed era collegata ad esse da una rete di strade con un rapido sistema di corrieri appositamente addestrati.
Nel califfato umayyade Arabi e Berberi non si erano perĂČ mai propriamente fusi tra loro: la fiera aristocrazia di coloro che si consideravano i soli autentici eredi del Profeta disprezzava i parvenus africani. Tuttavia era ben presto prevalsa una moderata integrazione con i discendenti dei Latini, dei Celti e dei Germani: la vera distinzione qualificante restava quella tra i Musulmani discendenti dei conquistatori, gli abitanti locali guadagnati in tempi diversi alla fede coranica (i muwalladun) e i Cristiani rimasti fedeli alla loro religione ma arabizzati nella lingua e nei costumi, per quanto sovente non dimentichi del latino o meglio dellâidioma volgare che da esso si era sviluppato (i mustaâriba, che gli occidentali conoscono meglio con il termine di âmozarabiâ).
3 La circolazione delle merci e delle culture
Lâimportanza assunta dal commercio arabo nel Mediterraneo risulta in primo luogo dalla diffusione delle monete musulmane, che ben presto affiancarono e in molte aree soppiantarono lâegemonia del denarius aureo bizantino, il celebre âiperperoâ o âbisanteâ. A somiglianza del denarius, il dinar arabo pesava 4,25 grammi dâoro: ma piĂč diffuso di esso era il quarto di dinar, il rubaâi, che sâimpose rapidamente non solo in Sicilia ma anche nellâItalia meridionale, dove assunse il nome di tari (âfrescoâ, ossia moneta appena coniata), e dove Amalfitani e Salernitani ne producevano imitazioni. Le specie monetarie argentee erano essenzialmente rappresentate dal dirahm (il nome, passato attraverso il persiano, deriva dal greco âdracmaâ) di grammi 2,90 e dalla piccola kharruba di 2 decigrammi. Anche nella lontana Rusâ, tra il Dnieper e il Don, circolava la moneta araba: meno lâaurea, molto perĂČ quella argentea. Attraverso il mondo musulmano giungevano in Europa le merci preziose provenienti dallâAfrica e soprattutto, lungo la via delle spezie e la via della seta, dal continente asiatico. LâEuropa del tempo, invece, non possedeva nĂ© produceva merci dâesportazione verso il mondo bizantino o quello arabo-berbero musulmano: se le aristocrazie del tempo volevano importare qualcosa da quelle aree (e si trattava sempre di merci lussuose e costose), dovevano pagare in oro, un metallo che, salvo in casi eccezionali, nĂ© le monarchie romano-barbariche prima, nĂ© lâimpero carolingio e i regni posteriori si sognavano di coniare. La disponibilitĂ aurea del mondo occidentale si assottigliĂČ pertanto paurosamente, e la bilancia commerciale dellâOccidente nei confronti dellâOriente rimase a lungo passiva; soltanto nel corso dellâXI secolo qualcosa cominciĂČ a cambiare al riguardo.
Il commercio arabo-musulmano tra IX e X secolo era dâaltronde, per queste ragioni, poco interessato allâEuropa occidentale. Tuttavia câera una merce apprezzata dagli Arabi e prodotta dai âFranchiâ (in tal modo, faranj, erano chiamati tutti gli Europei occidentali, mentre i Greco-bizantini erano detti rumi, âromaniâ). Tale merce era il ferro, sia in lingotti sia in oggetti forgiati, anzitutto armi â di cui il mondo orientale era invece carente. Le âspade francheâ, prodotte soprattutto nella Germania sud-occidentale e nellâItalia settentrionale, erano ambite per le doti di soliditĂ e di bellezza delle loro lame paragonabili solo al gauhar, lâacciaio bianco yemenita, o al pulad, lâacciaio azzurro indiano. Tuttavia spesso le spade venivano acquistate, ma poi lavorate di nuovo, passate attraverso le forge specializzate musulmane, magari ageminate con tecniche raffinatissime, come nel caso delle spade e degli acciai âdi Damascoâ o âdi Toledoâ. Unâaltra merce proveniente dal âpaese dei franchiâ o dal mondo bizantino era il legname, essenziale per i cantieri musulmani piuttosto a corto di alberi di alto fusto. Dalla medesima area provenivano allâIslam cera, miele, pellicce, canapa e soprattutto la pregiatissima ambra che dava il suo nome al fascio viario â prevalentemente marittimo e fluviale â dal Baltico al Bosforo.
Se il mondo islamico si presentĂČ al proscenio del secondo millennio della nostra era molto frazionato sotto il profilo politico, straordinario fu invece il suo ruolo di mediazione, di originale rielaborazione e di sintesi sotto il profilo scientifico e culturale. âCercate la scienza dovunque si trovi, fino in Cinaâ: questa sarebbe stata una raccomandazione del Profeta ai suoi fedeli. La straordinaria capacitĂ dei Musulmani di metabolizzare le culture con le quali erano venuti in contatto dallâArabia al bacino dellâIndo e oltre, e dal Caucaso al Corno dâAfrica e alle colonne dâErcole, permise loro di sviluppare tra VII e XVI secolo una civiltĂ straordinariamente flessibile e multiforme, che entrĂČ in vario modo in relazione con quelle circostanti. CiĂČ vale soprattutto per quella âlatinaâ, la quale contrasse nei confronti dellâIslam uno straordinario debito di riconoscenza. Per il suo tramite essa potĂ© rientrare in contatto non soltanto con il patrimonio filosofico-scientifico ellenistico, ma anche con molti tesori delle culture persiana, indiana e cinese, fino ad allora estranei al mondo mediterraneo. Non si deve pensare soltanto ai tre califfati di Baghdad, di CĂłrdoba e del Cairo, centri prestigiosi di studio con le loro âmadraseâ e le loro immense biblioteche; esistevano anche molti principati musulmani i quali, pur prestando formale ossequio a uno di essi, vivevano in maniera autonoma, ed erano a loro volta promotori e protettori di centri di elaborazione culturale, da Bukhara e Samarcanda fino a Kairuan e a Marrakesh.
La personalitĂ di maggior rilievo nel mondo culturale musulmano di questo tempo Ăš soprattutto il filosofo e medico Abu âAli al-Husayn Ibn Sina, che gli occidentali conoscono con il nome di Avicenna, il cui pensiero si radicava nella teologia per espandersi perĂČ verso la matematica, la geometria, le scienze naturali, la musica, lâastronomia. La sua opera piĂč nota â in realtĂ un manuale di medicina, conosciuto col nome greco di Kanon â divenne nella sua versione latina il libro di testo delle scuole mediche europee fino al Settecento. Del resto, la letteratura musulmana di questo periodo fu soprattutto scientifica: trattati di storia, di geografia, di astronomia, di medicina, di architettura, ne sono gli esempi piĂč importanti. I geografi arabi del X-XI secolo conoscevano bene la terra e viaggiavano dalla Cina al Circolo polare e allâAfrica equatoriale trascrivendo le loro osservazioni in testi che restano classici nella storia delle esplorazioni. In generale, la cultura scientifica musulmana rielaborĂČ il sapere greco antico aggiungendovi i portati di quelli persiano, indiano e cinese: tra i suoi protagonisti furono Geber (Giabir ibn Hayyan), fondatore dellâalchimia; il matematico al-Kawarizmi, da cui lâOccidente ha tratto la parola âalgoritmoâ, nel senso di operazione aritmetica; e il filosofo al-Farabi. A questa letteratura scientifica si accompagnava una costellazione di opere poetiche e narrative, spesso a carattere popolare. Il fattore unificante della lingua araba â al tempo stesso idioma religioso-teologico, giuridico, politico e scientifico (i fedeli potevano leggere e recitare il Corano soltanto nel...