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La battaglia tra Islam e capitalismo
Sayyid Qutb
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La battaglia tra Islam e capitalismo
Sayyid Qutb
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La battaglia fra Islam e capitalismo Ăš un pamphlet pubblicato in Egitto nel 1952, a pochi mesi dal colpo di Stato che avrebbe visto salire al potere il colonnello Nasser.
La prima parte dell'opera rappresenta un esplicito J'accuse contro le forze politiche responsabili, secondo l'autore, della crisi economica e delle sperequazioni sociali imperanti nel paese durante il secondo dopoguerra.
Nella seconda parte, Qutb delinea i tratti essenziali di un sistema sociale, economico e politico che dipinge come alternativo e migliore rispetto al capitalismo e al comunismo: la "terza via" dell'Islam.
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Information
Thema
EconomicsThema
Economic PolicyLe grandi tematiche de La battaglia fra Islam e capitalismo
Il fallimento del sistema liberale
La battaglia fra Islam e capitalismo Ăš la prima opera pubblicata da Sayyid Qutb dopo il suo rientro dal viaggio americano, nel 1951. Il momento della pubblicazione non Ăš privo di importanza; il libro Ăš stato dato alle stampe, infatti, in uno degli anni piĂč turbolenti della storia contemporanea dellâEgitto, al culmine di un periodo segnato da una grave crisi economica e dallâinstabilitĂ politica.
âLâesperimento liberaleâ iniziato con la rivolta del 1919, che aveva visto nel 1923 lâinstaurazione di una democrazia parlamentare di modello europeo, poteva ormai dirsi fallito. Pochi mesi dopo la pubblicazione de La battaglia, il colpo di Stato militare guidato dagli Ufficiali Liberi pose fine alla monarchia e al parlamentarismo, aprendo una nuova pagina nella storia dellâEgitto.
Il fallimento del sistema liberale significĂČ innanzitutto il fallimento del Wafd, il partito nazionalista egiziano, fondato dallâeroe della rivoluzione del 1919 Saâad Zaghlul.[1] Allâindomani dellâindipendenza, questo partito poteva vantare un seguito popolare incontrastato, che attraversava tutte le classi e univa le diverse componenti etniche e religiose del paese nella lotta contro lâoccupazione straniera. Il successo conosciuto dal Wafd negli anni â20 e per buona parte degli anni â30 era dovuto al fattodi aver assunto il ruolo di promotore delle istanze nazionaliste del paese; ma il suo carattere rimase sempre elitario ed esso non lottĂČ mai per un vero cambiamento sociale â timoroso forse di dare vita a un movimento di cui avrebbe potuto perdere il controllo. Come risultato di questa ritrosia, la connessione fra le masse e la vita politica egiziana rimase sempre molto debole.
La popolaritĂ del Wafd cominciĂČ a declinare con la ratifica del Trattato anglo-egiziano del 1936, che in teoria prevedeva la fine del dominio britannico sullâEgitto, ma in pratica rimase un documento dal valore piĂč simbolico che reale. Se le truppe britanniche abbandonarono in effetti il paese â con lâeccezione non indifferente della zona attorno al Canale di Suez â nella pratica gli accordi non intaccarono se non superficialmente il potere del governo di Londra. Questo fu interpretato da diversi sostenitori del Wafd come un vero e proprio tradimento della causa nazionale.[2]
Inoltre, se il relativo benessere che aveva caratterizzato lâEgitto del primo quarto di secolo aveva permesso al Wafd di concentrare lâattenzione sulla questione dellâindipendenza â e di distoglierla quindi dalle sue contraddizioni interne â la crisi economica degli anni trenta, seguita dalle ristrettezze originate dalla seconda guerra mondiale, cambiarono gli equilibri politici ed evidenziarono la totale incapacitĂ del Wafd e degli altri partiti coevi di realizzare unâefficace riforma sociale.
Al tempo della pubblicazione de La battaglia, la situazione socio-economica dellâEgitto era ormai disastrosa, e le condizioni di vita in cui versava la maggioranza della popolazione non facevano che peggiorare. Lâessenza del problema socio-economico era lâineguale distribuzione della ricchezza, e le conseguenti enormi sperequazioni sociali:
Circa 10.000 persone possedevano la fetta piĂč grande del capitale nazionale. Questa piccola, influente oligarchia controllava in egual modo la vita politica del paese, e il governo rappresentava i loro interessi e non quelli del resto della popolazione.[3]
LâEgitto del tempo era un paese agricolo, il cui principale prodotto di esportazione era il cotone; il fondamento di ogni attivitĂ economica e di ogni speculazione era la proprietĂ fondiaria, e il problema dellâineguale distribuzione della ricchezza consisteva essenzialmente in un problema di divisione delle terre.[4] Tra il 1923 e il 1952 era avvenuto un discreto sviluppo dellâindustria; ma questa, a carattere prettamente monopolistico,[5] era legata soprattutto al capitale straniero,[6] che sostanzialmente continuĂČ a controllare la vita economica dellâEgitto dai tempi dellâoccupazione fino al 1952.[7] Il capitalismo indigenoera innanzitutto un capitalismo agrario; i pochi industriali autoctoni erano membri della borghesia agraria, che spesso mantenevano sterminati possedimenti fondiari.
La stragrande maggioranza dei terreni era in mano a proprietari privati egiziani, ma il sistema di divisione delle terre, rimasto sostanzialmente inalterato da piĂč di un secolo, era profondamente ineguale: nel 1950, circa dodicimila latifondisti (meno dellâ1% dei proprietari) possedevano la stessa quantitĂ di terreno di due milioni e mezzo di piccoli proprietari. E anche fra questi latifondisti, una ristrettissima Ă©lite di duecento persone, legate per lo piĂč alla famiglia reale, possedeva la fetta piĂč grossa della torta. Che questa situazione portasse a gravi sperequazioni Ăš evidente: da una parte câerano latifondi sterminati e coltivati in modo estensivo, quando non lasciati incolti per le difficoltĂ di irrigazione. E dallâaltra, si trovava una massa di piccoli possedimenti terrieri, la cui estensione non superava i cinque feddan e spesso era addirittura minore, tanto da non permettere ai proprietari neppure di coltivare quanto necessario alla sussistenza della loro famiglia.[8] La maggior parte di questi micro-proprietari era quindi coperta di debiti e costretta a subire le vessazioni degli usurai: molti terreni erano soggetti a ipoteca, e le proprietĂ passavano frequentemente di mano.[9] Tuttavia, questi piccoli e piccolissimi proprietari potevano ritenersi fortunati a fronte dei milioni di contadini completamente privi di terra. Otto milioni di persone â circa un terzo della popolazione globale dellâEgitto â che non possedevano nulla, costretti a scegliere fra il lavoro salariato e lâaffitto di piccoli lotti di terra; entrambe condizioni di vero e proprio sfruttamento, che rendevano impossibile qualunque miglioramento del livello di vita. La situazione dei locatari si aggravĂČ ulteriormente dopo il 1939, a causa della crescente inflazione e del conseguente continuo aumento dei canoni di affitto: nel 1951 un feddan di terra raggiunse un costo medio di affitto di ottocento lire egiziane, quando il suo valore reale si aggirava attorno alle duecento. Il risultato paradossale fu che lâaffitto di un terreno consentiva a un proprietario di guadagnare piĂč di quello che avrebbe ottenuto coltivandolo direttamente.
Le condizioni di vita di quella che era la maggioranza della popolazione egiziana erano dunque pessime. La povertĂ era la condizione piĂč comune; lâalimentazione era per lo piĂč insufficiente, sia a livello quantitativo che qualitativo. Sebbene le innovazioni tecniche portate dal colonialismo avessero in qualche modo aumentato la produttivitĂ agricola, la crescita demografica era stata molto piĂč rapida, e carestie ed epidemie â specie di colera â falcidiavano ciclicamente la popolazione. Le condizioni igieniche erano disastrose, e la mortalitĂ infantile toccava percentuali elevatissime (intorno al 160 per mille sui nati vivi). I fortunati che arrivavano allâetĂ adulta soffrivano di malattie portate da parassiti, frutto della scarsa igiene e dellâassenza di strutture sanitarie â come il tracoma oculare, che colpiva il 90% della popolazione e in molti casi portava alla cecitĂ , e fra le cui vittime eccellenti possiamo ricordare Taha Husayn. La situazione delle campagne era disastrosa, e avrebbe avuto bisogno, per essere risolta, di misure efficaci e generalizzate. Non si trattava semplicemente di porre un limite alle grandi proprietĂ terriere: era lâintero sistema che doveva essere riformato, era necessaria una rivoluzione sociale.
La crisi economica e le tragiche condizioni dellâEgitto rurale avevano contribuito a diffondere il malcontento in tutti i settori della societĂ egiziana, a esclusione ovviamente di quei privilegiati che avevano tutto lâinteresse a vedere mantenuto lo status quo.[10] Il malcontento diffuso era esasperato dalla consapevolezza che i privilegiati, gli âsfruttatoriâ, costituivano il nocciolo essenziale dei rappresentanti del Wafd e di buona parte dei partiti presenti in Parlamento. Una volta passata in secondo piano la questione dellâindipendenza, divenne lampante ai piĂč che lâattivitĂ politica dei partiti al governo si era svolta soprattutto nellâinteresse della classe dirigente.
Un interesse che fra lâaltro era legato a doppio filo a quelli della Gran Bretagna e delle altre nazioni europee, perchĂ© il cotone coltivato in Egitto era destinato alle fabbriche del Lancashire e â come giĂ accennato â i capitali stranieri giocavano la parte del leone nellâeconomia egiziana e in particolare nellâindustria. I ricchi agricoltori e gli industriali indigeni che sedevano in Parlamento erano dipendenti dalla Gran Bretagna.
Gli anni della guerra e i ricchi proventi derivati dallâindustria bellica strinsero ancora di piĂč il legame economico fra la classe dirigente egiziana e la potenza coloniale britannica. Questo spiega lâatteggiamento ambivalente del ânazionalistaâ Wafd nei confronti della Gran Bretagna, e la sottomissione di cui fece mostra in episodi come il cosiddetto incidente del 4 febbraio 1942, che rappresentĂČ forse la pietra tombale della popolaritĂ del partito fondato da Zaghlul. In questa occasione, dopo anni di esclusione dal governo dovuta allâopposizione del re Faruq, il Wafd tornĂČ al potere per volontĂ della Gran Bretagna, accompagnato dai carrarmati inglesi.[11]
Il crescente odio che ampi strati della popolazione mostravano verso le ingerenze della Gran Bretagna nella vita politica egiziana, compiute con la compiacenza dei partiti al governo, ebbe importanti conseguenze anche sul piano culturale. Nel XIX secolo la âvia occidentale allo sviluppoâ era parsa a molti intellettuali la strada migliore per modernizzare lâEgitto e strapparlo allâarretratezza e al torpore che lo avevano caratterizzato per secoli. Ma adesso, lo stretto legame che univa proprietari terrieri, industriali, Parlamento e potenza coloniale, portĂČ buona parte dellâopinione pubblica e degli intellettuali a rigettare in blocco la cultura e la struttura politica di modello europeo. Lâera di avvicinamento allâEuropa, inaugurata centocinquantâanni prima dal grande riformatore Muhammad âAli,[12] stava volgendo al termine: la questione dellâindipendenza stava assumendo sempre piĂč il carattere di una rivendicazione identitaria, non semplicemente politica, bensĂŹ culturale.[13]
Di fronte al montare dellâopposizione popolare, il Wafd e gli altri partiti liberali tentarono di correre ai ripari, anche se nella pratica non furono in grado di realizzare alcuna riforma significativa. Una proposta di riforma agraria fu discussa lungamente ma bocciata in via definitiva nel 1947; e anche dal punto di vista della legislazione sul lavoro, i risultati ottenuti dai governi liberali furono generalmente poco incisivi.[14] Le poche leggi che riuscirono a passare in un parlamento composto in larga parte da proprietari terrieri e membri dellâaristocrazia furono di rado applicate; come risultato, questi tentativi non solo non riuscirono a soddisfare le impellenti necessitĂ di quel popolo che avrebbero dovuto rappresentare; ma
ironicamente, contribuirono loro stessi alla radicalizzazione politica che esplose dopo la guerra. Anche senza considerare se abbiano poi trattato in modo adeguato o meno uno qualsiasi dei problemi socio-economici, [i partiti] dovettero in ogni caso portarli allâattenzione del pubblico durante le elezioni, contribuendo cosĂŹ allâeducazione politica del pubblico egiziano, e alla sua radicalizzazione.[15]
Nessuno dei partiti politici presenti nel paese riuscĂŹ a rispondere alle esigenze della mutata situazione socio-politica. Neppure le altre voci autorevoli presenti nel paese, la monarchia e lâestablishment religioso tradizionale, furono dal canto loro in grado di assumersi questa responsabilitĂ . Il giovanissimo e promettente principe Faruq, salito al trono appena sedicenne nel 1936, si era trasformato in pochi anni in un playboy debosciato e obeso, noto al popolo soprattutto per la sua collezione di pornografia e di automobili (ne possedeva duecento, ...
Inhaltsverzeichnis
- Copertina
- La battaglia tra Islam e capitalismo
- Indice dei contenuti
- Introduzione a La battaglia tra Islam e capitalismo
- Premessa
- Sayyid Qutb: biografia di un pensatore militante
- La concezione islamica di Sayyid Qutb
- Dalla teologia alla politica
- Le grandi tematiche de La battaglia fra Islam e capitalismo
- Avvertenza alla traduzione
- La battaglia tra Islam e capitalismo
- Capitolo I - Un grido dâallarme
- Capitolo II - Jâaccuse
- Capitolo III - Davanti a un crocevia
- Capitolo IV - NellâIslam Ăš la salvezza
- Lâiniqua ripartizione della proprietĂ e della ricchezza
- Il problema del lavoro e dei salari
- Lâassenza di pari opportunitĂ
- La corruzione del sistema lavorativo e la debolezza della produzione
- Altri problemi che lâIslam risolve
- Capitolo V - Ă necessario che lâIslam governi
- Capitolo VI - Equivoci sul governo islamico
- LâarcaicitĂ del governo
- Il governo degli shaykh e dei dervisci
- La tirannia del governo
- LâoscuritĂ dei testi
- Harem!!!
- Lâintolleranza nei confronti delle minoranze
- Capitolo VII - I nemici del governo islamico
- LâostilitĂ dei crociati
- LâostilitĂ dei colonialisti
- LâostilitĂ degli sfruttatori e dei tiranni
- LâostilitĂ dei professionisti della religione
- LâostilitĂ dei superbi e dei dissoluti
- LâostilitĂ del comunismo e dei comunisti
- Capitolo VIII - E adesso, o popoloâŠ
- Glossario
- Bibliografia
Zitierstile fĂŒr La battaglia tra Islam e capitalismo
APA 6 Citation
Qutb, S. (2016). La battaglia tra Islam e capitalismo ([edition unavailable]). Marcianum Press. Retrieved from https://www.perlego.com/book/1084118/la-battaglia-tra-islam-e-capitalismo-pdf (Original work published 2016)
Chicago Citation
Qutb, Sayyid. (2016) 2016. La Battaglia Tra Islam e Capitalismo. [Edition unavailable]. Marcianum Press. https://www.perlego.com/book/1084118/la-battaglia-tra-islam-e-capitalismo-pdf.
Harvard Citation
Qutb, S. (2016) La battaglia tra Islam e capitalismo. [edition unavailable]. Marcianum Press. Available at: https://www.perlego.com/book/1084118/la-battaglia-tra-islam-e-capitalismo-pdf (Accessed: 14 October 2022).
MLA 7 Citation
Qutb, Sayyid. La Battaglia Tra Islam e Capitalismo. [edition unavailable]. Marcianum Press, 2016. Web. 14 Oct. 2022.