La saga dei Forsyte. Tre volumi: Il possidente, In tribunale, In affitto
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La saga dei Forsyte. Tre volumi: Il possidente, In tribunale, In affitto

John Galsworthy, Gian Dàuli

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La saga dei Forsyte. Tre volumi: Il possidente, In tribunale, In affitto

John Galsworthy, Gian Dàuli

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In un unico volume i primi tre episodi della Saga dei Forsyte: Il possidente, In tribunale e In affitto. Antesignana di ogni narrazione famigliare, capolavoro sospeso fra passioni e rimpianti, intrighi, tradimenti e sensi di colpa, La saga dei Forsyte, più volte raccontata al cinema e alla televisione, è il prototipo di ogni fiction contemporanea, un'interminabile, appassionante storia a puntate che impegnò il suo autore, il Nobel John Galsworthy, per gran parte della sua esistenza. I tre romanzi qui raccolti, completi delle introduzioni, sono proposti in edizione integrale con note esplicative.

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Information

Year
2017
ISBN
9788893040921
Questa volta, la terza, il suo volto e la sua persona, non più alterati dal velo della speranza folle e della disperazione, gli apparvero più belli. E pensò, guardandola: «Sì, capisco benissimo come il papà sia stato preso d’ammirazione per voi!». E lentamente gli si chiarì la strana storia dell'Estate di San Martino di suo padre. Lei parlava del vecchio Jolyon con reverenza e con le lacrime agli occhi. «Era così buono con me; e non ne so la ragione. Era così bello e calmo in quella poltrona all’ombra dell’albero; fui io la prima a vederlo, sapete. Una giornata meravigliosa. Penso che la sua fine non avrebbe potuto essere più felice. Tutti vorremmo che la nostra morte fosse così».
«È vero» aveva pensato Jolyon. «Tutti vorremmo morire in piena estate, mentre la bellezza ci viene incontro, attraverso un prato».
E guardando il piccolo salotto quasi vuoto, le aveva chiesto che cosa avrebbe fatto ora.
— Vivrò di nuovo un po', cugino Jolyon. È meraviglioso possedere del denaro. Non ne ho mai avuto. Credo che rimarrò in questa casa, ci sono abituata. Ma potrò andare in Italia.
— Benissimo! — aveva mormorato Jolyon guardando le sue labbra che sorridevano debolmente; e se ne era andato pensando: «È davvero una donna affascinante! Che peccato! Sono contento che papà le abbia lasciato quel denaro».
Non l'aveva più vista; ma, a ogni trimestre, le girava un assegno alla sua banca, e le mandava un biglietto a Chelsea per avvertirla; e sempre riceveva un cenno di ricevuta, quasi sempre da casa, ma qualche volta dall'Italia; così che la sua personalità s’era immedesimata per lui in quei fogli di carta lillà dal vago profumo, con la bella grafia diritta e le parole: «Caro cugino Jolyon». Lui si sentiva ora un possidente, e ogni volta che firmava il modico assegno, non poteva fare a meno di pensare: «Penso che se la caverà appena appena», e si chiedeva vagamente come lei potesse vivere in un mondo di uomini poco abituati a lasciar passare la bellezza senza cercare d’impadronirsene. Da principio Holly aveva parlato di lei qualche volta, ma la «signora in grigio» presto svanì dalla memoria dei bambini; e il movimento convulso con cui June stringeva le labbra in quelle prime settimane dopo la morte del nonno, appena si menzionava il nome della sua antica amica, aveva fatto tacere tutte le allusioni. Una volta sola June aveva detto risolutamente: «lo l'ho perdonata. Sono tanto tanto contenta che adesso sia indipendente...»
Ricevendo il biglietto da visita di Soames, Jolyon disse alla cameriera — perché non poteva sopportare i domestici:
— Fatelo entrare nello studio, per favore, e ditegli che andrò subito; — poi guardò Holly e chiese: — Ricordi la «signora in grigio» che ti ha dato, tempo fa, lezioni di musica?
— Oh, sì, perché? È venuta?
Jolyon scosse il capo e mentre cambiava con una giacca la sua blusa di tela rozza, tacque, pensando che una simile storia non era adatta per quelle giovani orecchie. Mentre si dirigeva allo studio, il suo volto era l'incarnazione della più bizzarra perplessità.
In piedi vicino alla finestra, c'erano due figure intente a guardare la quercia oltre la terrazza; un uomo di mezza età e un ragazzo. E lui pensò: «Chi è quel ragazzo? Non ho mai saputo che avessero un figlio».
L'uomo anziano si girò. In quell’incontro dei due Forsyte della seconda generazione, tanto diversa dalla prima, nella casa fabbricata da uno di loro e posseduta e abitata dall'altro, si sarebbe potuto scorgere un leggero atteggiamento di difesa sotto l’aperto tentativo di cordialità.
«È venuto qui per sua moglie?» pensava Jolyon; e Soames: «Come posso incominciare?» mentre Val, presente per rompere il ghiaccio, esaminava con indifferenza quel «leopardo barbuto» da sotto le folte sopracciglia scure.
— Questo è Val Dartie, — disse Soames, — figlio di mia sorella. Sta per andare a Oxford. Avrei voluto che conoscesse tuo figlio.
— Ah! mi spiace che non ci sia Jolly. In che collegio sei?
— R. N. C. — rispose Val.
— Jolly è alla «House», ma sarà lieto di venirti a cercare.
— Grazie infinite.
— Holly è in casa: se vi potete accontentare di una parente di genere femminile, vi farà vedere la casa. La troverete nel salone, oltre quella tenda. Stavo appunto facendole il ritratto.
Con un altro «Grazie infinite!», Val scomparve, lasciando soli i due cugini: il ghiaccio era rotto.
— Ho visto alcuni tuoi acquerelli, — disse Soames.
Jolyon trasalì. Non era più in contatto con la famiglia Forsyte da almeno ventisei anni, ma i Forsyte erano connessi nella sua mente col «Derby Day» di Frith e le incisioni di Landseer. Aveva sentito dire da June che Soames era un intenditore, il che era anche peggio. E cominciava a provare, intanto, un senso curioso di ripugnanza.
— È un pezzo che non ti vedo, — disse.
— Sì, — rispose Soames tra le labbra serrate, — da quando... Naturalmente è per ciò che sono venuto. Sei il suo amministratore, a quanto ho capito.
Jolyon assentì col capo.
— Dodici anni sono lunghi, — disse Soames in fretta. — E io sono stanco ormai.
Jolyon non trovò altra risposta più opportuna:
— Fumi?
— No, grazie.
Jolyon si accese una sigaretta.
— Voglio essere libero, — disse Soames di colpo.
— Io non la vedo mai, — mormorò Jolyon attraverso il fumo della sigaretta.
— Ma sai dove abita, suppongo?
Jolyon crollò il capo. Non voleva dargli il suo indirizzo, senza esserne autorizzato da lei. Parve che Soames indovinasse il suo pensiero.
— Non voglio sapere il suo indirizzo, — disse: — lo conosco.
— Che cosa vuoi, allora?
— Lei mi ha abbandonato. Voglio il divorzio.
— È un po’ tardi, non ti pare?
— Sì, — disse Soames. E seguì un silenzio.
— Non m’intendo molto di queste cose — almeno, le ho dimenticate, — disse Jolyon con un sorriso forzato. Lui aveva dovuto attendere che la morte gli concedesse il divorzio dalla prima Mrs. Jolyon. — Vuoi che gliene parli?
Soames alzò gli occhi al volto di suo cugino.
— Suppongo che ci sarà qualcuno nella sua vita, — disse.
Jolyon si strinse nelle spalle.
— Non lo so. Penso che ciascuno di voi abbia vissuto come se l'altro fosse morto. Come accade in questi casi.
Soames si voltò verso la finestra. Le prime foglie di quercia cadute erano sparse sulla terrazza, trasportate dal vento. Jolyon vide le figure di Holly e di Val Dartie che attraversavano il prato dirigendosi verso le scuderie. «Non voglio fare insieme la parte della lepre e del cane da caccia,» pensò. «Devo agire a vantaggio di Irene. Così avrebbe voluto il papà». E per un attimo gli parve di vedere la figura di suo padre, seduto nella vecchia poltrona, vicino a Soames, con le gambe incrociate, il “Times” in mano. La visione scomparve.
— Mio padre le voleva bene, — disse tranquillamente.
— E perché poi, non riesco a capirlo, — rispose Soames senza girarsi. — Ha fatto del male a tua figlia, ha fatto del male a tutti. Le ho dato tutto ciò che voleva. L'avrei anche perdonata, ma lei ha preferito lasciarmi.
Il tono di quella voce fredda soffocò la compassione nascente nel cuore di Jolyon. Che cosa c'era in quell’uomo che rendeva impossibile averne pietà?
— Posso andarla a trovare, se vuoi, — disse. — Suppongo che sarà lieta di divorziare, ma non ne so nulla.
Soames scosse il capo.
— Si, vai, ti prego. Come ti ho detto, conosco il suo indirizzo, ma non ho voglia di vederla. — Si passò la lingua sulle labbra, come se fossero asciutte.
— Vuoi prendere il tè? — disse Jolyon, soffocando le parole, — o visitare la casa? — E lo guidò nel salone.
Dopo avere suonato il campanello e ordinato il tè, mosse verso il cavalletto e voltò lo schizzo contro il muro. Gli seccava che il suo lavoro fosse osservato da Soames, che se ne stava là, in quella grande stanza che era stata destinata appunto a contenere i suoi quadri. Nel volto di suo cugino, che aveva col suo una quasi impercettibile somiglianza di famiglia, e nel suo aspetto chiuso, concentrato, tutto mento, Jolyon vedeva qualcosa che gli faceva pensare: «Quest’uomo è incapace di dimenticare come di abbandonarsi. E addirittura commovente!»

VII. Il ragazzo e la ragazzina

Mentre lasciava la compagnia dei suoi maggiori, il giovane Val pensava: «Che seccatura! Ha avuto una bella idea lo zio Soames! Che tipo sarà questa ragazzina?». Non si aspettava nulla di piacevole dalla sua compagnia; e a un tratto ecco, se la vide davanti che lo guardava. E come era graziosa! Una bella fortuna!
— Temo che non mi conosciate, — disse. — Mi chiamo Val Dartie. Sono un vostro lontano parente, un cugino in secondo grado, o qualcosa di simile, sapete. Mia madre è una Forsyte.
Holly, troppo timida per tirare indietro la manina bruna, che rimase perciò tra le sue, disse:
— Non conosco nessuno dei miei parenti. Sono molti?
— Tonnellate. Sono insopportabili, quasi tutti. Almeno, non so, alcuni, i parenti sono sempre insopportabili, non vi pare?
— Anche loro forse ci penseranno insopportabili, — disse Holly.
— Non lo so perché: nessuno potrebbe pensare voi insopportabile credetemi.
Holly lo guardò, e il pensoso candore di quegli occhi grigi diede al giovane Val l’improvvisa sensazione di doverla proteggere.
— Voglio dire che c'è gente e gente, — aggiunse furbescamente. — Per esempio, vostro padre sembra una persona terribilmente degna.
— Oh, sì! — disse Holly con fervore; — lo è.
il rossore salì alle guance di Val, ricordando quella scena sulla balconata del Pandemonium, quell’uomo bruno col garofano rosso, che era suo padre.
— Ma voi sapete che tipi sono i Forsyte, — disse, quasi dispettosamente. — Oh! dimenticavo che voi non li conoscete.
— Che tipi sono?
— Oh, terribilmente prudenti: non hanno per nulla la mentalità di sportsmen. Guardate lo zio Soames!
— Mi piacerebbe vederlo, — disse Holly.
Val soffocò il desiderio di prenderla sotto braccio.
— Oh, no, — disse; — usciamo piuttosto. Lo vedrete anche troppo presto. Che tipo è vostro fratello?
Holly, senza rispondere, lo guidò sulla terrazza e giù lungo il prato. Come descrivere Jolly che era stato sempre, fin dove giungevano i suoi ricordi, suo signore, suo padrone, suo ideale?
— Non sapete dirmelo? — disse Val con sagacia. — Lo conoscerò a Oxford. Avete dei cavalli?
Holly accennò di sì col capo.
— Volete vedere le scuderie?
— Molto volentieri!
Passarono sotto la quercia e, attraversando un rado boschetto, giunsero al cortile interno delle scuderie. Là, sotto la torretta dell'orologio giaceva un cane lanoso, bianco e bruno, così vecchio che non poteva neanche più tenersi in piedi, ma, vedendoli, agitò debolmente la coda arrotolata sulla schiena.
— Questo è Balthazar, — disse Holly; — è tanto vecchio, terribilmente vecchio, quasi come me. Povera bestia! È molto affezionato al babbo.
— Balthazar! Che nome buffo! Non è di razza pura, sapete.
— No! ma è molto caro, — e si piegò ad accarezzare il cane. Leggiadra e agile, con la testa bruna scoperta e l’esile collo e le mani abbronzate, lei appariva a Val strana e dolce, una creatura buona che s’insinuava tra lui e tutto ciò che aveva conosciuto sino ad allora.
— Quando morì il nonno, — disse, — non mangiò per due giorni. Lo vide morire, sapete?
— Ah, il vecchio zio Jolyon? La nonna dice sempre che era un uomo superiore.
— Lo era, — disse Holly semplicemente e aprì la porta della scuderia.
In un compartimento separato stava un cavallo roano41 dai riflessi argentei, alto circa sessanta pollici, con la lunga coda e la criniera nere.
— Questo è il mio Fairy.
— Ah! — disse Val, — è un bel cavallino. Ma dovreste accorciargli la coda. Sarebbe più elegante. — Poi, scorgendo il suo sguardo meravigliato, pensò improvvisamente: «Non so dirle nulla che le piaccia!». Aspirò lungamente l'aria della scuderia. — I cavalli appassionano, no? Mio padre... — si fermò.
— Quindi? — disse Holly.
Lui fu quasi sopraffatto dall’impulso di confidarsi con lei, ma lo represse a tempo.
— Oh! niente, ne è addirittura innamorato. Anche a me piacciono molto, e mi piace cavalcare e cacciare. E adoro le corse; vorrei essere un corridore. — E dimenticando che aveva solo un giorno da passare in città, e per di più due impegni, sbottò fuori: — Dite un po’, se io domani mi procuro un cavallo, venite con me a fare una cavalcata a Richmond Park?
Holly batté le mani.
— Oh, sì! Mi piace tanto cavalcare. Ma qui c’è il cavallo di Jolly, perché non lo prendete? Eccolo. Potremmo andare dopo il tè.
Val diede uno sguardo dubbioso ai propri pantaloni. Aveva sognato di presentarsi a lei coi calzoni corti immacolati, gli alti stivali scuri e la giacca di velluto.
— Non mi va molto di prendere il suo cavallo, — disse. — Potrebbe seccarsi. E poi, lo zio Soames vorrà tornare a casa, suppongo. Non che io sia appiccicato a lui addirittura, sapete. Non avete uno zio, no? Questo è davvero un bell’animale, — aggiunse, osservando il cavallo di Jolly, dal manto bruno scuro, che mostrava il bianco degli...

Table of contents

  1. PRIMO VOLUME
  2. VI. Nel quale si vede tutto James, quanto è lungo
  3. V. Soames e Bosinney si scrivono
  4. XII. June fa qualche visita
  5. VI. Soames dà la notizia
  6. IV
  7. VII. Il ragazzo e la ragazzina
  8. III. Visita a Irene
  9. XIII. «Eccoci qui di nuovo»
  10. XII. Nascita di una Forsyte
  11. Capitolo II
  12. Capitolo X
  13. Capitolo VI
  14. Capitolo IV
  15. Soames medita
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Galsworthy, J. (2017). La saga dei Forsyte. Tre volumi: Il possidente, In tribunale, In affitto ([edition unavailable]). Edizioni Falsopiano. Retrieved from https://www.perlego.com/book/2093284/la-saga-dei-forsyte-tre-volumi-il-possidente-in-tribunale-in-affitto-pdf (Original work published 2017)

Chicago Citation

Galsworthy, John. (2017) 2017. La Saga Dei Forsyte. Tre Volumi: Il Possidente, In Tribunale, In Affitto. [Edition unavailable]. Edizioni Falsopiano. https://www.perlego.com/book/2093284/la-saga-dei-forsyte-tre-volumi-il-possidente-in-tribunale-in-affitto-pdf.

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Galsworthy, J. (2017) La saga dei Forsyte. Tre volumi: Il possidente, In tribunale, In affitto. [edition unavailable]. Edizioni Falsopiano. Available at: https://www.perlego.com/book/2093284/la-saga-dei-forsyte-tre-volumi-il-possidente-in-tribunale-in-affitto-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Galsworthy, John. La Saga Dei Forsyte. Tre Volumi: Il Possidente, In Tribunale, In Affitto. [edition unavailable]. Edizioni Falsopiano, 2017. Web. 15 Oct. 2022.