La grande alienazione
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La grande alienazione

Narciso, Pigmalione, Prometeo e il tecno-capitalismo

Lelio Demichelis

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La grande alienazione

Narciso, Pigmalione, Prometeo e il tecno-capitalismo

Lelio Demichelis

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L'alienazione sembra scomparsa dalla scena. La tecnica come apparato e il neoliberalismo come ideologia politica offrono una affascinante illusione di individualitĂ , libertĂ  e creativitĂ . Se tutti sono "imprenditori di se stessi" e ognuno Ăš illuso di poter essere creativo e innovativo grazie alla tecnica, nessuno sembra alienato e nessuno si percepisce tale. In realtĂ  l'alienazione non Ăš scomparsa, semmai Ăš piĂč pervasiva di ieri (dalla gig economy alla fabbrica 4.0 ai social media e social network), ma Ăš ben mascherata dallo stesso sistema tecnocapitalista che la produce. L'autore evidenzia la forma piĂč pericolosa di alienazione, tra le molte che compongono la grande alienazione, ossia la crescente delega conferita alla tecnica, dove sono gli algoritmi a decidere. La grande alienazione Ăš una ulteriore tappa della riflessione che Lelio Demichelis svolge da tempo su tecnica e capitalismo. L'autore rilegge la teoria critica francofortese, il pensiero di Michel Foucault e le figure di Narciso, Pigmalione e Prometeo, in nome della riscoperta di un individuo capace di uscire dalla gabbia d'acciaio virtuale/caverna platonica del tecno-capitalismo, per costruire un noi che non sia solo un dover essere connessi in rete o un dover condividere sui social.

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L’ALIENAZIONE BEN MASCHERATA (I)

Nella prima parte dell’era della tecnica e della societĂ  industriale, dunque, le emozioni dovevano essere controllate, razionalizzate, posticipate. A dominare doveva essere il principio di realtĂ  e a questo servivano le foucaultiane discipline, l’esercizio, la ripetizione meccanica, l’alienazione come perdita di se stessi e della capacitĂ /volontĂ  di essere se stessi, affinchĂ© si potesse essere come gli altri, standardizzati come voleva il sistema tecno-capitalista, nelle emozioni e nel loro controllo, nel fare e nel pensare. Sintetizzava Umberto Galimberti: «Si tratta di un mondo dove la natura Ăš visualizzata solo come materia quantificabile e l’azione dell’uomo solo come prestazione misurata dal massimo coefficiente di razionalitĂ  che la tecnica, come “previsione scientifica” rispetto alla “previsione grezza” del mondo-della-vita, Ăš in grado di indicare. (
) Ma ciĂČ significa che prima di ogni impiego e applicazione (
) la tecnica vincola la societĂ  a una pratica di comportamenti definibili in termini di funzionalitĂ  e di strumentalitĂ  a cui i singoli progetti devono necessariamente ricondursi. Ponendosi come condizione imprescindibile d’esistenza, il dominio della tecnica [appare] come il dominio della razionalitĂ  intorno a cui convergono tutti gli uomini, che trovano irrazionale qualsiasi forma d’esistenza che dovesse prescindere dalla mediazione tecnica. (
) la tecnica svolge a livello sociale una funzione stabilizzatrice, statica e conservatrice, che neppure la continua rivoluzione delle proprie ipotesi e delle proprie procedure Ăš in grado di scalfire, perchĂ© questa rivoluzione resta comunque inscritta in quell’a priori tecnologico che ribadisce quella medesima esperienza di vita che si esprime esclusivamente in termini di “funzionalità” e “strumentalitĂ â€Â» (1999: 386-387) – quella razionalitĂ  tecnico-scientifica che Horkheimer e Adorno, nella Dialettica dell’illuminismo, definivano totalitaria, come Marcuse ne L’uomo a una dimensione e che noi abbiamo definito come religiosa (Demichelis, 2015).
Oggi, tuttavia, come si Ăš cercato di dimostrare, questo a priori tecnologico agisce – facendo agire gli uomini, agiti dall’apparato religioso tecno-capitalista, ma in apparente autonomia/libertĂ  – su una razionalitĂ  fondata sulla attivazione/industrializzazione delle pulsioni. Il principio di realtĂ  muore nella virtualitĂ  e si confonde con il principio di prestazione e soprattutto con il principio di piacere, se non con il principio di auto-godimento. Se ieri le pulsioni dovevano essere soprattutto controllate (o almeno alcune pulsioni), oggi sono stimolate, dopate, esasperate, mobilitate, dinamizzate. La societĂ  della prestazione (auto-attivazione in funzione delle esigenze richieste dall’apparato, auto-flessibilizzazione, auto-motivazione, auto-sfruttamento secondo le disposizioni dei dispositivi tecnici) Ăš una societĂ  costruita sempre piĂč sull’a priori tecno-capitalista che oggi incorpora totalmente e totalitariamente un’eccitazione crescente di tutti e dell’insieme. La mobilitazione totale e il futurismo si sono fatti di massa.
Si crea il paradosso per cui l’autenticitĂ , l’essere se stessi, il conoscere se stessi – che l’oracolo di Delfi indicava come strada per raggiungere la salute dell’anima ma dove il conosci te stesso era affiancato da un’altra frase: niente di troppo (mentre oggi il dover essere imprenditori di se stessi si basa all’opposto sul tutto e sempre di piĂč) – diventano il mezzo pedagogico/pastorale con cui il sistema piega (e im-piega) gli individui alle proprie logiche funzionali e prestazionali. La sua abilitĂ  di pastore/motivatore/attivatore essendo quella di negare che ci sia un pastore, affermando invece e appunto (sono le sue retoriche dominanti – supra) che ciascuno sia libero di seguire la propria strada (e ciascuno sia pastore di se stesso), bastando il gioco tecnico-economico della catallassi a dare ordine alle pulsioni e alle emozioni o meglio agli spiriti animali dello stato di natura tecno-capitalistico. La differenza tra educazione e addestramento, tra insegnare a cercare la via e dare/indicare la via da dover seguire seguendo il pastore Ăš tutta qui. Pur sapendo, con Anders (2003, II: 16), che «Ú sempre difficile stabilire dove finisce l’educazione e ha inizio l’addestramento». Ma proprio su questa ambiguitĂ  agiscono il tecno-capitalismo e il neoliberalismo come biopolitiche per la costruzione deliberata e programmata, sulla base dell’a priori del mercato e della tecnica, dell’uomo nuovo capace di adattarsi alla distruzione creatrice.
L’addestramento trionfa, offrendosi non solo come disciplina ma (biopoliticamente) come educazione/pedagogia, intendendola – richiamando i concetti di socializzazione di ruolo e di funzione – nella sua definizione tradizionale di descrizione del mondo come esso Ăš e come deve essere in quel determinato modo. Consentendo cosĂŹ a tutti di prevedere come andranno le cose e come ci si deve comportare in quel mondo che resta prevedibile anche quando sembra essersi fatto imprevedibile e liquido. Ma, ovviamente ed evidentemente, ogni socializzazione di ruolo/funzione-funzionalitĂ  cancella o riduce tendente a zero l’autonomia concreta dell’individuo e ogni possibilitĂ  di individuazione attraverso un pensiero aperto e perfino dissidente. Invero, solo una societĂ  veramente orizzontale, cioĂš «senza gerarchie di valori e senza devozione per l’autorità» (Marzano-Urbinati, 2017: 17) puĂČ permettere la celebrazione e l’esercizio dell’uguaglianza, «di quella “passione folle” che fa giustizia dei “maestri” e dei “pastori” – dei padri, appunto – e che dichiara, con orgogliosa autosufficienza di non aver bisogno di vertici infallibili, nĂ© di autoritĂ  depositarie di una veritĂ  che non necessita del nostro giudizio per risultare autorevole» (ibid.). PerchĂ© per essere veramente se stessi bisogna uscire da se stessi e allontanarsi dall’isola/se stessi (Saramago, Il racconto dell’isola sconosciuta, 2015: 31), solo modo per vedere l’isola e cioĂš vedere se stessi. Ovvero, occorre uscire dalla gerarchia dei valori, dal paternalismo/pastorato di chi crede di possedere le mappe del vivere e afferma, perentoriamente, che isole sconosciute non ne esistono piĂč (come il re, nel racconto di Saramago) o che sono offerte solo dall’innovazione tecnica. Se un insegnante volesse insegnare la libertĂ  e la libera navigazione alla ricerca di sĂ©, non potrebbe farlo se non smontando i meccanismi biopolitici e disciplinari dell’identitĂ , della comunitĂ , del pastorato e oggi dei social e dei gruppi sul web, facendo al contrario entusiasmare gli allievi per l’erranza, l’andare per via dimenticando le radici/comunitĂ  vecchie e nuove, sempre false e immaginarie (come quelle che vorrebbe produrre Mark Zuckerberg, perchĂ© funzionali unicamente al suo profitto – supra), per costruirne ogni giorno di nuove: che non devono diventare comunitĂ , appartenenza e identitĂ , ma nuova apertura e ulteriore navigazione verso di sĂ© e verso gli altri.
Anche la scuola neoliberale – matematizzata e prestazionale, sempre piĂč vuota di conoscenze/spirito critico ma sempre piĂč piena di (presunte) competenze volte alla incessante innovazione tecnica e solo tecnica – alla fine produce ancora e sempre disagio della civiltĂ  (Freud): che tuttavia oggi nasce non dalla repressione ma appunto dall’attivazione eteronoma delle pulsioni prestazionali. Riaffermando in altro modo l’essenza dell’individuo moderno che pensa alla libertĂ  come alla possibilitĂ  di dominare le cose (la volontĂ  di potenza attraverso la tecnica e il capitalismo), e oggi di poterlo fare in misura n volte maggiore attraverso l’espansione delle sue pulsioni (di Narciso-Prometeo), invece che con il loro controllo responsabile e veramente e liberamente creativo. Re-incantando (Ăš l’illusione offerta dalla tecnica) attraverso la produzione eteronoma di pulsioni funzionali, un mondo ormai disincantato (cfr. Max Weber) per avere perduto non solo il senso teologico e teleologico/escatologico della religione giudaico-cristiana, ma anche il senso della ragione e della responsabilitĂ  umane. Scriveva Marcuse, ma nel 1958: «La tecnica e la tecnologia operano perciĂČ come controlli sociali e politici che organizzano dimensioni dell’esistenza privata e pubblica in precedenza incontaminate. Al centro della produzione sociale, oggi la macchina individuale funziona come parte non solo di un complesso tecnico di fabbriche, impianti, branche di industrie, ecc., ma anche di un complesso politico e culturale (catene, networks, mezzi di comunicazione, il regno delle Corporations, il Trust, il Collettivo), che impone i suoi modelli di prestazione e di assoggettamento alla popolazione sottostante» (La societĂ  tecnologica avanzata, 2008: 148).
Scriveva ancora Umberto Galimberti: «quando il progresso non Ăš piĂč affidato, come nell’epoca del primato dell’economia, alla contrapposizione tra uomini, ma, come nell’epoca della tecnica, all’automatismo dell’apparato che “vende” agli uomini la vita che giĂ  conducono, agli individui non resta che rispondere a ciĂČ che sentono e vedono intorno a loro, rinunciando consciamente o inconsciamente alla specificitĂ  del loro essere uomini per trasformarsi, nell’uniformitĂ  piĂč rigorosa, in membri di una organizzazione dove tutti riecheggiano, imitano, copiano coloro che li circondano, perchĂ© in un apparato tecnico sola la capacitĂ  di adattamento garantisce le condizioni di sopravvivenza e, all’interno dell’apparato, anche qualche possibilitĂ  di influenza» (1999: 543). L’apparato, continuava Galimberti, non abolisce la libertĂ  degli individui, ma ne appiattisce il concetto su quello di competenza. E «non si dĂ  “interiorità” se non come accoglimento della “esteriorità”, non si dĂ  “dentro” se non come riflesso del “fuori”, non si dĂ  “attività” se non dopo avere ricevuto “passivamente” le regole con cui agire e i contenuti su cui agire, non si dĂ  “libertà” se non nell’ambito circoscritto della “omologazione”» (ivi: 542).
Competenza, invece di conoscenza. E va ricordato come l’apprendimento dello spirito d’iniziativa e dell’imprenditorialitĂ , a prescindere dalla reale creazione di un’impresa, sia tra le competenze basilari raccomandate nel 2006 dall’Unione Europea (ordoliberale per essenza biopolitica) ai governi dei paesi membri; che in un documento del 2016 del Jrc dell’Unione Europea si scriveva che giĂ  i bambini di 5 o 6 anni dovrebbero apprendere ad «assumersi rischi», «prendere iniziative», imparare a «mobilitare gli altri»; che serve sempre piĂč una formazione permanente ma non finalizzata a conoscere per comprendere bensĂŹ – con una perfetta pedagogia neoliberale/tecno-capitalista – per «imparare i comportamenti adeguati a vivere in societĂ  instabili: ovvero ascoltare e rispondere in maniera costruttiva, osservare e osservarsi, riconoscere lo stress e agire di conseguenza, costruire fiducia in se stessi, affrontare le sfide sia singolarmente che in gruppo, prendersi le responsabilitĂ  delle proprie azioni e credere nel valore dell’impegno» (Josephine Condemi, Algoritmi educativi programmabili, in «NĂČva 24-Il Sole 24 Ore» del 22/04/2018), dove l’accento Ăš posto appunto su adeguamento e su instabilitĂ /squilibrio. Dimenticando come il concetto della meritocrazia si basi su un trucco del neoliberalismo, essendo stato creato, ma in senso peggiorativo, dal labourista inglese Michael Young in un libro del 1958 (The Rise of the Meritocracy) criticando la societĂ  dove «una minoranza di privilegiati si avvaleva di criteri di selezione tendenziosi e settari per impedire l’ascesa sociale di quanti erano sfavoriti dal fatto di appartenere alle classi inferiori» (Perniola, 2009: 133) – divenendo poi, girata in positivo e socializzata/moltitudinarizzata, la forma per la continuazione di quella societĂ  di privilegiati. Dove «l’incessante addestramento a un sapere solo utile contrae e inaridisce le capacitĂ  delle persone di orientarsi riflessivamente nel mondo» (Veca, Il senso della possibilitĂ , 2018: 89). In realtĂ , come visto, l’apparato vende agli uomini, sempre piĂč e sempre meglio, una uniformitĂ  fatta di difformitĂ /singolaritĂ /specificitĂ  individuali. Un modello che tutti, ovviamente, riecheggiano, copiano e imitano – perchĂ© sempre solo la capacitĂ  di adattamento garantisce le condizioni di sopravvivenza all’interno dell’apparato e perfino qualche illusione di poterlo influenzare,...

Table des matiĂšres

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. Epigrafe
  6. Ringraziamenti
  7. Introduzione: LA GRANDE ALIENAZIONE
  8. IL DETERMINISMO TECNO-CAPITALISTA
  9. L’AUTO-ALIENAZIONE FELICE
  10. NARCISO, PIGMALIONE E PROMETEO
  11. INTERNET DELLE COSE E INTERNET DEGLI UOMINI
  12. DA GUY DEBORD AL TECNO-CAPITALISMO PULSIONALE INTEGRATO
  13. L’ALIENAZIONE BEN MASCHERATA (I)
  14. L’ALIENAZIONE BEN MASCHERATA (II)
  15. IL NOMOS DEL TECNO-CAPITALISMO E LE MALATTIE DELL’UOMO
  16. Bibliografia di riferimento
Normes de citation pour La grande alienazione

APA 6 Citation

Demichelis, L. (2020). La grande alienazione ([edition unavailable]). Jaca Book. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3045425/la-grande-alienazione-narciso-pigmalione-prometeo-e-il-tecnocapitalismo-pdf (Original work published 2020)

Chicago Citation

Demichelis, Lelio. (2020) 2020. La Grande Alienazione. [Edition unavailable]. Jaca Book. https://www.perlego.com/book/3045425/la-grande-alienazione-narciso-pigmalione-prometeo-e-il-tecnocapitalismo-pdf.

Harvard Citation

Demichelis, L. (2020) La grande alienazione. [edition unavailable]. Jaca Book. Available at: https://www.perlego.com/book/3045425/la-grande-alienazione-narciso-pigmalione-prometeo-e-il-tecnocapitalismo-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Demichelis, Lelio. La Grande Alienazione. [edition unavailable]. Jaca Book, 2020. Web. 15 Oct. 2022.