Salotto in casa di Serebrjakòv. Tre porte: una a destra, una a sinistra e una in mezzo. Giorno. VojnĂzkij e Sonia sono seduti. Elèna Andrèevna cammina per il palcoscenico, pensando.
VOJNĂZKIJ Herr Professor si è degnato di esprimere il desiderio che tutti noi ci si riunisca oggi in questo salotto verso lâuna. (Guarda lâorologio) Manca un quarto allâuna. Vuol rivelare qualcosa al mondo.
ELĂNA ANDRĂEVNA Si tratta di affari probabilmente.
VOJNĂZKIJ Lui non ha affari. Scrive scempiaggini, brontola e fa il geloso, nientâaltro.
SONJA (con tono di rimprovero) Zio!
VOJNĂZKIJ E va bene, chiedo scusa. (Indica Elèna Andrèevna) Ammiratela: cammina e barcolla dalla pigrizia. Molto grazioso! Molto!
ELĂNA ANDRĂEVNA Lei invece ronza tutto il giorno, ronza sempre. Non si stanca mai? (Con angoscia) Io muoio dalla noia, non so che fare.
SONJA (stringendosi nelle spalle) Câè poco lavoro forse? Magari ne avessi voglia.
ELĂNA ANDRĂEVNA Per esempio?
SONJA Occupati dellâazienda, istruisci, cura. Ă poco? Quando tu e papĂ non eravate qui, zio Vanja ed io andavamo noi stessi al mercato a vendere la farina,
ELĂNA ANDRĂEVNA Non è cosa mia. E poi non mi interessa. Solo nei romanzi ideologici si istruiscono e curano i contadini, ma io come potrei, di punto in bianco, mettermi dâimprovviso a curarli e a istruirli?
SONJA Io non capisco perchĂŠ non potresti andare fra loro ed istruirli? Aspetta, e ti abituerai. (Lâabbraccia) Non ti annoiare, mia cara. (Ridendo) Tu ti annoi, non trovi unâoccupazione, e la noia e lâozio si contagiano. Guarda: zio Vanja non fa piĂş nulla e ti vien dietro come unâombra, io ho abbandonato le mie faccende e corro da te a chiacchierare. Sono impigrita, non posso! MichaĂl LvòviÄ, il dottore, prima veniva da noi molto di rado, una volta al mese, era difficile smuoverlo, ed ora viene ogni giorno, trascurando le sue foreste e la medicina. Devi essere unâincantatrice.
VOJNĂZKIJ PerchĂŠ si strugge? (Con vivacitĂ ) Su, mia cara, splendore, sia saggia! Nelle sue vene scorre sangue di rusalca, sia dunque rusalca! Si abbandoni almeno una volta nella vita, si innamori al piĂş presto sino ai capelli di un dèmone acquĂ tile â e si tuffi a capofitto nel vortice, lasciando sbigottiti Herr Professor e noi tutti!
ELĂNA ANDRĂEVNA (con sdegno) Mi lasci in pace! Ă una crudeltĂ ! (Fa per andarsene).
VOJNĂZKIJ (la trattiene) Su, su, gioia mia, mi perdoni... Chiedo scusa. (Le bacia la mano) Pace.
ELĂNA ANDRĂEVNA Anche un angelo perderebbe la pazienza, ne convenga.
VOJNĂZKIJ In segno di pace e di concordia le porterò subito un mazzetto di rose: lâavevo giĂ preparato stamattina per lei... Rose dâautunno â leggiadre, meste rose... (Esce).
SONJA Rose dâautunno â leggiadre, meste rose...
Guardano entrambe dalla finestra.
ELĂNA ANDRĂEVNA Ă giĂ settembre. In qualche modo passeremo qui lâinverno! (Pausa). Dovâè il dottore?
SONJA Nella camera di zio Vanja. Sta scrivendo qualcosa. Sono contenta che zio Vanja sia uscito, devo parlarti.
ELĂNA ANDRĂEVNA Di che cosa?
SONJA Di che cosa? (Le appoggia la testa sul petto).
ELĂNA ANDRĂEVNA Su, basta, basta... (Le carezza i capelli) Basta.
SONJA Sono brutta.
ELĂNA ANDRĂEVNA Hai dei capelli bellissimi.
SONJA No! (Si gira, per guardarsi allo specchio) No! Quando una donna è brutta, allora le dicono: Lei ha gli occhi belli, ha dei capelli bellissimi... Sono sei anni che lo amo, lo amo piú di quanto amassi mia madre. Ogni minuto lo sento, sento la stretta della sua mano. E guardo la porta, ed aspetto, e mi sembra sempre che stia per entrare. Ed ecco, vedi, vengo sempre da te a chiacchierare di lui. Ora viene qui ogni giorno, ma non mi guarda, non mi vede... à un tale tormento! Non ho alcuna speranza, no, no! (Con disperazione) O Dio, dammi forza... Tutta la notte ho pregato... Sovente mi accosto a lui, gli rivolgo la parola io stessa, lo guardo negli occhi... Non ho piú orgoglio nÊ forza di dominarmi... Non ho potuto resistere e ieri ho confessato a zio Vanja che amo il dottore... Tutta la servitú sa che io lo amo. Lo sanno tutti.
ELĂNA ANDRĂEVNA E lui?
SONJA No. Non si accorge di me.
ELĂNA ANDRĂEVNA (riflettendo) Strano uomo... Sai che ti dico? Lascia che gli parli io... Con cautela, per allusioni... (Pausa). In veritĂ , sino a quando restare nellâincertezza... Acconsenti! (Sonja annuisce con la testa). Benissimo. Ama o non ama: non è difficile saperlo. Non turbarti, colombella, non darti pensiero: lo interrogherò con cautela, non se ne accorgerĂ nemmeno. A noi occorre solo sapere: sĂ o no? (Pausa). Se no, che non venga piĂş qui. Non ti pare? (Sonja annuisce con la testa). Ă meglio se non lo vedrai. Non andremo per le lunghe, lo interrogheremo subito. Egli si proponeva di mostrarmi dei disegni... Va a dirgli che desidero vederlo.
SONJA (con grande agitazione) Mi dirai tutta la veritĂ ?
ELĂNA ANDRĂEVNA SĂ, certo. Mi sembra che la veritĂ , qualunque possa essere, non sia cosĂ terribile come lâincertezza. Confida in me, colombella...
SONJA SĂ... sĂ... Gli dirò che vuoi vedere i suoi disegni... (Si avvia e si ferma accanto alla porta) No, lâincertezza è meglio... Resta sempre la speranza...
ELĂNA ANDRĂEVNA Ma che dici?
SONJA Niente. (Esce).
ELĂNA ANDRĂEVNA (da sola) Non câè niente di peggio che conoscere il segreto di unâaltra persona e non poterla aiutare. (Riflettendo) Egli non è innamorato di lei, è chiaro, ma perchĂŠ non potrebbe sposarla? Ă brutta, ma per un dottore di campagna, della sua etĂ , sarebbe unâottima moglie. Intelligente, cosĂ buona, cosĂ pura... No, non è questo il problema... (Pausa). Io la capisco questa povera ragazza. In mezzo alla noia disperata, quando, invece di uomini, grige macchie ti girano intorno e si sentono solo volgaritĂ , quando non si fa che mangiare, bere, dormire, â talvolta arriva lui, non simile agli altri, bello, interessante, piacevole, cosĂ come in mezzo alle tenebre spunta la limpida luna... Cedere al fascino di un simile uomo, stordirsi... Anchâio, mi sembra, me ne sono un poco invaghita. SĂ, senza di lui mi annoio, e sorrido se penso a lui... Zio Vanja dice che nelle mie vene scorre sangue di rusalca. ÂŤSi abbandoni almeno una volta nella vitaÂť... ChissĂ ? Sarebbe forse necessario... Spiccare il volo come un libero uccello, allontanandosi da tutti voi, dalle vostre fisionomie sonnolente, dalle conversazioni, dimenticare che voi esistete al mondo... Ma io sono pusillanime, timida... Mi rimorderebbe la coscienza... Viene qui ogni giorno, intuisco perchĂŠ viene, e giĂ mi sento colpevole, e sono pronta a cadere in ginocchio dinanzi a Sonja, a chiederle scusa, a piangere...
ĂSTROV (entra con un cartogramma) Buon giorno! (Le stringe la mano) Voleva vedere la mia pittura?
ELĂNA ANDRĂEVNA Ieri mi ha promesso di mostrarmi i suoi lavori... Ă libero?
ĂSTROV Oh, certamente. (Distende sul tavolino da giuoco il cartogramma e lo fissa con puntine) Dovâè nata?
ELĂNA ANDRĂEVNA (aiutandolo) A Pietroburgo.
ĂSTROV E ha studiato?
ELĂNA ANDRĂEVNA Al conservatorio.
ĂSTROV Allora questo non la interessa.
ELĂNA ANDRĂEVNA PerchĂŠ? Ă vero che non conosco la campagna, ma ho letto molto.
ĂSTROV In questa casa ho un mio tavolo... In camera di IvĂ n PetròviÄ. Quando sono spossato sino al pieno abbrutimento, lascio tutto e corro qui, e mi trastullo con questa roba unâora, due... IvĂ n PetròviÄ e Sòfja AleksĂ ndrovna fanno i conti sul pallottoliere, ed io seggo accanto a loro al mio tavolo e impiastriccio, e ho caldo, ho pace, e il grillo stride. Ma questo piacere me lo concedo non spesso, una volta al mese... (Indicando sul cartogramma) Ora guardi qui. Ă il quadro del nostro distretto, comâera cinquantâanni addietro. Il Verdescuro e il Verdechiaro designano le foreste: metĂ di tutta la superficie è occupata da foreste. LĂ dove sul Verde si posa un Rosso RetĂcolo, un tempo vagavano gli alci, le capre... Io indico insieme la flora e la fauna. Su questo lago vivevano cigni, oche, anatre e, come dicono i vecchi, ogni ragione di u...