Prima educare
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Prima educare

Nella scuola e nella società

Luigi Monti , Cecilia Bartoli

  1. 160 pages
  2. Italian
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Prima educare

Nella scuola e nella società

Luigi Monti , Cecilia Bartoli

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Chi fa educazione oggi, chi in qualche modo tenta di costruire e trasmettere cultura, competenze e valori, si trova nella soffocante situazione di non possedere "maestri" e riferimenti fidati, rischiando in questo modo di adagiarsi in una quotidianità priva di slanci, di prospettive e di progettualità. Questo libro tenta di restituire, attraverso uno sguardo di insieme, la situazione della cultura dell'educazione e un primo provvisorio elenco di contraddizioni che contribuisca a rianimare un confronto e un dibattito sulle funzioni e gli spazi dell'educazione all'interno della nostra società.

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Information

Year
2022
ISBN
9788861539266
Teorie

Maestri da riscoprire

Grazia Honegger Fresco e Goffredo Fofi
Goffredo: Da sempre il tuo lavoro di ricerca e di formazione pedagogica mi sembra faccia emergere l’importanza determinante del buon senso (mi viene in mente in proposito il titolo di un libro di Freinet: Una moderna pedagogia del buon senso1) che nasce dall’esperienza, dalla conoscenza diretta di intere generazioni di bambini o dalla sapienza che una volta si tramandava da nonna a madre, da figlia a nipote, consentendo il passaggio di conoscenze acquisite di generazione in generazione. Ma in questa trasmissione di esperienze, valori e conoscenze attraverso la pratica diretta della realtà si è verificata, all’inizio degli anni Sessanta, una cesura molto netta, riconducibile al boom economico e alla grande mutazione denunciata da Pasolini. Un’accelerazione tremenda, un passaggio epocale, nella cui scia possiamo dirci ancora sostanzialmente invischiati. Anche se si parla di postmoderno, di fatto questo postmoderno non è altro che la conclusione logica di percorsi avviati allora.
Cosa accade dunque alla società, alla pedagogia e alla scuola italiana? Succede che da un mondo contadino e artigiano, tutto sommato provinciale, con pochi spostamenti, poco turismo, si passa ad un’accelerazione improvvisa delle esperienze, ad un aumento e ad un continuo cambiamento dei consumi che hanno mutato la storia e l’anima del paese. Per qualche anno sembra che tutto sia destinato a un’ascesa inarrestabile. L’Italia dal ’43 al ’63 è un paese straordinariamente vivo dove pare che il progresso stia finalmente per arrivare: il voto alle donne, la democrazia, la repubblica, la maggior vicinanza tra sud e nord, la scolarizzazione di massa – la scuola è vista come uno degli elementi fondamentali di questa modernizzazione, di questo riscatto delle classi subalterne che finalmente riescono ad avere beni e possibilità fino ad allora negate loro – la vespa, la lambretta e la seicento. In questo periodo storico anche la pedagogia italiana vive il suo momento di gloria ancora tutto da studiare, di cui forse è massima espressione Educazione e autorità nell’Italia moderna2, di Lamberto Borghi, che nessuno legge più e che gli storici italiani ignorano, ma che rappresenta una formidabile ricostruzione della storia italiana dal Risorgimento alla Resistenza, attraverso la storia delle politiche scolastiche e dei dibattiti pubblici sulla scuola.
C’è stata una grande e poco conosciuta vivacità nelle esperienze pedagogiche posteriori all’unità d’Italia, soffocata ovviamente dall’avvento del fascismo, che inventò o meglio consolidò il raffinato e duraturo classismo della scuola italiana, in particolare attraverso il mito del liceo, cardine del sistema formativo idealista e strumento per la finta selezione dei quadri dirigenti: esso era in realtà riservato alle classi abbienti che già a casa avevano la possibilità di accedere alla cultura. A questo proposito mi viene sempre in mente il paragone – che non si fa mai! – tra Camus e Sartre. Camus ha scritto un libro, non terminato a causa della sua morte improvvisa, di chiara impronta autobiografica intitolato Il primo uomo3 che narra la storia di un figlio di proletari semianalfabeti che deve, attraverso la cultura, definirsi come persona e conquistare il suo spazio nel mondo e ha quindi un rapporto con il libro, con la cultura scritta, con la tradizione alta della cultura estremamente diverso da quello di Sartre che, al contrario, nasce in una famiglia di grandi medici (Albert Schweitzer era suo zio), di pastori protestanti, di studiosi, di professori universitari per i quali il libro è un gioco. Le parole di Sartre4, la sua opera più bella, e Il primo uomo di Camus ci pongono di fronte al senso molto diverso che può acquistare la cultura nella vita di una persona…
Mi preme sottolineare la centralità della scuola in seno alla società italiana del dopoguerra che per un breve periodo sembrava potesse svolgere quello che nel suo complesso non le è mai riuscito, e cioè fertilizzare la costruzione di un regime realmente democratico e insieme creare persone libere in una società libera. Il ’63, come dicevo, è una data chiave in quanto rappresenta la fine del boom e il rifiuto da parte delle classi dirigenti italiane – Agnelli in testa – di fare le cosiddette riforme di struttura, cioè di servirsi del denaro del miracolo economico per apportare i necessari cambiamenti, mai precedentemente realizzati: la scolarizzazione di massa, le ferrovie, gli ospedali… tutti elementi fondamentali per rendere più vivibile una società. Riforme che la classe dirigente, detentrice del denaro (e di conseguenza della possibilità di gestire la politica) ha rifiutato, dando avvio alla fase di declino i cui effetti arrivano fino a oggi.
In quei 20 anni ricordati, dalla fine della guerra alla fine del boom, la pedagogia italiana ha avuto una storia vivissima di cui Grazia e io, in modi diversi, siamo stati testimoni, alcune volte insieme, altre volte in situazioni separate. Proprio in quegli anni peraltro iniziano a nascere una serie di fertili esperienze pedagogiche fuori dalla scuola ma che con la scuola sono capaci di dialogare. A tal proposito ci tengo a ricordare che nel 2006 ricorrevano i cinquant’anni dallo sciopero a rovescio di Danilo Dolci che portò poi al famoso processo. Io vi partecipai. Grazia no: era arrivata prima e tornò dopo. Non venni arrestato solo perché minorenne, ma mi dettero un foglio di via perché accusato di “insegnare senza percepire stipendio”. Era l’epoca di Scelba e si verificarono situazioni che temo potrebbero tornare anche oggi: non crediate che questa società, questo potere, questa cultura, ci permetteranno di fare impunemente le nostre scuolette, i nostri corsi, i nostri seminari fuori dai canali ufficiali, fuori dalle norme che, per carità, sono estremamente progressiste e lucide perché difendono il lavoro e i diritti di tutti… ma alla fine distruggono tutto.
Grazia: Con la complicità dei sindacati…
Goffredo: I sindacati sono totalmente coinvolti in questa situazione e sono una delle cause principali del declino generalizzato della scuola. Il ceto pedagogico è stato infatti sindacalizzato al massimo e ha visto nel sindacato l’unica sua ragion d’essere collettiva: non più l’educazione, non più la professionalità legata a quello che erano chiamati a fare, ma la retorica dei diritti, che negli anni Settanta e Ottanta ha soffocato tutti i fermenti migliori. Di questa storia di cui tu, Grazia, sei stata una delle protagoniste, a me piacerebbe dessi qualche indicazione: nomi, luoghi, esperienze, suggerimenti di lettura... Si tratta anche di ristabilire un rapporto con un’epoca in cui gli spazi e il clima per poter fare certi discorsi esistevano mentre, a partire dal ’63-’64, hanno subito un declino, per spegnersi completamente col ’68. La sconfitta definitiva di questi discorsi si è realizzata sotto l’egida dell’idea di progresso a cui tutti in qualche modo, sconsideratamente o meno, abbiamo aderito, idea che poi ci ha travolto, ci ha reso tutti un po’ complici.
Ricordo che in quel periodo esisteva una casa editrice, La Nuova Italia, che pubblicava la collana dei pedagogisti antichi e moderni in cui si trovava – da Socrate a Capitini – il meglio della riflessione sull’educazione, autori oggi per lo più dimenticati. Oggi quei libri si possono trovare sulle bancarelle dell’usato, libri che non costano niente perché non li vuole nessuno.
Provate a cercare Pestalozzi, Borghi, De Bartolomeis…
Grazia: Neill…
Goffredo: Devo a te la scoperta di Alexander Neill. In quegli anni la pedagogia, tanto quella accademica quanto quella “artigianale”, si sforzava di ridefinire il senso profondo del processo educativo, quale fosse il ruolo della persona che si assumeva la responsabilità di stimolare, assistere, aiutare una crescita, una scoperta del mondo, la costruzione di una personalità libera e autonoma. Come mai secondo te questi fermenti sono scomparsi? E chi sono a tuo parere i riferimenti che oggi hanno ancora un senso, dai quali si può provare a ripartire?
Grazia: Una delle persone, per me più importanti, nel tempo della ricostruzione è stata Margherita Fasolo5, che si occupava di formazione dei maestri a Firenze, aveva partecipato alla Resistenza e per prima, poco dopo la Liberazione, aveva portato in Italia i Centri di esercitazione ai metodi dell’educazione attiva (Cemea), iniziativa nata in Francia nel ’36, quando era andato al potere il Fronte popolare e per la prima volta si era riconosciuto il diritto alle ferie per gli operai e quindi alle vacanze per i loro figli. Era emersa così la necessità di preparare i monitori delle colonie, giovani che avrebbero seguito i bambini secondo criteri laici di rispetto della persona, di attenzione alle capacità e ai vissuti individuali, senza giudizi né moralismi, con proposte creative, di gioco, di teatro, di avventura. Fu così che un gruppo di educatori di grande esperienza e libertà di pensiero – anch’essi appena usciti dalla Resistenza in Francia – inventò una formula straordinaria di formazione accelerata: lo stage residenziale di circa una decina di giorni che consentiva di sperimentare, non a parole, ma “artigianalmente” e in molti modi diversi, proprie risorse dimenticate, il confronto collaborativo con gli altri, il gusto di operare senza essere giudicati in situazioni di piccolo o di grande gruppo, in un ambito che non doveva essere assolutamente scolastico, ma di vacanza, costruttivo per tutti. Margherita, che aveva partecipato in Francia a uno dei primi stage dopo la guerra, coinvolse altri amici come Cecrope Barilli a Roma e Bice Libretti di Milano e altri perché vivessero anch’essi una tale esperienza. L’entusiasmo fu tanto grande che vennero fondati i Cemea anche in Italia, con i primi stage in alcune sedi regionali (Toscana, Lazio, Lombardia, Liguria). Anche oggi lo stage Cemea, sia pure abbreviato, resta un vissuto di grande impatto formativo.
Per un giovane proveniente da una scuola autoritaria e manichea, ereditata dal fascismo, lo stage rappresentava un’esperienza estremamente liberatoria, in grado di fare emergere nelle persone aspetti creativi e capacità di relazione con gli altri che non sapevano nemmeno di avere. Oggi constatiamo che è ancora una scoperta stravolgente sotto vari aspetti perché presenta un modo di entrare in relazione con gli altri – bambini e adulti – estremamente liberatorio. Io l’ho fatta nel 1954 e lì conobbi Margherita Fasolo – ero una ragazzina allora, ma mi ha cambiato la vita, anche se avevo già sperimentato varie esperienze Montessori con i neonati e con bambini grandi e quindi conoscevo il beneficio unico dell’essere liberi dal giudicare e dall’essere giudicati.
I Cemea hanno poi avuto una forte diffusione soprattutto in regioni francofone come Belgio, Canada, Svizzera (anche italiana) e in molte ex colonie. Dagli anni Cinquanta sono consulenti dell’Unesco con cui collaborano attivamente.
Più tardi, in altri stage Cemea, incontrai Aldo Pettini che, insieme a Tamagnini, è stato uno degli iniziatori del Movimento di cooperazione educativa (Mce), altra straordinaria pagina della pedagogia italiana di quegli anni che, per rendere concreto il lavoro educativo, aveva inserito la tipografia a scuola6. Del Movimento faceva anche parte Mario Lodi, altro grandissimo maestro, particolarmente attento all’ascolto del bambino.
Goffredo: Alla base dell’Mce c’è la pedagogia popolare elaborata da Célestin Freinet.
Grazia: Un’altra esperienza importante, più o meno coeva all’Mce, che attirò molti giovani a Roma, fu il Movimento di collaborazione civica (Mcc), cui collaborava un gruppo di intellettuali romani tra cui Ebe Flamini, Cecrope Barilli e Leonello Venturi.
Goffredo: Era stato fondato da Guido Calogero e da sua moglie Maria, da Ignazio Silone, da Augusto Frassineti e altri personaggi della cultura romana, come movimento di volontariato che andava a lavorare nelle borgate con i bambini, organizzava le vacanze degli adolescenti dei quartieri poveri di Roma e corsi di formazione civica per studenti di diverse facoltà.
Grazia: Io entrai in contatto con loro tramite una mia collega dell’università perché proponevano esperienze teatrali: Cecrope Barilli aveva organizzato nel castello medioevale di Sermoneta, messo gentilmente a disposizione dai proprietari, alcuni stage di gioco drammatico. Era il 1949 o il 1950 e anche quella fu un’esperienza straordinaria: ci guidò Jacques Lecoq, grande mimo francese, allievo e rivale di Marcel Marceau, allora agli inizi della carriera, che ci faceva gustare l’illusione e la concretezza della situazione teatrale.
Sotto la sua guida arrivammo anche a fare uno spettacolo all’Eliseo di Roma.
Sempre in questo filone di esperienze innovatrici, altra persona illuminante e grande maestra è stata Margherita Zoebeli, una donna di Zurigo – cagionevole di salute, eppure vissuta fino a età avanzata con grande coraggio e determinazione – che aveva combattuto nella Resistenza, portando in salvo bambini dall’Italia alla Svizzera. Alla fine della guerra fondò a Rimini, con l’aiuto del Soccorso operaio del suo paese e di tanti suoi amici, il Villaggio italo-svizzero, sulle rovine dell’anfiteatro romano, in una zona bombardata della città, su cui, per ragioni archeologiche, non si poteva costruire.
Fece arrivare dal suo paese grandi baracche di legno che vennero montate con l’aiuto gratuito della gente, cui però dava da mangiare e da lavarsi, il che in quegli anni era già moltissimo. Un villaggio per i bambini – diciamo una scuola dai 3 agli 11 anni o poco oltre – dove si potevano vivere tante esperienze diverse: bambini senza difficoltà e altri svantaggiati con grande ricchezza di scambi, di ascolto fra adulti e giovani, senza giudizi, né competizioni. C’era il falegname tutto fare che viveva lì, maestri e assistenti, la cuoca e le persone della cucina. Al centro del Villaggio la piazzetta per le feste dei bambini e degli adulti. Un luogo aperto dove all’amore per la natura, si univa quello per la musica e per l’arte, offerte direttamente ai bambini. Lei era una straordinaria organizzatrice oltre ad avere idee molto chiare in fatto di educazione. Amava moltissimo gli animali e quindi c’erano sempre i suoi cani e i suoi gatti che erano poi i cani e i gatti di tutti i bambini: immaginate una scuola così! Gli edifici erano (e sono tuttora) di legno, molto ben fatti, con piccole finestre ad altezza di bambino, ormai immersi nel verde, il giardino che, con amore, è cresciuto in circa cinquant’anni di vita…
Goffredo: C’è ancora ed è tuttora molto bello, da vedere; si trova in via Vezia, a due passi dalla stazione di Rimini. Oggi è una fondazione e si chiama “Centro educativo italo-svizzero” (Ceis).
Grazia: Margherita era una persona con una salda formazione pedagogica e intellettuale, ma con una concretezza e un’attenzione agli altri davvero rare. Diceva: “Educare è un verbo delicato”. Parlava poco, quasi con cautela, ma i pareri che esprimeva erano sempre preziosi7.
Goffredo: Margherita fu allieva di Adler, uno dei tre – insieme a Freud e Jung – grandi fondatori della psicoanalisi, oggi dimenticato.
Dal Ceis sono passati i migliori pedagogisti italiani, francesi e svizzeri: Piaget, Capitini, Borghi, De Bartolomeis, Visalberghi. Tutti gli stranieri sono venuti non solo perché era sperimentale, ma perché accettava questo continuo passaggio di insegnanti, soprattutto d’estate, grazie alla presenza delle colonie a Igea Marina, Bellaria, ecc.
Ogni tanto mi capita di trovare delle persone che, come me e Grazia, hanno fatto lì delle esperienze importanti, ad esempio Fabrizia Ramondino: chi l’avrebbe mai detto? Tutto il giro degli anarchici napoletani è passato di lì: un’intera generazione è transitata dall’asilo italo-svizzero imparando concretamente, fra quelle baracche di legno, un modo diverso di fare scuola o di stare con i bambini.
Grazia non l’ha detto, ma Margherita era anche una donna molto forte, a volte dura, con cui una volta ricordo di aver avuto una lite furiosa, perché io ero più ingenuamente libertario, lei più saggia… Prima della guerra, pur essendo giovanissima, credo sui venti, ventidue anni, quando i sindacati svizzeri erano veramente un fenomeno socialista e di sinistra rispetto all’Italia del tempo, Margherita fu incaricata di organizzare le spedizioni di camion che andavano a Barcellona a salvare i bambini vittime della rivoluzione spagnola fallita. Negli ultimi giorni della resistenza della città catalana si concentrarono lì tutti i bambini orfani e quelli che i militanti volevano mettere in salvo perché si preparavano all’ultima battaglia. Quei bambini vennero portati con questa “filiera” di camion in Francia: in parte, rimasero lì, nel Sud e diventarono poi cittadini francesi, in parte furono portati in Svizzera. Nello stesso periodo un’altra parte di bambini veniva presa dai sovietici e portata, con le navi, in Russ...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Introduzione
  5. Teorie
  6. Pratiche
  7. Gli autori
  8. Indice
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Monti, L., & Bartoli, C. (2022). Prima educare ([edition unavailable]). edizioni la meridiana. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3517273/prima-educare-nella-scuola-e-nella-societ-pdf (Original work published 2022)

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Monti, Luigi, and Cecilia Bartoli. (2022) 2022. Prima Educare. [Edition unavailable]. edizioni la meridiana. https://www.perlego.com/book/3517273/prima-educare-nella-scuola-e-nella-societ-pdf.

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Monti, L. and Bartoli, C. (2022) Prima educare. [edition unavailable]. edizioni la meridiana. Available at: https://www.perlego.com/book/3517273/prima-educare-nella-scuola-e-nella-societ-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Monti, Luigi, and Cecilia Bartoli. Prima Educare. [edition unavailable]. edizioni la meridiana, 2022. Web. 15 Oct. 2022.