Antigone
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Antigone

La ragione di Stato

Sonia Macrì, AA.VV., Sonia Macrì

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Antigone

La ragione di Stato

Sonia Macrì, AA.VV., Sonia Macrì

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Erede di una terribile colpa – l'incesto del padre-fratello Edipo –, Antigone è colei che ama eroicamente e che moltiplica i suoi volti nelle riscritture del mito, mostrandosi ora donna innamorata e adolescente inquieta, ora eroina della giustizia, ribelle e martire della ragion di Stato. Pensiamo ad Antigone come alla figlia pietosa e alla sorella devota delle tragedie di Sofocle ma la ritroviamo soprattutto nelle vesti di paladina della libertà individuale contro tutte le forme di sopraffazione da parte di chi sta al potere. Da Stazio ad Alfieri, da Hölderlin a Hegel, da Brecht ai nostri giorni, Antigone non cessa di porre interrogativi di natura etica, filosofica, politico-giuridica. D'Annunzio invoca la sua presenza in una lirica di Alcyone chiamandola «Antigone dall'anima di luce», ed è così che la immaginiamo nel continuo rinnovarsi del suo destino. Chi s'innamora di Antigone, diceva il poeta Shelley, non sarà mai soddisfatto di nessun altro legame mortale.

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Information

Publisher
Pelago
Year
2021
ISBN
9791280714565

Antologia

Il busto del poeta Sofocle, disegnato da un anonimo illustratore, per una rivista francese uscita a Parigi nel 1840.
Il busto del poeta Sofocle, disegnato da un anonimo illustratore, per una rivista francese uscita a Parigi nel 1840.

Una stirpe sciagurata

L’attestazione più antica che possediamo sul problema della sepoltura degli eroi argivi ricorre nella perduta tragedia di Eschilo intitolata Eleusinii (475 a.C.). In essa, secondo quanto si può ricostruire dai due frammenti superstiti e, inoltre, dalla testimonianza di Plutarco, si narrava come il re Teseo fosse riuscito a persuadere i Tebani a restituire i corpi dei caduti, facendo leva non sulla violenza ma sulla forza delle parole. Non sappiamo se la figura di Antigone fosse contemplata nell’intreccio, ad ogni modo la tragedia introduceva un tema che sarebbe stato a più riprese sondato dai tragediografi attici. Anche il motivo della famiglia che si annienta da sé fu valorizzato, in primo luogo, da Eschilo. Nel dramma I sette contro Tebe, ultimo di una trilogia che comprendeva Laio ed Edipo e che scandiva il progressivo disfacimento dei Labdacidi, il leggendario scontro tra Tebani e Argivi assume una declinazione prettamente familiare, e a essere messa a fuoco è la dimensione fratricida del conflitto. Eteocle e Polinice sono attratti nell’orbita di una maledizione senza scampo, che investe tutte le generazioni della stirpe e che rende odiosi i figli maschi agli occhi del genitore. Ancor prima dei due fratelli, allo stesso Edipo era toccato in sorte, infatti, di essere rinnegato dal padre Laio. La parte finale della tragedia antepone al motivo della salvezza di Tebe, finalmente affrancata dalla minaccia delle soldatesche argive, quello del lutto familiare. Spetta al coro delle donne tebane il compito di guidare la partecipazione emotiva degli spettatori verso la straziante morte di Eteocle e Polinice: non la gioia collettiva e il tema della liberazione della città, ma il dramma privato del clan familiare prende il sopravvento su tutto.
CORO: O grande Zeus e voi, numi che proteggete la città, a cui piacque di salvare queste torri cadmee, dunque esulterò, festivo canto innalzerò per chi indenne salvò la mia città o piangerò quei miseri quei disgraziati quei morti senza figli che della guerra furono signori e veramente fomentatori di contese per empio ardore morirono?
Oh nera, oh adempiuta maledizione della stirpe di Edipo, duro gelo mi soffoca il cuore. Qual tiade foggiai per il sepolcro un canto, poi che di cadaveri udii dal sangue aspersi, poi che di gente udii miseramente spenta. E segni infausti accenna questo concerto d’aste.
Il fine giunse né si placò del padre l’imprecante voce. Il tempo hanno varcato la smanie indocili di Laio. Sono in pena per la città: non si ottundono i profetici messaggi. Oh miserabili! Compiere gesto così infame! Rovina è giunta di profondi «ahi ahi» ben degna.
(Avanzano alcuni servi, che trasportano i cadaveri dei fratelli)
Ben si vede il lutto: davanti agli occhi ci sta l’annuncio del messo. Doppia pena doppio male guardare possiamo, questa duplice vicendevole adempiuta sofferenza. Che dire? Che altro se non patimenti a patimenti congiunti? E ora, mie care, vogate al vento dei sospiri, con le mani calate sul capo il battito che sospinge il battito che senza requie per l’Acheronte traghetta il disadorno corteo trapunto di nero desolato di luce non calcato da Apollo, verso il paese oscuro che tutti accoglie.a
Immagine di Antigone

Il funerale mancato

L’unico tempo che Antigone vive, nel teatro di Sofocle, è quello della cura e della memoria dei suoi consanguinei. Prima di sfidare le leggi della polis per garantire una forma di sepoltura al fratello, la donna aveva difeso il diritto del padre a ricevere un luogo che ospitasse le sue reliquie. La misteriosa sparizione cui va incontro Edipo al termine della sua vita lascia, però, Antigone e Ismene nell’impossibilità di assolvere pienamente alla loro funzione e ai loro doveri religiosi. Una morte canonica avrebbe comportato che le figlie si prendessero cura della salma e che la accompagnassero con i loro lamenti, seguendola in corteo. Nessuno di questi atti rituali, invece, trova compimento, né tantomeno è possibile recare le consuete offerte sulla tomba, la cui ubicazione è destinata a rimanere segreta per evitare che sia profanata. Privata di tutto questo e, dunque, dell’opportunità di continuare a rivolgere al padre la sua pietas filiale, Antigone perde la ragione stessa del suo vivere, si sente disorientata e invoca la morte. In una famiglia in cui il corretto procedere della riproduzione devia dalla norma e i ruoli si sovrappongono in maniera inestricabile – Antigone è insieme figlia e sorella di Edipo –, il tempo dell’esistenza si riavvolge su se stesso e non lascia intravedere altri orizzonti possibili all’infuori di quelli della famiglia naturale.
ANTIGONE: Ritorniamo, Ismene; corriamo laggiù!
ISMENE: Laggiù? Per che fare?
ANTIGONE: Un desiderio mi viene.
ISMENE: Un desiderio?
ANTIGONE: Sì, di vedere il focolare sotterraneo, di vedere la casa, l’altra casa.
ISMENE: Quale casa? Di chi?
ANTIGONE: La casa che abita mio padre. Povera me, la sua tomba.
ISMENE: Non sai che è proibito? E poi, non vedi?...
ANTIGONE: Perché ti opponi?
ISMENE: Ma vedi…
ANTIGONE: Che c’è ancora?
ISMENE: C’è che lui è scomparso, senza tomba, lontano da tutti.
ANTIGONE: Allora portami là e uccidimi.
ISMENE: E mi lasceresti sola nel dolore a passare la vita senza nessuno?
CORIFEO: Ma non dovete temere, care.
ANTIGONE: Dove fuggire?
CORIFEO: Avete un rifugio, un riparo.
ANTIGONE: Un riparo, tu dici?
CORIFEO: Un riparo dalla sorte, se ancora vi minaccia.
ANTIGONE: Pensavo adesso…
CORIFEO: Che cosa ti preoccupa?
ANTIGONE: Pensavo al modo di ritornare a Tebe. Ma come non so.
CORIFEO: Non cercare un ritorno là.
ANTIGONE: Un peso mi opprime.
CORIFEO: Anche prima ti opprimeva un peso.
ANTIGONE: Prima senza rimedio. Ma questo di oggi è un male più forte.
CORIFEO: Un mare di affanno, non altro voi conoscete.
ANTIGONE: Proprio così. Dove andremo? Chi sa dove ancora ci mena la sorte? Quale speranza possiamo avere?
TESEO: Figliuole, molto avete pianto. E non bisogna piangere una grazia che sorge dal profondo della terra e si spande su tutti. Gli dèi non lo permettono.
ANTIGONE: Figlio di Egeo, siamo ai tuoi piedi: guardaci!b

La natura in rivolta

Il seppellimento di Polinice, negato dall’editto di Creonte, è ugualmente attuato dalle mani pietose della sorella, che versa un pugno di polvere sul suo cadavere. Nell’istante in cui tutto questo accade, le guardie denunciano un fenomeno che sfugge all’ordine della normalità: in pieno sole, si solleva una tempesta di polvere nella quale gli uomini non possono fare a meno di riconoscere «una sciagura inviata dal cielo» e un «divino flagello». Il divieto imposto da Creonte si rivelerà offensivo tanto per gli dèi superni che per le divinità dell’Ade, poiché nei fatti esso inverte la funzione destinata a questi due spazi: non è lecito, infatti, trattenere un morto sulla terra (il cadavere di Polinice) e confinare un essere vivente sottoterra (Antigone sepolta nella grotta), secondo quanto proferirà l’indovino Tiresia sul finire della tragedia. L’uragano a ciel sereno è il segno, dunque, che la natura è in rivolta e che gli dèi manifestano il loro dissenso. Antigone si rivela agli occhi delle guardie proprio allo svanire di questa bufera, ma tutto accade in uno spazio lontano da quello del teatro e dagli occhi degli spettatori, nel luogo in cui giace abbandonato il corpo di Polinice. Il gesto fatale compiuto dall’eroina, insomma, rivive nelle parole della guardia armata che la trascina al cospetto di Creonte ma non nella realtà scenica. Proprio per tale ragione, nell’immaginario degli spettatori, l’impresa doveva assumere un più grande potere di suggestione e la presenza di Antigone, che per tutto il tempo del racconto rimaneva inerme, immobile e silenziosa, doveva suscitare più forti emozioni.
CORO: Che cosa vedo? Incredibile: questa fanciulla è Antigone, la riconosco. O figliuola sventurata di un padre sventurato, di Edipo; che accade mai? Tu, prigioniera? T’hanno sorpresa forse in un momento di follia? Hai rotto forse tu la legge del re?
GUARDIA: Eccola qui. L’impresa l’ha compiuta lei. L’abbiamo còlta nel momento che seppelliva… Ma dov’è Creonte?
CORO: Esce ora dal palazzo di nuovo, e bene a proposito.
CREONTE: A quale caso devo il mio giungere opportuno?
GUARDIA: Signore, gli uomini non dovrebbero mai giurare su nulla: la riflessione smentisce il sentimento. Io non avrei certo creduto di ritornare tanto presto, sfuggito com’ero a quelle tue minacce. Ma la gioia impr...

Table of contents

  1. Collana
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Introduzione di Giulio Guidorizzi
  6. Il racconto del mito di Sonia Macrì
  7. Genealogia
  8. Variazioni sul mito di Sonia Macrì
  9. Antologia
  10. Per saperne di più
  11. Piano dell’opera
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Macrì, S. (2021). Antigone ([edition unavailable]). Pelago. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3165642/antigone-la-ragione-di-stato-pdf (Original work published 2021)

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Macrì, Sonia. (2021) 2021. Antigone. [Edition unavailable]. Pelago. https://www.perlego.com/book/3165642/antigone-la-ragione-di-stato-pdf.

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Macrì, S. (2021) Antigone. [edition unavailable]. Pelago. Available at: https://www.perlego.com/book/3165642/antigone-la-ragione-di-stato-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Macrì, Sonia. Antigone. [edition unavailable]. Pelago, 2021. Web. 15 Oct. 2022.