Pop Life
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Pop Life

1982-1986 I cinque anni d'oro della musica

Luca de Gennaro

  1. 336 pages
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Pop Life

1982-1986 I cinque anni d'oro della musica

Luca de Gennaro

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Nel 1982 comincia un periodo straordinario per la musica, guidato da due eventi che cambiano radicalmente lo scenario musicale internazionale. È appena nata MTV e gli americani imparano a conoscere il linguaggio del videoclip. Il nuovo canale si fa strada tra i più giovani e in pochi mesi diventa un fenomeno planetario. A ottobre dello stesso anno, i cd fanno il loro esordio sul mercato, soppiantando audiocassette e vinili.Un mese dopo, all'incrocio di queste due incredibili innovazioni, esce un disco fondamentale per la storia del pop, Thriller di Michael Jackson (ancora oggi l'album più venduto al mondo), che con i suoi video rivoluziona il rapporto tra musica e immagine. Nascono le nuove superstar della video-era: Prince, Madonna, Duran Duran, Whit-ney Houston, e negli stessi anni tornano in classifica con album best seller artisti che sembravano aver raggiunto il massimo negli anni Settanta, da Bruce Springsteen a Peter Gabriel, da David Bowie a Tina Turner. I concerti diventano show visivi, dai club conquistano gli stadi e poi il mondo intero con l'evento globale del Live Aid.Tra il 1982 e il 1986, il pop ha cambiato pelle e de Gennaro, che di questa rivoluzione è stato testimone diretto, la racconta in un libro che non è solo uno scrigno pieno di informazioni e curiosità, ma anche il racconto personale e coinvolgente di una vita dedicata alla musica.

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Information

Year
2022
ISBN
9788831807364
5

I'VE BEEN WAITING FOR THIS MOMENT FOR ALL MY LIFE

«L’ho visto in vetrina e l’ho comprato perchè mi piaceva la copertina.»
È il 1970 e mio fratello torna a casa con un album preso da Maschio, il più grande negozio di dischi di Torino.
«Come si chiamano, i Trespass?»
«No, credo che Trespass sia il titolo dell’album. Il gruppo si chiama Genesis.»
È l’inizio di una lunga storia d’amore tra un bambino affascinato dalla musica e cinque musicisti britannici allora ventenni: Tony Banks, Peter Gabriel, Michael Rutherford e poi, a partire dall’album successivo Nursery Cryme, Steve Hackett e Phil Collins. Un idillio che dura tutta la vita e si accompagna a quello dell’Italia intera, prima nazione al mondo a dare ai Genesis una vera popolarità. Nel 1972 arrivano nel nostro Paese per due volte e riesco ad andare, ovviamente accompagnato dal fratello maggiore, al loro concerto del 22 agosto al Teatro Alcione di Genova. Una serata indimenticabile che si apre con la ancora sconosciuta “Watcher of the Skies”, brano che diventerà un classico del loro repertorio, ma che ancora nessuno conosce perché l’album da cui è tratto uscirà un mese dopo.
«Hai sentito il nuovo album dei Genesis, Foxtrot?» è la frase che rompe il ghiaccio, il primo giorno di liceo, in una città dove mi sono appena trasferito e non conosco nessuno, ma quella domanda mi fa capire che ho trovato un argomento di conversazione, e la risposta che posso dare: «Certo, e li ho anche visti all’Alcione» è il mastice che unisce due parti e crea una amicizia. I Genesis e i loro dischi, uno all’anno, sempre più ambiziosi e accompagnati da tour di incredibile teatralità, sono una costante della nostra adolescenza. Li rivedo al Palazzo dello Sport di Torino il 3 febbraio 1974, nel tour di Selling England by the Pound, e poi ancora l’anno dopo, il 24 marzo 1975, quando eseguono interamente il doppio album The Lamb Lies Down on Broadway, l’ultimo prima dell’abbandono del gruppo da parte di Peter Gabriel. La storia immaginifica raccontata nell’album, ricostruita sul palco attraverso una complessa messa in scena, prevede che nel finale il protagonista Rael incontri se stesso. In quel momento dello show, Peter Gabriel salta su un piedistallo di lato al palco e guarda verso l’altro lato, dove una copia di se stesso lo osserva, in un gioco di luci stroboscopiche. Si tratta naturalmente di un manichino, ma nel mio trip genesisiano rimasi convinto per anni di avere assistito a un vero sdoppiamento.
Insomma, Peter Gabriel per me era diventato una figura divina, tanto è che quando, molti anni dopo, ebbi l’occasione di incontrarlo, la prima cosa che gli chiesi fu: «Posso abbracciarti?»
Volevo avere la certezza che fosse un uomo in carne e ossa, e fu come abbracciare un fratello. Per i fan della prima ora dei Genesis, l’abbandono di Gabriel significa la fine della storia della band. Tutto quello che viene dopo non conta. La storia del gruppo ci racconta che il batterista, Phil Collins, dal 1976 prende il microfono e diventa cantante, e che dopo altri due ottimi album che comunque proseguono l’onda musicale progressive, A Trick of the Tail e Wind & Wuthering, anche il chitarrista Steve Hackett abbandona la band. And Then There Were Three, sono rimasti in tre, è infatti il titolo dell’album del 1978 che dà il via a una sterzata musicale verso il pop. I Genesis ora producono canzoni radiofoniche, cosa che non avevano mai fatto prima, il che li porta, specialmente dall’album Duke in poi, ad affrontare gli anni Ottanta come band da stadio, a vendere molti più dischi di prima e a conquistare definitivamente il mercato Usa, mentre allo stesso tempo sia Phil Collins sia Peter Gabriel si lanciano in fortunate carriere soliste e diventano superstar globali.
Lo stratosferico successo di Collins, però, è figlio di una crisi personale forte. L’attività con i Genesis lo tiene per anni lontano dalla famiglia e il suo matrimonio con la prima moglie, la canadese Andrea Bertorelli, va a rotoli. Per cercare di salvarlo, molla tutto: lascia liberi gli altri Genesis e va a vivere a Vancouver. Il tentativo di salvataggio non va a buon fine ma, come spesso nella storia della musica, dai disastri amorosi nascono canzoni bellissime e Phil scrive il suo primo album solista, Face Value, che esce all’inizio del 1981 e contiene la storica “In the Air Tonight”.
L’album vola nelle classifiche e vende cinque milioni di copie. Nel frattempo, dopo un concerto dei Genesis a Los Angeles, Phil conosce Jill Tavelman, colta ragazza di Beverly Hills di cui si innamora, ricambiato. Affronta dunque il 1982 con un’energia rinnovata e sarà uno dei protagonisti musicali degli anni successivi. Per lui, in pochi mesi, è cambiato tutto: prima aveva una famiglia, ora non ce l’ha più, prima era il cantante di una band, ora è uno dei solisti di maggior successo al mondo, prima aveva una moglie, ora ha una nuova fidanzata. Rimette insieme i Genesis e comincia a registrare l’album Abacab mentre Face Value vola al primo posto nella classifica inglese e poi in quella di tutta Europa, un risultato mai raggiunto dalla sua band, il che crea tra i suoi componenti un po’ di imbarazzo. «Volevamo che l’album di Phil andasse bene» dice il tastierista Tony Banks nel documentario della Bbc Genesis: Together and Apart del 2014, «ma non così bene».
«Quando “In the Air Tonight” finì in cima alle classifiche pensai: “Aspetta un attimo, non era quello che mi aspettavo”» ribadisce Banks intervistato da «Mojo», «ma in ogni caso la sua autostima come autore a quel punto era aumentata. Se dopo l’epoca di Peter la band era dominata da me e Mike, da Abacab in poi Phil diventò una forza di uguale importanza.» Abacab sarà il primo album dei Genesis ad arrivare al primo posto in Inghilterra, quindi tutti contenti.
Phil Collins ha appena compiuto trent’anni, è l’unica popstar al mondo a primeggiare sia da solista sia come componente di un gruppo, e come se non bastasse comincia anche una carriera parallela di produttore discografico. Anni-Frid Lyngstad degli Abba, anche lei fresca di divorzio dal compagno di gruppo Benny Andersson, propone a Phil di produrle l’album solista Some-thing’s Going On, che registrano in Svezia in otto settimane. In primavera Robert Plant, voce dei Led Zeppelin, gli chiede di suonare nel suo album Pictures at Eleven. Nel frattempo è ora di pensare al secondo album solista, che risente ancora del dolore e dell’amarezza per la fine del matrimonio in canzoni come “I Don’t Care Anymore” e “I Cannot Believe It’s True”. Sarà una cover a proiettare il disco in cima alle classifiche, una versione di “You Can’t Hurry Love” delle Supremes, classico della Motown.
E i Genesis? Tornano in tour in agosto per promuovere l’album dal vivo Three Sides Live e passano dall’Italia per tre concerti a Pisa e Roma in settembre, sette anni dopo l’ultima volta, quando c’era ancora Peter Gabriel. In quell’occasione riesco per la prima volta nella mia vita a incontrarli per un’intervista e a far scrivere da Mike Rutherford un biglietto di auguri per mio fratello Stefano che compie gli anni il suo stesso giorno, il 2 ottobre.
Ed è proprio il 2 ottobre 1982 che nella storia dei Genesis succede qualcosa che non si ripeterà mai più. In una fredda e piovosa giornata dell’autunno inglese, al National Bowl di Milton Keynes, la formazione classica dei Genesis si riunisce per un’unica performance. L’occasione si presenta quando Peter Gabriel organizza il primo festival di musiche dal mondo Womad (World of Music, Art and Dance), una splendida iniziativa che però va malissimo dal punto di vista finanziario. Per aiutarlo a rimettere a posto i conti, i suoi ex compagni corrono in aiuto e con loro quarantasettemila fan che sopporteranno pioggia e freddo per assistere a un evento straordinario. Il Womad diventerà uno degli appuntamenti più importanti dell’anno e il veicolo più efficace per la divulgazione della World Music. Gli anni Ottanta di Peter Gabriel non erano cominciati sotto i migliori auspici. Dopo l’abbandono dei Genesis e un periodo dedicato a famiglia e studio, Gabriel pubblica una serie di album in cui racchiude le sue nuove passioni musicali: l’Africa e la musica elettronica. Il periodo delle favole prog è già lontanissimo e Peter guarda alle musiche del mondo. Con il terzo album, del 1980, deve addirittura cambiare casa discografica perché la Atlantic lo giudica troppo sperimentale. Il disco contiene comunque canzoni che diventeranno classici del suo repertorio live, come “I Don’t Remember”, “Games Without Frontiers” e soprattutto “Biko”, dedicata all’attivista sudafricano antiapart-heid Steve Biko.
L’attenzione del mondo musicale alle istanze sociali, con un particolare occhio rivolto all’Africa, partorisce in quel periodo iniziative come il progetto Sun City di Steven Van Zandt (chitarrista della E Street Band di Bruce Springsteen) contro l’apartheid in Sudafrica, che chiede a Gabriel di partecipare e lo ringrazia pubblicamente «per la profonda ispirazione della sua canzone “Biko”, che è stato l’inizio del mio viaggio in Africa». Nel settembre di quell’anno, Gabriel passa anche dall’Italia per tre concerti a Firenze, Genova e Torino, oltre a una fugace apparizione televisiva allo show La Gondola D’Oro. Ad aprire i concerti c’è un’esordiente band scozzese, si chiamano Simple Minds. Quando quasi quarant’anni dopo il loro cantante, Jim Kerr, viene a trovarmi a Radio Capital, gli chiedo se si ricorda qualcosa di quel tour e lui mi risponde: «L’odore dei lacrimogeni». Gabriel dunque torna a suonare in Italia cinque anni dopo quel leggendario 25 marzo 1975, unica data italiana del tour in cui i Genesis suonarono tutto l’album The Lamb Lies Down on Broadway, al Palasport di Torino.
Non solo sembra passato un secolo dal punto di vista musicale, ma nella mia vita quella sera del 29 settembre 1980, al Palasport di Genova, cambia qualcosa. Per la prima volta, l’organizzatore del concerto genovese mi dice: «Ti metto in lista». Dopo quattro anni di militanza nelle radio private genovesi, mi viene riconosciuto un ruolo di giornalista, disc jockey, insomma di qualcuno che per quel concerto ha fatto qualcosa: ne ha parlato alla radio e ne riparlerà l’indomani, ne scriverà da qualche parte, uno per cui dunque andare a quel concerto non è uno svago, ma un lavoro.
Con i Genesis, dieci anni prima, era cominciata la mia vita da fan e avevo eletto quella band come la mia preferita al mondo. Con il concerto di Peter Gabriel, invece, cominciava la mia vita di professionista, di lavoratore della musica. Gabriel aveva abbandonato la band perché non aveva più intenzione di doversi confrontare con altri musicisti che avrebbero ostacolato i suoi grandi piani di esplorazione di nuove forme musicali e sperimentazioni visuali. Il suo interesse per la musica del mondo, al di fuori dell’emisfero occidentale, e per le nuove tecnologie da studio di registrazione lo accomunano in quel periodo a due personaggi come Brian Eno e Robert Fripp, che come lui uscivano da esperienze in altrettanti gruppi di art rock inglese degli anni Settanta (rispettivamente Roxy Music e King Crimson). Gabriel è, dei tre, il più affascinato dalle diverse forme della musica africana, ed è anche il primo musicista inglese a comprare un rudimentale campionatore di suoni, il sintetizzatore Fair-light CMI che usa nel suo quarto album, in uscita nell’autunno del 1982. Il brano di apertura di quel disco (che come i precedenti non ha un titolo, ma per il mercato americano si intitola Security) è “The Rhythm of the Heat”, esempio perfetto dell’unione dei due interessi principali che Gabriel mette in connessione: sperimentazione tecnologica al servizio della riscoperta delle tradizioni ritmiche e sonore dell’Africa.
L’album contiene il primo vero successo commerciale di Gabriel in America: “Shock the Monkey”. La canzone rimane nella memoria del grande pubblico televisivo italiano per l’esibizione di Gabriel al Festival di Sanremo del 1983, dove è tra gli ospiti internazionali, e la esegue per due sere di seguito. La performance è preceduta da un surreale filmato che vede l’alieno Peter catapultato da un altro mondo nella rutilante realtà del festival, accompagnato da Carlo Massarini che prova a spiegargli dove si trova, e lui risponde con frasi come: «Nel posto da dove vengo ci sono i circhi e tutti gli animali sono felici». La performance della canzone include un volo sul pubblico di Gabriel appeso a una corda. La prima sera gli va quasi bene, escludendo il calcio involontario a una cassa spia. La sera dopo vuole strafare: si lancia sulle sedie delle prime file e, tornando indietro, finisce con la schiena sulla parete del palco. Ahia. Niente di grave, ma da allora la partecipazione di Peter Gabriel verrà per sempre ricordata dagli storici del Festival di Sanremo come “la schienata”.
A parte questo scossone, la carriera di Peter Gabriel sta ufficialmente prendendo il volo, anche se in confronto all’iperattivismo dell’ex compagno di gruppo i suoi ritmi di produzione sono decisamente più rallentati. L’anno successivo pubblica un album live (Peter Gabriel Plays Live) e cura la colonna sonora del film Birdy di Alan Parker, dove per la prima volta si trova a lavorare con il produttore Daniel Lanois, figura fondamentale negli anni successivi. All’orizzonte, tuttavia, non vede un nuovo album, e per di più sta vivendo una forte crisi matrimoniale con la moglie Jill, sposata nel 1971 quando erano giovanissimi e la carriera dei Genesis era appena cominciata. Questo fa uscire Gabriel dal radar del mercato musicale per qualche tempo, tanto che non arriverà per lui neanche la convocazione al Live Aid.
Nel 1983 prosegue per Phil Collins l’attività frenetica di uomo più richiesto del mondo. Per la canzone “I Don’t Care Any-more” riceve le sua prima nomination ai Brit Awards e ai Grammy. Suona la batteria in un altro album di Robert Plant (come rifiutare?) e questa volta lo accompagna anche come batterista in tour. In primavera si ritrova con gli altri Genesis in studio e partoriscono il dodicesimo album della loro carriera, intitolato semplicemente Genesis, che contiene “Mama”, il loro maggior successo in assoluto in Inghilterra, e “That’s All”, primo singolo della band nella Top 10 americana.
L’album esce in ottobre, numero 1 in Inghilterra e quattro milioni di copie vendute negli Stati Uniti, record assoluto della band. L’astro di Phil Collins brilla di luce accecante con e senza la sua band, e anche Hollywood bussa alla sua porta. Durante il suo primo tour da solista aveva ricevuto la visita in camerino del regista Taylor Hackford, che aveva diretto Ufficiale e gentiluomo, uno dei film simbolo di quella stagione. Hackford racconta a Phil che sta facendo un altro film e gli chiede una canzone un po’ triste e romantica. Collins non ha certo tempo di scrivere brani su commissione, è pur sempre l’uomo più indaffarato del music business, ma si ricorda di “How Can You Sit There?”, canzone che ha scartato dall’album Face Value e che giace in un cassetto. Hackford se ne innamora, la vuole per i titoli di coda ma gli chiede di infilare da qualche parte del testo il titolo del film: Against All Odds. Che problema c’è? Ecco fatto. Il film, che esce in Italia con il titolo Due vite in gioco, non lascia particolarmente il segno, ma la canzone sì. Scritta nel pieno della crisi matrimoniale è una struggente break up song che diventa l’emblema della power ballad anni Ottanta. «Come posso lasciarti andare via, farti allontanare senza lasciare una traccia quando sono qui a condividere ogni respiro con te. Tu sei l’unica che mi abbia mai conosciuto davvero.» Tutti piangono e la canzone guadagna una candidatura all’Oscar. Perde contro “I Just Called to Say I Love You” di Stevie Wonder, ma si aggiudica il Grammy Award come miglior performance vocale del 1985 ed è il primo singolo di Collins a raggiungere il primo posto in classifica negli Usa.
Ci sarebbero tutti i presupposti per prendersi una bella vacanza, che in questo caso però si chiama “luna di miele”. Phil sposa Jill a Guildford il 4 agosto 1984 (Eric Clapton e lo storico manager Tony Smith sono i suoi testimoni) e si concede finalmente un breve periodo di riposo a bordo di uno yacht sull’Egeo. Ma subito dopo, questo milionario di soli trentatré anni riparte e nella seconda metà del 1984 produce a Londra Chinese Wall, album solista del cantante degli Earth Wind & Fire, Philip Bailey, poi vola a Monserrat per produrre “Behind the Sun” di Eric Clapton nei famosi studi di registrazione superlusso Air Studios, aperti dal produttore dei Beatles, George Martin, e sulla strada scrive gran parte del suo terzo album solista. “Easy Lover”, tratta dal disco di Philip Bailey e cantata in duetto, è un’altra superhit su entrambe le coste dell’Atlantico e fa entrare Collins nel meraviglioso mondo della musica da ballare, la cui porta gli viene aperta, non a caso, da una delle più inconfondibili voci della disco music. Galvanizzato dal ritmo di “Easy Lover”, mentre scrive il nuovo album tra un impegno e l’altro, questa volta usando la drum machine, accompagna il ritmo di un pezzo nuovo cantando sillabe senza senso che dicono «Su-su-sussudio». Cosa vuol dire? Niente, ma “Sussudio” diventa la canzone trainante dell’album No Jacket Required.
Mentre sta freneticamente lavorando a chiudere il disco, suona il telefono. Non manca molto a Natale. Dall’altra parte del filo c’è Bob Geldof. Gli dice che ha bisogno di un batterista famoso e il primo che gli è venuto in mente è lui. In effetti, è il batterista più famoso del mondo, come dargli torto. Sì, ma per cosa? Il 25 novembre ai Sarm Studios di Notting Hill, a Londra, Phil suona la batteria in “Do They Know It’s Christmas”, circondato dalle più grandi popstar inglesi del momento che cantano una strofa ciascuno della canzone benefica più leggendaria della storia.
Esattamente un mese dopo esce No Jacket Required. Numero 1 in classifica per sette settimane negli Usa, dodici milioni di copie, tour mondiale di cinque mesi e nasce subito un’altra storia da un brano rimasto fuori dal disco, come era successo con Against All Odds. Collins è talmente lanciato che riesce ad avere successo anche con le canzoni scartate. In questo caso si tratta di “Seperate Lives”, scritta da Stephen Bishop, dolce ballata acustica che Doug Morris, presidente della Atlantic Records, gli propone di registrare in duetto con Marylin Martin per un altro film, sempre del regista Taylor Hackford, Il sole a mezzanotte. L’ennesimo numero 1 in classifica fa di Phil Collins il recordman assoluto del 1985, mentre l’album vince tre Grammy e due Brit Awards. Mike e Tony, tuttavia, gli mancano moltissimo, così nell’ottobre del 1985 i Genesis si ritrovano nel loro studio, The Farm, e riprendono in mano gli strumenti. Si ricomincia da zero. Essere diventati una band di enorme successo nel circuito live negli Usa permette loro di affrontare le session con rinnovata sicurezza...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. POP LIFE
  4. Prologo. 11 luglio 1982
  5. La regola dei tre anni
  6. Ladies and gentlemen, rock ‘n’ roll
  7. ‘Cause this is thriller
  8. I bless the rains down in Africa
  9. I’ve been waiting for this moment for all my life
  10. New romantic
  11. Wild boys always shine
  12. Between the moon and New York City
  13. It’s like a jungle, sometimes
  14. Run-DMC
  15. Beastie Boys
  16. This is radio Clash
  17. La radio
  18. Pop al massimo
  19. «Io ne ho viste cose»: il 1982 al cinema
  20. Benvenuti nell’era digitale
  21. Playlist 1982
  22. Let’s dance
  23. Madonna
  24. Club culture
  25. A night in Paradise
  26. Girls Just Wanna Have Fun
  27. Rockstars don’t dress for the weather
  28. Mai più “Message in a Bottle”!
  29. New wave 1983: The second British Invasion
  30. Monsters of rock
  31. All night long
  32. La radio in tv
  33. What a feeling! Il 1983 al cinema
  34. Playlist 1983
  35. Born in the U.S.A.
  36. Eingang curve
  37. Prince
  38. Prince @ SXSW
  39. Tina Turner
  40. Videomusic
  41. Two People
  42. Talk Talk
  43. Frankie say relax
  44. Giuro che c’ero anche io
  45. Creuza de mä, i ricordi di Mauro Pagani
  46. Rockin’ in 1984
  47. Le tre vite di “Take on Me”
  48. Thank God it’s them, instead of you
  49. Il 1984 al cinema
  50. Playlist 1984
  51. Whitney
  52. Sanremo superstar
  53. Brothers in Arms
  54. Check your ego at the door
  55. Live Aid: The Global Juke Box
  56. Un cerimoniale ritmico: il 1985 al cinema
  57. La vita è adesso
  58. Playlist 1985
  59. Graceland
  60. Bon Jovi
  61. Gianna, Eros, Zucchero: l’Italia nel mondo
  62. Il 1986 al cinema
  63. Playlist 1986
  64. Epilogo. Jamaica, no problem!
  65. Bibliografia
  66. Videografia. Podcast
  67. Ringraziamenti
  68. Copyright
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APA 6 Citation

Gennaro, L. (2022). Pop Life ([edition unavailable]). RIZZOLI LIBRI. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3427925/pop-life-19821986-i-cinque-anni-doro-della-musica-pdf (Original work published 2022)

Chicago Citation

Gennaro, Luca. (2022) 2022. Pop Life. [Edition unavailable]. RIZZOLI LIBRI. https://www.perlego.com/book/3427925/pop-life-19821986-i-cinque-anni-doro-della-musica-pdf.

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Gennaro, L. (2022) Pop Life. [edition unavailable]. RIZZOLI LIBRI. Available at: https://www.perlego.com/book/3427925/pop-life-19821986-i-cinque-anni-doro-della-musica-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Gennaro, Luca. Pop Life. [edition unavailable]. RIZZOLI LIBRI, 2022. Web. 15 Oct. 2022.