Il romanzo di Renata di Francia
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Il romanzo di Renata di Francia

Nel dramma religioso del '500

Alessandro Roveri

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Il romanzo di Renata di Francia

Nel dramma religioso del '500

Alessandro Roveri

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«Romanzo, questo? Nella misura in cui la parola “romanzo” allude a vicende umane avventurose, come quelle che Benedetto Croce incluse nelle sue “vite di avventure di fede e di passione”, senz’altro sì. Esistono, nelle letterature moderne, centinaia di romanzi tout court, di valore assai diseguale. È esistita la teoria manzoniana del romanzo storico. Questo lavoro non appartiene a quelle due categorie. Non è invenzione letteraria. È “romanzo” nel senso crociano di “vita”, come sono romanzi le crociane vite di Filippo di Fiandra o di Isabella di Morra. È “romanzo” in quanto lavoro di storia. E si potrebbe dire, parafrasando Amleto, che ci sono più cose fra cielo e terra di quante possano immaginarne i romanzieri». (A.R.)

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Information

Year
2020
ISBN
9788835385578

L’ASSISTENZA DI RENATA A TUTTI I PERSEGUITATI DALLA CHIESA DI ROMA. L’ANABATTISMO A FERRARA

A giudicare dagli aiuti che Renata di Francia offerse successivamente a tutti coloro che, con le idee religiose più diverse, abbandonavano la Chiesa di Roma, si direbbe che la lettera di Calvino del novembre 1541 avesse prodotto concreti risultati di impegno della duchessa di Ferrara. Dell’esistenza di una lettera di Camillo Renato a Renata di Francia si ha prova certa. Si tratta di un dispaccio datato da Chiavenna 20 dicembre 1542: una richiesta di aiuto in denaro [1] . Camillo Renato era fuggito dal carcere bolognese dell’Inquisizione romana, nel frattempo istituita dalla bolla Licet ab initio di Paolo III, e si era rifugiato a Chiavenna. Ormai «si parlava di Renata favorevolmente persino tra i riformati fuggiti in Svizzera» [2] . Quella lettera è indicatrice di un rapporto diretto tra il condannato del dicembre 1540 e la duchessa di Ferrara.
Dei suddetti aiuti prestati da Renata di Francia ci hanno lasciato ampia testimonianza le delazioni strappate dall’Inquisizione al “pentito” Pietro Manelfi.
Ne risulta che intorno al 1545-47 lo stesso Manelfi, allora luterano, passando per Consandolo, chiede ed ottiene da Renata otto scudi destinati all’amico e correligionario, il francescano ravennate Giovanni Buzio da Montalcino, su richiesta di quest’ultimo (che sarà giustiziato a Roma il 4 settembre 1553) [3]; che ancora tra 1545 e 1547 lo speziale luterano Gioan Battista Minadois di Bagnacavallo invia lettere a Renata, probabilmente per la stessa ragione; che il luterano ex agostiniano maestro di scuola di Fusignano nello stesso periodo fugge dal carcere del vescovo di Firenze e si rifugia a Consandolo presso la duchessa Renata, per poi tornare a Fusignano; che un medico di Argenta e la moglie fanno capo alla vicina Consandolo; che in quella corte di Renata vivono tra 1545-47 e 1550: sei anabattisti (tra essi quattro artigiani più lo spretato Antonio Pagani, cappellano della duchessa); il calvinista (elemosiniere di Renata) Ambrogio (nato Gerolamo) Cavalli (sul quale torneremo più sotto) con il suo garzone luterano (sfratato); Francesco Greco (di cui diremo più innanzi); il cuoco della duchessa e le figlie (luterani); il medico luterano di Renata più molti altri sfratati, tra cui un servo cremonese della duchessa [4]. A Ferrara nel 1550 vivono almeno nove anabattisti (tra cui due ex frati con moglie e figli), uno dei quali, il fabbricante di bambole Baldassarre, riceve elemosine da Renata di Francia, e sarà condannato a morte a Bologna nel 1567 [5]. In contatto con parte di costoro e con gruppi di “eretici” formatisi a Venezia, Roma, Lucca e Modena (tra i membri dell’eterodosso circolo modenese: l’Accademia di Giovanni Grillenzoni) era stato l’artigiano e mercante bolognese, pentito nel 1547, Giovan Battista Scotti, il quale, secondo la testimonianza del compagno di fede Domenico Rocca, da lui tradito, distribuiva a destra e a manca libri provenienti dalla Germania e dalla Svizzera, chiamava il papa l’«Anticristo» e sosteneva che il battesimo doveva essere impartito agli adulti [6].
Dunque la calvinista Renata di Francia non proteggeva soltanto calvinisti e luterani, ma anche gli anabattisti. A questo punto la ricchezza dei cristianesimi, presenti a Ferrara grazie al presidio delle corti ferrarese e consandolese della duchessa, impone una parentesi sulla «Riforma radicale» introdotta dall’anabattismo, un quinto tipo di cristianesimo italiano accanto all’evangelismo spiritualistico valdesiano, al luteranesimo, alla confessio elvetica di Zwingli e al calvinismo.
All’origine dell’anabattismo troviamo la figura di Thomas Münzer. Monaco agostiniano anch’egli come Lutero e seguace del suo confratello sassone, Münzer ne portò alle estreme conseguenze le dottrine del libero esame e del sacerdozio universale dei credenti, contrapponendo al clero luterano la sua religione del puro spirito, senza preti e senza ministri, totalmente separata dallo Stato e basata sull’illuminazione interiore dello Spirito intesa come vero battesimo contrapposto a quello dei neonati. Tra i contadini della Turingia e della Sassonia Münzer divenne molto più popolare di Lutero, perché la sua religione comprendeva l’accoglimento delle loro aspirazioni alla giustizia sociale e alla comunione dei beni. Scoppiata in Germania nel 1524 la rivolta dei contadini, Lutero si schierò dalla parte dei principi e la rivolta fu stroncata. Münzer venne catturato e decapitato.
Luterani e zwingliani, e successivamente i calvinisti si allearono nella persecuzione della setta cristiana da essi chiamata anabattista (ribattezzatrice) e considerata sovversiva, perché sostenitrice del rifiuto dello Stato, della guerra, dei giuramenti, dell’alcoolismo, della proprietà privata: una setta caratterizzata da una fortissima tensione morale e da un totale separatismo. Gli anabattisti praticavano il battesimo degli adulti, perché consideravano l’aspersione battesimale tradizionale inadatta a rappresentare il morire e il risorgere con il Cristo identificati dall’apostolo Paolo con il Battesimo. Come si è accennato, anche gli zwingliani respinsero l’idea anabattista della totale separazione della Chiesa dallo Stato, e reagirono mandando a morte i suoi sostenitori, che minavano alla base la città riformata svizzera. Gli zwingliani furono i primi a “fare i conti” con la provocazione anabattista.
Duramente perseguitato nella zwingliana Zurigo, il movimento anabattista si estese in territorio germanico, guadagnando forti adesioni in città come Strasburgo e Augusta, ma venne condannato come eretico dalle diete imperiali, onde gli anabattisti furono perseguitati, condannati a morte (per lo più affogati) o banditi sia in territori protestanti sia in territori cattolici.
Anabattista, dicono le fonti, fu la dottrina diffusa dal misterioso Tiziano, un personaggio, del quale si conosce soltanto il nome, dimorante e attivo nel 1550 a Ferrara, in un luogo chiamato Terra delle Fosse (forse l’attuale Torre Fossa, sobborgo della città, così chiamata quando nel 1462 Borso d’Este vi fece costruire una chiavica per lo scolo alle escrescenze del Reno [7]). Non essendo possibile in questa sede dar conto della complessa discussione storiografica intorno all’anabattismo, ci limiteremo, per quanto riguarda quello del Tiziano e Ferrara, ad adottare il metodo del congregazionalista [8] statunitense George H. Williams, proponendo cioè qui il nocciolo dell’anabattismo in nome del quale Tiziano ribattezzò a Ferrara il Manelfi e quattro suoi compagni, profughi veneti fuggiti a Ferrara e ospitati in casa sua, per sottrarsi all’arresto ordinato dalla Serenissima [9].
In tale professione di fede tizianiana e manelfiana spiccano: l’assenza di carisma nei sacramenti, considerati come semplici simboli; la condanna della Chiesa di Roma, diabolica e anticristiana, onde va ribattezzato da adulto chi vi è stato battezzato; incompatibilità tra la fede anabattista e l’accettazione di qualsiasi carica pubblica (ossia, insomma, come s’è detto, la totale separazione tra la chiesa e lo Stato): «Non essere lecito secondo l’Evangelio battezzare gli fanciulli se prima non credono. Gli magistrati non poter essere cristiani. Gli sacramenti non conferire grazia alcuna. Non tenere nella chiesa altro che scrittura sacra. Non tenere oppenione alcuna de’ dottori. Tenere la Chiesa romana essere diabolica et antecristiana. Quelli che sono stati battezzati non essere cristiani, ma essere bisogna rebattizzarli» [10].
Questi, aveva già scritto Cantimori nel 1936, i punti sui quali tutti gli anabattisti italiani «si trovavano d’accordo». Secondo l’insigne storico romagnolo, il rifiuto di riconoscere come cristiana «l’organizzazione giuridica statale (la magistratura)» è riconducibile alla composizione prevalentemente popolare (forte presenza delle classi inferiori) del movimento anabattistico italiano [11].
In una quindicina questi anabattisti si incontrarono nell’ottobre del 1550 a Venezia. All’incontro partecipò anche, in rappresentanza della comunità anabattista italiana di Basilea, il grande umanista piemontese Celio Secondo Curione, del quale incontreremo più innanzi l’amicizia con Pellegrino Morato e la dimestichezza con Ferrara. Quel concilio approdò all’antitrinitarismo; sostenne cioè, ha scritto infatti Cantimori [12], «che la maggioranza dei suoi partecipanti riteneva Cristo soltanto uomo, se pur ripieno di tutte le virtù di Dio; gli angeli erano stati semplici annunciatori della parola divina, uomini ispirati; non esisteva altro demonio che la “prudentia humana”. Si riprendeva la dottrina che l’inferno è semplicemente il sepolcro […]; le anime degli empi perivano per essi col corpo come per un qualunque animale, quelle degli eletti dormivano dopo la morte fino alla resurrezione finale. La elezione avveniva secondo loro per l’eterna misericordia e carità di Dio senza nessuna opera visibile, quindi senza i meriti di Cristo, il cui benefizio stava solo nell’insegnamento e nella testimonianza miracolosa della giustizia di Dio, non nel sacrificio. Vennero anche riprese e riaffermate le dottrine sulla magistratura, sul battesimo ecc., ormai tradizionali dell’anabattismo».
Rispetto alla professione di fede del reclutamento ferrarese del Manelfi da parte di Tiziano si era aggiunto a Venezia l’antitrinitarismo, approvato dalla maggioranza.
Di qui la necessità di un convegno, che si tenne a Ferrara dopo la discussione veneziana. Con ogni probabilità fu Tiziano, contrario alla dichiarazione della semplice natura umana di Cristo, a chiedere la ripetizione del concilio a Ferrara, città nella quale egli aveva la sua base, aveva ribattezzato il Manelfi e il gruppo dei veneti e sperava di ribaltare la decisione veneziana. Anche in questo secondo concilio, però, venne negata a maggioranza la divinità di Cristo. Uno dei più autorevoli partecipanti all’incontro di Ferrara, il ministro anabattista Marcantonio del Bon di Asolo dichiarerà all’Inquisizione, entrata in azione grazie alle delazioni del Manelfi, che a Ferrara, «anchor che tutti restarono quieti della umanità di Christo et dell’Evangelio, pur anchora alcuni erano che non assentivano che Christo fosse puro uomo. […] Io so che gli era Titiano che contrastava grandemente, ma delli altri non so, perché lui allegava che distruggendo una parte se veniva a distruggere il tutto» [13].
Siamo così passati agli ultimi mesi del 1550. Per tentare di capire la posizione di Tiziano occorre tornare a Camillo Renato e sviscerare le idee di Giorgio Rioli.
Conviene anzitutto ricordare che Camillo Renato fuggì dal carcere di Bologna (o, secondo taluno, di Ferrara) per riparare nel 1542 prima in Valtellina e poi nei più sicuri Grigioni, dove lo raggiunse l’aiuto in denaro di Madama Renata, e dove per il suo radicalismo religioso fu oggetto, insieme all’amico Pietro Bresciani, medico di Casalmaggiore, delle invettive dell’”ortodosso” luterano Agostino Mainardi (1482-1563), il frate agostiniano costretto a fuggire dalla Lombardia nell’estate del 1541 e divenuto pastore della comunità protestante di Chiavenna [14].
Limitiamoci per il momento a soffermarci su quello...

Table of contents

  1. Copertina
  2. IL ROMANZO DI RENATA DI FRANCIA
  3. Indice
  4. Intro
  5. PREMESSA
  6. CALVINO A FERRARA DALLA DUCHESSA D’ESTE
  7. LA DUCHESSA RENATA E LA SUA CORTE
  8. VITTORIA COLONNA E BERNARDINO OCHINO A FERRARA
  9. CAMILLO RENATO PROCESSATO A FERRARA
  10. LETTERA DI CALVINO A RENATA (1541)
  11. L’ASSISTENZA DI RENATA A TUTTI I PERSEGUITATI DALLA CHIESA DI ROMA. L’ANABATTISMO A FERRARA
  12. IL CONVENTO FERRARESE DI SAN BENEDETTO RIFUGIO DELL’“ERETICO” BENEFICIO DI CRISTO E DEL SICULO
  13. OLIMPIA MORATA
  14. GIORGIO SICULO A FERRARA
  15. PROCESSO, CONDANNA E STRANGOLAMENTO DI GIORGIO SICULO
  16. A FERRARA L’INQUISIZIONE PROCESSA E CONDANNA RENATA DI FRANCIA
  17. MADAMA RENATA NON DEMORDE
  18. REPRESSIONE A FERRARA DELLA SETTA GEORGIANA
  19. IL RITORNO IN FRANCIA DELLA DUCHESSA RENATA
  20. Ringraziamenti
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Roveri, A. (2020). Il romanzo di Renata di Francia ([edition unavailable]). Tiemme Edizioni Digitali. Retrieved from https://www.perlego.com/book/2092216/il-romanzo-di-renata-di-francia-nel-dramma-religioso-del-500-pdf (Original work published 2020)

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Roveri, Alessandro. (2020) 2020. Il Romanzo Di Renata Di Francia. [Edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. https://www.perlego.com/book/2092216/il-romanzo-di-renata-di-francia-nel-dramma-religioso-del-500-pdf.

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Roveri, A. (2020) Il romanzo di Renata di Francia. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. Available at: https://www.perlego.com/book/2092216/il-romanzo-di-renata-di-francia-nel-dramma-religioso-del-500-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Roveri, Alessandro. Il Romanzo Di Renata Di Francia. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali, 2020. Web. 15 Oct. 2022.