1. L’assoluto, però senza Dio…
Color che ragionando andaro a fondo,
S’accorser d’esta innata libertade;
Però moralità lasciaro al mondo.
(Dante, Purgatorio XVIII)
Quando Heidegger nel corso tenuto nel 1937 all’Università di Friburgo, commentando la dottrina dell’eterno ritorno dell’uguale – che per certi versi chiude il cerchio già rappresentato dalla volontà di potenza nel suo carattere ricorsivo – descrive la concezione nietzscheana dell’universo come «una specie di “teologia negativa” volta a cogliere l’Assoluto nel modo più puro possibile, evitando tutte le determinazioni “relative”, cioè riferentisi all’uomo», ha molto probabilmente davanti a sé l’immagine dell’Assoluto schellinghiano, così come era ancora descritto nelle Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana del 1809, scritto sul quale lo stesso Heidegger aveva orientato le proprie lezioni l’anno precedente e al quale sarebbe ritornato con un Oberseminar nel 1941. Del resto, un tale accostamento – solo presunto e di non facile dimostrazione – confermerebbe una linea interpretativa, che già trova conferma nelle lezioni heideggeriane sulla filosofia della Libertà di Schelling, secondo la quale, a parere del filosofo di Meßkirch, proprio dalla considerazione del “duplice e grandioso naufragio” di Schelling e di Nietzsche è possibile il balenare di un nuovo inizio per la filosofia occidentale. E ciò vale sicuramente tanto più nella rispettiva considerazione del «carattere complessivo dell’universo», se è vero che i naufragi che attesero Schelling e Nietzsche coincisero con la comune difficoltà/impossibilità di dare una forma compiuta, sistematica, ‘razionale’, al sapere nella sua complessità, trovando insormontabili ostacoli nell’ambito ‘a-razionale’ che entrambi intesero come polo materiale-naturale, cui attribuirono una priorità ontologica “mai risolvibile in intelletto”.
Sebbene evidentemente le Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana appartengano al periodo della cosiddetta filosofia della Libertà, esse conservano tuttavia la concezione ‘negativa’ di un Assoluto, che Schelling aveva delineato invece ‘positivamente’ già nelle Abhandlungen zur Erläuterung des Idealismus der Wissenschaftslehre del 1796-97, a partire dalla concezione kantiana di organismo e dagli studi compiuti sul Timeo e sul Filebo di Platone. Sebbene in questi scritti il discorso verta ancora esclusivamente sullo Spirito (e non sull’Assoluto) e sulla sua dinamica interna, è già possibile rinvenire le caratteristiche fondamentali dell’organismo kantiano che saranno alla base della conseguente definizione ‘positiva’ di Assoluto, quale troveremo descritta nelle opere afferenti alla filosofia dell’Identità di Schelling e in modo particolarmente significativo nel Sistema di Würzburg del 1804. Come è noto, Schelling non pubblicherà mai quest’ultima opera – preziosissima per la comprensione dell’intero Sistema schellinghiano – optando piuttosto, e significativamente lo stesso anno, per la pubblicazione di Filosofia e Religione: la Schrift polemica in risposta a Eschenmayer, con la quale il filosofo di Leonberg tenterà di risolvere la vexata quaestio dell’Übergang tra Finito e Infinito ricorrendo al concetto di caduta (ampiamente abusato e di chiara matrice neoplatonica), che darà la stura agli esiti ‘religiosi’ e controversi dell’ultima riflessione schellinghiana. Una tale ‘svolta’ nella filosofia della Libertà non autorizza tuttavia a ritenere che con essa Schelling sancisca l’abbandon...