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Il nostro futuro si scrive in Cina

Simone Pieranni

  1. 168 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il nostro futuro si scrive in Cina

Simone Pieranni

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Informazioni sul libro

Questo libro prefigura il nostro futuro prossimo. Quello quotidiano delle nostre case, delle città in cui abitiamo, fino ai nuovi e pervasivi usi che faremo degli smartphone. Ma questo futuro sta già accadendo in Cina: intelligenza artificiale, veicoli a guida autonoma, tecnologie green, smart city, riconoscimento facciale… Lì, chi progetta il nostro mondo di domani è già all'opera.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788858142042
Argomento
Economics

1.
La nuova Silicon Valley è cinese

Nella Cina odierna è impossibile immaginare
che un individuo possa sopravvivere
in una città cinese senza smartphone
Chen Qiufan
Pechino, marzo 2019. Mentre faccio colazione a casa, su WeChat controllo le notizie del giorno. Poi esco e, mentre cammino per gli hutong (le antiche viuzze della capitale che sopravvivono ai tanti cambiamenti in corso nella città), con WeChat prenoto il taxi per andare a un appuntamento in un bar del distretto dell’elettronica della capitale cinese. All’interno del bar, grazie all’Id di WeChat metto lo smartphone in carica in appositi cubicoli all’ingresso del locale e incontro la persona con cui ho appuntamento. Poi recupero lo smartphone e pago la mia consumazione con WeChat. Ho fame, così appena uscito cerco sull’applicazione un ristorante mongolo – una mia passione – nelle vicinanze. WeChat me ne indica uno a poche centinaia di metri dalla mia posizione, all’interno di un centro commerciale. Quando arrivo, mi metto in coda. Mentre attendo il mio turno per entrare, con WeChat controllo il menu e ordino. Mentre mangio, mando ad alcuni amici il Qrcode del ristorante: si tratta di buoni sconto appena ottenuti grazie al mio pranzo. In risposta ne ricevo anche io: buoni per ristoranti, locali e per i tanti mercati on line presenti nell’app. Mi incuriosisce un negozio di robot: scarico il «mini-programma» dello store virtuale e comincio a guardare il catalogo mentre pranzo. Finito di mangiare, pago con WeChat. Nel frattempo scambio messaggi, ricevo documenti, prendo altri appuntamenti: tutto con la stessa app.
Esco dal centro commerciale e controllo sulla mappa di WeChat la zona dove devo andare per un altro appuntamento. Calcolo il percorso: prendo un autobus e poi la metropolitana e in entrambi i casi pago con WeChat. Nel frattempo acquisto on line i biglietti per un film da vedere l’indomani e spedisco dei soldi che dovevo a una persona, sempre via WeChat. Terminato il mio appuntamento esco e mi fermo davanti a un piccolo negozio di pochi metri quadrati gestito da una coppia cinese del Sud, compro dei ravioli che pago con WeChat, grazie al Qrcode appeso accanto alla porta che conduce alla piccola cucina. Poi con WeChat prenoto un biglietto del treno per Shanghai e la stanza di un hotel. Infine vado a un evento in uno dei grattacieli sulla Jianguomen, la lunga via che porta su piazza Tian’anmen. L’invito mi è arrivato via WeChat da un’amica, quando ancora ero in Italia: nella nostra chat ritrovo localizzazione, biglietto elettronico e ricevuta di pagamento (che archivio in un’apposita applicazione, sempre dentro WeChat, che aiuta a gestire la propria contabilità). Giunto sul luogo scannerizzo il Qrcode e ricevo tutta la documentazione relativa all’evento (una conferenza sui rapporti tra Cina e Usa). Insieme alla documentazione, mi ritrovo in un gruppo con tutti i presenti (i contatti li inserisco in un’apposita app dentro WeChat che consente di gestire al meglio tutte queste informazioni).
Al termine della conferenza, vado a cena con alcuni dei partecipanti. A un certo punto tutti i nostri occhi finiscono sul cellulare: WeChat chiede l’update delle nostre informazioni. Ed eccoci, una tavolata intera impegnata a farsi selfie per consentire a WeChat di tenere sotto controllo i nostri dati biometrici. Quando terminiamo la cena, con WeChat dividiamo il conto in parti uguali. Tornando a casa ripenso al mio appuntamento della mattinata: nel distretto dell’elettronica, nella zona di startup legate all’Intelligenza artificiale, ho incontrato un giovane manager cinese. A un certo punto della nostra conversazione, all’ennesimo esempio di quanto WeChat faccia risparmiare tempo (le file in banca, negli uffici pubblici, al cinema e in migliaia di altri posti) gli ho chiesto a cosa sia dedicato tutto quel tempo guadagnato. «Forse a stare al cellulare», mi ha risposto sorridendo. In effetti, in una giornata intera non ho mai usato il portafoglio, la mail, un browser. Quando rientro in casa il mio computer, appoggiato sul tavolo in cucina, mi sembra ormai semplicemente una macchina da scrivere, ma meno rumorosa. Prima di andare a dormire, l’ultima mossa: prenoto la boccia d’acqua (presente in tutte le case cinesi) per l’indomani, via WeChat naturalmente. Nel corso di tutta la mia giornata non sono mai uscito da WeChat. In Cina lo smartphone è WeChat. E WeChat sa tutto di ognuno di noi.
WeChat (Weixin in mandarino) è un’applicazione, una «super-app» come viene spesso definita, grazie alla quale in Cina, come dimostra la giornata appena descritta, è possibile fare di tutto. È divenuta una presenza totalmente pervasiva nella vita quotidiana dei cinesi. Grazie a questa enorme diffusione, la superapp cinese è diventata interessante, per la mole di dati che produce, non solo per il partito comunista cinese (Pcc), ma anche per Facebook, il social network più famoso e utilizzato nel mondo occidentale. Secondo l’«Economist» non ci sarebbero dubbi: Facebook aspira a diventare il «WeChat occidentale».
Zuckerberg, che parla un ottimo mandarino, e la cui moglie, Priscilla Chan, nasce da genitori di etnia Hoa, una minoranza sino-vietnamita di lingua cantonese, non ha solo un interesse personale e culturale per la Cina. Negli ultimi anni, infatti, si è recato con una certa continuità in Cina con un obiettivo preciso: capire meglio il funzionamento dell’«applicazione delle applicazioni» ed estrarre da questo modello cinese vincente strategie e idee da applicare su Facebook (e gli altri social network di cui è proprietario, tra i quali Instagram e WhatsApp).
WeChat ha infatti un modello di business che permette di generare denaro in modo molto più vario di quanto non faccia Facebook e di monetizzare (e incamerare) i dati degli utenti in modo molto più proficuo. Mark Zuckerberg è inoltre interessato ad alcuni aspetti di WeChat come la messaggistica diretta, la gestione dei Big Data e, soprattutto, la capacità di tenere gli utenti all’interno di «un mondo» WeChat. Non a caso, nel marzo 2019 Zuckerberg commentava l’articolo Che cosa Facebook potrebbe imparare da WeChat a firma di Jessica E. Levin, postato su Facebook nel 2015, scrivendo: «Se solo avessi ascoltato i tuoi consigli quattro anni fa...».
L’enorme interesse del più grande social network occidentale per WeChat dimostra che siamo alla fine di un percorso e all’inizio di un nuovo mondo: dopo anni di imitazione da parte della Cina di tutto quanto era prodotto in Occidente, è l’Occidente – oggi – che guarda alla Cina per trovare nuove idee e nuovi utilizzi per le proprie «invenzioni». La Cina ha ripreso il suo posto al centro del mondo come vuole il suo nome, Zhongguo, «terra di mezzo». Del resto, per i cinesi non si tratterebbe di una novità. Gli europei cominciarono a conoscere la Cina a partire dal secondo secolo a.C., quando la seta iniziò a solcare i mercati centro-asiatici prima e del Mediterraneo poi, fino ad arrivare a fare letteralmente impazzire i romani, innamorati di quel tessuto pregiato proveniente da un luogo così lontano. Una storia che i cinesi ricordano bene: l’apertura di quelle tratte commerciali che sarebbero divenute famose con il nome di Via della Seta portò in seguito a scorrerie di esploratori, geografi e archeologi, impegnati a saccheggiare la ricchezza culturale dell’odierna zona del Xinjiang e del Gansu. Allora a Pechino si divideva il mondo in due: c’erano i cinesi e c’erano i «barbari», il resto del mondo, europei compresi. All’epoca, i primi gesuiti che riuscirono ad arrivare nell’Impero celeste rimasero stupiti per il grado di sviluppo del paese. Nel diciottesimo secolo, secondo Kant, la Cina era «l’impero più colto al mondo».
Ma con il tempo quel luogo governato dai mandarini, frutto di complicati e competitivi esami, finì per diventare terra di conquista per i «barbari». Approfittando della debolezza dell’Impero cinese, incapace a fine ’800 di far fronte al progresso occidentale prodotto dalla rivoluzione industriale, i «barbari» arrivarono fino al cuore del potere cinese, defraudando il territorio di ricchezze e di intere regioni con l’uso dell’oppio, delle armi, di sotterfugi e di sconcezze come i «trattati ineguali». La Cina divenne la malata d’Asia, attraversò la sua fase storica più umiliante. Nel fondo del cuore di ogni cinese qualcosa di tutta questa storia è rimasto. Oggi, i cinesi ripropongono quell’antica Via della Seta come il simbolo del cambiamento epocale che stiamo osservando, dello spostamento da ovest a est del centro del potere economico e tecnologico: ora sono loro a capo della locomotiva. E non intendono perdere di nuovo il loro appuntamento con la storia. Ma cominciamo dal principio: cos’è WeChat e come è nata?

1.1. Il mondo è dentro WeChat

Quando WeChat ha cominciato a diffondersi vivevo in Cina da cinque anni. Ricordo distintamente quando, con un certo stupore, gli stranieri residenti assistevano a uno spettacolo mai visto: i cinesi camminavano spediti parlando con lo smartphone, quasi appoggiandovi le labbra, come fosse una propaggine del mento. Mandavano messaggi vocali. Era il 2011. La comparsa di questa abitudine potrebbe segnare simbolicamente l’inizio dell’era WeChat in Cina. Come tante altre cose che parevano assurde e che sono comparse per prime in Cina, i messaggi vocali sono diventati via via abituali anche in Occidente.
Inizia in quell’anno un periodo di grande cambiamento nel mondo della tecnologia cinese. Sappiamo che gli strumenti tecnologici che utilizziamo cambiano consuetudini personali, sociali, lavorative e nel caso del cellulare persino la nostra postura fisica (spalle leggermente curve, sguardo verso il basso). In Cina, il cambiamento avvenuto con l’avvento di WeChat ha modificato totalmente l’approccio alla rete e, di conseguenza, a poco a poco la vita quotidiana. Per esempio, ben presto sparirono le mail: Gmail non aveva alcun senso, non serviva a niente, se non a perdere tempo in attesa che le pagine si caricassero così lentamente da portare all’esasperazione. Tutto ora passava su WeChat, che dimostrava di essere veloce, immediata, una scheggia.
La superapp sostituì velocemente anche vecchie consuetudini con nuovi modi di relazionarsi. Ad esempio, un grande classico della Cina erano le business card: anche nel caso di attività piuttosto fantasiose e improbabili, era bene accreditarne l’esistenza con un biglietto da visita. E in Cina se ne possono stampare migliaia con pochi yuan di spesa. Anche gli stranieri imparavano in fretta: si riceveva il biglietto con due mani e lo si consegnava allo stesso modo. WeChat segnò la fine di un mondo: anche le business card sparirono. Divenne consuetudine, in sostituzione alle business card, scannerizzare Qrcode. E si cominciò a scannerizzare Qrcode ovunque e per ottenere qualsiasi cosa: per avere vantaggi, sconti o per partecipare a eventi. Si inaugurarono nuove danze sociali: avvicinare i cellulari e scannerizzarsi vicendevolmente i Qrcode, il modo per «connettersi». Nuove abitudini e nuovi dilemmi: è più importante la persona che scansiona, o quella che si fa scansionare?
Ma dopo tutto questo, arrivò il completamento del cambiamento in corso. E arrivò come fosse naturale, come se l’intero paese non aspettasse altro. A un certo punto fu possibile collegare il proprio account a un conto bancario cinese (ottenuto dagli occidentali grazie a non pochi equilibrismi burocratici nella fase iniziale di WeChat, mentre oggi è tutto più rapido, anche se esistono molte più limitazioni per gli stranieri) e finalmente poter comprare qualsiasi cosa con lo smartphone. Da quel giorno anche il portafoglio divenne inutile. Non serviva a niente. Anche le carte di credito, per chi le possedeva, divennero inutili. WeChat lanciò la sfida ai cinesi su due concetti – il tempo e la velocità – trasformando una società clamorosamente dipendente da carta, timbri, passaggi burocratici in una società improvvisamente cashless e senza più la necessità di stampare e timbrare qualsiasi cosa.
Ma, esattamente, cos’è WeChat? Spiegarlo a un occidentale è complicato. Alcuni provano a descriverla così: WeChat, dicono, è l’«app delle app», contiene cioè al proprio interno quanto noi siamo abituati a utilizzare in maniera separata. Se vogliamo descriverla attraverso un paragone con il nostro mondo tecnologico, possiamo dire che è come un gigantesco contenitore che mette insieme Facebook, Instagram, Twitter, Uber, Deliveroo e tutte le app che utilizziamo. Si tratta di una spiegazione che ha una sua logica, ma non è completa. In primo luogo perché, ogni volta che si usa WeChat, si scoprono nuove funzioni appena sviluppate, nuovi utilizzi che si possono poi trasformare in nuove abitudini. È ormai consuetudine, per esempio, prenotare visite mediche o pagare le tasse o le fatturazioni tramite WeChat; oppure incontrare, camminando per le strade delle metropoli cinesi, homeless che per ricevere l’elemosina mostrano ai passanti un cartello con un Qrcode. Anche l’elemosina, in Cina, oggi si fa via WeChat.
Inoltre, se è vero che WeChat può anche essere descritta come una somma di app che noi già conosciamo e utilizziamo, contiene altresì una caratteristica davvero particolare rispetto alle nostre applicazioni: può essere utilizzata per pagare qualsiasi cosa. Ogni account di WeChat è infatti collegato al conto bancario dell’utente e, attraverso la lettura dei vari Qrcode, è possibile comprare di tutto: da una corsa in taxi alla frutta in un negozio per strada, dai libri in uno store on line allo snack postato – via WeChat – da un amico nella chat privata. Con WeChat si possono persino effettuare tutte le carte per il matrimonio. E anche divorziare: basta un tasto nell’applicazione per far partire le pratiche. WeChat sa tutto di chi la utilizza, conosce gli spostamenti tanto on line quanto off line, grazie alla possibilità di pagare in qualsiasi esercizio commerciale ed essere così «tracciati» anche quando si pensa di non essere nel cyberspazio.
La superapp ha finito per creare una sorta di ecosistema all’interno del quale non serve altro, perché è capace di occuparsi di ogni aspetto della nostra vita quotidiana. In alcune città, il profilo WeChat si usa già come documento di identità. Tutto è dentro WeChat e questo significa che in Cina, se non hai «l’app delle app», sei completamente fuori dal mondo. Non scaricare WeChat è una vera e propria scelta di vita. Chi prova a resistere ha un’esistenza infernale. Zhu, un’avvocata di Shanghai, ha raccontato al magazine «Sixth Tone» di aver deciso di vivere senza l’applicazione. A motivare questa sua scelta c’è la certezza che i suoi dati saranno raccolti e usati, e non utilizzare l’applicazione è per lei un modo «per salvare la propria dignità». Ogni volta che riceve un nuovo cliente, Zhu deve avvertirlo della sua scelta, perché si dà per scontato che tutti abbiano WeChat. Quando Zhu viaggia all’estero con i suoi colleghi, gli altri possono facilmente connettersi su WeChat usando il WiFi disponibile, «ma se vogliono parlare con lei devono sborsare soldi per chiamare o mandare messaggi». Perfino i suoi genitori hanno provato a farla tornare sui propri passi e farle scaricare l’applicazione.
Questo accade perché quando parliamo di WeChat non parliamo di una semplice app: dentro WeChat si naviga, come fosse WeChat stessa la rete: esistono infatti i «mini- programmi» (come ad esempio quello del ristorante mongolo dove ho pranzato o quello del negozio di robot), ovvero mini-siti inseriti dentro l’app, all’interno dei quali si svolge ormai la vita di tutto quanto il sistema internet cinese. E i servizi continuano ad aumentare, così come le app. Ecco un esempio semplice di mini-programma: il corrispettivo Instagram cinese non è un’app tra le tante, ma si trova dentro WeChat. Sembra una cosa da poco. Ma non lo è, in un’economia che si basa ormai sullo sfruttamento dei Big Data. WeChat si è evoluta in una sorta di sistema operativo all’interno del quale girano tutti i programmi. È una porta d’accesso per tutto quanto si può fare con uno smartphone in rete e off line, capace di canalizzare un’enorme mole di dati e soldi in diversi modi: con la pubblicità, anche, ma il grosso delle entrate dipende dai gadget e dai giochi presenti nell’applicazione, da servizi premium per gli utenti e soprattutto dalla percentuale che prende su ogni pagamento. Non solo: la mole di dati che l’azienda possiede fornisce ai suoi clienti business (i produttori dei «mini-programmi») una customizzazione sempre più mirata dei propri utenti.
WeChat è diventata la memoria storica dei gusti, delle passioni, delle idee, delle inclinazioni, del potenziale di spesa di un miliardo di persone. E di tutti questi dati sa cosa farne.

1.2. Cosa racconta all’Occidente la nascita della più grande potenza tecnologica mondiale

L’impatto della «rivoluzione tecnologica» cinese non è misurabile solo con il tentativ...

Indice dei contenuti

  1. 1. La nuova Silicon Valley è cinese
  2. 2. Le città del futuro
  3. 3. La sinizzazione dell’industria digitale mondiale
  4. 4. Sistema dei crediti sociali e vite a punti
  5. 5. Creatività e ricerca: le chiavi per il successo
  6. Riferimenti bibliografici
Stili delle citazioni per Red Mirror

APA 6 Citation

Pieranni, S. (2020). Red Mirror ([edition unavailable]). Editori Laterza. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3461212/red-mirror-il-nostro-futuro-si-scrive-in-cina-pdf (Original work published 2020)

Chicago Citation

Pieranni, Simone. (2020) 2020. Red Mirror. [Edition unavailable]. Editori Laterza. https://www.perlego.com/book/3461212/red-mirror-il-nostro-futuro-si-scrive-in-cina-pdf.

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Pieranni, S. (2020) Red Mirror. [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3461212/red-mirror-il-nostro-futuro-si-scrive-in-cina-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Pieranni, Simone. Red Mirror. [edition unavailable]. Editori Laterza, 2020. Web. 15 Oct. 2022.