Candelaio
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Candelaio

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Candelaio

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Scritta durante l'esilio a Parigi, nell'estate del 1582, il Candelaio è l'unica commedia del filosofo di Nola. Siamo nella Napoli cinquecentesca. Il Candelaio è un certo Messer Bonifacio che, nonostante sia sposato con Carubina, spasima per la signora Vittoria. Messer Bonifacio, insieme a Manfurio, un pedante grammatico goffo e credulone, e a Bartolomeo, un dilettante alchimista perduto dietro il sogno della fabbrica d'oro, è facile preda di un gruppetto di imbroglioni di vario calibro. Da qui una girandola di vicende teatralmente assai efficaci, scritte in un linguaggio scurrile e dissacratore, dietro le quali si cela, però, la caustica, spietata denuncia del vacuo formalismo cui è degradata la cultura del tardo Cinquecento: lo svenevole, degenerato petrarchismo di Bonifacio, la scienza della natura diventata superstizione e avidità in Bartolomeo, la mania grammaticale di Manfurio. Uno straordinario esempio di ribellione alle convenzioni linguistiche e sociali del tempo, oltre che un tentativo di colpire le credenze di una società ipocrita e ingiusta.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858654682

CANDELAIO

COMEDIA DEL BRUNO NOLANO
ACADEMICO DI NULLA ACADEMIA
DETTO IL FASTIDITO

In tristitia hilaris, in hilaritate tristis
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IL LIBRO A GLI ABBEVERATI NEL FONTE CABALLINO1

Voi che tettate di muse da mamma,2
E che natate su lor grassa broda
Col musso,3 l’eccellenza vostra m’oda,
Si fed’ e caritad’ il cuor v’infiamma.
Piango, chiedo, mendico un epigramma,
Un sonetto, un encomio, un inno, un’oda
Che mi sii posta in poppa over in proda,4
Per farmene gir lieto a tata 5 e mamma.
Eimè ch’in van d’andar vestito bramo,
Oimè ch’i’ men vo nudo com’un Bia,6
E peggio: converrà forse a me gramo7
Monstrar scuoperto alla Signora mia
Il zero 8 e menchia,9 com’il padre Adamo,
Quand’era buono dentro sua badia.10
Una pezzentaria
Di braghe mentre chiedo, da le valli
Veggio montar gran furia di cavalli.11

ALLA SIGNORA MORGANA B.,1 SUA SIG[NORA] S[EMPRE] O[NORANDA]

Ed io a chi dedicarrò il mio Candelaio? a chi, o gran destino, ti piace ch’io intitoli il mio bel paranimfo, il mio bon corifeo?2 a chi inviarrò3 quel che dal sirio influsso celeste, in questi più cuocenti giorni, ed ore più lambiccanti, 4 che dicon caniculari, mi han fatto piovere nel cervello le stelle fisse, le vaghe lucciole del firmamento mi han crivellato sopra,5 il decano de’ dudici segni6 m’ha balestrato in capo, e ne l’orecchie interne m’han soffiato i sette lumi erranti?7 A chi s’è voltato, – dico io, – a chi riguarda, a chi prende la mira? A Sua Santità? no. A Sua Maestà Cesarea? no. A Sua Serenità? no. A Sua Altezza, Signoria illustrissima e reverendissima? non, no. Per mia fe’, non è prencipe o cardinale, re, imperadore o papa che mi levarrà questa candela di mano, in questo sollennissimo offertorio.8 A voi tocca, a voi si dona; e voi o l’attaccarrete al vostro cabinetto 9 o la ficcarrete al vostro candeliero,10 in superlativo dotta, saggia, bella e generosa mia s[ignora] Morgana: voi, coltivatrice del campo dell’animo mio, che, dopo aver attrite le glebe11 della sua durezza e assottigliatogli il stile,12 – acciò che la polverosa nebbia sollevata dal vento della leggerezza non offendesse gli occhi di questo e quello, – con acqua divina, che dal fonte del vostro spirto deriva, m’abbeveraste l’intelletto. Però, a tempo che ne posseamo13 toccar la mano, per la prima vi indrizzai: Gli pensieri gai; apresso: 14 Il tronco d’acqua viva.15 Adesso che, tra voi che godete al seno d’Abraamo, e me che, senza aspettar quel tuo soccorso che solea rifrigerarmi la lingua, desperatamente ardo e sfavillo, intermezza un gran caos,16 pur troppo invidioso del mio bene, per farvi vedere che non può far quel medesmo caos, che il mio amore, con qualche proprio ostaggio17 e material presente,18 non passe al suo marcio dispetto,19 eccovi la candela che vi vien porgiuta per questo Candelaio che da me si parte, la qual in questo paese, ove mi trovo, potrà chiarire alquanto certe Ombre dell’idee,20 le quali in vero spaventano le bestie e, come fussero diavoli danteschi,21 fan rimanere gli asini lungi a dietro; ed in cotesta patria, ove voi siete, potrà far contemplar l’animo mio a molti, e fargli vedere che non è al tutto smesso.22
Salutate da mia parte quell’altro Candelaio di carne ed ossa,23 delle quali è detto che «Regnum Dei non possidebunt»;24 e ditegli che non goda tanto che costì si dica la mia memoria esser stata strapazzata a forza di pie’ di porci e calci d’asini: perché a quest’ora a gli25 asini son mozze l’orecchie, ed i porci qualche decembre me la pagarranno. E che non goda tanto con quel suo detto: «Abiit in regionem longinquam»;26 perché, si avverrà giamai ch’i cieli mi concedano ch’io effettualmente possi dire: «Surgam et ibo»,27 cotesto vitello saginato28 senza dubbio sarrà parte della nostra festa. Tra tanto, viva e si governe, ed attenda a farsi più grasso che non è; perchè, dall’altro canto, io spero di ricovrare il lardo, dove ho persa l’erba, si non sott’ un mantello, sotto un altro, si non in una, in un’altra vita.29 Ricordatevi, Signora, di quel che credo che non bisogna insegnarvi: – Il tempo tutto toglie e tutto dà; ogni cosa si muta, nulla s’annichila; è un solo che non può mutarsi, un solo è eterno, e può perseverare eternamente uno, simile e medesmo. – Con questa filosofia l’animo mi si aggrandisse,30 e me si magnifica l’intelletto. Però, qualunque sii 31 il punto di questa sera ch’aspetto, si la mutazione è vera, io che sono ne la notte, aspetto il giorno, e quei che son nel giorno, aspettano la notte: tutto quel ch’è, o è cqua o llà,32 o vicino o lungi, o adesso o poi, o presto o tardi.33 Godete, dunque, e si possete, state sana, ed amate chi v’ama...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. INTRODUZIONE
  4. CRONOLOGIA
  5. NOTA BIBLIOGRAFICA
  6. GIUDIZI CRITICI
  7. CANDELAIO - COMEDIA DEL BRUNO NOLANO ACADEMICO DI NULLA ACADEMIA DETTO IL FASTIDITO