MYRICAE
arbusta iuvant humilesque myricae
DALL’ALBA AL TRAMONTO
La prima sezione è formata da dieci brevi componimenti, uniti più o meno strettamente dal tema enunciato dal titolo: l’avvicendarsi dei vari momenti del giorno, all’interno del più ampio volgere delle stagioni, è simbolo di un alternarsi continuo di serenità e di dolore, di vita e di morte.
I
ALBA FESTIVA
Edita su «La Nazione Letteraria» del luglio 1893, fu inserita in MY394. Ascoltando le campane che suonano all’alba di un giorno di festa, il poeta ne coglie via via i timbri diversi, legandoli a valori simbolici, sottilmente variati: se i suoni chiari delle E e delle I rimandano all’amore e al desiderio (vv. 8 e 18: implori, desìo), il suono della O è solenne ma luminoso in associazione alla E (vv. 7-9), mentre nei quattro versi finali l’unione con la A nella parola-chiave tomba enfatizza il pedale cupo, legato al tema della morte. Tra le molte fonti individuate dalla critica, la più vicina (per l’analoga attenzione alle ripercussioni foniche delle vocali), anche se negata da Pascoli dopo che era stata suggerita da Zacchetti 1899, sembra essere The Bells di Poe: «Hear the sledges with the bells - / Silver bells! […] How they tinkle, tinkle, / in the icy air of night! / While the stars that oversprinkle / all the heavens, seem to twinkle / with a crystalline delight; […] Hear the mellow wedding bells, / golden bells! […] Hear the tolling of the bells - / Iron bells! […] For every sound that floats / from the rust within their throats / is a groan» [Senti le slitte con le campanelle, campane d’argento! […] Come tinnano e tinnano nella gelida aria notturna! Mentre le stelle che imperlinano tutti i cieli sembrano scintillare di una gioia cristallina […]; Senti le dolci campane nuziali, campane d’oro! […] Senti le campane che martellano, campane di ferro! […] Per ogni suono che fluttua, dalla ruggine di dentro alle loro gole, è un lamento!].
Probabilmente ha agito anche (Valentini 1973, p. 11) la parte finale del capitolo XXI dei Promessi Sposi, nell’edizione del 1840, che Pascoli antologizza in Sul limitare (p. 335): «Ed ecco, appunto sull’albeggiare, […] sentì arrivarsi all’orecchio come un’onda di suono non bene espresso, ma che pure aveva non so che d’allegro. Stette attento, e riconobbe uno scampanare a festa lontano; e dopo qualche momento, sentì anche l’eco del monte, che ogni tanto ripeteva languidamente il concento, e si confondeva con esso. Di lì a poco, sente un altro scampanìo più vicino, anche quello a festa; poi un altro. – Che allegria c’è? cos’hanno di bello tutti costoro? – […]». Ma forse Pascoli aveva presente anche l’edizione del 1827, che alla fine del brano presenta una triplice domanda dell’Innominato a se stesso: «Che allegria c’è? Di che godono tutti costoro? Che buon tempo hanno?» (cfr. il primo verso della poesia: Che hanno…?). Nava rimanda anche a Gautier (EC Contralto 55-56: «la cloche mélant dans sa fonte / la voix d’airain, la voix d’argent» [nella ghisa della campana si mescolano la voce di bronzo, la voce d’argento]) e a D’Annunzio, IC Mattinata 1-5 e 13-15: «Spandono le campane / a la prim’alba l’Ave. / Spandono questa mane / un suon grave e soave / le campane lontane. […] Un altro inno sonoro / fanno, come il dì cresce, / onde e campane in coro». Ciani-Latini aggiungono un opportuno richiamo al D’Annunzio prosatore, che in Campane (in Terra vergine) aveva già distinto e descritto i suoni diversi di tre campane: «il fremito profondo» della prima, il rintocco «stridulo, rauco, fesso» della seconda e «il martellìo celere […], gaio, schietto, squillante, petulante» della terza.
METRO: sei terzine di settenari a rima incatenata ABA, BCB, CDC, DED… chiuse da un verso isolato in rima con quello centrale dell’ultima terzina.
Che hanno le campane,
che squillano vicine,
che ronzano lontane?
È un inno senza fine,
5 or d’oro, ora d’argento,
nell’ombre mattutine.
Con un dondolio lento
implori, o voce d’oro,
nel cielo sonnolento.
10 Tra il cantico sonoro
il tuo tintinno squilla
voce argentina - Adoro,
adoro - Dilla, dilla,
la nota d’oro - L’onda
15 pende dal ciel, tranquilla.
Ma voce più profonda
sotto l’amor rimbomba,
par che al desìo risponda:
la voce della tomba.
II
SPERANZE E MEMORIE
Pubblicata sul «Marzocco» del 23 febbraio 1896 (con Allora, sotto il titolo comune di Cantilene), poi in MY497. Oggetto della poesia è un fenomeno ottico: se si fissano immagini molto luminose, esse rimangono impresse nella retina per qualche istante anche quando si distoglie lo sguardo, apparendo però nere e sfuocate. Così le vele bianche sul mare sembrano nere qu...