Zio Vanja
  1. 80 pagine
  2. Italian
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Informazioni sul libro

Il personaggio principale di Zio Vanja (1896) non è Zio Vanja, ma il Professore. La fittizia rispettabilità, la goffaggine, l'abito e il cerimoniale a sprosito dànno a Serebrjakòv un carattere di sussiegoso pagliaccio. Il suo primo ingresso si può considerare un'autentica "entrÊe" clownesca. Ai nostri occhi egli appare contiguo talvolta ad uno dei Fratellini, talvolta ai grassoni maligni delle comiche chapliniane. Il giuoco col plaid, l'attrezzería di medicali boccette, i pomposi sermoni, il "si faccia fare una nuova fotografia", con cui Maria Vasílievna prende da lui congedo: molti elementi concorrono a porre in risalto la ridicolezza da circo di questa "tinca sapiente", di questo trombone, che immagino enorme testa asinina, adornata dal fiotto di una cappelliera rigogliosa e rossiccia
Dall' Introduzione di Angelo Maria Ripellino

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2015
ISBN
9788858420010
Argomento
Literature
Categoria
Drama

ATTO TERZO

Salotto in casa di Serebrjakòv. Tre porte: una a destra, una a sinistra e una in mezzo. Giorno. Vojnízkij e Sonia sono seduti. Elèna Andrèevna cammina per il palcoscenico, pensando.
VOJNÍZKIJ Herr Professor si è degnato di esprimere il desiderio che tutti noi ci si riunisca oggi in questo salotto verso l’una. (Guarda l’orologio) Manca un quarto all’una. Vuol rivelare qualcosa al mondo.
ELÈNA ANDRÈEVNA Si tratta di affari probabilmente.
VOJNÍZKIJ Lui non ha affari. Scrive scempiaggini, brontola e fa il geloso, nient’altro.
SONJA (con tono di rimprovero) Zio!
VOJNÍZKIJ E va bene, chiedo scusa. (Indica Elèna Andrèevna) Ammiratela: cammina e barcolla dalla pigrizia. Molto grazioso! Molto!
ELÈNA ANDRÈEVNA Lei invece ronza tutto il giorno, ronza sempre. Non si stanca mai? (Con angoscia) Io muoio dalla noia, non so che fare.
SONJA (stringendosi nelle spalle) C’è poco lavoro forse? Magari ne avessi voglia.
ELÈNA ANDRÈEVNA Per esempio?
SONJA Occupati dell’azienda, istruisci, cura. È poco? Quando tu e papà non eravate qui, zio Vanja ed io andavamo noi stessi al mercato a vendere la farina,
ELÈNA ANDRÈEVNA Non è cosa mia. E poi non mi interessa. Solo nei romanzi ideologici si istruiscono e curano i contadini, ma io come potrei, di punto in bianco, mettermi d’improvviso a curarli e a istruirli?
SONJA Io non capisco perché non potresti andare fra loro ed istruirli? Aspetta, e ti abituerai. (L’abbraccia) Non ti annoiare, mia cara. (Ridendo) Tu ti annoi, non trovi un’occupazione, e la noia e l’ozio si contagiano. Guarda: zio Vanja non fa piú nulla e ti vien dietro come un’ombra, io ho abbandonato le mie faccende e corro da te a chiacchierare. Sono impigrita, non posso! Michaíl Lvòvič, il dottore, prima veniva da noi molto di rado, una volta al mese, era difficile smuoverlo, ed ora viene ogni giorno, trascurando le sue foreste e la medicina. Devi essere un’incantatrice.
VOJNÍZKIJ Perché si strugge? (Con vivacità) Su, mia cara, splendore, sia saggia! Nelle sue vene scorre sangue di rusalca, sia dunque rusalca! Si abbandoni almeno una volta nella vita, si innamori al piú presto sino ai capelli di un dèmone acquàtile – e si tuffi a capofitto nel vortice, lasciando sbigottiti Herr Professor e noi tutti!
ELÈNA ANDRÈEVNA (con sdegno) Mi lasci in pace! È una crudeltà! (Fa per andarsene).
VOJNÍZKIJ (la trattiene) Su, su, gioia mia, mi perdoni... Chiedo scusa. (Le bacia la mano) Pace.
ELÈNA ANDRÈEVNA Anche un angelo perderebbe la pazienza, ne convenga.
VOJNÍZKIJ In segno di pace e di concordia le porterò subito un mazzetto di rose: l’avevo già preparato stamattina per lei... Rose d’autunno – leggiadre, meste rose... (Esce).
SONJA Rose d’autunno – leggiadre, meste rose...
Guardano entrambe dalla finestra.
ELÈNA ANDRÈEVNA È già settembre. In qualche modo passeremo qui l’inverno! (Pausa). Dov’è il dottore?
SONJA Nella camera di zio Vanja. Sta scrivendo qualcosa. Sono contenta che zio Vanja sia uscito, devo parlarti.
ELÈNA ANDRÈEVNA Di che cosa?
SONJA Di che cosa? (Le appoggia la testa sul petto).
ELÈNA ANDRÈEVNA Su, basta, basta... (Le carezza i capelli) Basta.
SONJA Sono brutta.
ELÈNA ANDRÈEVNA Hai dei capelli bellissimi.
SONJA No! (Si gira, per guardarsi allo specchio) No! Quando una donna è brutta, allora le dicono: Lei ha gli occhi belli, ha dei capelli bellissimi... Sono sei anni che lo amo, lo amo piú di quanto amassi mia madre. Ogni minuto lo sento, sento la stretta della sua mano. E guardo la porta, ed aspetto, e mi sembra sempre che stia per entrare. Ed ecco, vedi, vengo sempre da te a chiacchierare di lui. Ora viene qui ogni giorno, ma non mi guarda, non mi vede... È un tale tormento! Non ho alcuna speranza, no, no! (Con disperazione) O Dio, dammi forza... Tutta la notte ho pregato... Sovente mi accosto a lui, gli rivolgo la parola io stessa, lo guardo negli occhi... Non ho piú orgoglio nÊ forza di dominarmi... Non ho potuto resistere e ieri ho confessato a zio Vanja che amo il dottore... Tutta la servitú sa che io lo amo. Lo sanno tutti.
ELÈNA ANDRÈEVNA E lui?
SONJA No. Non si accorge di me.
ELÈNA ANDRÈEVNA (riflettendo) Strano uomo... Sai che ti dico? Lascia che gli parli io... Con cautela, per allusioni... (Pausa). In verità, sino a quando restare nell’incertezza... Acconsenti! (Sonja annuisce con la testa). Benissimo. Ama o non ama: non è difficile saperlo. Non turbarti, colombella, non darti pensiero: lo interrogherò con cautela, non se ne accorgerà nemmeno. A noi occorre solo sapere: sí o no? (Pausa). Se no, che non venga piú qui. Non ti pare? (Sonja annuisce con la testa). È meglio se non lo vedrai. Non andremo per le lunghe, lo interrogheremo subito. Egli si proponeva di mostrarmi dei disegni... Va a dirgli che desidero vederlo.
SONJA (con grande agitazione) Mi dirai tutta la veritĂ ?
ELÈNA ANDRÈEVNA Sí, certo. Mi sembra che la verità, qualunque possa essere, non sia cosí terribile come l’incertezza. Confida in me, colombella...
SONJA Sí... sí... Gli dirò che vuoi vedere i suoi disegni... (Si avvia e si ferma accanto alla porta) No, l’incertezza è meglio... Resta sempre la speranza...
ELÈNA ANDRÈEVNA Ma che dici?
SONJA Niente. (Esce).
ELÈNA ANDRÈEVNA (da sola) Non c’è niente di peggio che conoscere il segreto di un’altra persona e non poterla aiutare. (Riflettendo) Egli non è innamorato di lei, è chiaro, ma perché non potrebbe sposarla? È brutta, ma per un dottore di campagna, della sua età, sarebbe un’ottima moglie. Intelligente, cosí buona, cosí pura... No, non è questo il problema... (Pausa). Io la capisco questa povera ragazza. In mezzo alla noia disperata, quando, invece di uomini, grige macchie ti girano intorno e si sentono solo volgarità, quando non si fa che mangiare, bere, dormire, – talvolta arriva lui, non simile agli altri, bello, interessante, piacevole, cosí come in mezzo alle tenebre spunta la limpida luna... Cedere al fascino di un simile uomo, stordirsi... Anch’io, mi sembra, me ne sono un poco invaghita. Sí, senza di lui mi annoio, e sorrido se penso a lui... Zio Vanja dice che nelle mie vene scorre sangue di rusalca. «Si abbandoni almeno una volta nella vita»... Chissà? Sarebbe forse necessario... Spiccare il volo come un libero uccello, allontanandosi da tutti voi, dalle vostre fisionomie sonnolente, dalle conversazioni, dimenticare che voi esistete al mondo... Ma io sono pusillanime, timida... Mi rimorderebbe la coscienza... Viene qui ogni giorno, intuisco perché viene, e già mi sento colpevole, e sono pronta a cadere in ginocchio dinanzi a Sonja, a chiederle scusa, a piangere...
ÀSTROV (entra con un cartogramma) Buon giorno! (Le stringe la mano) Voleva vedere la mia pittura?
ELÈNA ANDRÈEVNA Ieri mi ha promesso di mostrarmi i suoi lavori... È libero?
ÀSTROV Oh, certamente. (Distende sul tavolino da giuoco il cartogramma e lo fissa con puntine) Dov’è nata?
ELÈNA ANDRÈEVNA (aiutandolo) A Pietroburgo.
ÀSTROV E ha studiato?
ELÈNA ANDRÈEVNA Al conservatorio.
ÀSTROV Allora questo non la interessa.
ELÈNA ANDRÈEVNA PerchÊ? È vero che non conosco la campagna, ma ho letto molto.
ÀSTROV In questa casa ho un mio tavolo... In camera di Ivàn Petròvič. Quando sono spossato sino al pieno abbrutimento, lascio tutto e corro qui, e mi trastullo con questa roba un’ora, due... Ivàn Petròvič e Sòfja Aleksàndrovna fanno i conti sul pallottoliere, ed io seggo accanto a loro al mio tavolo e impiastriccio, e ho caldo, ho pace, e il grillo stride. Ma questo piacere me lo concedo non spesso, una volta al mese... (Indicando sul cartogramma) Ora guardi qui. È il quadro del nostro distretto, com’era cinquant’anni addietro. Il Verdescuro e il Verdechiaro designano le foreste: metà di tutta la superficie è occupata da foreste. Là dove sul Verde si posa un Rosso Retícolo, un tempo vagavano gli alci, le capre... Io indico insieme la flora e la fauna. Su questo lago vivevano cigni, oche, anatre e, come dicono i vecchi, ogni ragione di u...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Zio Vanja
  3. Personaggi
  4. Atto primo
  5. Atto secondo
  6. Atto terzo
  7. Atto quarto
  8. Il libro
  9. L’autore
  10. Dello stesso autore
  11. Copyright